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lunedì 31 maggio 2010

Riflessione sul Vangelo: La SS. Trinità (C)

Angelus di Papa Benedetto XVI del 30 Maggio 2010


BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 30 maggio 2010
 
 
Cari fratelli e sorelle!

Dopo il tempo pasquale, concluso domenica scorsa con la Pentecoste, la Liturgia è ritornata al “tempo ordinario”. Ciò non vuol dire però che l’impegno dei cristiani debba diminuire, anzi, entrati nella vita divina mediante i Sacramenti, siamo chiamati quotidianamente ad essere aperti all’azione della Grazia, per progredire nell’amore verso Dio e il prossimo. L’odierna domenica della Santissima Trinità, in un certo senso, ricapitola la rivelazione di Dio avvenuta nei misteri pasquali: morte e risurrezione di Cristo, sua ascensione alla destra del Padre ed effusione dello Spirito Santo. La mente e il linguaggio umani sono inadeguati a spiegare la relazione esistente tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo, e tuttavia i Padri della Chiesa hanno cercato di illustrare il mistero di Dio Uno e Trino vivendolo nella propria esistenza con profonda fede.

La Trinità divina, infatti, prende dimora in noi nel giorno del Battesimo: “Io ti battezzo – dice il ministro – nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo”. Il nome di Dio, nel quale siamo stati battezzati, noi lo ricordiamo ogni volta che tracciamo su noi stessi il segno della croce. Il teologo Romano Guardini, a proposito del segno della croce, osserva: “lo facciamo prima della preghiera, affinché … ci metta spiritualmente in ordine; concentri in Dio pensieri, cuore e volere; dopo la preghiera, affinché rimanga in noi quello che Dio ci ha donato … Esso abbraccia tutto l’essere, corpo e anima, … e tutto diviene consacrato nel nome del Dio uno e trino” (Lo spirito della liturgia. I santi segni, Brescia 2000, 125-126).

Nel segno della croce e nel nome del Dio vivente è, perciò, contenuto l’annuncio che genera la fede e ispira la preghiera. E, come nel vangelo Gesù promette agli Apostoli che “quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità” (Gv 16,13), così avviene nella liturgia domenicale, quando i sacerdoti dispensano, di settimana in settimana, il pane della Parola e dell’Eucaristia. Anche il santo Curato d’Ars lo ricordava ai suoi fedeli: “Chi ha accolto la vostra anima – diceva – al primo entrare nella vita? Il sacerdote. Chi la nutre per darle la forza di compiere il suo pellegrinaggio? Il sacerdote. Chi la preparerà a comparire innanzi a Dio, lavandola per l’ultima volta nel sangue di Gesù Cristo? … sempre il sacerdote” (Lettera di indizione dell’Anno Sacerdotale).

Cari amici, facciamo nostra la preghiera di sant’Ilario di Poitiers: “Conserva incontaminata questa fede retta che è in me e, fino al mio ultimo respiro, dammi ugualmente questa voce della mia coscienza, affinché io resti sempre fedele a ciò che ho professato nella mia rigenerazione, quando sono stato battezzato nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo” (De Trinitate, XII, 57, CCL 62/A, 627). Invocando la Beata Vergine Maria, prima creatura pienamente inabitata dalla Santissima Trinità, domandiamo la sua protezione per proseguire bene il nostro pellegrinaggio terreno.

Dopo l'Angelus:

Stamani, a Roma, nella Basilica di Santa Maria Maggiore, è stata celebrata la beatificazione di Maria Pierina De Micheli, Religiosa dell’Istituto delle Figlie dell’Immacolata Concezione di Buenos Aires. Giuseppina – questo il suo nome di Battesimo – nacque nel 1890 a Milano, in una famiglia profondamente religiosa, dove fiorirono diverse vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata. A 23 anni anche lei imboccò questa strada dedicandosi con passione al servizio educativo, in Argentina e in Italia. Il Signore le donò una straordinaria devozione al suo Santo Volto, che la sostenne sempre nelle prove e nella malattia. Morì nel 1945 e le sue spoglie riposano a Roma nell’Istituto “Spirito Santo”.

Je salue cordialement les pèlerins francophones! La Solennité de la Sainte Trinité nous rappelle que Dieu est Amour et qu’il nous appelle à une vie de communion avec Lui et entre nous. Puisse la Vierge Marie vous aider à contempler le mystère de la grandeur et de la beauté de notre Dieu et à reconnaître sa présence dans le prochain. Je recommande aussi à votre prière la Visite Apostolique que j’effectuerai très prochainement à Chypre. Bon dimanche à tous!

On this Trinity Sunday, I greet all the English-speaking pilgrims and visitors present at today’s Angelus. This week I am making an Apostolic Journey to Cyprus, to meet and pray with the Catholic and Orthodox faithful there and to consign the Instrumentum Laboris for the upcoming Special Assembly of the Synod of Bishops on the Middle East. I ask for your prayers for the peace and prosperity of all the people of Cyprus, as well as for the preparations for the Special Assembly. Upon each of you and your loved ones at home, I invoke the blessings of the most holy Trinity.

Gerne heiße ich am heutigen Dreifaltigkeitssonntag alle Pilger und Gäste aus den Ländern deutscher Sprache willkommen. Der Kern unseres christlichen Glaubens ist das Geheimnis der heiligsten Dreifaltigkeit. Gott offenbart sich als Vater, Sohn und Heiliger Geist, der alles erschaffen hat, erlöst und heiligt. Durch die Taufe auf den Namen des dreieinigen Gottes erhalten wir Anteil am Leben der göttlichen Dreifaltigkeit. Wir wollen dieser Gemeinschaft mit Gott stets treu bleiben und mithelfen, sein Reich der Gerechtigkeit, der Liebe und des Friedens aufzubauen. Von Herzen segne ich euch alle.

Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que participan en esta oración mariana, en particular a los fieles de la Parroquia de Nuestra Señora de la Asunción, de Cieza. En la solemnidad de la Santísima Trinidad, os invito a bendecir, alabar y glorificar a Dios Padre, a su Hijo unigénito y al Espíritu Santo, por el inefable misterio de vida y comunión entre las Tres Personas Divinas, de única naturaleza e iguales en su dignidad. Que María Santísima sostenga y acompañe con su intercesión a la Iglesia, que vive para invocar el Santo Nombre de Dios, uno y trino. Feliz Domingo.

Pozdrawiam serdecznie Polaków. Szczególną modlitwą ogarniam wszystkich powodzian. Nasze trudne sprawy zawierzamy dzisiaj Trójcy Świętej. Niech Maryja, nasza Orędowniczka pomoże nam odczytać zamysły Bożej Opatrzności. Pamiętajmy słowa z Księgi Hioba: „Dobro przyjęliśmy z ręki Boga. Czemu zła przyjąć nie możemy?” (Hi 2,10). Wszystko jest objęte Bożym planem zbawienia. Niech Bóg w Trójcy Świętej umocni was i wam błogosławi.

[Saluto cordialmente tutti i Polacchi. Sono vicino con una speciale preghiera alle persone colpite dall’alluvione. Oggi affidiamo alla Santissima Trinità le nostre difficoltà. Maria che intercede per noi ci aiuti a leggere i disegni della Provvidenza di Dio. Teniamo presenti le parole del libro di Giobbe: “Se da Dio accettiamo il bene, perché non dovremmo accettare anche il male?” (Gb 2,10). Tutto è racchiuso nel piano divino della salvezza. Vi benedica e vi conforti Dio Uno e Trino.]

Infine, rivolgo con affetto il mio saluto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare al folto gruppo venuto da Pordenone per onorare la memoria del Cardinale Celso Costantini, del quale è stato presentato due giorni fa a Roma il volume del Diario, dal titolo Ai margini della guerra (1938-1947). Questa pubblicazione è di grande interesse storico. Il Cardinale Costantini, molto legato al Papa Pio XII, la scrisse quando era Segretario della Congregazione di Propaganda Fide. Il suo Diario testimonia l’immensa opera compiuta dalla Santa Sede in quegli anni drammatici per favorire la pace e soccorrere tutti i bisognosi. Saluto, inoltre, il Movimento dell’Amore Familiare che ha promosso alcuni incontri sulle radici cristiane della famiglia e della società, i fedeli provenienti da Sardagna di Trento, quelli di Lallio insieme con i loro amici tedeschi di Schöngeising, la Fondazione “Gigi Ghirotti” per i malati di tumore, l’Associazione Carabinieri da Firenze, i gruppi di ragazzi che hanno ricevuto la Cresima e le varie scolaresche. A tutti auguro una buona domenica.



© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

domenica 30 maggio 2010

Video Vangelo della Santissima Trinità

Pienezza di vita

Santissima Trinità


Un Dio fuori di sé: ecco cos’è la SSma Trinità. Una perfetta comunione di persone che non rivendicano nulla per sé stesse: tutto ciò che il Padre è (e non solo ha) lo dona al Figlio che è così, la sapienza sussistente. Tutto ciò che il Figlio ha, non solo la vita, ma il suo stesso Spirito, ce lo dona continuamente. E’ un Dio estasi, sempre fuori di sé e tutto fuori di sé. Mai centrato o ripiegato su di sé, mai egocentrico o egoista come siamo noi.
Se domenica scorsa ci era stato promesso lo Spirito in pienezza, oggi siamo invitati a contemplare la pienezza di vita in se stessa, anzi la sovrabbondanza di vita trinitaria, dalla quale tutto procede. Anche la vita di ognuno di noi è iniziata –al battesimo– nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, e ogni tappa successiva e decisiva –che sia il sacerdozio o la consacrazione religiosa o il matrimonio– è sempre avvenuta nel nome della Trinità: primo il Padre, secondo il Figlio e terzo lo Spirito Santo.

• 1) Perché questo ordine?

Ci siamo mai chiesti perché quest’ordine? Perché non si potrebbe mai dire, ad esempio, che il Figlio è la prima Persona, lo Spirito Santo la seconda e il Padre la terza? Perché nel mistero trinitario c’è un ordine intrinseco, non cronologico, ma ontologico. Infatti il Padre non potrà essere che la prima Persona perché è il principio senza principio, Colui che non procede da nessuno perché non è mai stato creato da nessuno. Esiste da sempre, non ha mai avuto un inizio. E’ l’eterno esistente, anzi è l’esistenza stessa.
Il Figlio o Verbo è la seconda Persona perché procede dal Padre come il raggio procede dal Sole. E’ cioè della sua stessa sostanza. Il Verbo o Logos è la conoscenza che Dio ha di sé stesso. Nell’atto di conoscersi, Dio genera questa seconda Persona che è il Figlio. Quindi deve per forza essere seconda rispetto al Padre, in ordine all’essere.
Lo Spirito Santo è la terza Persona perché procede, non dalla conoscenza, ma dall’amore reciproco del Padre e del Figlio, quindi presuppone l’esistenza delle altre due Persone, dal cui amore procede. E deve perciò essere la terza Persona.
Per cui in principio, non poteva essere che il Padre, l’origine originante di tutto ciò che esiste. Il Figlio viene in secondo luogo perché procede dalla CONOSCENZA che il Padre ha di sé stesso, e quindi è la Sapienza del Padre.
Lo Spirito Santo procede dall’AMORE del Padre e del Figlio e quindi è il dono delle prime due Persone fatto a noi.
E qual è il mistero dell’unità nella Trinità? C’è un’unica sapienza, un’unica esistenza, un unico amore per tutti e Tre.

