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lunedì 28 febbraio 2011

Riflessione Vangelo: VIII domenica ordinario /A)

Angelus Papa Benedetto XVI - 27 Febbraio 2011


BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 27 febbraio 2011


 Cari fratelli e sorelle!

Nella Liturgia odierna riecheggia una delle parole più toccanti della Sacra Scrittura. Lo Spirito Santo ce l’ha donata mediante la penna del cosiddetto “secondo Isaia”, il quale, per consolare Gerusalemme abbattuta dalle sventure, così si esprime: “Si dimentica forse una donna del suo bambino, così da non commuoversi per il figlio delle sue viscere? Anche se costoro si dimenticassero, io invece non ti dimenticherò mai” (Is 49,15). Questo invito alla fiducia nell’indefettibile amore di Dio viene accostato alla pagina, altrettanto suggestiva, del Vangelo di Matteo, in cui Gesù esorta i suoi discepoli a confidare nella provvidenza del Padre celeste, il quale nutre gli uccelli del cielo e veste i gigli del campo, e conosce ogni nostra necessità (cfr 6,24-34). Così si esprime il Maestro: “Non preoccupatevi dunque dicendo: Che cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo? Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno”.

Di fronte alla situazione di tante persone, vicine e lontane, che vivono in miseria, questo discorso di Gesù potrebbe apparire poco realistico, se non evasivo. In realtà, il Signore vuole far capire con chiarezza che non si può servire a due padroni: Dio e la ricchezza. Chi crede in Dio, Padre pieno d’amore per i suoi figli, mette al primo posto la ricerca del suo Regno, della sua volontà. E ciò è proprio il contrario del fatalismo o di un ingenuo irenismo. La fede nella Provvidenza, infatti, non dispensa dalla faticosa lotta per una vita dignitosa, ma libera dall’affanno per le cose e dalla paura del domani. E’ chiaro che questo insegnamento di Gesù, pur rimanendo sempre vero e valido per tutti, viene praticato in modi diversi a seconda delle diverse vocazioni: un frate francescano potrà seguirlo in maniera più radicale, mentre un padre di famiglia dovrà tener conto dei propri doveri verso la moglie e i figli. In ogni caso, però, il cristiano si distingue per l’assoluta fiducia nel Padre celeste, come è stato per Gesù. E’ proprio la relazione con Dio Padre che dà senso a tutta la vita di Cristo, alle sue parole, ai suoi gesti di salvezza, fino alla sua passione, morte e risurrezione. Gesù ci ha dimostrato che cosa significa vivere con i piedi ben piantati per terra, attenti alle concrete situazioni del prossimo, e al tempo stesso tenendo sempre il cuore in Cielo, immerso nella misericordia di Dio.

Cari amici, alla luce della Parola di Dio di questa domenica, vi invito ad invocare la Vergine Maria con il titolo di Madre della divina Provvidenza. A lei affidiamo la nostra vita, il cammino della Chiesa, le vicende della storia. In particolare, invochiamo la sua intercessione perché tutti impariamo a vivere secondo uno stile più semplice e sobrio, nella quotidiana operosità e nel rispetto del creato, che Dio ha affidato alla nostra custodia.

Dopo l'Angelus:

[Saluti in varie lingue: Alors que la solitude est une épreuve pour de nombreuses personnes, la liturgie nous rappelle aujourd’hui, chers pèlerins francophones, que Dieu ne nous oublie pas et que nous avons du prix à ses yeux. Puissions-nous acquérir un regard capable de discerner sa présence au cœur de notre vie! Car rechercher le Royaume de Dieu nous libère de la peur du lendemain et nous ouvre à la confiance et à l’espérance qui ne déçoit point. Je vous invite à être pour ceux qui vous entourent les témoins de l’amour de Dieu, plus tendre que celui d’une mère pour son enfant, et à prier pour que la justice et le dialogue l’emportent sur le profit et la violence. A tous, je souhaite un bon dimanche!

I welcome all the English-speaking pilgrims and visitors gathered for this Angelus prayer. In today’s Gospel Jesus invites us to trust in the provident care of our heavenly Father and to seek first his Kingdom and its righteousness. May his words inspire us to see all things in their true perspective and to live our lives in joyful faith and sure hope in God’s promises. Upon you and your families I invoke the Lord’s abundant blessings!

Gerne grüße ich die Pilger und Gäste aus den Ländern deutscher Sprache. Zur Grundhaltung des christlichen Lebens gehört das Vertrauen in Gottes Güte und Vorsehung. Bei aller notwendigen Sorge um die Dinge des täglichen Lebens darf das Eigentliche, das Wesentliche nicht aus dem Blick geraten, nämlich Gott selbst. „Es muß euch zuerst um das Reich Gottes und seine Gerechtigkeit gehen, dann wird euch alles andere dazugegeben“ (vgl. Mt 6,33), sagt uns der Herr im heutigen Evangelium. So wollen wir uns auch im Alltag der Gegenwart Gottes öffnen. Er hilft uns, unsere Aufgaben zu meistern, und macht uns bereit, den Mitmenschen in Not beizustehen. Euch allen wünsche ich einen gesegneten Sonntag und eine gute Woche.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana, en particular al grupo de peregrinos de las parroquias de Santa Eulalia y de Santa Cruz, de la diócesis de Ibiza, acompañados de su Obispo, así como a los fieles provenientes de la parroquia de San Miguel Arcángel de Villanueva, de Córdoba. La liturgia de este día nos exhorta a confiar en la providencia divina; recordándonos que somos amados por Dios y asistidos por su auxilio. Os invito a corresponder a dicho amor, a imitación de la Virgen María, cuya existencia terrena se mostró siempre bajo el signo de la gratuidad y de la alabanza, para que así experimentéis la paz verdadera y la alegría auténtica. Feliz domingo.

Serdeczne pozdrowienie kieruję do Polaków. Liturgia dzisiejszej niedzieli wzywa nas, abyśmy ufali Bożej Opatrzności i zawierzyli Jej wszystkie nasze troski, kłopoty i niepokoje o przyszłość. „Starajcie się naprzód o królestwo Boga i o Jego sprawiedliwość, a wszystko będzie wam dodane” – mówi Chrystus (Mt 6, 33). Niech nie gaśnie w nas ta ufność i niech budzi gotowość do pomocy tym, którzy ją tracą na skutek trudnych doświadczeń życiowych. Niech Bóg wam błogosławi.

[Rivolgo un cordiale saluto ai polacchi. La liturgia della domenica odierna ci invita ad avere fiducia nella Divina Provvidenza e ad affidarLe tutte le nostre angosce, difficoltà e preoccupazioni per il futuro: “Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta”. Non si spenga in noi questa fiducia e susciti in noi la prontezza ad aiutare coloro che la perdono a causa delle difficili esperienze di vita. Dio vi benedica!]

Srdečne pozdravujem slovenských pútnikov, osobitne z Cirkevného gymnázia Štefana Mišíka zo Spišskej Novej Vsi. Bratia a sestry, milí mladí, prajem vám, aby púť do Ríma posilnila vaše puto s Kristom a s jeho Cirkvou. Všetkých vás žehnám. Pochválený buď Ježiš Kristus!

[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini slovacchi, particolarmente a quelli del Ginnasio Cattolico Štefan Mišík di Spišská Nová Ves. Fratelli e sorelle, cari giovani, vi auguro che il pellegrinaggio a Roma approfondisca il vostro legame con Cristo e con la sua Chiesa. A tutti la mia benedizione. Sia lodato Gesù Cristo!]

Infine, saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare la rappresentanza venuta in occasione della “Giornata per le malattie rare”, con una preghiera speciale e un augurio per la ricerca in questo campo. Saluto i fedeli provenienti da Moncalvo e Ivrea, da Giussano, Cologno al Serio, Modena, Rimini e Cervia, Incisa Valdarno, Foligno e Spello, dalla diocesi di Concordia-Pordenone e dalla parrocchia romana di Santa Francesca Cabrini; i Salesiani Cooperatori di Latina, l’associazione culturale “L’Ottimista”, il gruppo “Arcobaleno” di Modena, i ragazzi di Lodi e gli alunni della scuola “Don Carlo Costamagna” di Busto Arsizio. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana. Grazie per la presenza. Buona domenica!

© Copyright 2011 - Libreria Editric Vaticana

domenica 27 febbraio 2011

Dio pensa a noi


VIII domenica Tempo Ordinario (Is 49, 14-15; 1 Cor 4, 1-5; Mt 6, 24-34) 

Tema dominante di questa domenica: Dio non ci abbandona, né si dimentica di noi. La prima lettura del profeta Isaia ci dà addirittura un dato… autobiografico di Dio: ci tiene talmente a noi che se anche una madre può dimenticarsi di suo figlio “ io invece non ti dimenticherò mai!” .

