domenica 11 novembre 2012

Dio rompe gli specchi

32^ Domenica Tempo Ordinario 
(Mc 12, 38- 44) 

Nel Vangelo di oggi vediamo due atteggiamenti chiave di Gesù: osserva e sottolinea.
Gesù osservava la folla mentre gettava monete nel tesoro: vede la vedova e vede gli scribi.

• Come ha fatto a riconoscerli?

Come ha fatto a riconoscere che la donna era vedova? Sicuramente dal modo di vestire. E come ha fatto a riconoscere gli scribi? Sicuramente dal loro modo di vestire (“amano le lunghe vesti”) e di incedere (“amano passeggiare e ricevere i saluti nelle piazze e occupare i primi posti nei banchetti”).
Ai tempi di Gesù, nel tempio, c’era il cortile delle donne e 13 cassette con apertura a forma di tromba dove gettare offerte volontarie per il tempio. Gesù osservava gli scribi che gettavano, ostentando, laute offerte nelle cassette. Era tutta una cerimonia perché poi venivano segnalati al sovrintendente al tesoro ed era l’occasione tanto attesa per ricevere un riconoscimento pubblico ed essere introdotti al banchetto quali invitati d’onore. E tutti notavano quei gran personaggi bardati e impettiti. Mentre nessuno badava a una povera vedova che si avvicina anche lei per fare l’offerta. Solo Gesù la vede, la loda, sottolinea il gesto e la addita a modello ai discepoli riuniti.

• E noi, in chi ci riconosciamo?

Gesù non teme di sottolineare il bene fatto: domenica scorsa lodava un dottore della legge (“non sei lontano dal regno di Dio”) e tante altre volte approva il comportamento retto. Questo è il modo migliore per incoraggiare a continuare a farlo. Prendiamo esempio.
Ma di queste due figure, la vedova e i farisei, a quale crediamo di assomigliare? Non ci siamo mai sentiti un po’ scribi anche noi? Chi non ama essere riverito, onorato e invitato ai primi posti? Alzi la mano chi non se lo augura (naturalmente in segreto). Gesù in questo Vangelo non condanna il gesto di fare offerte, ma l’ostentazione e l’autocompiacimento.
Bonhoeffer diceva. ”Il cuore puro è quello che non si contamina col male, ma neanche con il bene, auto compiacendosene e specchiandosi in esso”.

• Chi sono i Santi?

Abbiamo appena celebrato la festa dei Santi e la più bella definizione di cosa essi siano, l’ha data un bambino del catechismo al suo parroco che gli chiedeva chi erano per lui i Santi: ”Sono quelli che lasciano passare la luce”. Bellissimo! Invece noi, quando facciamo come gli scribi compiacendoci in noi stessi, invece di essere vetro, siamo specchio. Per lasciar passare la luce dobbiamo essere vetro non specchio che rimanda solo la propria immagine e non quella di Dio. Ma il Signore, se ci vuole bene, romperà tutti gli specchi che noi cercheremo di rabberciare ogni volta, finché diventeremo vetro trasparente che rimanda la luce di Dio. Ecco a cosa servono le sconfitte e i fallimenti: a guardare oltre noi stessi. Nella vittoria c’è sempre qualche autocompiacimento, nella sconfitta no! Lì il nostro io viene liquidato e… non potendo ammirare sé stesso, guarda Dio.
Don Liborio També diceva che quando siamo pieni di noi stessi assomigliamo a una bottiglia che galleggia sull’acqua e non vi entra neppure una goccia: perché non vi entra neppure una goccia d’acqua? Perché c’è il tappo (l’orgoglio) che impedisce all’acqua di entrare e la bottiglia rimane piena di aria, piena di sé stessa, cioè piena di vuoto.
Ringraziamo dunque il Signore per tutte le volte che ha rotto gli specchi e ha tolto il tappo alle bottiglie...