• 2) Una sola vita che circola

Cioè, il Padre, il Figlio e Lo Spirito Santo, non hanno ognuno una propria vita, una propria sapienza , un proprio amore e così per tutti gli attributi, ma c’è una vita sola che circola ininterrottamente in tutti e Tre e non finisce mai. Noi invece, abbiamo solo un fazzolettino di esistenza che serve solo a noi: una madre che vede morire il figlio, vorrebbe potergli dare la propria vita ma non può perché ne ha appena per sé stessa. Come uno scienziato, la sua sapienza, una volta che egli muore, se la porta via con sé, non può lasciarla in eredità a nessuno. Invece in Dio c’è un’unica sapienza infinita che è continuamente comunicata ai Tre come c’è un’unica esistenza infinita che circola ininterrottamente nelle Tre Persone. E la vita eterna sarà che questa esistenza infinita, circolerà non solo nei Tre, ma anche in noi: non vivremo più del nostro fazzolettino di esistenza, ma di quella di Dio che ci verrà comunicata per l’eternità. Lo stesso vale per la sapienza, l’amore e ogni altro attributo che essendo di Dio stesso, sarà infinito e infinitamente comunicato. Altro che vita eterna come riposo eterno o eterna noia!

• 3) Esplosione di vita

Sarà una sovrabbondanza e un’esplosione di vita incredibile. Dio Trinità è atto puro, cioè attività continua (basti pensare al Big Bang e all’infinita varietà di creature –dalle galassie alle formiche– che non solo ha creato, ma che mantiene continuamente nell’esistenza) di fronte alla quale, le nostre povere energie dispiegate per andare sulla luna o su marte, sono meno di niente, rispetto alla visione beatifica.
Anzi, tutte le nostre opere, lungi dal non servire più a niente e di essere messe a riposo eterno appena giunti nell’al di là, sarà proprio dalla contemplazione della SS Trinità e quindi dalla visione beatifica, che riceveranno la loro totale realizzazione.
La vita eterna è essere abitati dalla Santissima Trinità: è fare l’esperienza degli orizzonti infiniti dell’anima. L’universo interiore è infinitamente più grande di quello esteriore (anche se quest’ultimo si estende per miliardi di anni-luce), perché è lì che abita Dio, oceano immutabile d’infinito amore e di eterna gioia.

Wilma Chasseur

sabato 29 maggio 2010

"Quando T'invoco, o Dio rispondi"

Il Sabato dei Salmi: il Salmo 4 . La preghiera del giusto

Preghiera della sera
[1]Al maestro del coro. Per strumenti a corda.Salmo.
Di Davide.

[2]Quando ti invoco, rispondimi, Dio, mia giustizia:
dalle angosce mi hai liberato;
pietà di me, ascolta la mia preghiera.

[3]Fino a quando, o uomini, sarete duri di cuore?
Perché amate cose vane e cercate la menzogna?
[4]Sappiate che il Signore fa prodigi per il suo fedele:
il Signore mi ascolta quando lo invoco.

[5]Tremate e non peccate,
sul vostro giaciglio riflettete e placatevi.
[6]Offrite sacrifici di giustizia
e confidate nel Signore.

[7]Molti dicono: «Chi ci farà vedere il bene?».
Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto.
[8]Hai messo più gioia nel mio cuore
di quando abbondano vino e frumento.
[9]In pace mi corico e subito mi addormento:
tu solo, Signore, al sicuro mi fai riposare.



Nel Salmo 4 possiamo notare come l'uomo stolto dei tempi di Davide non era così diverso dall'uomo stolto dei giorni nostri; L'uomo che ama gli inganni del mondo, le cose inutili per soddisfare i propri piaceri, così tanto da indurire il proprio cuore e diventare sordo alle necessità del prossimo.

Davide ci ricorda anche come l'uomo fedele che rimane nell'osservanza delle Leggi di Dio, viene ascoltato dal Padre e non viene lasciato nelle sue sofferenze. "Tremate e non peccate" aggiunge Davide. Cosa intende dire? Intende dire all'uomo di non trasgredire le Leggi del Signore e lo invita a temere Dio. Ancora aggiunge: "Sul vostro giaciglio riflettete e placatevi". Invita l'uomo a fare un esame di coscienza, a calmare la sua ira e a riflettere per
giungere alla verità. "Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto". Sante e belle parole. Dai Salmi di San Davide Re abbiamo molto da imparare. Egli ci insegna a confidare nel Signore senza temere le
difficoltà del momento, ci aiuta a vedere oltre le problematiche fino a guardare il Signore Dio assiso sul Suo trono pronto ad accogliere la nostra preghiera.

venerdì 28 maggio 2010

Consigli Spirituali di Padre Pio, dalla Sua viva voce

Padre Pio, un gigante di santità

Oggi rifletteremo sulle capacità straordinarie di San Pio, in particolare quella di recitare tantissimi rosari in un solo giorno. Leggiamo in un annotazione di Padre Carmelo, superiore e figlio spirituale di Padre Pio:

I 36 rosari del Padre: 6 febbraio 1954

Pochi minuti fa (erano appena passate le ore ventuno), con due confratelli sono andato a dare la "Buona notte" al Padre. Lo abbiamo trovato quasi pronto per andare a letto, con una cuffiette in testa, che finiva in due lunghe bende, legate a nocca al collo, alle mani due mezzi guanti bianchi, una cintura all'abito. A porta semiaperta, il
Padre ha detto: "Devo dirmi altri due rosari, due e mezzo, e vado a letto". Ed io: "Padre, per favore, quanti rosari ha detto oggi?". Ed egli: "Beh, al mio Superiore devo dire la verità: ne ho detti trentaquattro". E noi: "Come fa a dirne tanti?". Ed egli: "... Ma questo non è per voi!". 34 + 2 = 36 rosari in un giorno!!! "Sí, 36,
interruppe un confratello: io già lo sapevo. Me lo aveva detto Lui! ". Mio Dio, innanzi a Te un orante continuo della Mamma Tua!

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Trentasei rosari in un giorno, un numero decisamente da record. Questo basta per comprendere la forza spirituale di questo grande uomo di Dio, ma questa è solo una delle poche cose che Padre Pio era in grado
di fare. Abbiamo forse scoperto, con un semplicissimo calcolo, una possibile risposta alla domanda: "Perché proprio trentasei rosari  giorno"? La giornata è composta da 24 ore, ogni ora è composta da 60 minuti, abbiamo quindi un totale di 720 minuti. Un Rosario  si recita in circa 20 minuti. Moltiplicando 36 rosari x 20 minuti, otteniamo il risultato di 720 minuti, vale a dire il perfetto equivalente di una giornata! Ora verrebbe da chiedersi: Ma come faceva Padre Pio a recitare trentasei rosari nell'arco di ventiquattr'ore? Considerando che Padre Pio celebrava la messa quotidianamente ed è famoso anche per la durata delle sue messe che duravano all'incirca due ore. Ma non solo; Le circa sedici ore al giorno spesi nel confessionale per la remissione dei peccati delle anime, il tempo per mangiare, per bere, per dormire, per altre cose... Ma come faceva Padre Pio? La risposta ce la da lui stesso in persona, attraverso un frate che gli chiede: «Padre, ma quanti rosari dite al giorno?» Padre Pio gli risponde: «Non meno di trenta interi, qualcosa in più anziché in meno». Vista la meraviglia di quel frate, Padre Pio gli ribatte: «Figlio mio, non sai che io posso fare contemporaneamente tre cose?»
Sarà stata una delle sue solite battute? I suoi innumerevoli impegni quotidiani sembrano però confermare che il Santo Frate fosse realmente in grado di svolgere più compiti contemporaneamente. Comunque sia la
sorpresa non manca davanti a tutto quello che Padre Pio compie per grazia di Dio. Da lui possiamo, anzi dobbiamo imparare la devozione al Santo Rosario. E chiediamo a Padre Pio che ci ottenga dalla Madonna
questa grazia!

Un caro saluto a voi tutti!

giovedì 27 maggio 2010

Divina Misericordia - Gesù parla ai Sacerdoti

Udienza Generale del Santo Padre del 26 maggio 2010


 
UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 26 maggio 2010
Munus regendi



Cari fratelli e sorelle,

L’Anno Sacerdotale volge al termine; perciò avevo cominciato nelle ultime catechesi a parlare sui compiti essenziali del sacerdote, cioè: insegnare, santificare e governare. Ho già tenuto due catechesi, una sul ministero della santificazione, i Sacramenti soprattutto, e una su quello dell’insegnamento. Quindi, mi rimane oggi di parlare sulla missione del sacerdote di governare, di guidare, con l’autorità di Cristo, non con la propria, la porzione del Popolo che Dio gli ha affidato.

Come comprendere nella cultura contemporanea una tale dimensione, che implica il concetto di autorità e ha origine dal mandato stesso del Signore di pascere il suo gregge? Che cos’è realmente, per noi cristiani, l’autorità? Le esperienze culturali, politiche e storiche del recente passato, soprattutto le dittature in Europa dell’Est e dell’Ovest nel XX secolo, hanno reso l’uomo contemporaneo sospettoso nei confronti di questo concetto. Un sospetto che, non di rado, si traduce nel sostenere come necessario l’abbandono di ogni autorità, che non venga esclusivamente dagli uomini e sia ad essi sottoposta, da essi controllata. Ma proprio lo sguardo sui regimi che, nel secolo scorso, seminarono terrore e morte, ricorda con forza che l’autorità, in ogni ambito, quando viene esercitata senza un riferimento al Trascendente, se prescinde dall’Autorità suprema, che è Dio, finisce inevitabilmente per volgersi contro l’uomo. E’ importante allora riconoscere che l’autorità umana non è mai un fine, ma sempre e solo un mezzo e che, necessariamente ed in ogni epoca, il fine è sempre la persona, creata da Dio con la propria intangibile dignità e chiamata a relazionarsi con il proprio Creatore, nel cammino terreno dell’esistenza e nella vita eterna; è un’autorità esercitata nella responsabilità davanti a Dio, al Creatore. Un’autorità così intesa, che abbia come unico scopo servire il vero bene delle persone ed essere trasparenza dell’unico Sommo Bene che è Dio, non solo non è estranea agli uomini, ma, al contrario, è un prezioso aiuto nel cammino verso la piena realizzazione in Cristo, verso la salvezza.

La Chiesa è chiamata e si impegna ad esercitare questo tipo di autorità che è servizio, e la esercita non a titolo proprio, ma nel nome di Gesù Cristo, che dal Padre ha ricevuto ogni potere in Cielo e sulla terra (cfr Mt 28,18). Attraverso i Pastori della Chiesa, infatti, Cristo pasce il suo gregge: è Lui che lo guida, lo protegge, lo corregge, perché lo ama profondamente. Ma il Signore Gesù, Pastore supremo delle nostre anime, ha voluto che il Collegio Apostolico, oggi i Vescovi, in comunione con il Successore di Pietro, e i sacerdoti, loro più preziosi collaboratori, partecipassero a questa sua missione di prendersi cura del Popolo di Dio, di essere educatori nella fede, orientando, animando e sostenendo la comunità cristiana, o, come dice il Concilio, “curando, soprattutto che i singoli fedeli siano guidati nello Spirito Santo a vivere secondo il Vangelo la loro propria vocazione, a praticare una carità sincera ed operosa e ad esercitare quella libertà con cui Cristo ci ha liberati” (Presbyterorum Ordinis, 6). Ogni Pastore, quindi, è il tramite attraverso il quale Cristo stesso ama gli uomini: è mediante il nostro ministero – cari sacerdoti – è attraverso di noi che il Signore raggiunge le anime, le istruisce, le custodisce, le guida. Sant’Agostino, nel suo Commento al Vangelo di san Giovanni, dice: “Sia dunque impegno d’amore pascere il gregge del Signore” (123,5); questa è la suprema norma di condotta dei ministri di Dio, un amore incondizionato, come quello del Buon Pastore, pieno di gioia, aperto a tutti, attento ai vicini e premuroso verso i lontani (cfr S. Agostino, Discorso 340, 1; Discorso 46, 15), delicato verso i più deboli, i piccoli, i semplici, i peccatori, per manifestare l’infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza (cfr Id., Lettera 95, 1).