• 1/ Dio dimenticarci? Impossibile!

Impossibile che ci dimentichi perché ci ha addirittura scritti, a mò di promemoria, sul palmo delle sue mani (è sempre Isaia che ci dà questi dati… autobiografici di Dio: è stato certamente uno dei suoi primi segretari). E Gesù che è il Figlio e quindi del Padre ne sa molto di più dei suoi vari segretari, ci dice addirittura che Egli ha scritto tutti i nostri nomi in un grande libro nei cieli: “Rallegratevi perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”. Altro che dimenticarci: scrive e riscrive i nostri nomi: sette miliardi nel duemila e chissà quanti nei secoli passati! Ma vi rendete conto: i nostri nomi scritti addirittura in cielo! Vi rendete conto di quale onorificenza siamo insigniti! Come diceva don Divo Barsotti. ”Io, al mattino quando mi sveglio, sono già più che Papa (con il massimo rispetto per il Papa, “dolce Cristo in terra”), perché posso parlare con Dio stesso”.

• 2/ Pensate a volare… 

Il Vangelo ribadisce e rafforza questo concetto: se c’è già Dio che pensa a voi, ma perché ci pensate così tanto voi stessi?! Guardate gli uccelli del cielo, non pensano che a volare eppure ricevono regolarmente le loro briciole quotidiane. “Non valete forse più di molti passeri?” Pensate anche voi a volare alto, a cercare le cose di lassù, e riceverete anche tutte quelle di quaggiù. Mentre se cercate quelle di quaggiù, non avrete né le une né le altre. Se volete ottenere quel che chiedete (=le cose di quaggiù, cioè salute, casa, lavoro, ecc.) dovete cercare altro e le otterrete quando non le chiederete più. “Cercate anzitutto il regno di Dio e il resto vi sarà dato in aggiunta”. Occupati di me, mi occuperò di te” diceva Gesù a santa Caterina da Siena. E nel Vangelo ci ribadisce che non dobbiamo pre-occuparci! Occuparsi è una cosa, preoccuparsi è un’altra! Occuparsi è doveroso, preoccuparsi è dannoso! Pensiamo un po’ di meno fratelli e voliamo un po’ di più…

• 3/ Non pensate al domani: basta l’oggi!

Non preoccupiamoci del domani perché basta e avanza il peso di oggi! Se ci carichiamo anche di quello del domani, crolliamo al primo colpo. E in più siamo pagani, perché di queste cose si preoccupano i pagani, non i figli del Padre celeste. “Guardate i gigli del campo” filano e cuciono forse il loro vestito? Eppure chi è più elegante di uno solo di loro? Non ho mai visto tanta eleganza e tanta finezza come nel loro abito. Io non me ne intendo di sfilate di moda, ma penso che se sfilasse un giglio, farebbe indietreggiare tutti quanti!
A questo punto andatevi a rileggere il Vangelo di questa domenica e vedrete che la soluzione al troppo preoccuparsi è una sola: l’abbandono in Dio che non ci abbandona mai, siamo noi che facciamo una gran fatica ad abbandonarci totalmente a Lui. A lasciargli il volante della nostra vita. Questo sarebbe l’unico modo per sfuggire al timore del domani che ci attanaglia, come dice questa preghiera di Don Dolindo Ruotolo, ispiratagli da Gesù stesso:
“Perché vi confondete agitandovi? Lasciate a Me la cura delle vostre cose e tutto si calmerà.
Vi dico in verità che ogni atto di vero, cieco, completo abbandono in Me, produce l'effetto che desiderate e risolve le situazioni spinose. Abbandonarsi a Me non significa arrovellarsi, sconvolgersi e disperarsi, rivolgendomi poi una preghiera agitata (…). Abbandonarsi significa chiudere placidamente gli occhi dell'anima, stornare il pensiero dalla tribolazione e rimettersi a Me perché io solo vi faccia trovare, come bimbi addormentati nelle braccia materne, all'altra riva.”

Wilma Chasseur

Video Vangelo: VIII domenica ordinario (A)

sabato 26 febbraio 2011

Il miracolo della vita - No all'aborto, si alla vita!

In difesa della vita - Evangelium vitae - III

Torna l'appuntamento con la Lettera Enciclica "Evangelium vitae", in difesa della vita. Oggi continuiamo con seconda parte del discorso che invita a riflettere sul valore inviolabile della vita e vediamo come il Venerabile Giovanni Paolo II continui a fondare il suo discorso sull'episodio biblico relativo a Caino, uccisore di suo fratello Abele:

LA VOCE DEL SANGUE DI TUO FRATELLO GRIDA A ME DAL SUOLO 

"Che hai fatto?" (Gn 4, 10): 

L'eclissi del valore della vita

14. Anche le varie tecniche di riproduzione artificiale, che sembrerebbero porsi a servizio della vita e che sono praticate non poche volte con questa intenzione, in realtà aprono la porta a nuovi attentati contro la vita. Al di là del fatto che esse sono moralmente inaccettabili, dal momento che dissociano la procreazione dal contesto integralmente umano dell'atto coniugale {14}, queste tecniche registrano alte percentuali di insuccesso: esso riguarda non tanto la fecondazione, quanto il successivo sviluppo dell'embrione, esposto al rischio di morte entro tempi in genere brevissimi. Inoltre, vengono prodotti talvolta embrioni in numero superiore a quello necessario per l'impianto nel grembo della donna e questi cosiddetti "embrioni soprannumerari" vengono poi soppressi o utilizzati per ricerche che, con il pretesto del progresso scientifico o medico, in realtà riducono la vita umana a semplice "materiale biologico" di cui poter liberamente disporre. Le diagnosi pre-natali, che non presentano difficoltà morali se fatte per individuare eventuali cure necessarie al bambino non ancora nato, diventano troppo spesso occasione per proporre e procurare l'aborto. È l'aborto eugenetico, la cui legittimazione nell'opinione pubblica nasce da una mentalità - a torto ritenuta coerente con le esigenze della "terapeuticità" - che accoglie la vita solo a certe condizioni e che rifiuta il limite, l'handicap, l'infermità. Seguendo questa stessa logica, si è giunti a negare le cure ordinarie più elementari, e perfino l'alimentazione, a bambini nati con gravi handicap o malattie. Lo scenario contemporaneo, inoltre, si fa ancora più sconcertante a motivo delle proposte, avanzate qua e là, di legittimare, nella stessa linea del diritto all'aborto, persino l'infanticidio, ritornando così ad uno stadio di barbarie che si sperava di aver superato per sempre.

15. Minacce non meno gravi incombono pure sui malati inguaribili e sui morenti, in un contesto sociale e culturale che, rendendo più difficile affrontare e sopportare la sofferenza, acuisce la tentazione di risolvere il problema del soffrire eliminandolo alla radice con l'anticipare la morte al momento ritenuto più opportuno. In tale scelta confluiscono spesso elementi di diverso segno, purtroppo convergenti a questo terribile esito. Può essere decisivo, nel soggetto malato, il senso di angoscia, di esasperazione, persino di disperazione, provocato da un'esperienza di dolore intenso e prolungato. Ciò mette a dura prova gli equilibri a volte già instabili della vita personale e familiare, sicché, da una parte, il malato, nonostante gli aiuti sempre più efficaci dell'assistenza medica e sociale, rischia di sentirsi schiacciato dalla propria fragilità; dall'altra, in coloro che gli sono effettivamente legati, può operare un senso di comprensibile anche se malintesa pietà. Tutto ciò è aggravato da un'atmosfera culturale che non coglie nella sofferenza alcun significato o valore, anzi la considera il male per eccellenza, da eliminare ad ogni costo; il che avviene specialmente quando non si ha una visione religiosa che aiuti a decifrare positivamente il mistero del dolore Ma nell'orizzonte culturale complessivo non manca di incidere anche una sorta di atteggiamento prometeico dell'uomo che, in tal modo, si illude di potersi impadronire della vita e della morte perché decide di esse, mentre in realtà viene sconfitto e schiacciato da una morte irrimediabilmente chiusa ad ogni prospettiva di senso e ad ogni speranza. Riscontriamo una tragica espressione di tutto ciò nella diffusione dell'eutanasia, mascherata e strisciante o attuata apertamente e persino legalizzata. Essa, oltre che per una presunta pietà di fronte al dolore del paziente, viene talora giustificata con una ragione utilitaristica, volta ad evitare spese improduttive troppo gravose per la società. Si propone così la soppressione dei neonati malformati, degli handicappati gravi, degli inabili, degli anziani, soprattutto se non autosufficienti, e dei malati terminali. Né ci è lecito tacere di fronte ad altre forme più subdole, ma non meno gravi e reali, di eutanasia. Esse, ad esempio, potrebbero verificarsi quando, per aumentare la disponibilità di organi da trapiantare, si procedesse all'espianto degli stessi organi senza rispettare i criteri oggettivi ed adeguati di accertamento della morte del donatore.