Wilma Chasseur

domenica 21 ottobre 2012

Il rovescio del tappeto

29^ Domenica Tempo Ordinario
( MC 10, 35-45) 

In questo Vangelo vediamo Giacomo e Giovanni, già “ battezzati” figli del tuono da Gesù, chiedere al Maestro, nientemeno, che faccia loro quanto vogliono. “Maestro noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”. “ Padre nostro” al contrario: sia fatta la nostra volontà! E speravano che Gesù rispondesse: ”Amen”.

• Capita che il Signore faccia la nostra volontà?

A dire il vero una cosa del genere era già avvenuta nell’Antico Testamento a Salomone con la differenza che era stato il Signore a chiedergli ciò che voleva, perché appena eletto re, in sogno aveva sentito il Signore che gli aveva chiesto: “Chiedimi cos’è che ti devo dare”. Nientemeno! L’Altissimo che si mette a disposizione del servo. E Salomone aveva chiesto la sapienza ed era stato esaudito oltre ogni più rosea aspettativa. Ma questa volta le cose non vanno altrettanto lisce. Gesù ribatte: “Cosa volete che io faccia per voi?” Gli risposero: “Concedici di sedere nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Gesù disse loro: ”Voi non sapete cosa domandate”. Avessero almeno avuto il buon gusto di chiedere qualche dono spirituale e l’accortezza di non chiedere simili cose davanti agli altri; ma no! E così ricevono in faccia e in pubblico, il diniego di Gesù e scatenano lo sdegno degli altri discepoli. Ma Gesù visto questo risentimento che stava nascendo in seno ai Dodici, li chiamò a sé e disse: ”Chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo si farà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”. Ecco che Gesù, a questo desiderio di essere grandi, ribadisce per l’ennesima volta, che la vera grandezza sta nel rimanere piccoli. Al desiderio di potenza oppone la necessità del servizio che Lui per primo ha praticato tutta la sua vita e non solo, ma anche dopo morto e risorto, perché in una delle apparizioni pasquali, dopo la sua risurrezione, lo vediamo che prepara addirittura da mangiare agli apostoli.

• Sulla via della Croce…

Ma questo brano ci mostra anche, come diceva don Luciano Sole, che Gesù non è uno dei tanti, ma è il Messia, l’inviato di DIO per la salvezza di tutti. Questa quarta sezione del Vangelo di Marco ci mostra il cammino di Gesù verso Gerusalemme e i discepoli sono invitati a seguirlo: “Il calice che io bevo anche voi lo berrete e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete”. La grande difficoltà per i Dodici è sempre stata quella di capire il mistero dell’identità del Figlio di Dio col quale condividevano la vita. All’inizio avevano lasciato tutto per seguirlo: barca, padre, casa e mestiere, ma ora devono seguirlo sulla via della Croce. Prima era potente, attirava le folle al suo seguito, ma continuare a seguirlo ora diventa sempre più difficile perché occorre entrare nell’ottica della Croce. E loro vorrebbero il trionfo di Gesù (come avremmo sicuramente voluto tutti noi, al loro posto), ma vorrebbero anche il loro trionfo: sedere ai primi posti ed essere grandi. E invece moriranno tutti ammazzati come il loro Maestro. Io ogni tanto domando al Signore: ma perché la vita deve essere così tragica? E’ stata oltremodo tragica per Lui e continua ad esserlo per i suoi discepoli che continuano a cadere uccisi. Mistero d’iniquità: capiremo solo in Cielo perché Dio ha scelto - o permesso - questa economia piuttosto che un’altra. Sangue di martiri, seme di cristiani diceva Tertulliano.

• …ma non termina tutto lì

L’unica risposta che possiamo darci è che la via della croce sbocca nella GLORIA.
Il nostro cammino doloroso ci prepara un destino glorioso. Ora vediamo solo il rovescio del tappeto, ma oltre l’intrico dei nodi, sul diritto si va formando un bellissimo disegno che sarà il nostro destino di comunione eterna con Lui e ci riscatterà da ogni sofferenza patita quaggiù.

Wilma Chasseur

domenica 14 ottobre 2012

Che fatica essere ricchi!