Se tale compito pastorale è fondato sul Sacramento, tuttavia la sua efficacia non è indipendente dall’esistenza personale del presbitero. Per essere Pastore secondo il cuore di Dio (cfr Ger 3,15) occorre un profondo radicamento nella viva amicizia con Cristo, non solo dell’intelligenza, ma anche della libertà e della volontà, una chiara coscienza dell’identità ricevuta nell’Ordinazione Sacerdotale, una disponibilità incondizionata a condurre il gregge affidato là dove il Signore vuole e non nella direzione che, apparentemente, sembra più conveniente o più facile. Ciò richiede, anzitutto, la continua e progressiva disponibilità a lasciare che Cristo stesso governi l’esistenza sacerdotale dei presbiteri. Infatti, nessuno è realmente capace di pascere il gregge di Cristo, se non vive una profonda e reale obbedienza a Cristo e alla Chiesa, e la stessa docilità del Popolo ai suoi sacerdoti dipende dalla docilità dei sacerdoti verso Cristo; per questo alla base del ministero pastorale c’è sempre l’incontro personale e costante con il Signore, la conoscenza profonda di Lui, il conformare la propria volontà alla volontà di Cristo.

Negli ultimi decenni, si è utilizzato spesso l’aggettivo “pastorale” quasi in opposizione al concetto di “gerarchico”, così come, nella medesima contrapposizione, è stata interpretata anche l’idea di “comunione”. E’ forse questo il punto dove può essere utile una breve osservazione sulla parola “gerarchia”, che è la designazione tradizionale della struttura di autorità sacramentale nella Chiesa, ordinata secondo i tre livelli del Sacramento dell’Ordine: episcopato, presbiterato, diaconato. Nell’opinione pubblica prevale, per questa realtà “gerarchia”, l’elemento di subordinazione e l’elemento giuridico; perciò a molti l’idea di gerarchia appare in contrasto con la flessibilità e la vitalità del senso pastorale e anche contraria all’umiltà del Vangelo. Ma questo è un male inteso senso della gerarchia, storicamente anche causato da abusi di autorità e da carrierismo, che sono appunto abusi e non derivano dall’essere stesso della realtà “gerarchia”. L’opinione comune è che “gerarchia” sia sempre qualcosa di legato al dominio e così non corrispondente al vero senso della Chiesa, dell’unità nell’amore di Cristo. Ma, come ho detto, questa è un’interpretazione sbagliata, che ha origine in abusi della storia, ma non risponde al vero significato di quello che è la gerarchia. Cominciamo con la parola. Generalmente, si dice che il significato della parola gerarchia sarebbe “sacro dominio”, ma il vero significato non è questo, è “sacra origine”, cioè: questa autorità non viene dall’uomo stesso, ma ha origine nel sacro, nel Sacramento; sottomette quindi la persona alla vocazione, al mistero di Cristo; fa del singolo un servitore di Cristo e solo in quanto servo di Cristo questi può governare, guidare per Cristo e con Cristo. Perciò chi entra nel sacro Ordine del Sacramento, la “gerarchia”, non è un autocrate, ma entra in un legame nuovo di obbedienza a Cristo: è legato a Lui in comunione con gli altri membri del sacro Ordine, del Sacerdozio. E anche il Papa - punto di riferimento di tutti gli altri Pastori e della comunione della Chiesa - non può fare quello che vuole; al contrario, il Papa è custode dell’obbedienza a Cristo, alla sua parola riassunta nella “regula fidei”, nel Credo della Chiesa, e deve precedere nell’obbedienza a Cristo e alla sua Chiesa. Gerarchia implica quindi un triplice legame: quello, innanzitutto, con Cristo e l’ordine dato dal Signore alla sua Chiesa; poi il legame con gli altri Pastori nell’unica comunione della Chiesa; e, infine, il legame con i fedeli affidati al singolo, nell’ordine della Chiesa.

Quindi, si capisce che comunione e gerarchia non sono contrarie l’una all’altra, ma si condizionano. Sono insieme una cosa sola (comunione gerarchica). Il Pastore è quindi tale proprio guidando e custodendo il gregge, e talora impedendo che esso si disperda. Al di fuori di una visione chiaramente ed esplicitamente soprannaturale, non è comprensibile il compito di governare proprio dei sacerdoti. Esso, invece, sostenuto dal vero amore per la salvezza di ciascun fedele, è particolarmente prezioso e necessario anche nel nostro tempo. Se il fine è portare l’annuncio di Cristo e condurre gli uomini all’incontro salvifico con Lui perché abbiano la vita, il compito di guidare si configura come un servizio vissuto in una donazione totale per l’edificazione del gregge nella verità e nella santità, spesso andando controcorrente e ricordando che chi è il più grande si deve fare come il più piccolo, e colui che governa, come colui che serve (cfr Lumen gentium, 27).

Dove può attingere oggi un sacerdote la forza per tale esercizio del proprio ministero, nella piena fedeltà a Cristo e alla Chiesa, con una dedizione totale al gregge? La risposta è una sola: in Cristo Signore. Il modo di governare di Gesù non è quello del dominio, ma è l’umile ed amoroso servizio della Lavanda dei piedi, e la regalità di Cristo sull’universo non è un trionfo terreno, ma trova il suo culmine sul legno della Croce, che diventa giudizio per il mondo e punto di riferimento per l’esercizio dell’autorità che sia vera espressione della carità pastorale. I santi, e tra essi san Giovanni Maria Vianney, hanno esercitato con amore e dedizione il compito di curare la porzione del Popolo di Dio loro affidata, mostrando anche di essere uomini forti e determinati, con l’unico obiettivo di promuovere il vero bene delle anime, capaci di pagare di persona, fino al martirio, per rimanere fedeli alla verità e alla giustizia del Vangelo.

Cari sacerdoti, «pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non per forza ma volentieri [...], facendovi modelli del gregge» (1Pt 5,2). Dunque, non abbiate paura di guidare a Cristo ciascuno dei fratelli che Egli vi ha affidati, sicuri che ogni parola ed ogni atteggiamento, se discendono dall’obbedienza alla volontà di Dio, porteranno frutto; sappiate vivere apprezzando i pregi e riconoscendo i limiti della cultura in cui siamo inseriti, con la ferma certezza che l’annuncio del Vangelo è il maggiore servizio che si può fare all’uomo. Non c’è, infatti, bene più grande, in questa vita terrena, che condurre gli uomini a Dio, risvegliare la fede, sollevare l’uomo dall’inerzia e dalla disperazione, dare la speranza che Dio è vicino e guida la storia personale e del mondo: questo, in definitiva, è il senso profondo ed ultimo del compito di governare che il Signore ci ha affidato. Si tratta di formare Cristo nei credenti, attraverso quel processo di santificazione che è conversione dei criteri, della scala di valori, degli atteggiamenti, per lasciare che Cristo viva in ogni fedele. San Paolo così riassume la sua azione pastorale: “figlioli miei, che io di nuovo partorisco nel dolore finché Cristo non sia formato in voi” (Gal 4,19).

Cari fratelli e sorelle, vorrei invitarvi a pregare per me, Successore di Pietro, che ho uno specifico compito nel governare la Chiesa di Cristo, come pure per tutti i vostri Vescovi e sacerdoti. Pregate perché sappiamo prenderci cura di tutte le pecore, anche quelle smarrite, del gregge a noi affidato. A voi, cari sacerdoti, rivolgo il cordiale invito alle Celebrazioni conclusive dell’Anno Sacerdotale, il prossimo 9, 10 e 11 giugno, qui a Roma: mediteremo sulla conversione e sulla missione, sul dono dello Spirito Santo e sul rapporto con Maria Santissima, e rinnoveremo le nostre promesse sacerdotali, sostenuti da tutto il Popolo di Dio. Grazie!

[Saluti in varie lingue]

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli dell’Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo, guidati dal loro Pastore Mons. Michele Castoro e dai Frati Cappuccini, qui venuti per ricambiare la mia visita dell’anno scorso nella loro terra, dove mi sono recato specialmente per venerare le spoglie di San Pio da Pietrelcina. Cari amici, vi rinnovo la mia gratitudine per l’affetto con cui mi avete accolto, ed auspico che quell’importante evento ecclesiale continui a segnare le vostre comunità, producendo numerosi frutti di bene. Saluto i partecipanti al pellegrinaggio promosso dalle Suore Francescane Immacolatine e dall’Arcidiocesi di Benevento, guidato dall’Arcivescovo Mons. Andrea Magione in occasione della beatificazione di Teresa Manganiello, e li esorto a proseguire nell'impegno di adesione a Cristo e di testimonianza evangelica, sull'esempio della nuova Beata. Saluto i rappresentanti della Corporazione di San Paolino da Nola, accompagnati dall’Arcivescovo Mons. Beniamino Depalma, gli esponenti dell’Associazione Nazionale Carabinieri delle Marche, qui convenuti con il Prelato di Loreto Mons. Giovanni Tonucci, e i fedeli della parrocchia di San Vittore, in Ravenna. Tutti ringrazio per la gradita partecipazione a questo incontro.

Rivolgo, infine, il mio saluto ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. La Chiesa ricorda oggi San Filippo Neri, che si distinse per la sua allegria e per la speciale dedizione alla gioventù, che educò ed evangelizzò attraverso l'ispirata iniziativa pastorale dell'Oratorio. Cari giovani, guardate a questo Santo per imparare a vivere con semplicità evangelica. Cari malati, vi aiuti San Filippo Neri a fare della vostra sofferenza un'offerta al Padre celeste, in unione a Gesù crocifisso. E voi, cari sposi novelli, sorretti dall'intercessione di San Filippo, ispiratevi sempre al Vangelo per costruire una famiglia veramente cristiana.

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana


mercoledì 26 maggio 2010

L'aborto secondo Dio

Un ateo ed un prete ... contro l'aborto

Oggi, grazie al suggerimento di un nostro fratello (the vandeano), vi pubblichiamo un articolo tratto dal sito dell'Unione Cristiani Cattolici Razionali:

Don Maurizio Patriciello è un sacerdote di Napoli. Ha raccontato oggi ad Avvenire un fatto accadutogli giorni prima. Una persona lo ha avvicinato e gli ha detto: le dico subito, reverendo, che sono ateo. La fede non esercita alcun fascino su di me. Vorrei chiederle un consiglio per un dramma che mi porto dentro e di cui non riesco a liberarmi. Si tratta di un aborto, effettuato dalla mia ragazza con il mio consenso, quindici anni fa. Ci sembrò, allora, lunica cosa logica da fare per una gravidanza non voluta. A dire il vero non ci pesò granché. In seguito ci lasciammo. Oggi sono padre di due splendidi bambini avuti dalla mia attuale moglie. Il pensiero di quel bimbo che non facemmo nascere, però, mi perseguita. Come un fantasma si presenta ogniqualvolta accarezzo e gioco con i miei piccini. Cosa posso fare per quel figlio che non volemmo accogliere?».