16. Un altro fenomeno attuale, al quale si accompagnano frequentemente minacce e attentati alla vita, è quello demografico. Esso si presenta in modo differente nelle diverse parti del mondo: nei Paesi ricchi e sviluppati si registra un preoccupante calo o crollo delle nascite; i Paesi poveri, invece, presentano in genere un tasso elevato di aumento della popolazione, difficilmente sopportabile in un contesto di minore sviluppo economico e sociale, o addirittura di grave sottosviluppo. Di fronte alla sovrapopolazione dei Paesi poveri mancano, a livello internazionale, interventi globali - serie politiche familiari e sociali, programmi di crescita culturale e di giusta produzione e distribuzione delle risorse - mentre si continua a mettere in atto politiche antinataliste. Contraccezione, sterilizzazione e aborto vanno certamente annoverati tra le cause che contribuiscono a determinare le situazioni di forte denatalità. Può essere facile la tentazione di ricorrere agli stessi metodi e attentati contro la vita anche nelle situazioni di "esplosione demografica". L'antico faraone, sentendo come un incubo la presenza e il moltiplicarsi dei figli di Israele, li sottopose ad ogni forma di oppressione e ordinò che venisse fatto morire ogni neonato maschio delle donne ebree (cf. Es 1, 7-22). Allo stesso modo si comportano oggi non pochi potenti della terra. Essi pure avvertono come un incubo lo sviluppo demografico in atto e temono che i popoli più prolifici e più poveri rappresentino una minaccia per il benessere e la tranquillità dei loro Paesi. Di conseguenza, piuttosto che voler affrontare e risolvere questi gravi problemi nel rispetto della dignità delle persone e delle famiglie e dell'inviolabile diritto alla vita di ogni uomo, preferiscono promuovere e imporre con qualsiasi mezzo una massiccia pianificazione delle nascite. Gli stessi aiuti economici, che sarebbero disposti a dare, vengono ingiustamente condizionati all'accettazione di una politica antinatalista.

17. L'umanità di oggi ci offre uno spettacolo davvero allarmante, se pensiamo non solo ai diversi ambiti nei quali si sviluppano gli attentati alla vita, ma anche alla loro singolare proporzione numerica, nonché al molteplice e potente sostegno che viene loro dato dall'ampio consenso sociale, dal frequente riconoscimento legale, dal coinvolgimento di parte del personale sanitario. Come ebbi a dire con forza a Denver, in occasione dell'VIII Giornata Mondiale della Gioventù, "con il tempo, le minacce contro la vita non vengono meno. Esse, al contrario, assumono dimensioni enormi. Non si tratta soltanto di minacce provenienti dall'esterno, di forze della natura o dei "Caino" che assassinano gli "Abele"; no, si tratta di minacce programmate in maniera scientifica e sistematica. Il ventesimo secolo verrà considerato un'epoca di attacchi massicci contro la vita, un'interminabile serie di guerre e un massacro permanente di vite umane innocenti. I falsi profeti e i falsi maestri hanno conosciuto il maggior successo possibile" {15}. Al di là delle intenzioni, che possono essere varie e magari assumere forme suadenti persino in nome della solidarietà, siamo in realtà di fronte a una oggettiva "congiura contro la vita" che vede implicate anche Istituzioni internazionali, impegnate a incoraggiare e programmare vere e proprie campagne per diffondere la contraccezione, la sterilizzazione e l'aborto. Non si può, infine, negare che i mass media sono spesso complici di questa congiura, accreditando nell'opinione pubblica quella cultura che presenta il ricorso alla contraccezione, alla sterilizzazione, all'aborto e alla stessa eutanasia come segno di progresso e conquista di libertà, mentre dipinge come nemiche della libertà e del progresso le posizioni incondizionatamente a favore della vita.


venerdì 25 febbraio 2011

Beatificazione di Padre Pio

Padre Pio - Sulla soglia del Paradiso - Ventinovesimo appuntamento

Torna l'appuntamento con la biografia che tratteggia un'inedita "storia di Padre Pio raccontata dai suoi amici: "Sulla Soglia del Paradiso" di Gaeta Saverio. Oggi viene rivelato il modo in cui si è giunti alla beatificazione di Padre Pio:

XI

Miracoli ed eventi soprannaturali

I prodigi della santità

Il 10 dicembre 1981 l'arcivescovo Paolo Carta fu ricevuto in udienza privata da Giovanni Paolo Il e gli disse: «Santità, per sette anni sono stato vescovo a Foggia, vicinissimo a Padre Pio.' Perciò sono un testimone della sua santità. Le raccomando la causa della sua beatificazione». E il Papa rispose: «In Padre Pio c'è da ammirare la vita eroica, il ministero delle confessioni e la sofferenza delle stimmate. Una volta sono stato a trovarlo e mi sono confessato da lui. Ricordo anche una persona ammalata di cancro, che ebbe la guarigione per l'intervento di Padre Pio [era l'amica Wanda Poltawska, per la cui salvezza lo stesso arcivescovo Wojtyla aveva scritto nel novembre 1962 al cappuccino, nda.. Ma per la beatificazione ci vogliono miracoli!». Poi, sorridendo dolcemente, aggiunse: «Padre Pio ha fatto miracoli in vita. Ne faccia anche dopo morto!».

In effetti, Giovanni Paolo Il si era già personalmente interessato - accogliendo la sollecitazione fattagli per iscritto il 23 aprile 1979 dal postulatore padre Bernardino da Siena - affinché la Congregazione per la Dottrina della fede e la Congregazione per le Cause dei santi concedessero il nulla-osta per aprire la fase diocesana del processo di canonizzazione (precedentemente rifiutato il 16 febbraio 1972, il 6 luglio 1974 e il 28 maggio 1976). Finalmente, il 29 novembre 1982, giunse il sospirato "via libera" e l'arcivescovo di Manfredonia poté inaugurare il processo diocesano, che durò dal 20 marzo 1983 al 21 gennaio 1990, con la partecipazione di 69 testimoni processuali e 10 extraprocessuali. Dopo il parere favorevole della Consulta teologica, il 18 dicembre 1997 Papa Wojtyla firmò il decreto sulle virtù eroiche di Padre Pio, dichiarandolo venerabile.

Il miracolo ratificato per la beatificazione fu quello avvenuto alla signora salernitana Consiglia De Martino, che il 31 ottobre 1995 era stata ricoverata in ospedale per un versamento di liquido linfatico che richiedeva l'operazione chirurgica. La donna si affidò subito all'intercessione di Padre Pio, del quale era devota, e nel pomeriggio del 1° novembre, dopo aver percepito un intenso profumo di fiori, cominciò a stare meglio. Il 4 novembre gli esami all'addome e al torace documentavano l'inspiegabile scomparsa del liquido linfatico e il 6 novembre la paziente veniva dimessa completamente guarita.

Il 2 maggio 1999, in piazza San Pietro, Giovanni Paolo Il presiedette la cerimonia di beatificazione e stabilì che la festa liturgica di Padre Pio fosse collocata in calendario il 23 settembre. Papa Wojtyla sottolineò fra l'altro che «la testimonianza di Padre Pio costituisce un potente richiamo alla dimensione soprannaturale, da non confondere col miracolismo, deviazione da cui egli sempre rifuggì con fer­mezza».

Per la canonizzazione è invece stata scelta la guarigione miracolosa del bambino Matteo Pio Colella, ricoverato nella Casa Sollievo della Sofferenza il 20 gennaio 1999 per una meningite fulminante. Anche in questo caso vennero subito elevate preghiere per l'intercessione di Padre Pio. La situazione era di imminente pericolo di vita, poiché risultavano ben nove organi contemporaneamente insufficienti, mentre la letteratura clinica internazionale considera irrecuperabili già i malati con cinque organi compromessi. Ma il piccolo - dopo aver visto in sogno il Padre che gli diceva che lo avrebbe guarito - recuperò la salute e il 12 febbraio venne dimesso dal reparto di rianimazione, anche in questo caso senza che ci fossero spiegazioni scientifiche per giustificarne la guarigione.

giovedì 24 febbraio 2011

Il Papa: "Lo scopo della vita è la comunione con Dio"

Udienza Generale Papa Benedetto XVI - 23 Febbraio 2011


BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 23 febbraio 2011


San Roberto Bellarmino


Cari fratelli e sorelle,

San Roberto Bellarmino, del quale desidero parlarvi oggi, ci porta con la memoria al tempo della dolorosa scissione della cristianità occidentale, quando una grave crisi politica e religiosa provocò il distacco di intere Nazioni dalla Sede Apostolica.