 28^ DOMENICA TEMPO ORDINARIO 
(Mc 10, 17-30) 

Le letture di oggi ci mostrano quali siano le vere ricchezze che nessun ladro, nessun cataclisma e nessuna bancarotta possono portare via.

• Cosa chiediamo nella preghiera?

La prima lettura, tratta dal Libro della Sapienza, costituisce un insegnamento ammirabile su quale debba essere l’oggetto della nostra preghiera: “Pregai e mi fu elargita la prudenza; implorai e venne in me lo spirito della sapienza”. Facciamo un piccolo esame di coscienza: quante volte nella preghiera abbiamo chiesto, per prima cosa, la sapienza? Quale percentuale occupa nelle nostre domande e petizioni al Signore? Viene prima del benessere, salute, lavoro, casa ecc. ecc.?
“L’amai più della salute e della bellezza”. E’ così anche per noi? Ahimè, mi sa tanto che nella società degli uomini si moltiplicano palestre di ginnastica, corsi di fitness, istituti di bellezza, ma non ho ancora visto un “ Istituto di sapienza”… E anche. qualora ci fosse, temo che registrerebbe ben poche presenze, rispetto agli altri.
“La preferii a scettri e troni, stimai un nulla la ricchezza al suo confronto”. Ohimè! Possiamo dire altrettanto? Quanti, come massima ambizione, hanno quella di salire finalmente su di un trono (arrivare al potere) e vincere al lotto… Quanti vanno a gara per partecipare a quiz televisivi a premi e portarsi via il consistente gruzzolo. Se facessimo un sondaggio tra la gente comune, scopriremmo probabilmente che le mete più agognate sono proprio quelle!

• Poveri ricchi…

Ma io mi domando: dopo che uno ha vinto 100 miliardi, è forse migliore di prima? E’ forse cambiato dentro, migliore fuori e più sapiente in casa e fuori casa? E’ forse più felice? Temo che dopo una prima comprensibile esaltazione, si ritroverebbe pieno di grattacapi: come investire il gruzzolo? Come proteggerlo dai ladri? Dove andare in ferie, che si trasformerebbero subito in furie… Poveri noi! Che fatica essere ricchi: a quel poveretto non gli rimarrebbe più tempo per occuparsi di altro e dovrebbe vivere in funzione del “gruzzolo” (perché purtroppo, a causa del peccato originale, spesso, quella di voler diventare ricchi per poi dare tutto in beneficenza, rimane una pia illusione). Altro che acquistare la sapienza: perderebbe di colpo anche quel poco che gli era rimasta, perché, senza un miracolo, tutti quei denari improvvisi, non potrebbero non dargli alla testa… Povero ricco che sfortuna gli è capitata!

• Verso cosa corriamo?

Eppure la corsa al denaro finalizza la vita di molti ed è deleteria quanto la corsa agli armamenti, perché il denaro è l’arma più micidiale che ci sia, in nome del quale si commettono delitti innominabili. Del resto anche la corsa agli armamenti è finalizzata al denaro.
Gesù nel Vangelo ribadisce questo concetto e nella sua risposta al giovane ricco, leggiamo una serie di cinque verbi: và, vendi, dai, vieni e seguimi. Questo vangelo ci riguarda tutti: siamo tutti attaccati a qualche bene (o male…) da cui dobbiamo saper staccare il cuore. E’ una parola che ci mette in crisi, del resto la parola di Dio è sempre una spada tagliente che penetra fino alla divisione tra carne e spirito e tenta di farci superare i desideri terrestri per farci pervenire alla suprema libertà dello spirito. Per questo è necessaria la grazia che viene dall’alto perché “ciò che è impossibile agli uomini è possibile a DIO”.
Le vere ricchezze sono quelle spirituali, soprattutto il dono della sapienza che, lungi dal farci disprezzare i beni materiali, ce li fa usare per aiutare i fratelli, far avanzare il regno di Dio e metterli al Suo servizio.

Wilma Chasseur

domenica 7 ottobre 2012

All'inizio non era così

27^ Domenica Tempo Ordinario
(Mc 10,2-16) 

Il Vangelo di oggi ci mostra ancora Gesù in cammino: lasciata la Galilea a nord, si dirige verso la Giudea a sud, oltre il fiume Giordano. E una grande folla lo seguiva.