La situazione è abbastaza insolita: un ateo e un prete. Un uomo che crede che sia vuoto il cielo, e un altro che ha scommesso la sua vita su Colui che lo abita. Un ateo che sente il bisogno di raccontare la sua angoscia a un prete. Quante vittorie sbandierate sul fronte dellaborto! Quanti inni alla libertà! Intervenire su una donna per eliminare il figlio che non vuole ormai è tanto facile e banale. Più difficile è ritrovare, poi, la serenità perduta. Ce lo insegna questuomo che non crede, al di sopra quindi di ogni sospetto. Quindici anni non son bastati per far tacere la voce di quel bambino che non vide il sole. Un bambino che ancora non vuol morire.



NO ALL'ABORTO, SI ALLA VITA, SEMPRE.

 

martedì 25 maggio 2010

Incontro tra Giovanni Paolo II e Padre Pio

Un giorno speciale

Carissimi fratelli e sorelle della Vigna, questo è un giorno importante per noi: Oggi ricorre l'anniversario della nascita di Padre Pio. Non è l'unico motivo che ci spinge a manifestare la nostra gioia, infatti abbiamo scelto questo giorno per affidare non solo il sito ma l'intero progetto de Nella Vigna del Signore a San Pio da Pietrelcina e al Servo di Dio e Venerabile Giovanni Paolo II che vanno ad affiancarsi ai già presenti santi Pietro e Paolo. I motivi di questa decisione sono molteplici, vediamo di seguito quali sono:

1. I santi Pietro e Paolo hanno guidato le prime comunità cristiane, San Pio e Giovanni Paolo II le ultime dei giorni nostri. Inoltre i fondatori che hanno desiderato e avviato questo progetto sono devoti di questi due uomini di Dio.

2. Il perché della data di questo evento è già scritto poche righe più sopra: L'anniversario della nascita di San Pio da Pietrelcina. Ma non solo; Maggio è anche il mese di nascita di Giovanni Paolo II. Il santo frate di cappuccino e il Papa polacco, oltre al mese di nascita, condividono anche una profonda stima e amicizia, nonché la santità. Per capire cosa sta alla base del legame di questi due uomini di Dio, incontrati per chissà quale mirabile disegno della Provvidenza, vi invitiamo a leggere quanto segue:

Tratto dal libro di Renzo Allegri, I Miracoli di Padre Pio, Mondadori Editore:

Nel 1962, Karol Wojtyla era vescovo ausiliare a Cracovia. Il l ottobre di quell'anno veniva inaugurato il Concilio Vaticano il e Karol Wojtyla aveva raggiunto la capitale italiana insieme ad altri 24 vescovi polacchi e al cardinale Wyszynski per partecipare a quello straordinario evento della Chiesa. A Roma aveva preso alloggio presso il Collegio Polacco, che si trova sul colle Aventino, in un posto bellissimo, pieno di sole, di verde, da dove si può godere la veduta di tutta la città. Era felice di essere tornato nella "città eterna"
dove tanti anni prima aveva studiato Teologia. Doveva rimanere in quella città fino alla metà di dicembre e aveva in programma, oltre agli impegni conciliari, mille progetti. Aveva partecipato con gioia Pietro. Tutte le mattine si recava alle assemblee con entusiasmo. Ma tra tante gioie e soddisfazioni, una sera, rientrando nel Collegio Polacco trovò una lettera con una dolorosa notizia: la dottoressa Wanda Poltawska, moglie del suo amico Andrei, era malata. Era stata ricoverata in ospedale e gli esami clinici avevano messo in evidenza
la presenza di un tumore. Karol Wojtyla conosceva bene quella donna. Era una delle sue migliori collaboratrici. Wanda Poltawska proveniva da una famiglia polacca cattolicissima. Da giovane aveva fatto parte dei movimenti cattolici di Cracovia. Era stata un'esponente della gioventù cattolica femminile polacca. Per questo, durante la guerra, dopo l'invasione della Polonia da parte delle truppe tedesche, era stata arrestata e internata nei campi di concentramento nazisti, dove era rimasta cinque anni, tra sofferenze e disagi incredibili, sopportati sempre con grande fede e con rassegnazione. Ritornata in patria, aveva ripreso gli studi universitari e la sua attività nei gruppi della gioventù cattolica. Dopo quello che aveva subito e sofferto, era diventata un esempio per i suoi coetanei. E fu in quegli anni che Karol Wojtyla la conobbe. Karol era un giovane sacerdote. Era da poco stato nominato vicario nella chiesa di San Floriano, nel centro della città. il suo incarico principale era quello di interessarsi degli studenti, dei gruppi giovanili cattolici. Wojtyla era già laureato in Teologia e Filosofia.
Teneva conferenze che erano seguitissime dai giovani cattolici. Intorno a lui si radunavano folti gruppi di universitari, assetati di ideali umanitari e religiosi. Tutti restavano incantati dagli insegnamenti di Karol e dal suo comportamento. Questi giovani avevano bisogno di restare periodi sempre più lunghi con lui per discutere,
parlare. Allora Karol Wojtyla aveva pensato alle escursioni in montagna. Lassù, lontani dai rumori della città, a contatto con la natura, si parlava meglio di Dio e dei problemi della vita. Tra i frequentatori di quelle escursioni, che si ripetevano più volte l'anno e che duravano anche più di una settimana, c'erano sempre Wanda Poltawska e suo marito Andrei. Erano laureati in Medicina e specializzati in Psichiatria. Erano interessatissimi ai temi che Karol Wojtyla trattava, soprattutto quelli inerenti i problemi della coppia. Spesso si fermavano a discutere con lui portando il loro contributo di medici. Wojtyla intuì la fede profonda che animava quei due giovani e divenne loro amico. Karol era solo al mondo. Sua madre Emilia era morta quando lui aveva soltanto nove anni; il fratello maggiore, Edoardo, medico, era morto subito dopo aver conseguito la laurea, e suo padre se ne era andato all'improvviso per infarto nel 1942, quando egli aveva 21 anni. Una serie di disgrazie familiari terribili che avevano profondamente segnato il suo animo sensibilissimo. Non avendo più nessuno al mondo, Karol Wojtyla a volte sentiva molto il peso della solitudine. Ma da quando aveva fatto amicizia con Wanda e
Andrei, quella sofferenza interiore era quasi scomparsa. Andrei e Wanda erano diventati fratelli per lui, e la loro famiglia era diventata la sua famiglia adottiva. Avevano continuato a lavorare insieme per anni. Avevano fondato gruppi di ricerca. Avevano scritto libri, organizzato conferenze, sempre sui problemi della famiglia. Poi
Karol Wojtyla era diventato professore universitario, era stato  nominato vescovo. La famiglia dei suoi amici era aumentata. Wanda e Andrei avevano avuto quattro bambine. Wojtyla andava a trovarle, giocava con loro e le bambine lo chiamavano "zio". Era un'amicizia stupenda, profonda, quella di Karol e della giovane famiglia di Andrei Poltawska" un'amicizia che arricchiva il cuore. E ora, ecco la notizia tremenda: Wanda stava per morire. Di fronte a quella lettera, Karol Wojtyla provò il dolore di quando aveva perduto i suoi cari. Cominciò
a pregare per la sua amica. Chiedeva al Signore di allontanare da quella famiglia una tragedia immane. Wanda aveva soltanto 40 anni. Le sue bambine avevano bisogno della mamma. Karol Wojtyla pregava con fervore, ma le notizie che giungevano dalla Polonia erano sempre più brutte. Il male progrediva rapidamente. La dottoressa Poltawska doveva essere sottoposta a un intervento chirurgico ma, data la gravità della malattia, le speranze che potesse salvarsi erano poche. Karol Wojtyla intensificò le sue preghiere. Chiedeva preghiera ad amici e sacerdoti, a suore che conosceva. Poi, improvvisamente, si ricordò di padre Pio che egli aveva conosciuto nell'immediato dopoguerra. Era andato a trovarlo nel 1947. Si era confessato da lui e ne aveva riportato una grande impressione. Credeva nella santità di quel frate e decise di rivolgersi a lui.

Prese carta e penna. Su un foglio intestato "Curia metropolitana cracoviensis", la diocesi di Cracovia, scrisse, in un latino frettoloso, una breve lettera che porta la data del 17 novembre 1962. "Venerabile padre, ti chiedo di pregare per una certa madre di quattro ragazze, che vive a Cracovia in Polonia (durante l'ultima guerra fu per cinque anni nei campi di concentramento in Germania) e ora si trova in gravissimo pericolo di salute, anzi di vita a causa di un cancro. Prega affinché Dio, con l'intervento della Beatissima Vergine, mostri misericordia a lei e alla sua famiglia. In Cristo obbligatissimo Karol Wojtyla".

La lettera venne consegnata ad Angelo Battisti che, in Vaticano, era molto conosciuto perché lavorava alla segreteria di Stato. Essendo egli amministratore della Casa Sollievo della Sofferenza, era un amico di padre Pio ed era quindi una delle poche persone che potevano avvicinarlo sempre, che potevano andare a qualsiasi ora del giorno nella sua camera. "La lettera mi fu consegnata da un cardinale italiano" raccontò Battisti. "Quel cardinale mi disse che si trattava di una vicenda della massima importanza e che quindi dovevo partire
subito e consegnare la lettera proprio nelle mani di padre Pio. "Non avevo mai ricevuto incarichi così urgenti. Andai subito a casa, presi la mia auto e partii immediatamente. "Arrivato a San Giovanni Rotondo, andai nella cella di padre Pio. Gli porsi la lettera dicendo che si trattava di cosa urgente. ""Apri e leggi" disse il Padre. "Aveva la testa piegata sul petto e stava, come sempre, pregando. Aprii la busta e gli lessi la lettera. Il Padre ascoltò in silenzio senza dire niente. Quando ebbi finito di leggere quelle poche righe, rimaseancora  in silenzio. Io ero meravigliato: quella lettera non conteneva niente di straordinario. Era una delle numerosissime lettere che padre Pio riceveva ogni giorno da parte di persone che chiedevano preghiere. A un certo momento, padre Pio, alzando la testa e guardandomi con i suoi occhi profondi mi disse: "Angiolino, a questo non si può dire di
no". Piegò di nuovo la testa sul petto e riprese a pregare. "Risalii in macchina per tornare a Roma. Durante il viaggio continuavo a riflettere su quella frase. Conoscevo padre Pio da anni. Ero abituato a vedere intorno a lui le cose più incredibili. Sapevo che ogni sua parola aveva sempre un profondo significato. Continuavo a chiedermi: Ma perché ha detto: 'A questo non si può dire di no'?. Chi era quel vescovo polacco? Io lavoravo in segreteria di Stato, ma non lo avevo mai sentito nominare. Perché padre Pio aveva tanta stima di lui fino
al punto da pronunciare quella frase che dimostrava che era una persona importantissima per lui? Arrivato a Roma chiesi ai miei colleghi se conoscevano il vescovo Wojtyla, ma nessuno lo aveva mai sentito nominare". Dopo undici giorni, e precisamente il 28 novembre, Karol Wojtyla scrisse una nuova lettera a padre Pio: "Venerabile padre, la donna abitante a Cracovia in Polonia, madre di quattro ragazze, il giorno 21 novembre, prima dell'operazione chirurgica è guarita all'improvviso. Rendiamo grazia a Dio. E anche a te padre
venerabile porgo i più grandi ringraziamenti a nome della stessa donna, di suo marito e di tutta la sua famiglia. In Cristo, Karol Wojtyla, vescovo capitolare di Cracovia
".