Nato il 4 ottobre 1542 a Montepulciano, presso Siena, era nipote, per parte di madre, del Papa Marcello II. Ebbe un’eccellente formazione umanistica prima di entrare nella Compagnia di Gesù il 20 settembre 1560. Gli studi di filosofia e teologia, che compì tra il Collegio Romano, Padova e Lovanio, incentrati su san Tommaso e i Padri della Chiesa, furono decisivi per il suo orientamento teologico. Ordinato sacerdote il 25 marzo 1570, fu per alcuni anni professore di teologia a Lovanio. Successivamente, chiamato a Roma come professore al Collegio Romano, gli fu affidata la cattedra di “Apologetica”; nel decennio in cui ricoprì tale incarico (1576 – 1586) elaborò un corso di lezioni che confluirono poi nelle Controversiae, opera divenuta subito celebre per la chiarezza e la ricchezza di contenuti e per il taglio prevalentemente storico. Si era concluso da poco il Concilio di Trento e per la Chiesa Cattolica era necessario rinsaldare e confermare la propria identità anche rispetto alla Riforma protestante. L’azione del Bellarmino si inserì in questo contesto. Dal 1588 al 1594 fu prima padre spirituale degli studenti gesuiti del Collegio Romano, tra i quali incontrò e diresse san Luigi Gonzaga, e poi superiore religioso. Il Papa Clemente VIII lo nominò teologo pontificio, consultore del Sant’Uffizio e rettore del Collegio dei Penitenzieri della Basilica di san Pietro. Al biennio 1597 – 1598 risale il suo catechismo, Dottrina cristiana breve, che fu il suo lavoro più popolare.

Il 3 marzo 1599 fu creato cardinale dal Papa Clemente VIII e, il 18 marzo 1602, fu nominato arcivescovo di Capua. Ricevette l’ordinazione episcopale il 21 aprile dello stesso anno. Nei tre anni in cui fu vescovo diocesano, si distinse per lo zelo di predicatore nella sua cattedrale, per la visita che realizzava settimanalmente alle parrocchie, per i tre Sinodi diocesani e un Concilio provinciale cui diede vita. Dopo aver partecipato ai conclavi che elessero Papi Leone XI e Paolo V, fu richiamato a Roma, dove fu membro delle Congregazioni del Sant’Uffizio, dell’Indice, dei Riti, dei Vescovi e della Propagazione della Fede. Ebbe anche incarichi diplomatici, presso la Repubblica di Venezia e l’Inghilterra, a difesa dei diritti della Sede Apostolica. Nei suoi ultimi anni compose vari libri di spiritualità, nei quali condensò il frutto dei suoi esercizi spirituali annuali. Dalla lettura di essi il popolo cristiano trae ancora oggi grande edificazione. Morì a Roma il 17 settembre 1621. Il Papa Pio XI lo beatificò nel 1923, lo canonizzò nel 1930 e lo proclamò Dottore della Chiesa nel 1931.

San Roberto Bellarmino svolse un ruolo importante nella Chiesa degli ultimi decenni del secolo XVI e dei primi del secolo successivo. Le sue Controversiae costituirono un punto di riferimento, ancora valido, per l’ecclesiologia cattolica sulle questioni circa la Rivelazione, la natura della Chiesa, i Sacramenti e l’antropologia teologica. In esse appare accentuato l’aspetto istituzionale della Chiesa, a motivo degli errori che allora circolavano su tali questioni. Tuttavia Bellarmino chiarì anche gli aspetti invisibili della Chiesa come Corpo Mistico e li illustrò con l’analogia del corpo e dell’anima, al fine di descrivere il rapporto tra le ricchezze interiori della Chiesa e gli aspetti esteriori che la rendono percepibile. In questa monumentale opera, che tenta di sistematizzare le varie controversie teologiche dell’epoca, egli evita ogni taglio polemico e aggressivo nei confronti delle idee della Riforma, ma utilizzando gli argomenti della ragione e della Tradizione della Chiesa, illustra in modo chiaro ed efficace la dottrina cattolica.

Tuttavia, la sua eredità sta nel modo in cui concepì il suo lavoro. I gravosi uffici di governo non gli impedirono, infatti, di tendere quotidianamente verso la santità con la fedeltà alle esigenze del proprio stato di religioso, sacerdote e vescovo. Da questa fedeltà discende il suo impegno nella predicazione. Essendo, come sacerdote e vescovo, innanzitutto un pastore d’anime, sentì il dovere di predicare assiduamente. Sono centinaia i sermones – le omelie – tenuti nelle Fiandre, a Roma, a Napoli e a Capua in occasione delle celebrazioni liturgiche. Non meno abbondanti sono le sue expositiones e le explanationes ai parroci, alle religiose, agli studenti del Collegio Romano, che hanno spesso per oggetto la sacra Scrittura, specialmente le Lettere di san Paolo. La sua predicazione e le sue catechesi presentano quel medesimo carattere di essenzialità che aveva appreso dall’educazione ignaziana, tutta rivolta a concentrare le forze dell’anima sul Signore Gesù intensamente conosciuto, amato e imitato.

Negli scritti di quest’uomo di governo si avverte in modo molto chiaro, pur nella riservatezza dietro la quale cela i suoi sentimenti, il primato che egli assegna agli insegnamenti di Cristo. San Bellarmino offre così un modello di preghiera, anima di ogni attività: una preghiera che ascolta la Parola del Signore, che è appagata nel contemplarne la grandezza, che non si ripiega su se stessa, ma è lieta di abbandonarsi a Dio. Un segno distintivo della spiritualità del Bellarmino è la percezione viva e personale dell’immensa bontà di Dio, per cui il nostro Santo si sentiva veramente figlio amato da Dio ed era fonte di grande gioia il raccogliersi, con serenità e semplicità, in preghiera, in contemplazione di Dio. Nel suo libro De ascensione mentis in Deum - Elevazione della mente a Dio - composto sullo schema dell’Itinerarium di san Bonaventura, esclama: «O anima, il tuo esemplare è Dio, bellezza infinita, luce senza ombre, splendore che supera quello della luna e del sole. Alza gli occhi a Dio nel quale si trovano gli archetipi di tutte le cose, e dal quale, come da una fonte di infinita fecondità, deriva questa varietà quasi infinita delle cose. Pertanto devi concludere: chi trova Dio trova ogni cosa, chi perde Dio perde ogni cosa».

In questo testo si sente l’eco della celebre contemplatio ad amorem obtineundum – contemplazione per ottenere l’amore - degli Esercizi spirituali di sant’Ignazio di Loyola. Il Bellarmino, che vive nella fastosa e spesso malsana società dell’ultimo Cinquecento e del primo Seicento, da questa contemplazione ricava applicazioni pratiche e vi proietta la situazione della Chiesa del suo tempo con vivace afflato pastorale. Nel libro De arte bene moriendi – l’arte di morire bene - ad esempio, indica come norma sicura del buon vivere, e anche del buon morire, il meditare spesso e seriamente che si dovrà rendere conto a Dio delle proprie azioni e del proprio modo di vivere, e cercare di non accumulare ricchezze in questa terra, ma di vivere semplicemente e con carità in modo da accumulare beni in Cielo. Nel libro De gemitu columbae - Il gemito della colomba, dove la colomba rappresenta la Chiesa - richiama con forza clero e fedeli tutti ad una riforma personale e concreta della propria vita seguendo quello che insegnano la Scrittura e i Santi, tra i quali cita in particolare san Gregorio Nazianzeno, san Giovanni Crisostomo, san Girolamo e sant’Agostino, oltre ai grandi Fondatori di Ordini religiosi quali san Benedetto, san Domenico e san Francesco. Il Bellarmino insegna con grande chiarezza e con l’esempio della propria vita che non può esserci vera riforma della Chiesa se prima non c’è la nostra personale riforma e la conversione del nostro cuore.