• Domande trabocchetto

La presenza di Gesù suscita entusiasmo e fa sempre accorrere la gente per ascoltare i suoi insegnamenti, ma tra gli uditori si infiltrano anche sempre quei farisei che, lungi dal voler beneficiare del suo insegnamento, vogliono solo fargli domande-trabocchetto nel tentativo di coglierlo in fallo. Questa volta gli chiedono: “E’ lecito ad un marito ripudiare la propria moglie?” L’antica legge della Torah consentiva in certi casi il divorzio, ma le scuole rabbiniche non erano unanimi nello stabilire quali fossero le condizioni richieste per farlo: l’infedeltà coniugale era il fattore determinante e ammesso da tutti. Ma c’erano anche posizioni più radicali che non ritenevano legittima questa prassi e paragonavano il divorzio all’adulterio. Materia scottante che manteneva accesa la discussione tra le varie scuole e ci fu anche chi ci rimise la testa: Giovanni Battista, dicendo ad Erode “non ti è lecito”!
I farisei comunque ammettevano il divorzio e il tranello teso a Gesù consisteva proprio nel volergli far dire un sì o un no: se diceva sì perdeva il favore del popolo, o perlomeno gli risultava sgradito, se diceva no, perdeva il favore dei potenti (come accadde appunto a Giovanni Battista con Erode).

• Cosa rispondere?

Ma Gesù, a questi ipocriti, non risponde mai con un sì o con un no: Egli sa benissimo che una risposta affermativa o negativa sarebbe come un boomerang e verrebbe impugnata contro di lui, così usa anche questa volta il tono interlocutorio rispondendo con una domanda: “Che cosa vi ha ordinato Mosè? Dissero: “Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di rimandarla: Gesù disse loro: “ Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma, ma all’inizio non era così. L’uomo non separi ciò che Dio ha congiunto”.
Ecco qual è l’obiettivo mirato da Gesù, non la legge che non disdice e neanche nega, va solo oltre, ma il cuore dei suoi interlocutori. E dice proprio: la durezza del VOSTRO cuore, non del cuore dei loro antenati che vivevano ai tempi di Mosè. Eccoli smascherati nei loro meschini tentativi di coglierlo in fallo. Sono loro che sono stati colti in flagrante durezza di cuore! Dai tempi di Mosè ai loro sono passati più di mille anni, ma il cuore è sempre lo stesso, cioè è sempre duro. E Gesù non può che constatarlo amaramente.

• Analfabetismo del cuore 


All’inizio Dio aveva impresso la legge naturale nel cuore dell’uomo, per cui questi sapeva benissimo, senza leggerlo da nessuna parte, che tradire, rubare, mentire ecc. è un male. Ma poi, visto che questo cuore tendeva, per chissà quali imperscrutabili motivi, ad indurirsi sempre più, questa legge dovette scriverla su tavole di pietra per ricordare all’uomo ciò che prima gli aveva scritto nel cuore. Ma questo analfabetismo del cuore dilaga ancora duemila anni dopo, e se l’uomo non vuol più far riferimento a Dio, questo cuore, lo vediamo, diventa più duro delle tavole di pietra.
Dobbiamo urgentemente ricentrarci su Dio se vogliamo recuperare l’amore tra di noi, in famiglia e tra i coniugi innanzitutto. “Senza di me non potete fare nulla”. E’ pura illusione credere di poter stabilire una morale autonoma – come vorrebbe la mentalità dominante – indipendente dai dieci comandamenti.
Se eliminiamo Dio dal cuore, questo diventa verso il prossimo, più duro delle tavole di pietra.

Wilma Chasseur

domenica 30 settembre 2012

Lo Spirito soffia dove vuole

26^ Domenica Tempo Ordinario 
(Mc 9, 38-43) 

La prima lettura ci mostra il regime dei cieli chiusi che vigeva nell’Antico testamento e cioè che lo Spirito era effuso su determinate persone per compiere particolari missioni, ma poi veniva ritirato, come accadde ai 70 anziani, che in seguito non profetarono più.