Questa seconda lettera di Wojtyla è piena di gioia. Egli annuncia l'incredibile fatto in forma sintetica, ma fornendo gli elementi precisi per far comprendere che si trattava di un prodigio straordinario. La guarigione della sua amica è avvenuta all'improvviso, mentre l'ammalata si trovava in ospedale e stava per essere sottoposta all'intervento chirurgico. Si tratta quindi di una guarigione avvenuta sotto gli occhi dei medici, quindi sotto il controllo della scienza. Un vero e proprio miracolo, che Wojtyla attribuisce, senza ombra di dubbio, all'intervento di Dio ottenuto grazie alle preghiere di padre Pio. Anche questa volta la lettera fu immediatamente consegnata ad Angelo Battisti con l'incarico di portarla subito a San Giovanni Rotondo. "Partii immediatamente perché anche quella volta, in Vaticano mi avevano fatto una grande fretta" mi raccontò Battisti. "Arrivato a San Giovanni Rotondo, entrai nella cella di padre Pio, gli feci vedere la lettera e come al solito egli disse: "Apri e leggi". "Questa volta lessi con molta curiosità anch'io, perché volevo sapere che cosa ci fosse ancora di tanto
importante, e sentendo quella notizia veramente straordinaria, incredibile, guardai verso il Padre come per congratularmi con lui. Ma padre Pio era immerso nella preghiera. Sembrava non avesse udito la
mia voce mentre leggevo la lettera. Attesi in silenzio che mi dicesse qualcosa oppure che mi ordinasse di tornare a Roma. Dopo qualche minuto il Padre disse: "Angelino, conserva queste lettere, perché un
giorno diventeranno importanti". Tornai a Roma, tenni sempre con me quelle lettere, come mi aveva ordinato padre Pio. Passarono sedici anni e mi ero quasi dimenticato di averle. Ma la sera di lunedì 16 ottobre 1978, quando dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro sentii il cardinale Felici annunciare al mondo il nome del nuovo Papa che era stato eletto al posto di Giovanni Paolo I, mi venne quasi un colpo. Il nome era quello di Karol Wojtyla. Quel vescovo polacco che mi aveva dato la lettera da portare a padre Pio per chiedere la guarigione di una donna di Cracovia. Pensai immediatamente alla frase di padre Pio. "A questo non si può dire di no" e mi vennero le lacrime agli occhi."

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Come abbiamo potuto leggere da questo estratto del libro, Padre Pio grazie al mirabile dono della profezia, sapeva che quell'anonimo vescovo polacco sarebbe diventato Papa, lo stesso Papa che l'ha beatificato e canonizzato molti anni più tardi. A partire da quest'oggi, come già annunciato all'inizio di questo
articolo, il progetto de Nella Vigna del Signore è affidato alla protezione di San Pio da Pietrelcina e il Papa Servo di Dio e Venerabile Giovanni Paolo II.
Guidati dal loro esempio di santità, noi ci impegniamo con più grande gioia e motivazione nel portare avanti questo progetto di Evangelizzazione e Carità.

Buona e santa giornata a voi tutti e il Signore vi benedica!

Grazie caro Padre Pio, grazie caro Giovanni Paolo II, vi ringraziamo a nome di tutta la Vigna e di tutti i suoi affezionati lettori.

lunedì 24 maggio 2010

Riflessioni sul Vangelo di Pentecoste

Angelus di Papa Benedetto XVI nella Solennità della Pentecoste


BENEDETTO XVI

REGINA CÆLI

Piazza San Pietro
Domenica, 23 maggio 2010

Cari fratelli e sorelle!

Cinquanta giorni dopo la Pasqua, celebriamo la solennità della Pentecoste, in cui ricordiamo la manifestazione della potenza dello Spirito Santo, il quale – come vento e come fuoco – scese sugli Apostoli radunati nel Cenacolo e li rese capaci di predicare con coraggio il Vangelo a tutte le genti (cfr At 2,1-13). Il mistero della Pentecoste, che giustamente noi identifichiamo con quell’evento, vero “battesimo” della Chiesa, non si esaurisce però in esso. La Chiesa infatti vive costantemente della effusione dello Spirito Santo, senza il quale essa esaurirebbe le proprie forze, come una barca a vela a cui venisse a mancare il vento. La Pentecoste si rinnova in modo particolare in alcuni momenti forti, a livello sia locale sia universale, sia in piccole assemblee che in grandi convocazioni. I Concili, ad esempio, hanno avuto sessioni gratificate da speciali effusioni dello Spirito Santo, e tra questi vi è certamente il Concilio Ecumenico Vaticano II. Possiamo ricordare anche il celebre incontro dei movimenti ecclesiali con il Venerabile Giovanni Paolo II, qui in Piazza San Pietro, proprio nella Pentecoste del 1998. Ma la Chiesa conosce innumerevoli “pentecoste” che vivificano le comunità locali: pensiamo alle Liturgie, in particolare a quelle vissute in momenti speciali per la vita della comunità, nelle quali la forza di Dio si è percepita in modo evidente infondendo negli animi gioia ed entusiasmo. Pensiamo a tanti convegni di preghiera, in cui i giovani sentono chiaramente la chiamata di Dio a radicare la loro vita nel suo amore, anche consacrandosi interamente a Lui.

Non c’è dunque Chiesa senza Pentecoste. E vorrei aggiungere: non c’è Pentecoste senza la Vergine Maria. Così è stato all’inizio, nel Cenacolo, dove i discepoli “erano perseveranti e concordi nella preghiera, insieme ad alcune donne e a Maria, la Madre di Gesù, e ai fratelli di lui” – come ci riferisce il libro degli Atti degli Apostoli (1,14). E così è sempre, in ogni luogo e in ogni tempo. Ne sono stato testimone anche pochi giorni fa, a Fatima. Che cosa ha vissuto, infatti, quell’immensa moltitudine, nella spianata del Santuario, dove tutti eravamo un cuore solo e un’anima sola? Era una rinnovata Pentecoste. In mezzo a noi c’era Maria, la Madre di Gesù. E’ questa l’esperienza tipica dei grandi Santuari mariani - Lourdes, Guadalupe, Pompei, Loreto - o anche di quelli più piccoli: dovunque i cristiani si radunano in preghiera con Maria, il Signore dona il suo Spirito.

Cari amici, in questa festa di Pentecoste, anche noi vogliamo essere spiritualmente uniti alla Madre di Cristo e della Chiesa invocando con fede una rinnovata effusione del divino Paraclito. La invochiamo per tutta la Chiesa, in particolare, in quest’Anno Sacerdotale, per tutti i ministri del Vangelo, affinché il messaggio della salvezza sia annunciato a tutte le genti.

Dopo il Regina Cæli:



Ieri, a Benevento, è stata proclamata Beata Teresa Manganiello, fedele laica, appartenente al Terz’Ordine Francescano. Nata a Montefusco, undicesima figlia di una famiglia di contadini, trascorse una vita semplice e umile, tra le faccende di casa e l’impegno spirituale nella chiesa dei Cappuccini. Come san Francesco d’Assisi cercava di imitare Gesù Cristo offrendo sofferenze e penitenze per riparare i peccati, ed era piena di amore per il prossimo: si prodigava per tutti, specialmente per i poveri e i malati. Sempre sorridente e dolce, a soli 27 anni è partita per il Cielo, dove già il suo cuore abitava. Rendiamo grazie a Dio per questa luminosa testimone del Vangelo!

La memoria liturgica della Beata Vergine Maria, Aiuto dei Cristiani, ci offre - domani 24 maggio - la possibilità di celebrare la Giornata di preghiera per la Chiesa in Cina. Mentre i fedeli che sono in Cina pregano affinché l'unità tra di loro e con la Chiesa universale si approfondisca sempre di più, i cattolici nel mondo intero - specialmente quelli che sono di origine cinese - si uniscono a loro nell’orazione e nella carità, che lo Spirito Santo infonde nei nostri cuori particolarmente nella solennità odierna.

[Saluti in diverse lingue]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i membri del Movimento per la Vita, che promuove la cultura della vita e concretamente aiuta tante giovani donne a portare a termine una gravidanza difficile. Cari amici, con voi ricordo le parole della Beata Teresa di Calcutta: “Quel piccolo bambino, nato e non ancora nato, è stato creato per una grande cosa: amare ed essere amato”. Saluto la delegazione del Comune di Vedelago (provincia di Treviso), gli alunni di scuola elementare di Casarano, l’associazione “Il Disegno” di Cesena e gli scout di Cetraro. A tutti auguro una buona festa di Pentecoste. Buona domenica e buona settimana!

domenica 23 maggio 2010

Video Vangelo della Pentecoste

Lo Spirito in pienezza

Pentecoste 


Gli Apostoli si trovavano nel Cenacolo, cioè la prima chiesa, il primo luogo di preghiera dove i discepoli della prima ora si riunivano per pregare, e le porte erano chiuse sprangate per timore dei Giudei. Ma ecco che arriva Gesù, sfidando le barriere invalicabili di muri e porte chiuse, e dice loro: ”Pace a voi”. Egli sapeva che avevano paura ed avevano bisogno di essere rassicurati, e li conforta al massimo dando loro nientemeno che il Consolatore.

• 1) Chi guarda me chi vede?

Quel Gesù che entrò a porte chiuse nel Cenacolo, è lo stesso che continua a bussare alle porte chiuse dei nostri cuori e tenta di aprirsi un varco nella selva inestricabile di paure, timori e resistenze varie, per uscire allo scoperto e rivelarsi agli altri. “Chi guarda me veda LUI” ecco il vero identikit del cristiano. Ma chi guarda me cosa vede? O meglio chi vede? Vede Gesù oppure lo teniamo agli arresti domiciliari, murato vivo nel nostro cuore duro dal quale non riesce più ad uscire? P. Cantalamesa diceva che più che farlo entrare (quello è successo nella prima conversione) ora si tratta di lasciarlo uscire. Ecco il difficile! Chi di noi non vorrebbe, almeno una volta, liberarsi da tutta questa zavorra, e vivere una vita in pienezza, eliminando ogni paura, mediocrità e grigiore; spiccare il volo verso cieli più puri, dare la piena misura di quel che siamo e che portiamo dentro, nascosto o soffocato da timori, egoismi durezze e ripiegamenti vari? Come fare per avere questa marcia in più?

• 2) Volete una marcia in più?

Dobbiamo chiedere lo Spirito Santo. Ma se ho bisogno di tutt’altro (pensiamo noi sotto sotto): una guarigione, un lavoro, una casa, un esame ecc. che c’entra lo Spirito? A che mi serve? Non è certamente la prima cosa che chiediamo, né che ci interessi! Ed è proprio qui lo sbaglio. Se vogliamo ottenere quel che chiediamo, dobbiamo chiedere altro. “Cercate prima di tutto il Regno dei Cieli (= lo Spirito) e tutto il resto vi verrà dato in sovrappiù”. Gesù non dice che il resto non ci verrà dato, ma dobbiamo prima chiedere lo Spirito perché senza di Lui tutto il resto non serve, anzi non saremmo neanche capaci di viverlo come una grazia, ma lo considereremmo come un “dovuto” e sarebbe quindi più una disgrazia che una grazia. Invece, se abbiamo lo Spirito, sappiamo che tutto ci viene dato gratuitamente da Lui. Ed acquistiamo anche una nuova parentela tra di noi, sentendo allo stesso modo, come se avessimo un cuore solo ed un’anima sola.
San Serafino di Sarov diceva che il fine della vita cristiana è l’acquisizione dello Spirito Santo. Ma come fare per acquisirlo? Anzitutto dobbiamo desiderarlo. Il Signore vuole darci il Suo Spirito in pienezza, ma se continuiamo a chiedere e a desiderare tutt’altro, non solo non avremo lo Spirito in pienezza, ma non ne avremo neppure le primizie. Mentre se lo desideriamo, significa che ne abbiamo già le primizie, perché nessuno può desiderare lo Spirito, se non sotto l’azione di questo stesso Spirito.
“Beati i puri di cuore (= quelli che sono di nuovo capaci di desiderare, non i beni relativi, ma IL bene assoluto che è DIO) perché vedranno Dio”. C’è una stretta interdipendenza tra lo Spirito e la purezza . Dionigi l’Areopagita identifica la santità di Dio con la sua perfetta purezza. Lo Spirito ricostruisce in noi l’immagine e somiglianza perdute col peccato, rendendoci di nuovo quel puro cristallo in cui Dio può riversare e irradiare la sua purezza infinita.