Agli Esercizi spirituali di sant’Ignazio, il Bellarmino attingeva consigli per comunicare in modo profondo, anche ai più semplici, le bellezze dei misteri della fede. Egli scrive: “Se hai saggezza, comprendi che sei creato per la gloria di Dio e per la tua eterna salvezza. Questo è il tuo fine, questo il centro della tua anima, questo il tesoro del tuo cuore. Perciò stima vero bene per te ciò che ti conduce al tuo fine, vero male ciò che te lo fa mancare. Avvenimenti prosperi o avversi, ricchezze e povertà, salute e malattia, onori e oltraggi, vita e morte, il sapiente non deve né cercarli, né fuggirli per se stesso. Ma sono buoni e desiderabili solo se contribuiscono alla gloria di Dio e alla tua felicità eterna, sono cattivi e da fuggire se la ostacolano” (De ascensione mentis in Deum, grad. 1).

Queste, ovviamente, non sono parole passate di moda, ma parole da meditare a lungo oggi da noi per orientare il nostro cammino su questa terra. Ci ricordano che il fine della nostra vita è il Signore, il Dio che si è rivelato in Gesù Cristo, nel quale Egli continua a chiamarci e a prometterci la comunione con Lui. Ci ricordano l’importanza di confidare nel Signore, di spenderci in una vita fedele al Vangelo, di accettare e illuminare con la fede e con la preghiera ogni circostanza e ogni azione della nostra vita, sempre protesi all’unione con Lui. Grazie.
[Saluti in varie lingue: Je vous accueille avec joie, chers pèlerins francophones. Je salue en particulier les séminaristes de Nantes et les novices de la Fraternité monastique des Frères de Saint-Jean, ainsi que les nombreux jeunes lycéens et servants d’autel! Puissiez-vous comprendre toujours mieux que le but de notre vie est le Seigneur Jésus qui nous appelle à la communion avec lui! Bon pèlerinage à tous! Que Dieu vous bénisse!
A new and powerful earthquake, even more devastating than the one last September, has struck the city of Christchurch, in New Zealand, causing considerable loss of life and the disappearance of many people, to say nothing of the damage to buildings. At this time, my thoughts turn especially to the people there who are being severely tested by this tragedy. Let us ask God to relieve their suffering and to support all who are involved in the rescue operations. I also ask you to join me in praying for all who have lost their lives. Finally, I would like to greet the English-speaking visitors and pilgrims present at today’s Audience, especially those from England, Ireland, Sweden, Japan and the United States. I also thank the choirs for their praise of God in song. Upon you and your families I cordially invoke God’s abundant blessings.

Von Herzen grüße ich alle deutschsprachigen Pilger, heute besonders Bischof Ludwig Schwarz mit den Dechanten aus der Diözese Linz. Die Heiligen sind Menschen, die ein ganz normales Leben, ein anspruchsvolles Berufsleben wie der heilige Bellarmin gelebt haben, aber darin inwendig bei Gott geblieben sind und von daher auch das Berufliche besser bewältigt haben. So sollten wir vom heiligen Robert Bellarmin dies lernen: den inneren Kontakt mit Gott, mit Christus zu halten und so von ihm langsam geformt und erleuchtet zu werden. Er sagt ausdrücklich: Jede Reform der Kirche beginnt mit der Reform meiner selbst. Nur wenn ich mich reformieren lasse, trage ich auch wirklich zur Erneuerung der Kirche bei. Der Herr schenke uns allen dazu seine Gnaden.
Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a las Aliadas Carmelitas Descalzas y a los demás grupos procedentes de España, Méjico, Chile y otros países de América latina. Que la enseñanza y el testimonio de vida de san Roberto Belarmino, ilumine también nuestro camino hacia Dios en la Iglesia. Muchas Gracias.

Amados peregrinos de língua portuguesa, a todos saúdo cordialmente, desejando que este nosso encontro dê frutos de renovação interior, que consolidem a concórdia nas famílias e comunidades cristãs, a bem da justiça e da paz no mundo. Como penhor de graça e paz divina, para vós e vossos queridos, de bom grado vos concedo a Bênção Apostólica.

Saluto in lingua polacca:

Serdecznie witam polskich pielgrzymów. Robert Belarmin nauczał, że celem naszego życia jest komunia z Bogiem, który objawił się w Jezusie Chrystusie. Aby ją osiągnąć, trzeba pokładać ufność w Panu, być wiernym Ewangelii i przyjmować z wiarą codzienne sytuacje, odczytując na modlitwie ich najgłębszy sens. Takie jest powołanie i zadanie każdego z nas wierzących. Niech Boże błogosławieństwo wspiera was na drogach świętości. Niech będzie pochwalony Jezus Chrystus.

Traduzione italiana:

Do un cordiale benvenuto ai pellegrini polacchi. Roberto Bellarmino ci insegna che il fine della nostra vita è la comunione con Dio che si è rivelato in Gesù Cristo. Per raggiungerla bisogna confidare nel Signore, essere fedeli al Vangelo e accettare con la fede ogni quotidiana circostanza, leggendo nella preghiera il loro più profondo significato. Questa è la vocazione e il compito di ognuno di noi credenti. La benedizione di Dio vi sostenga sulle vie della santità. Sia lodato Gesù Cristo.

Saluto in lingua ceca:

Srdečně vítám studenty Gymnázia Vodňany a Strakonice!
Milovaní, přeji vám, aby vaše studium bylo vždy oživeno úsilím o dosažení opravdových duchovních hodnot.
K tomu uděluji apoštolské požehnání vám i vašim nejdražším! Chvála Kristu!

Traduzione italiana:

Un cordiale benvenuto agli studenti delle Scuole Superiori di Vodňany e Strakonice.
Carissimi, vi auguro che il vostro studio sia sempre animato dall'impegno a favore di autentici valori spirituali .
Con questi voti imparto la Benedizione Apostolica a voi e ai vostri cari. Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

S láskou vítam slovenských pútnikov, osobitne z farnosti svätej Rodiny z Bratislavy - Petržalky.
Bratia a sestry, včera sme slávili sviatok Katedry svätého Petra, apoštola. Ďakujem vám za modlitby, ktorými sprevádzate moju službu Petrovho Nástupcu a zo srdca žehnám vás i vašich drahých.
Pochválený buď Ježiš Kristus!

Traduzione italiana:

Con affetto do un benvenuto ai pellegrini slovacchi, particolarmente a quelli provenienti dalla Parrocchia della Santa Famiglia di Bratislava-Petržalka.
Fratelli e sorelle, ieri abbiamo celebrato la festa della Cattedra di San Pietro Apostolo. Vi ringrazio per le vostre preghiere con le quali accompagnate il mio servizio di Successore di Pietro e cordialmente benedico voi ed i vostri cari.
Sia lodato Gesù Cristo!

* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto i fedeli venuti con la “Fiaccola benedettina”, che nei prossimi giorni giungerà a Londra per una celebrazione ecumenica; essi sono accompagnati dall’Arcivescovo di Spoleto-Norcia, Mons. Renato Boccardo, e dall’Abate di Montecassino, Dom Pietro Vittorelli. Cari amici, mentre vi ringrazio per l’odierna visita, faccio voti che la tradizionale iniziativa contribuisca a ravvivare la luce della fede, specialmente in Europa e sia portatrice di concordia e di riconciliazione. Saluto con affetto i rappresentanti della Comunità Montana e del Parco del Matese e i redattori del periodico “Clarus”, accompagnati dal loro Vescovo Mons. Valentino Di Cerbo, e volentieri invoco su ciascuno la continua assistenza del Signore, perché possano portare nella società il fermento dei valori cristiani, per contribuire così al progresso civile e morale del territorio, venendo incontro ai veri bisogni spirituali e materiali dei loro concittadini. Saluto poi i fedeli delle parrocchia di S. Policarpo in Roma e quelli di Maria Santissima del Rosario di Pompei, in Salerno, che ricordano il 50° anniversario di fondazione delle rispettive comunità ed auguro loro di condurre un’esistenza cristiana che sia sempre generosa testimonianza di fede.

Rivolgo, infine, un affettuoso pensiero ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Oggi celebriamo la memoria liturgica di San Policarpo. Il suo esempio di fedeltà a Cristo susciti in voi, cari giovani, propositi di coraggiosa testimonianza evangelica. Aiuti voi, cari malati, ad offrire le quotidiane sofferenze, perché nel mondo si diffonda la civiltà dell’amore. Sostenga voi, cari sposi novelli, nell’impegno di porre a fondamento della vostra famiglia l’intima unione con Dio.

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

mercoledì 23 febbraio 2011

Chi siamo

La Summa Teologica - Nona parte

Torniamo ad addentrarci nella Summa Teologica di San Tommaso d'Aquino, un'opera che diede un fondamento scientifico, filosofico e teologico alla dottrina cristiana.