• Perché lo Spirito è uscito dalla tenda?

Mosè aveva sentito il bisogno di scegliersi degli uomini che lo aiutassero a governare quel popolo dalla “dura cervice”. Ne sceglie settanta tra gli anziani del popolo e li raduna nella tenda del convegno per procedere all’investitura. E il Signore prende una parte dello spirito che era su Mosè e lo pone su ognuno di loro. Sennonché fuori dalla tenda, c’erano due uomini: Eldad e Medad che ricevettero un’effusione spontanea dello Spirito e si misero a profetare anche loro, con grande scompiglio di Giosuè che credeva di doverglielo impedire, pensando fosse irregolare. Perché lo Spirito ha soffiato anche fuori dalla tenda? Perché è uscito? Giosuè va a dirlo a Mosè che gli risponde: “Sei tu forse geloso per me? Fossero tutti profeti nel popolo del Signore e volesse il Signore dare loro il suo Spirito”. Vediamo qui la grande liberalità di Dio che non fa preferenze di persone ed effonde il suo Spirito anche ad altri, ma vediamo anche la grande magnanimità di Mosè che, lungi dall’essere geloso, si augura che tutti possano essere profeti. Ma la gelosia spirituale esiste e forse fa capolino in Giosuè e ha radici vecchie come il mondo! E’ un vizio capitale che i vecchi catechismi definivano peccato contro lo Spirito Santo e rischia di farci cascare tutti quando attribuiamo lo Spirito a “categorie privilegiate” come fosse un monopolio riservato a qualcuno o un genere contingentato… Allora inscatoliamo il divino e non siamo per niente profeti. Lo Spirito è come il vento: soffia dove vuole e non sai donde venga e dove vada… non si lascia certo condizionare da noi. Siamo noi che ci facciamo condizionare dai nostri preconcetti e pregiudizi.

• Per splendere su tutti

Il regime dei cieli aperti si caratterizza proprio dal fatto che lo Spirito Santo è effuso su tutti. Quando Gesù morì sulla Croce, il velo della sua carne si squarciò e lo Spirito si riversò sul mondo. Quindi ora, in virtù del sacerdozio regale conferitoci dal battesimo, possiamo anche noi, avere il dono profetico. Lo Spirito è dato a tutti, così come il Sole splende su tutto: tocca a noi sollevare le tapparelle e spalancare le finestre affinché la luce entri. Il solo ostacolo a riceverlo dipende dalla nostra chiusura e non da Dio che non lo dà.
Il Vangelo ci mostra gli Apostoli che avevano lo stesso timore di Giosuè: “Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demoni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato perché non era dei nostri”. I nostri. Gesù fa fatica a far capire che nel regno di Dio non ci sono da una parte i “nostri” e dall’altra quelli che non sono nostri. Non esistono più scontri di civiltà e di mentalità, ma siamo tutti figli di un unico PADRE. E risponde loro: “Non glielo proibite perché non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me; chi non è contro di noi è per noi”.
In questo Vangelo, Gesù invita anche noi, come invitava i discepoli, ad aprire gli orizzonti e ad augurarci che tutti siano profeti e a rallegrarci che tutti abbiano lo Spirito in pienezza. Se ce ne rattristiamo non siamo abitati dallo Spirito e non esercitiamo il nostro sacerdozio regale e tanto meno quello profetico. Se siamo ancora troppo inquadrati, chiediamo allo Spirito di sconquassarci un po’, affinché possa aprirsi un varco per penetrare nel nostro cuore e inondarci con la sua luce.

Wilma Chasseur

domenica 23 settembre 2012

Per via li istruiva

25^ Domenica Tempo Ordinario
(Mc 9,30-37) 

Se domenica scorsa Gesù, interrogava i discepoli per via oggi, per via, li istruisce. E li mette al corrente dei tragici avvenimenti che sarebbero presto accaduti: “Il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato in mano agli uomini e lo uccideranno, ma una volta ucciso, dopo tre giorni, risorgerà”. Costoro però non comprendevano di che stesse parlando e a cosa alludesse, e non osavano chiedergli spiegazioni.