• 3) Nostalgia di purezza e d’innocenza


Il nostro mondo deve ritrovare la nostalgia della purezza e dell'innocenza se vuole fare di nuovo l’esperienza di Dio.
L’uomo è un essere finito capace di infinito. Ma questa capacità d’infinito la mette a servizio dei suoi vizi e passioni che diventano un attaccamento infinito a cose finite, fasulle, traditrici che lo riempiono di vuoto e di disperazione. L’uomo ha voluto costruire un mondo senza Dio, e ci è anche riuscito, ma è un mondo di uno squallore e di una tristezza infinita. Solo ritrovando l’innocenza battesimale l’uomo ritroverà il suo splendore, la sua libertà, la sua signoria sulle cose e su sé stesso. E si vedrà come una scintilla di luce che zampilla dal braciere ardente di luce increata ed eterna di Dio.
E solo allora l’uomo avrà chiarito il mistero della propria origine: luce da LUCE, luce seconda che rifrange la Luce prima da cui procede e a cui tornerà nell’ultimo giorno per non separarsene mai più.

Wilma Chasseur

sabato 22 maggio 2010

Commento al Salmo 3

Il Sabato dei Salmi: Invocazione mattutina del giusto perseguitato


Invocazione mattutina del giusto perseguitato

[1]Salmo di Davide quando fuggiva il figlio Assalonne.

[2]Signore, quanti sono i miei oppressori!
Molti contro di me insorgono.
[3]Molti di me vanno dicendo:
«Neppure Dio lo salva!».

[4]Ma tu, Signore, sei mia difesa,
tu sei mia gloria e sollevi il mio capo.
[5]Al Signore innalzo la mia voce
e mi risponde dal suo monte santo.
[6]Io mi corico e mi addormento,
mi sveglio perché il Signore mi sostiene.
[7]Non temo la moltitudine di genti
che contro di me si accampano.

[8]Sorgi, Signore,
salvami, Dio mio.

Hai colpito sulla guancia i miei nemici,
hai spezzato i denti ai peccatori.
[9]Del Signore è la salvezza:
sul tuo popolo la tua benedizione. 


Davide è un uomo giusto di ardente zelo e come tutti gli uomini fedeli a Dio, vive ardue prove dove è chiamato a dimostrare la sua fede al Signore Dio d'Israele. Egli fuggiva dal figlio Assalonne il cui scopo era quello di usurpare il regno del padre. Erano molti, come egli stesso scrive, ad insorgere contro di lui. Davide non demorde, non si arrende alla disperazione, ma anzi volge il suo cuore all'Altissimo e in Dio si sente difeso, protetto.


Questo dobbiamo imparare da Davide, a non abbatterci quando tutti sembrano mettersi contro di noi. Spesso facciamo l'errore di prendercela con il Signore per non aver impedito le avversità dei nostri nemici, al contrario dovremmo alzare i nostri occhi al Signore l'Altissimo e chiedere protezione. "Io mi corico e mi addormento, mi sveglio perché il Signore mi sostiene". Si può dire che Davide facesse sonni tranquilli, segno che la sua fiducia in Dio era così elevata da non lasciarsi agitare dal tumulto dei suoi oppressori. Confidiamo pienamente in Dio, proviamoci, impegniamoci giorno dopo giorno nell'abbandono totale nel Signore.

venerdì 21 maggio 2010

Miracolo a Milano? Lacrime di sangue della Madonna ortodossa.

Il peccato nella Chiesa e la seduzione del mondo

Oggi, la Vigna del Signore affronta nuovamente il tema scabroso del peccato all'interno della Chiesa e della seduzione che il mondo sta operando, sfruttando questa abominevole situazione. Ieri sera, nella puntata di Annozero (programma di approfondimento condotto da Michele Santoro) si è discusso proprio del peccato all'interno della Chiesa alla presenza anche del Vescovo di Palestrina Domenico Sigalini e del giornalista Antonio Socci. Da questa puntata sono state riportare alcune testimonianze di violenze subite in età infantile, ad opera di preti che poi venivano sistematicamente coperti dalle gerarchie. Purtroppo, su questo non c'è molto da ribattere: ci sono stati episodi vergognosi e non nascondiamo un senso di vomito e di disgusto per quello che abbiamo ascoltato. Questi uomini evidentemente malati (o posseduti dal maligno che ha sfruttato queste debolezze), non dovevano vestire l'abito sacerdotale e né tantomeno avrebbero dovuto sacramentare: invece, forse in un eccesso di buonismo o di paura, questi preti hanno continuato non solo a celebrare sacramenti, ma anche a violentare bambini in modo feroce e disgustoso. Vogliamo che sia chiaro la nostra volontà di non difendere questi orrori: il nostro compito è semmai di denunciare episodi di una simile gravità per tutelare la Chiesa di Dio e in particolar modo le pecore più giovani di tale Chiesa.

Ma c'è un limite a tutto: non si possono accettare lezioni di moralità da un mondo che prima della venuta di Gesù Cristo, considerava i bambini come dei menomati mentali, tanto è che erano oggetto di vendita e anche di sfruttamenti sessuali perchè la pedofilia, specie nell'età greca, non veniva visto con orrore, ma con un senso di liceità. Soltanto Gesù mostra l'amore verso i bambini per la loro innocenza: se ben ricordate, persino i discepoli rimproveravano i bambini, ma Gesù li stoppava dicendo: "Lasciate che i bambini vengano a me". E allo stesso modo fu Gesù che disse:

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: “Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli? ”. Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: “In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli.
  E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
  Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! È inevitabile che avvengano scandali, ma guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!
  Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.
Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli.

Con questo vogliamo dimostrare che non è giusto infangare la Chiesa di Gesù Cristo a causa del peccato di pochi uomini: la Chiesa ha da sempre tutelato i bambini quando l'uomo voleva abusarne in ogni senso: e sempre la Chiesa ha portato quei valori di moralità che l'uomo invece non sapeva insegnare. Il mondo oggi cerca di dare lezioni di perbenismo e di moralità e non riesce a vedere il marcio che lo circonda: basta accendere la televisione per vedere di cosa stiamo parlando. La società civile è una società sessuomane, in quanto mette al centro di se stessa, sempre e solo il sesso, in ogni modo. Ormai possiamo ben dire che il sesso comanda nel mondo perchè esso determina persino i voleri dei potenti della nazione! Un mondo che legittima la vergogna e che espone i bambini ad una sessualità infuocata e precoce, come può pensare di dare lezioni di moralità alla Chiesa di Gesù Cristo? 

Non solo, il mondo (e ieri sera ad Annozero si è cercato di riprodurlo) cerca di approfittare della situazione incresciosa di questi giorni, per tentare la Chiesa: si parla della castità e dell'obbligo di celibato come sorgente di tutti i mali e come la causa delle perversioni sessuali. Una bestialità assurda se si pensa che proprio gli uomini sposati sono i principali consumatori del cosiddetto turismo sessuale (un'altra bestialità che il mondo si guarda bene dal denunciare) e che la maggior parte dei casi di pedofilia sono legati ad uomini legati sentimentalmente con qualcuno. Quindi la prima bestialità la possiamo subito confutare: non solo il celibato non è causa di queste perversioni, ma il celibato è fonte di grande purezza interiore che può permettere un miglior servizio a favore di Dio e della comunità. 

Un'altra bestialità è il pensiero che possano/debbano divenire sacerdoti anche persone di sesso femminile e di qualsiasi orientamento sessuale (inclusi gli omosessuali). E' assurdo pensare che le donne possano celebrare i sacramenti, perchè è contro la Volontà di Gesù Cristo: Egli si è scelto dodici apostoli maschi e li ha inviati come precursori della Chiesa e lo stesso San Pietro (la pietra sulla quale Gesù ha fondato la Sua Chiesa) ha più volte delineato il ruolo della donna, estraneo ad ogni iniziativa di natura sacramentale.Perciò vedere, ieri sera,  una donna vestita con l'abito sacerdotale, ci ha fatto davvero male... E non possiamo nemmeno immaginare che un omosessuale possa celebrare i sacramenti, essendo l'omosessualità un peccato contro natura. 
Non si può chiedere alla Chiesa di modificare le sue basi e le Sue regole perchè questo significa chiedere alla Chiesa di divenire un organismo diverso da quello predisposto da Gesù. La Chiesa è sacra e deve rispettare i fedeli, ma non deve lasciarsi condizionare dalle loro richieste. Non sono i fedeli che possono decidere se e quando la Chiesa deve cambiare così come non sono loro che decidono che bisogna adattarsi ai tempi. Non finiremo mai di ripetere che la Parola di Dio è immutabile e che non può piegarsi a concetti come il progresso scientifico-culturale, perchè sarebbe una bestemmia pensare che l'uomo si sia evoluto più dello stesso Dio che li ha creati. E' giusto frenare questo delirio di onnipotenza che sta contraddistinguendo l'uomo di questa generazione, spezzando l'idea che la Chiesa si possa cambiare ed adattare alle esigenze del mondo. La Chiesa, infatti, vive nel mondo, ma non è del mondo e non può lasciarsi sedurre dal mondo. Il cedere a queste provocazioni/tentazioni equivarrebbe a cedere al maligno il quale sa ben compiere il suo mestiere, poiché è riuscito ad insinuarsi all'interno della Chiesa per poterla meglio esporla alle sue tentazioni.