Parte prima
La dottrina sacra

Prima parte
Questione 1
Articolo 9

Se la sacra Scrittura debba usare metafore


SEMBRA che la sacra Scrittura non debba usare metafore. Infatti:
1. Non è conveniente a questa scienza, che tra tutte tiene il primato, il procedimento proprio dell'infima scienza. Ora, procedere per via di similitudini e di figure è proprio dell'arte poetica, che è l'ultima delle discipline. Dunque l'uso delle metafore non conviene a questa scienza.


2. Questa dottrina è destinata alla manifestazione della verità; tanto che ai suoi cultori è promesso un premio: "Quelli che mi mettono in luce, avranno la vita eterna". Ora, le similitudini occultano la verità. Non conviene, quindi, a questa dottrina insegnare le cose divine sotto la figura di cose corporali.


3. Quanto più una creatura è sublime tanto più si accosta alla divina somiglianza. Quindi, se proprio si vuole che alcune creature simboleggino la Divinità, è necessario che si scelgano quelle più eccelse, anziché quelle più basse, come spesso invece si trova nella Scrittura.


IN CONTRARIO: È detto in Osea: "Sono io che ho moltiplicato la visione e per mezzo dei Profeti parlai in similitudine". Ora, presentare la verità per similitudini, è usare metafore. Perciò tale uso si addice alla sacra dottrina.


RISPONDO: È conveniente che la sacra Scrittura ci presenti le cose divine e spirituali sotto la figura di cose corporali. E difatti Dio provvede a tutti gli esseri in modo conforme alla loro natura. Ora, è naturale all'uomo elevarsi alla realtà intelligibile attraverso le cose sensibili, perché ogni nostra conoscenza ha inizio dai sensi. Perciò è conveniente che nella sacra Scrittura le cose spirituali ci vengano presentate sotto immagini corporee. È ciò che dice Dionigi: "Il raggio divino non può risplendere su di noi se non attraverso la varietà dei santi veli".
Inoltre, siccome la Scrittura è un tesoro comune a tutti (secondo il detto dell'Apostolo: "Io sono debitore ai sapienti e ai non sapienti") è conveniente che essa ci presenti le cose spirituali sotto le parvenze corporali, affinché almeno in tal modo le persone semplici la possano apprendere, non essendo idonee a capire le cose intelligibili così come sono in se stesse.


SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il poeta usa metafore per il gusto di costruire delle immagini, infatti il raffigurare è all'uomo naturalmente piacevole. Mentre la Scrittura fa uso delle metafore per necessità e per utilità come si è detto.


2. Il raggio della divina rivelazione non si distrugge, come nota lo stesso Dionigi, sotto il velame delle figure sensibili, ma resta intatto nella sua verità; e così non permette che le menti, alle quali è stata fatta la rivelazione, si arrestino all'immagine, ma le eleva alla conoscenza delle cose intelligibili: e fa che per mezzo di coloro che direttamente hanno avuto la rivelazione anche gli altri si istruiscano su tali cose. Così avviene che quanto in un luogo della Scrittura è insegnato sotto metafora, è esplicitamente espresso in altri luoghi. Del resto, la stessa oscurità propria delle figurazioni è utile per l'esercizio degli studiosi e contro le irrisioni degli infedeli, a proposito dei quali è detto nel Vangelo: "Non vogliate dare le cose sante ai cani".


3. Con Dionigi bisogna riconoscere che è più conveniente che le cose spirituali ci vengano presentate nella sacra Scrittura sotto figure di corpi vili, anziché di corpi nobili. E ciò per tre ragioni. In primo luogo perché così più facilmente l'animo umano è premunito dall'errore. Appare chiaro infatti che tali simboli non si applicano alle cose divine in senso proprio; ciò che invece potrebbe pensarsi ove le cose di Dio si presentassero sotto figure di corpi superiori, specialmente per parte di chi non riesce a immaginare qualche cosa di più nobile dei corpi. - In secondo luogo, perché un tal modo di procedere è più conforme alla conoscenza che noi abbiamo di Dio in questa vita. Infatti, noi di Dio sappiamo piuttosto quello che non è che quello che è; e quindi le figure delle cose che sono più distanti da Dio ci fanno intendere meglio che Dio è al di sopra di quanto noi possiamo dire o pensare di lui. - In terzo luogo perché in tal modo le cose divine sono meglio occultate agli indegni.

martedì 22 febbraio 2011

La vita di Santa Teresa di Lisieux

Riscoprire i Santi - Santa Teresa di Gesù Bambino (di Lisieux)

Torna l'appuntamento settimanale, volto alla scoperta dei nostri cari Santi! Oggi riscopriamo Santa Teresa di Gesù Bambino (conosciuto anche come Santa Teresa di Lisieux), vergine e dottore della Chiesa: entrata ancora adolescente nel Carmelo di Lisieux in Francia, divenne per purezza e semplicità di vita maestra di santità in Cristo, insegnando la via dell'infanzia spirituale per giungere alla perfezione cristiana e ponendo ogni mistica sollecitudine al servizio della salvezza delle anime e della crescita della Chiesa. 
Ella rappresenta un fulgido esempio di vera fede e anche di grande sapienza cristiana al punto da esser citata da quasi tutti i santi che vissero dopo di lei, come Sant'Alfonso Maria dé Liguori. 
Scopriamo la storia di questa Santa così amata e conosciuta, attraverso il consueto tratto biografico, seguito da alcuni suoi santi pensieri che ci mostrano il suo volto:

Biografia
Si arrampica a Milano sul Duomo fino alla Madonnina, a Pisa sulla Torre, e a Roma si spinge anche nei posti proibiti del Colosseo. La quattordicenne Teresa Martin è la figura più attraente del pellegrinaggio francese, giunto in Roma a fine 1887 per il giubileo sacerdotale di Leone XIII. Ma, nell’udienza pontificia a tutto il gruppo, sbigottisce i prelati chiedendo direttamente al Papa di poter entrare in monastero subito, prima dei 18 anni. Cauta è la risposta di Leone XIII; ma dopo quattro mesi Teresa entra nel Carmelo di Lisieux, dove l’hanno preceduta due sue sorelle (e lei non sarà l’ultima).

I Martin di Alençon: piccola e prospera borghesia del lavoro specializzato. Il padre ha imparato l’orologeria in Svizzera. La madre dirige merlettaie che a domicilio fanno i celebri pizzi di Alençon. Conti in ordine, leggendaria puntualità nei pagamenti come alla Messa, stimatissimi. E compatiti per tanti lutti in famiglia: quattro morti tra i nove figli. Poi muore anche la madre, quando Teresa ha soltanto quattro anni.
In monastero ha preso il nome di suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo, ma non trova l’isola di santità che s’aspettava. Tutto puntuale, tutto in ordine. Ma è scadente la sostanza. La superiora non la capisce, qualcuna la maltratta. Lo spirito che lei cercava, proprio non c’è, ma, invece di piangerne l’assenza, Teresa lo fa nascere dentro di sé. E in sé compie la riforma del monastero. Trasforma in stimoli di santificazione maltrattamenti, mediocrità, storture, restituendo gioia in cambio delle offese.
E’ una mistica che rifiuta il pio isolamento. La fanno soffrire? E lei è quella che "può farvi morir dal ridere durante la ricreazione", come deve ammettere proprio la superiora grintosa. Dopodiché, nel 1897 lei è già morta, dopo meno di un decennio di vita religiosa oscurissima. Ma è da morta che diviene protagonista, apostola, missionaria. Sua sorella Paolina (suor Agnese nel Carmelo) le ha chiesto di raccontare le sue esperienze spirituali, che escono in volume col titolo Storia di un’anima nel 1898. Così la voce di questa carmelitana morta percorre la Francia e il mondo, colpisce gli intellettuali, suscita anche emozioni e tenerezze popolari che Pio XI corregge raccomandando al vescovo di Bayeux: "Dite e fate dire che si è resa un po’ troppo insipida la spiritualità di Teresa. Com’è maschia e virile, invece! Santa Teresa di Gesù Bambino, di cui tutta la dottrina predica la rinuncia, è un grand’uomo". Ed è lui che la canonizza nel 1925.
Non solo. Nel 1929, mentre in Urss trionfa Stalin, Pio XI già crea il Collegio Russicum, allo scopo di formare sacerdoti per l’apostolato in Russia, quando le cose cambieranno. Già allora. E come patrona di questa sfida designa appunto lei, suor Teresa di Gesù Bambino.
Autore: Domenico Agasso


*** Pensieri di Santa Teresa: 

"Gesù non chiama quelli che ne sono degni, ma quelli che vuole".