• Di cosa discutevano per via?

Ma il seguito del brano, ci mostra come i discepoli non stessero solo ad ascoltare il Maestro, ma sembra che lungo la strada camminassero anche da soli, discorrendo tra di loro. Infatti appena giunti a Cafarnao ed entrati in casa, Gesù domanda loro: “Di cosa stavate discutendo lungo la via?” Ed essi tacevano. Per via infatti avevano discusso tra loro chi fosse il più grande”. Incredibile ma vero! Dopo la grande e tragica rivelazione di Gesù sulla sua fine imminente e cioè che sarebbe stato ucciso e dopo tre giorni sarebbe risorto, i suoi amici più intimi, stavano pensando a loro stessi e alla carriera! Ecco di che pasta siamo fatti! La natura umana, lasciata a se stessa, non è proprio capace di grandi voli! Ne facciamo tutti l’esperienza. Solo la grazia fa volare...
E naturalmente, allorché Gesù li interroga su cosa stessero dicendo lungo la via, si guardano bene dal dirglielo! Evidentemente si vergognano di rivelare quali meschini interessi fossero oggetto della loro conversazione, proprio dopo aver udito il grande annuncio della passione, morte e risurrezione del Signore. Sennonché Gesù sa leggere! E leggere un “testo” che nessun dottore della legge, anche il più bravo, sapeva decifrare: il cuore dell’uomo. Quindi Gesù sa benissimo di cosa stavano discorrendo lungo la via e, da come risponde, anche i discepoli capiscono che aveva capito tutto.

• Sogni di grandezza svelati…

Allora sedutosi, chiamò i Dodici e disse loro: “Se uno vuole essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”. Ecco smascherati in pieno i loro sogni di grandezza e rivelati i pensieri nascosti nel loro cuore. Risposta che centra in pieno l’obiettivo e non lascia sussistere la minima illusione di “carriera”: in un sol colpo il Maestro abbatte tutti i sogni trionfalistici e desideri arrivisti dei Dodici.
“Servire è regnare” diceva già sant’Ireneo di Lione, ma chi la capisce ancora questa lingua? O, perlomeno, chi la parla ancora, anche qualora la capisca? Alzi la mano colui per il quale “servire” è sinonimo di “regnare” e colui che aspira ad arrivare al potere, solo per servire! Quante mani alzate?
Questo Vangelo ci mostra dunque due modi di tacere dei Dodici, dettati da due atteggiamenti diversi: prima, quando Gesù annuncia la sua prossima fine, tacciono perché non capiscono e non osano far domande. E forse non le fanno proprio per il timore di capire ciò che non vogliono capire.

• Chiamati a crescere in piccolezza

Poi, quando Gesù li interroga su cosa stessero dicendo tra di loro, tacciono di nuovo perché evidentemente si vergognano di rivelare quali aspirazioni abitassero i loro cuori , proprio dopo aver udito il grande annuncio della Passione. Aspiravano ad essere grandi, ma Gesù rivela loro che l’unico modo per essere grandi è diventare piccoli: “E preso un bambino, lo pose in mezzo e abbracciandolo disse: “Chi accoglie uno di questi bambini nel mio nome, accoglie me”.
Siamo dunque invitati a non crescere troppo, o perlomeno a non innalzarci, perché poi sarà sempre più difficile ridiventare piccoli ed essere felici di essere servi di tutti.

Wilma Chasseur

domenica 16 settembre 2012

Chi è Dio per l'uomo moderno?

XXIV Domenica Tempo Ordinario
(MC 8, 27-35)

Oggi Pietro si fa ardito: prende in disparte Gesù per… rimproverarlo. Abbiamo così un rovesciamento di situazione rispetto a domenica scorsa: non è più Gesù che prende in disparte il sordomuto per guarirlo, ma è addirittura Pietro che prende in disparte Gesù. Ma andiamo con ordine. All’inizio vediamo Gesù che, per via, interrogava i discepoli. E anch’io mi sono interrogata: perché Gesù interrogava i discepoli per via?