In un momento così delicato, la Chiesa deve dimostrare la Sua unitarietà e la Sua adesione permanente al Vangelo, senza lasciarsi condizionare dalle opinioni e dai suggerimenti di chi vorrebbe giustificare i propri errori e i propri peccati o di chi vorrebbe che la propria volontà coincidesse con quella di Dio. 
Il nostro consiglio è di combattere il male che vi è all'interno della Chiesa, con fermezza, ma senza snaturare le componenti essenziali che sono alla base della Sua esistenza come Chiesa di Gesù Cristo. Dimostriamo, ancora una volta, solidarietà e vicinanza al Santo Padre Benedetto XVI che sta davvero lavorando molto nonostante i tentativi di infangamento e di coinvolgimento. Non ci pronunciamo, per buon senso, dal lasciare opinioni sulla farsa della citazione in giudizio da parte di un avvocato che si sta arricchendo grazie alle disgrazie altrui e grazie al fatto che le persone, ancorché vittime, si lasciano manipolare e influenzare senza conoscere nemmeno i fatti. Il Papa ha dimostrato la propria vicinanza alle vittime, piangendo con loro. Pensare di poterlo citare in giudizio è una vergogna da parte di chi ha invece la colpa di non aver denunciato tutto e subito alle legislazioni civili, aspettando (chissà perchè) provvedimenti dall'alto con lettere anonime (come se un uomo potesse investigare e conoscere di tutti i fatti che accadono nel mondo partendo da lettere anonime...)

giovedì 20 maggio 2010

Grazie Gesù

Udienza Generale di Papa Benedetto XVI


UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 19 maggio 2010 
 

Viaggio Apostolico in Portogallo

Cari Fratelli e Sorelle,

oggi desidero ripercorrere insieme a voi le varie tappe del Viaggio apostolico che ho compiuto nei giorni scorsi in Portogallo, mosso specialmente da un sentimento di riconoscenza verso la Vergine Maria, che a Fatima ha trasmesso ai suoi veggenti e ai pellegrini un intenso amore per il Successore di Pietro. Ringrazio Dio che mi ha dato la possibilità di rendere omaggio a quel Popolo, alla sua lunga e gloriosa storia di fede e di testimonianza cristiana. Pertanto, come vi avevo chiesto di accompagnare questa mia visita pastorale con la preghiera, ora vi domando di unirvi a me nel rendere grazie al Signore per il suo felice svolgimento e la sua conclusione. Affido a Lui i frutti che ha portato e porterà alla comunità ecclesiale portoghese e all’intera popolazione. Rinnovo l'espressione della mia viva riconoscenza al Presidente della Repubblica, Signor Anibal Cavaco Silva e alle altre Autorità dello Stato, che mi hanno accolto con tanta cortesia e hanno predisposto ogni cosa perché tutto potesse svolgersi nel migliore dei modi. Con intenso affetto, ripenso ai Confratelli Vescovi delle diocesi portoghesi, che ho avuto la gioia di abbracciare nella loro Terra e li ringrazio fraternamente per quanto hanno fatto per la preparazione spirituale e organizzativa della mia visita, e per il notevole impegno profuso nella sua realizzazione. Un particolare pensiero dirigo al Patriarca di Lisbona, Cardinale José da Cruz Policarpo, ai Vescovi di Leiria-Fatima Mons. Antonio Augusto dos Santos Marto e di Porto Mons. Manuel Macario do Nascimento Clemente e ai rispettivi collaboratori, come pure ai vari organismi della Conferenza Episcopale guidata dal Vescovo Mons. Jorge Ortiga.

Lungo tutto il viaggio, avvenuto in occasione del decimo anniversario della beatificazione dei pastorelli Giacinta e Francesco, mi sono sentito spiritualmente sostenuto dal mio amato predecessore, il venerabile Giovanni Paolo II, che si è recato per tre volte a Fatima, ringraziando quella «mano invisibile» che lo ha liberato dalla morte nell’attentato del tredici maggio, qui in questa Piazza San Pietro. La sera del mio arrivo ho celebrato la Santa Messa a Lisbona nell’incantevole scenario del Terreiro do Paço, che si affaccia sul fiume Tago. E’ stata un’assemblea liturgica di festa e di speranza, animata dalla partecipazione gioiosa di numerosissimi fedeli. Nella Capitale, da dove sono partiti nel corso dei secoli tanti missionari per portare il Vangelo in molti Continenti, ho incoraggiato le varie componenti della Chiesa locale ad una vigorosa azione evangelizzatrice nei diversi ambiti della società, per essere seminatori di speranza in un mondo spesso segnato dalla sfiducia. In particolare, ho esortato i credenti a farsi annunciatori della morte e risurrezione di Cristo, cuore del cristianesimo, fulcro e sostegno della nostra fede e motivo della nostra gioia. Ho potuto manifestare questi sentimenti anche nel corso dell'incontro con i rappresentanti del mondo della cultura, tenutosi nel Centro Culturale di Belém. In tale circostanza ho posto in evidenza il patrimonio di valori con cui il cristianesimo ha arricchito la cultura, l’arte e la tradizione del Popolo portoghese. In questa nobile Terra, come in ogni altro Paese segnato profondamente dal cristianesimo, è possibile costruire un futuro di fraterna intesa e di collaborazione con le altre istanze culturali, aprendosi reciprocamente ad un dialogo sincero e rispettoso.

Mi sono recato poi a Fatima, cittadina caratterizzata da un’atmosfera di reale misticismo, nella quale si avverte in maniera quasi palpabile la presenza della Madonna. Mi sono fatto pellegrino con i pellegrini in quel mirabile Santuario, cuore spirituale del Portogallo e meta di una moltitudine di persone provenienti dai luoghi più diversi della terra. Dopo aver sostato in orante e commosso raccoglimento nella Cappellina delle Apparizioni nella Cova da Iria, presentando al Cuore della Vergine Santa le gioie e le attese nonché i problemi e le sofferenze del mondo intero, nella chiesa della Santissima Trinità ho avuto la gioia di presiedere la celebrazione dei Vespri della Beata Vergine Maria. All’interno di questo grande e moderno tempio, ho manifestato il mio vivo apprezzamento ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose, ai diaconi e ai seminaristi venuti da ogni parte del Portogallo, ringraziandoli per la loro testimonianza spesso silenziosa e non sempre facile e per la loro fedeltà al Vangelo e alla Chiesa. In quest’Anno Sacerdotale, che volge al termine, ho incoraggiato i sacerdoti a dare priorità al religioso ascolto della Parola di Dio, all’intima conoscenza di Cristo, all’intensa celebrazione dell’Eucaristia, guardando al luminoso esempio del Santo Curato d’Ars. Non ho mancato di affidare e consacrare al Cuore Immacolato di Maria, vero modello di discepola del Signore, i sacerdoti di tutto il mondo.

Alla sera, con migliaia di persone che si sono date appuntamento nella grande spianata davanti al Santuario, ho partecipato alla suggestiva fiaccolata. E’ stata una stupenda manifestazione di fede in Dio e di devozione alla sua e nostra Madre, espresse con la recita del Santo Rosario. Questa preghiera tanto cara al popolo cristiano ha trovato in Fatima un centro propulsore per tutta la Chiesa ed il mondo. La "Bianca Signora", nell’apparizione del 13 giugno, disse ai tre Pastorelli: «Voglio che recitiate il Rosario tutti i giorni». Potremmo dire che Fatima e il Rosario siano quasi un sinonimo.

La mia visita in quel luogo così speciale ha avuto il suo culmine nella Celebrazione eucaristica del 13 maggio, anniversario della prima apparizione della Madonna a Francesco, Giacinta e Lucia. Riecheggiando le parole del profeta Isaia, ho invitato quell’immensa assemblea raccolta, con grande amore e devozione, ai piedi della Vergine a gioire pienamente nel Signore (cfr Is 61, 10), poiché il suo amore misericordioso, che accompagna il nostro pellegrinaggio su questa terra, è la sorgente della nostra grande speranza. E proprio di speranza è carico il messaggio impegnativo e al tempo stesso consolante che la Madonna ha lasciato a Fatima. E’ un messaggio incentrato sulla preghiera, sulla penitenza e sulla conversione, che si proietta oltre le minacce, i pericoli e gli orrori della storia, per invitare l’uomo ad avere fiducia nell’azione di Dio, a coltivare la grande Speranza, a fare esperienza della grazia del Signore per innamorarsi di Lui, fonte dell’amore e della pace.

In questa prospettiva, è stato significativo il coinvolgente appuntamento con le organizzazioni della pastorale sociale, alle quali ho indicato lo stile del buon samaritano per andare incontro alle necessità dei fratelli più bisognosi e per servire Cristo, promuovendo il bene comune. Molti giovani apprendono l’importanza della gratuità proprio a Fatima, che è una scuola di fede e di speranza, perché è anche scuola di carità e di servizio ai fratelli. In tale contesto di fede e di preghiera, si è tenuto l’importante e fraterno incontro con l’Episcopato portoghese, a conclusione della mia visita a Fatima: è stato un momento di intensa comunione spirituale, in cui abbiamo insieme ringraziato il Signore per la fedeltà della Chiesa che è in Portogallo e affidato alla Vergine le comuni attese e preoccupazioni pastorali. Di tali speranze e prospettive pastorali ho fatto cenno pure nel corso della Santa Messa celebrata nella storica e simbolica città di Porto, la “Città della Vergine”, ultima tappa del mio pellegrinaggio in terra lusitana. Alla grande folla di fedeli radunata nell’Avenida dos Aliados ho ricordato l’impegno di testimoniare il Vangelo in ogni ambiente, offrendo al mondo Cristo risorto affinché ogni situazione di difficoltà, di sofferenza, di paura sia trasformata, mediante lo Spirito Santo, in occasione di crescita e di vita.

Cari fratelli e sorelle, il pellegrinaggio in Portogallo è stato per me un'esperienza toccante e ricca di tanti doni spirituali. Mentre mi restano fisse nella mente e nel cuore le immagini di questo indimenticabile viaggio, l’accoglienza calorosa e spontanea, l’entusiasmo della gente, rendo lode al Signore perché Maria, apparendo ai tre Pastorelli, ha aperto nel mondo uno spazio privilegiato per incontrare la misericordia divina che guarisce e salva. A Fatima, la Vergine Santa invita tutti a considerare la terra come luogo del nostro pellegrinaggio verso la patria definitiva, che è il Cielo. In realtà tutti siamo pellegrini, abbiamo bisogno della Madre che ci guida. “Con te camminiamo nella speranza. Sapienza e Missione” è il motto del mio Viaggio apostolico in Portogallo, e a Fatima la beata Vergine Maria ci invita a camminare con grande speranza, lasciandoci guidare dalla “sapienza dall’alto”, che si è manifestata in Gesù, la sapienza dell’amore, per portare nel mondo la luce e la gioia di Cristo. Vi invito, quindi, ad unirvi alla mia preghiera, chiedendo al Signore di benedire gli sforzi di quanti, in quella amata Nazione, si dedicano al servizio del Vangelo e alla ricerca del vero bene dell'uomo, di ogni uomo. Preghiamo inoltre perché, per intercessione di Maria Santissima, lo Spirito Santo renda fecondo questo Viaggio apostolico, e animi nel mondo intero la missione della Chiesa, istituita da Cristo per annunciare a tutti i popoli il Vangelo della verità, della pace e dell’amore.

[Saluti in varie lingue] 

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i sacerdoti del Collegio Internazionale San Paolo di Roma, che hanno terminato gli studi nelle diverse Università Pontificie e stanno per ritornare nei rispettivi Paesi, e li esorto a vivere sempre con fedeltà il ministero pastorale, facendo tesoro della formazione spirituale e teologica ricevuta in questi anni a Roma. Saluto il gruppo di fedeli provenienti da Galatone, che partecipano all’Università delle Terza Età: a loro e ai familiari estendo la mia Benedizione. Saluto i fedeli provenienti da Roccamonfina e da Casalbordino: volentieri benedirò le corone auree che saranno poste sulle effigi della Madonna che si trovano nei rispettivi Santuari. Saluto i rappresentanti dell’associazione Memorial Bardelli, accompagnati dal Vescovo di Pistoia Mons. Mansueto Bianchi, gli esponenti dell’associazione Famiglia Legnanese, e i militari della Scuola Nunziatella di Napoli.

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli.

Siamo nella Novena della Pentecoste ed invito voi, cari giovani, ad essere docili all'azione dello Spirito Santo, donato ai credenti nei sacramenti del Battesimo e della Confermazione. Esorto voi, cari malati, ad accogliere lo Spirito Consolatore, affinché vi assista nelle difficoltà e vi aiuti a trasformare la sofferenza in offerta gradita a Dio per il bene dei fratelli. Auguro a voi, cari sposi novelli, che la vita della vostra famiglia sia sempre alimentata dal fuoco dello Spirito, che è l'Amore stesso di Dio.