"Ho compreso che l’amore di nostro Signore si rivela tanto nell’anima più semplice, che non resiste affatto alla sua grazia, quanto nell’anima più sublime: effettivamente è proprio dell’amore abbassarsi".

"Come il sole rischiara allo stesso tempo i cedri ed ogni fiorellino come se fosse solo sulla terra, ugualmente nostro Signore si occupa in particolare di ogni anima come se essa non avesse altra simile".

"Vi sono molti gradi nella perfezione ed ogni anima è libera di rispondere alle proposte di nostro Signore, di fare molto o poco per Lui: io non ha paura di soffrire per Te, Signore. Non temo che una cosa: conservare la mia volontà. Prendila, perché scelgo tutto ciò che vuoi".

"Dopo 7 anni dovrei dispiacermi di dormire durante l’orazione ed il ringraziamento: ebbene non mi spiace. Penso che i bambini piccoli piacciano ai loro genitori sia quando dormono, sia quando sono svegli: penso che per eseguire le operazioni, i medici addormentano i loro pazienti".

"Ho notato molte volte che Gesù non vuole darmi provviste, mi nutre ad ogni istante con un cibo freschissimo, lo trovo in me senza sapere in che modo è presente".

"Per giungere alla perfezione non conosco altro mezzo che l’Amore. Amare: il nostro cuore è fatto proprio per questo!".

"Se fossi stata un sacerdote avrei studiato l’ebraico ed il greco, per poter leggere la Parola di Dio con lo stesso linguaggio umano con cui Egli volle esprimersi!".

"Quando la carità ha gettato radici profonde nell’anima si mostra all’esterno: c’è un modo così gentile di rifiutare ciò che non si può dare, che il rifiuto fa piacere quanto il dono".

"La carità perfetta consiste nel sopportare i difetti degli altri e nel non meravigliarsi delle loro debolezze".

Preghiera di Santa Teresa: 

Signore Gesù, tu hai dato la vita per me: io voglio donare la mia a te. Signore Gesù, tu hai detto: «Amore più grande non c'è che dare la vita per gli amici». Il mio supremo amore sei tu. È sera. Il giorno ormai declina. Resta con me Signore. Voglio seguirti portando la mia croce. Signore, vieni in mio aiuto e guidami nel cammino. La tua voce, Signore, ha un'eco profonda nel mio cuore. Gesù, mio Signore e mio Dio, voglio diventare in tutto simile a te, voglio soffrire e morire con te, per raggiungere con te la gioia della risurrezione. Tu, quel gran Dio che l'universo adora, vivi in me giorno e notte. E sempre la tua voce mi implora e mi ripete: «Ho sete, ho sete di amore»! Anch'io voglio ripetere la tua divina preghiera: ho sete d'amore. Io ho sete d'amore! Sazia la mia speranza, accresci in me, o Signore, il tuo ardore divino. Ho sete d'amore! Quale sofferenza, mio Dio, e come grande! Come vorrei volare da te! Il tuo amore, o Gesù, è il mio solo martirio; perché più brucia d'amore, più desidera amarti l'anima mia. Gesù, fa' che io muoia d'amore per te!  


lunedì 21 febbraio 2011

Riflessione Vangelo VII domenica ordinario (A)

Angelus Papa Benedetto XVI - 20 Febbraio 2011


BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 20 febbraio 2011


 Cari fratelli e sorelle!

In questa settima domenica del Tempo Ordinario, le letture bibliche ci parlano della volontà di Dio di rendere partecipi gli uomini della sua vita: «Siate santi, perché io, il Signore, vostro Dio, sono santo» - si legge nel Libro del Levitico (19,1). Con queste parole, e i precetti che ne conseguono, il Signore invitava il popolo che si era scelto ad essere fedele all’alleanza con Lui camminando sulle sue vie e fondava la legislazione sociale sul comandamento «amerai il tuo prossimo come te stesso» (Lv 19,18). Se ascoltiamo, poi, Gesù, nel quale Dio ha assunto un corpo mortale per farsi prossimo di ogni uomo e rivelare il suo amore infinito per noi, ritroviamo quella stessa chiamata, quello stesso audace obiettivo. Dice, infatti, il Signore: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48). Ma chi potrebbe diventare perfetto? La nostra perfezione è vivere con umiltà come figli di Dio compiendo concretamente la sua volontà. San Cipriano scriveva che «alla paternità di Dio deve corrispondere un comportamento da figli di Dio, perché Dio sia glorificato e lodato dalla buona condotta dell’uomo» (De zelo et livore, 15: CCL 3a, 83).

In che modo possiamo imitare Gesù? Gesù stesso dice: «Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,44-45). Chi accoglie il Signore nella propria vita e lo ama con tutto il cuore è capace di un nuovo inizio. Riesce a compiere la volontà di Dio: realizzare una nuova forma di esistenza animata dall’amore e destinata all’eternità. L’apostolo Paolo aggiunge: «Non sapete che siete tempio di Dio e che lo Spirito di Dio abita in voi?» (1 Cor 3,16). Se siamo veramente consapevoli di questa realtà, e la nostra vita ne viene profondamente plasmata, allora la nostra testimonianza diventa chiara, eloquente ed efficace. Un autore medievale ha scritto: «Quando l’intero essere dell’uomo si è, per così dire, mescolato all’amore di Dio, allora lo splendore della sua anima si riflette anche nell’aspetto esteriore» (Giovanni Climaco, Scala Paradisi, XXX: PG 88, 1157 B), nella totalità della vita. «Grande cosa è l’amore – leggiamo nel libro dell’Imitazione di Cristo –, un bene che rende leggera ogni cosa pesante e sopporta tranquillamente ogni cosa difficile. L’amore aspira a salire in alto, senza essere trattenuto da alcunché di terreno. Nasce da Dio e soltanto in Dio può trovare riposo» (III, V, 3).

Cari amici, dopodomani, 22 febbraio, celebreremo la festa della Cattedra di San Pietro. A lui, primo degli Apostoli, Cristo ha affidato il compito di Maestro e di Pastore per la guida spirituale del Popolo di Dio, affinché esso possa innalzarsi fino al Cielo. Esorto, pertanto, tutti i Pastori ad «assimilare quel “nuovo stile di vita” che è stato inaugurato dal Signore Gesù ed è stato fatto proprio dagli Apostoli» (Lettera Indizione Anno Sacerdotale). Invochiamo la Vergine Maria, Madre di Dio e della Chiesa, affinché ci insegni ad amarci gli uni gli altri e ad accoglierci come fratelli, figli dello stesso Padre celeste.

Dopo l'Angelus:

[ Saluti in varie lingue: Je salue cordialement les pèlerins francophones et particulièrement les élèves de troisième du collège Charles-Péguy de Bobigny. Chers amis, les lectures de ce dimanche nous orientent vers la joie de la réconciliation. Le Seigneur nous invite à poser résolument des actes concrets de pardon: cet amour effectif du prochain est capable de changer l’ordre du monde en refusant sa fausse sagesse et les idoles qu’il nous propose. Que l’Esprit Saint qui habite en nous soit source de discernement, de force et de générosité pour témoigner de la vérité de l’Evangile dans notre vie quotidienne! Je souhaite à tous un bon séjour!

I offer heartfelt greetings to all the English-speaking visitors present at today’s Angelus! In particular I greet the young singers from the Cardinal Vaughan Memorial School in London. The Cardinal’s motto, “Amare et Servire”, is a beautiful expression of the Christian way of life. We are all called to love unconditionally, as today’s Gospel reminds us, and to place ourselves generously at the service of our neighbour. Upon everyone here today, and upon your families and loved ones at home, I invoke God’s abundant blessings.

Mit Freude heiße ich alle deutschsprachigen Pilger und Besucher willkommen. Im heutigen Evangelium sagt der Herr seinen Jüngern: „Liebt eure Feinde und betet für die, die euch verfolgen“ (Mt 5,44). So werden wir zu Söhnen des himmlischen Vaters und machen ihn für die Menschen sichtbar: durch unsere Großherzigkeit, die in ihrem Maß über das normalerweise Erfahrene hinausgeht, und durch jene reine Aufrichtigkeit, die den Blick für Gott öffnet. Der Herr will, daß wir der sich verschenkenden Liebe nichts in den Weg stellen. Er hat uns ein Beispiel gegeben, weil er die Seinen mit einer Liebe geliebt hat, die grenzenlos war und bis zum äußersten ging und geht. In dieser Liebe möge er uns alle stärken und euch und eure Familien mit seiner Gnade erfüllen.