• Perché “per via”?

La prima risposta che mi viene è che , essendo sempre itineranti, doveva per forza interrogali per via, visto che erano sempre in cammino. Ma c’è anche un’altra risposta: i discepoli di oggi siamo noi e siamo sempre per via, cioè sempre in cammino essendo la stessa vita nostra, un cammino continuo, quindi pure noi siamo interrogati da Gesù, per via Quando avremo terminato il cammino terreno, non ci interrogherà più, perché ormai le risposte saranno date, i giochi saranno fatti: nessuna possibilità di ricominciare… Chiediamo dunque la grazia di dare le rispose giuste (e di darle con la vita, non solo a parole) mentre siamo per via, perché finito il cammino di questa vita, non ci saranno più né domande, né risposte e neanche esami di riparazione…
E su cosa li interrogava ? Addirittura sulla sua identità: “La gente chi dice che io sia? E voi chi dite che io sia”. Mi sono chiesta guardandomi attorno: l’uomo di oggi cosa dice sul Figlio di Dio e su Dio stesso? Dice che Dio è buono, sapiente, amorevole e via di seguito? Mica sempre! Mi pare, anzi,che il più grande accusato, quello che sale più spesso sul banco degli imputati sia proprio Dio. Classica la domanda “Se Dio è buono, perché esiste il male?” Come dire “ma sarà poi così buono?” La risposta filosofica è che il male è assenza di bene. Non esiste il male di per sé: Dio ha creato solo il bene; il male procede da scelte sbagliate, che l’uomo liberamente fa. Ebbene questa risposta la diede già, nel secolo scorso, indovinate chi? Leggete il fatto seguente, veramente accaduto:

• L’allievo che interroga il professore

Durante una lezione tenuta agli studenti universitari, un professore ateo dell’Università di Berlino lancia una sfida ai suoi alunni con la seguente domanda:
“Dio ha creato tutto quello che esiste?”
Uno studente diligentemente rispose: “Sì certo!”.
Il professore rispose: “Se Dio ha creato tutto, ha creato anche il male, poiché esso esiste” .
Tutti ammutolirono. Il professore si vantò di aver provato per l´ennesima volta che la fede era un mito.
Un altro studente alzò la mano e disse: “Professore, il freddo esiste?”.
“Che razza di domanda è questa? Naturalmente, esiste! Hai mai avuto freddo?”.
Il giovane replicò: “Signore, il freddo non esiste. Secondo le leggi della fisica, ciò che noi consideriamo freddo è in realtà assenza di calore. Noi abbiamo creato questa parola per descrivere come ci sentiamo… se non abbiamo calore. Si può misurare il calore ma non il freddo che è appunto zero assoluto”.
Lo studente continuò: “Professore, l´oscurità esiste?”.Il professore rispose: “Naturalmente!”.
Lo studente replicò: “Ancora una volta lei è in errore, perché l´oscurità non esiste. L´oscurità è in realtà assenza di luce. Noi possiamo studiare la luce, misurarla, ma non possiamo misurare l´oscurità.
Noi misuriamo la quantità di luce presente. L´oscurità è un termine usato per descrivere l’assenza di luce.
Finalmente il giovane chiese al professore: “Professore, il male esiste?”.

• Professore bocciato

A questo punto, titubante, il professore rispose, “Naturalmente, come ti ho già spiegato”. Ma lo studente replicò “Il male non esiste, professore, o almeno non esiste in quanto tale. Il male è l´assenza di Dio. Dio non ha creato il male. Il male è il risultato di ciò che accade quando l´uomo non ha l´amore di Dio. E´ come il freddo che si manifesta quando non c´è calore o l´oscurità che arriva quando non c´è luce”.
Il giovane fu applaudito da tutti e il professore, scuotendo la testa, rimase in silenzio.
Il rettore dell’Università si complimentò con il giovane studente e gli domandò: “Qual è il tuo nome?”.
“Mi chiamo Albert Einstein, signore!”.

Wilma Chasseur