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana 


mercoledì 19 maggio 2010

Amatevi fratelli alleluja

In risposta agli evangelisti (di Mikhael)

Per rispondere agli attacchi dei cristiani evangelisti, oggi scrivo questo post per chiarire una volta per tutte questa faccenda. I santi non si adorano, ma le loro statue o le loro immagini ci aiutano a parlar loro come quando si parla con degli amici. Il Signore è Dio dei vivi, i santi quindi non sono morti, sono vivi ed
essendo vivi noi parliamo loro proprio come fossero degli amici! Il loro compito è quello di accompagnare
le anime da Gesù, sono quindi degli amici, compagni di vita! Se Dio non volesse immagini di santi nella sua Chiesa, non opererebbe alcun miracolo per ottenere il loro riconoscimento ufficiale con la canonizzazione.
Solo Dio può cambiare le cose, infatti Gesù essendo seconda persona della Trinità, quindi Dio, ha istituito il comandamento dell'amore: "Amatevi gli uni gli altri, come io ho amato voi", aggiungendo quindi un nuovo comandamento che ricapitola in sé tutti i dieci comandamenti, poiché chi ama riesce ad osservare tutta la Legge. Non mi sembra che ci amiamo gli uni gli altri... Sembra che gli evangelisti diano più ascolto alla Bibbia che al Vangelo. La Bibbia è importantissima, ma il Vangelo continua quello che è scritto nell'Antico Testamento e anzi nel Vangelo abbiamo Dio che si rivela agli uomini nella persona di Cristo. Prima del Nuovo Testamento, Dio ha sempre parlato per bocca dei suoi profeti, nel Nuovo Testamento è Dio che viene in mezzo agli uomini e parla loro direttamente, faccia a faccia. Ora che Dio ci parla direttamente, non prestiamo orecchio alle Sue parole?
Dio ha creato un popolo nuovo ed è venuto a portare la Legge dell'Amore. E' vero che Dio, nell'Antico Testamento comandò di non fare immagine alcuna di quanti vivono nei cieli, sulla terra e nei mari, ma
Egli non si riferiva forse alle creature? Non intendeva forse dire di non crearsi sculture come ad esempio il vitello d'oro e di non prostrarsi dinnanzi ad esse? Non è stato forse Gesù, il Figlio di Dio a consegnare l'umanità nelle mani della Madre? Non è forse per Sua Volontà che le statue della Madonna vengono portate in processione? Direi di finirla con questi luoghi comuni sulle statue. Noi cristiani cattolici non ci prostriamo dinnanzi alle statue e non veneriamo la statua intesa come oggetto, ma il nostro cuore, la nostra
adorazione è rivolta a Dio. Si prega la Madonna, non la statua e la Vergine Maria essendo nostra avvocata, di certo ella intercede per noi presso suo Figlio nostro Signore. Allora basta gettar veleno con una propaganda mirata all'odio e alla morte della fede. Perché la fede non è fanatismo come alcuni cristiani non cattolici hanno mostrato, ma la Fede è il pieno amore, la piena fiducia in Dio e per meglio raggiungere Dio ci rivolgiamo ai Suoi santi. A capo della chiesa evangelista tedesca è stata eletta una papessa, divorziata e con l'intenzione di crearsi una nuova famiglia. Gesù ha espressamente detto che il divorzio è adulterio, unirsi ad un'altra persona dopo aver lasciato la propria moglie o il proprio marito è adulterio, quindi peccato! Leggete questo passo del Vangelo di Marco, capitolo 10:

Questione sul divorzio


(1)Partito di là, si recò nel territorio della Giudea e oltre il
Giordano. La folla accorse di nuovo a lui e di nuovo egli
l'ammaestrava, come era solito fare. (2)E avvicinatisi dei farisei,
per metterlo
alla prova, gli domandarono: «E' lecito ad un marito ripudiare la
propria moglie?». (3)Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato
Mosè?».
(4)Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di
rimandarla». (5)Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli
scrisse per
voi questa norma. (6)Ma all'inizio della creazione Dio li creò maschio
e femmina; (7)per questo l'uomo lascerà suo padre e sua
madre e i due saranno una carne sola. (8)Sicché non sono più due, ma
una sola carne. (9)L'uomo dunque non separi ciò che Dio ha congiunto».
(10)Rientrati a casa, i discepoli lo
interrogarono di nuovo su questo argomento. Ed egli disse: (11)«Chi
ripudia la propria moglie e ne sposa un'altra, commette adulterio
contro di lei; (12)se la donna ripudia
il marito e ne sposa un altro, commette adulterio».




Quindi la chiesa evangelista, nel caso di quella tedesca, non è per nulla una chiesa santa, ma di peccato poiché al suo capo hanno eletto una donna adultera. Finiamola di attaccare i cattolici con il pretesto delle statuine,
e leggiamo di più il Vangelo, non prestando gli occhi del corpo, ma gli occhi e le orecchie dello spirito.
Finiamola pure di attaccare il Papa che svolge una vita di castità e purezza, diversamente dalla "papessa". Inoltre Gesù ha messo a capo della Sua Chiesa Cattolica, quindi universale, un solo pastore, una sola guida che è il Papa e chi non segue il Papa e segue altri "capi improvvisati" di altrettante chiese improvvisate,
è ben lontano dalla Chiesa di Cristo. Cattolico quindi vuol dire universale, ma si sono create divisioni nel
corso dei secoli. Non mi pare che Gesù nelle diverse apparizioni che i santi hanno ricevuto si sia lamentato
delle statue in Chiesa, ma si è lamentato di un popolo che è lontano dal Suo Sacratissimo Cuore. Infine la Vergine Maria apparsa a Fatima (se non ci credete consultate tutti i documenti scritti che provano i fenomeni accaduti in seguito all'apparizione), ha espressamente comunicato che è volontà del Figlio far trionfare il
Cuore Immacolato della Madre. Inoltre c'è chi pensa che le apparizioni mariane siano frutto del demonio. Se era frutto del demonio, non avrebbe potuto operare miracoli come quello del sole e non sarebbe
apparso Gesù che benediceva la folla.

Concludo nella speranza che d'ora in avanti si instauri un dialogo più civile e meno arrogante tra cattolici ed evangelisti e mi scuso se talvolta ho utilizzato toni più o meno accesi, ma di sicuro in queste righe c'è l'intenzione mirata a chiarire una questione che si sta protraendo da un pò di tempo sui vari canali telematici.

Leggiamo attentamente il Vangelo e non interpretiamolo come ci fa più comodo.

Un caro saluto e a presto!



martedì 18 maggio 2010

Gesù è la pace

Contro la guerra

Ieri, abbiamo pianto altre due vittime della guerra in Afghanistan: due uomini morti giovani per servire la Patria e per mantenere le proprie famiglie (che però non vedranno più...). In ossequio a questo nuovo martirio, vi proponiamo alcune frasi, considerazioni o riflessioni sulla guerra, compresa la nostra:

GINO STRADA (FONDATORE DI EMERGENCY): "Ogni volta che la guerra si porta via una vita umana è una sconfitta, per tutti, perchè ha perso la umanità, perchè si è persa umanità. Dobbiamo tutti prendere atto che si è al di fuori della ragione ogni volta che i rapporti tra gli esseri umani si esercitano con la forza, con le armi, con le uccisioni. Il genere umano potrà avere un futuro solo se verrà messa al bando la guerra, se la guerra diventerà un tabù. Ancora una volta dobbiamo dire, con infinita tristezza, BASTA GUERRA, BASTA MORTI, BASTA VITTIME"

GIOVANNI PAOLO II: (il mattino del primo giorno della guerra nel Golfo, era il 17 gennaio 1991 ) : «In queste ore di grandi pericoli, vorrei ripetere con forza che la guerra non può essere un mezzo adeguato per risolvere completamente i problemi esistenti tra le nazioni. Non lo è mai stato e non lo sarà mai. Continuo a sperare che ciò che è iniziato abbia fine al più presto. Prego affinché l’esperienza di questo primo giorno di conflitto sia sufficiente per far comprendere l’orrore di quanto sta succedendo e far capire la necessità che le aspirazioni e i diritti di tutti i popoli della regione siano oggetto di un particolare impegno della comunità internazionale. Si tratta di problemi la cui soluzione può essere ricercata solamente in un contesto internazionale, ove tutte le parti interessate siano presenti e cooperino con lealtà».

SANT'AGOSTINO: Fare la guerra è una felicità per i malvagi, ma per i buoni una necessità […] è ingiusta la guerra fatta contro popoli inoffensivi, per desiderio di nuocere, per sete di potere, per ingrandire un impero, per ottenere ricchezze e acquistare gloria. In tutti questi casi la guerra va considerata un “brigantaggio in grande stile”» (De Civitate Dei, IV, 6).



GIOVANNI XXIII:  «Nell’era atomica è irrazionale (alienum est a ratione) pensare che la guerra possa essere utilizzata come strumento di riparazione dei diritti violati».


PADRE PIO: La troppa paura ci fa operare senza l’amore, e la troppa confidenza non ci fa considerare e temere il pericolo che dobbiamo superare.


EDOARDO GALEANO: "I cinque maggiori fabbricanti e commercianti di armi (Stati uniti, Russia, Cina, Regno unito, Francia) sono gli stati che godono del diritto di veto al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Che i garanti della pace mondiale siano allo stesso tempo i più importanti fornitori di armi del pianeta non è un insulto al buon senso?" 


GANDHI: La violenza da parte delle masse non eliminerà mai il male. Nelle questioni di coscienza la legge della maggioranza non c'entra più.


A.BORGES: Poichè l' uomo ha anche un cervello, bisogna che un' opera di distruzione venga giustificata da qualche ideale che faccia da pretesto.


ERMANNO OLMI (REGISTA): «La guerra mi sembra una reazione sconsiderata, per certi versi patetica, di un mondo, quello occidentale, che non s´accorge che il male l´ha covato nel suo seno. [...] Il terrorismo è la conseguenza più violenta e purulenta di una malattia che sta dentro di noi e che nasce dall´illusione della società occidentale in decadenza di essere invincibile, eterna, e per certi nostri politici superiore alle altre. [...] Il nostro male ha un nome, si chiama irreligiosità. E proprio il mondo islamico è lì a ricordarcelo». 


UN BAMBINO DI KRAGUJEVAC: “Non bombe, ma solo caramelle”


MIKHAEL: Le forze politiche promettono il ritiro dei soldati, ma quante morti ancora devono accadere prima che vengano ritirati? Non bastano le medaglie d'oro, non bastano i risarcimenti, la vita di questi uomini vale più di infinite medaglie e più di infiniti denari. In Italia non c'è guerra, ma continuano a cadere soldati italiani. Per cosa? Per mantenere una promessa fatta al governo Afghano? Per una promessa vite umane debbano essere straziate, come straziati i cuori delle loro famiglie? Stiamo davvero scherzando?! 


ANGEL: La guerra non può essere considerata un mezzo di risoluzione delle controversie internazionali: soprattutto in Afghanistan, si tratta più che mai di un azione inutile che sta mietendo solo vittime innocenti e che si perpetua solo nel passaggio tra una dittatura (talebana) ad un'altra. 

Chiudiamo con la speranza che nasce dalla profezia di Isaia: «Forgeranno le loro spade in vomeri, le loro lance in falci, un popolo non alzerà più la spada contro un altro popolo» (Is. 2,4).