Saludo a los peregrinos de lengua española presentes en esta oración mariana, en particular a los fieles de la Parroquia de Santa Eulalia, de Murcia. La liturgia nos invita hoy a la plenitud de la vida cristiana y a la perfección de la caridad, mediante el perdón de los enemigos y la oración por los perseguidores, fuente de la reconciliación duradera. Un mensaje oportuno también para el pueblo colombiano, al que deseo hacer llegar mi cercanía y afecto con motivo de las diferentes iniciativas que se están llevan a cabo para conmemorar que, hace veinticinco años, mi venerado predecesor, el Papa Juan Pablo II, se puso en marcha “con la paz de Cristo, por los caminos de Colombia”. Que Santa María la Virgen, Madre del Amor hermoso, acompañe los esfuerzos que en aquella querida Nación latinoamericana, y en otras partes del mundo, se realizan para promover la fraternidad y la concordia entre todas las personas sin excepción alguna. Feliz domingo.

Pozdrawiam serdecznie Polaków, uczestników modlitwy „Anioł Pański”. W dzisiejszej Ewangelii Chrystus przypomina: „Miłujcie waszych nieprzyjaciół” (Mt 5, 44). W obliczu zła, prześladowań, niesprawiedliwości, strzeżmy się chęci odwetu, zemsty i nienawiści, módlmy się za prześladowców. Zło dobrem zwyciężajmy (por. Rz 12, 21). Wszystkie przeciwności zawierzmy Bogu, by zyskać wolność i duchowy pokój. Niech Bóg wam błogosławi.

[Saluto cordialmente i Polacchi partecipanti alla preghiera dell’Angelus. Nel Vangelo odierno il Cristo ci fa ricordare: “Amate i vostri nemici” (Mt 5,44). Quando si soffre per il male, la persecuzione, l’ingiustizia, evitiamo la rivincita, la vendetta e l’odio, e preghiamo per i persecutori. “Vinciamo il male col bene” (cfr. Rm 12,21). Affidiamo a Dio tutte queste avversità per raggiungere la libertà e la pace spirituale. Dio vi benedica.]

Rivolgo infine il mio cordiale saluto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli venuti da Poggiomarino, Modica, Cento di Ferrara e dalla parrocchia di Sant’Igino Papa in Roma, come pure alla Fondazione Petroniana di Bologna. Saluto volentieri le Figlie di San Camillo, nel centenario della nascita al Cielo della loro Fondatrice, la Beata Giuseppina Vannini. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana. Grazie per l'attenzione. Buona domenica, arrivederci!

© Copyright 2011 - Libreria Editrice Vaticana

domenica 20 febbraio 2011

Video Vangelo: VII domenica ordinario (A)

Ardua impresa


VII domenica Tempo ordinario (Lev 19,1; 1Cor 3,16-23; Mt 5,38-48) 

 
Il tema dominante delle letture di oggi è nientemeno che la santità.
Prima lettura: Il Signore disse a Mosè: “Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: siate santi perché io sono santo”.
Seconda lettura: “Santo è il tempio di Dio che siete voi”.
Vangelo: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Che impresa!!! A prima vista, impossibile alle sole forze umane. E non solo a prima vista…

• 1) Chi è santo?

“Io sono santo”. Se c’è un attributo esclusivo di Dio, che appartiene a Lui solo, è proprio la santità, come ripetiamo nel Gloria “tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo…”
Allora noi? Come fare per diventarlo? Noi siamo chiamati a partecipare alla Sua santità. Come il vetro partecipa alla luce del sole e sembra un tutt’uno con esso quando è inondato dalla luce, così la nostra anima, che è il vetro, deve diventare così trasparente da riflettere una luce che viene da oltre, che viene da Dio. Solo che dopo il peccato originale e ogni nostro peccato personale, l’anima non è più vetro, ma specchio. L’io ha preso il posto di Dio; si autocompiace del bene che fa, si gloria di qualità che… non ha, e anche se le ha non le attribuisce al datore di ogni dono, ma a sé stesso. Finché c’è questo conflitto d’attribuzione e questo ego così accentratore, non ci può essere vera santità. “Sarete santi guardando Me che sono santo! Non guardando voi!”

• 2) Cos’è un cuore puro?

Bonhoeffer diceva che un cuore puro è un cuore che non si macchia col male, ma neanche con il bene, cioè non lo guarda autocompiacendosene e gloriandosene, come faceva il fariseo, ma si ritiene indegno di alzare gli occhi al cielo. Per diventare santi dobbiamo diventare come l’acqua che non ha più un colore proprio, non dice più “io” ma prende tutti i riflessi della luce che viene da oltre e che la investe. E irradia tutti i colori della luce. E così il Signore per aiutarci a diventare santi, passa il tempo a rompere gli specchi e le statue. E’ la più grande grazia e il più grande segno che ci ama, quello di non permetterci di innalzare la nostra statua (per poi contemplarla), ma di frantumarla continuamente. Non lamentatevi mai più dei vostri fallimenti: essi sono indispensabili per farvi avanzare nella santità e sono segno sicuro che Dio vi ama, veglia su di voi e ci libera dal nostro “ io”. Finché ci crediamo bravi, buoni e belli per merito nostro, non avanziamo nel cammino perché planiamo in una dimensione irreale al di sopra delle nostre teste. E non camminiamo!

• 3) Dove inizia la strada?

Vi siete mai chiesti dove inizia la strada? La strada inizia per terra! Per poter camminare occorre prima scendere a terra. Quando saremo scesi dalle nostre supponenze e saremo precipitati a terra, allora sì che se ne andranno tutti i grilli che avevamo per la testa e inizieremo veramente a camminare sulla via della santità, perché conteremo veramente sulla santità di Dio che opera in noi.
Dobbiamo metterci bene in testa una cosa: Dio non ci ama perché siamo bravi, buoni e belli, ma amandoci per primo ci rende buoni e belli. Staremmo freschi se no! Saremmo sempre brutti in secula seculorum… Ma se contiamo totalmente su di lui, ecco che possiamo diventare bravi, buoni e belli in un battibaleno. Del resto c’è solo da leggere il Vangelo di oggi per capire che questa santità non è assolutamente alla nostra portata, ma… nulla è impossibile a Dio. Occorre però contare su di Lui! Totalmente! Coraggio dunque amici miei! La strada inizia per terra: il difficile è toccare terra, ma una volta lì, sfrecceremo velocissimi (anche se a piedi) sulla via della santità. Buon viaggio!

Wilma Chasseur

sabato 19 febbraio 2011

Valore della vita

In difesa della vita - Evangelium vitae - II

Torna l'appuntamento con la Lettera Enciclica "Evangelium vitae", in difesa della vita. Oggi continuiamo a riflettere sul valore inviolabile della vita e vediamo come il Venerabile Giovanni Paolo II continui a fondare il suo discorso sull'episodio biblico relativo a Caino, uccisore di suo fratello Abele:

LA VOCE DEL SANGUE DI TUO FRATELLO GRIDA A ME DAL SUOLO  


"Che hai fatto?" (Gn 4, 10):


L'eclissi del valore della vita

10. Il Signore disse a Caino: "Che hai fatto? La voce del sangue di tuo fratello grida a me dal suolo!" (Gn 4, 10). La voce del sangue versato dagli uomini non cessa di gridare, di generazione in generazione, assumendo toni e accenti diversi e sempre nuovi. La domanda del Signore "Che hai fatto?", alla quale Caino non può sfuggire, è rivolta anche all'uomo contemporaneo perché prenda coscienza dell'ampiezza e della gravità degli attentati alla vita da cui continua ad essere segnata la storia dell'umanità; vada alla ricerca delle molteplici cause che li generano e li alimentano; rifletta con estrema serietà sulle conseguenze che derivano da questi stessi attentati per l'esistenza delle persone e dei popoli. Alcune minacce provengono dalla natura stessa, ma sono aggravate dall'incuria colpevole e dalla negligenza degli uomini che non raramente potrebbero porvi rimedio; altre invece sono il frutto di situazioni di violenza, di odi, di contrapposti interessi, che inducono gli uomini ad aggredire altri uomini con omicidi, guerre, stragi, genocidi. E come non pensare alla violenza che si fa alla vita di milioni di esseri umani, specialmente bambini, costretti alla miseria, alla sottonutrizione e alla fame, a causa di una iniqua distribuzione delle ricchezze tra i popoli e le classi sociali? o alla violenza insita, prima ancora che nelle guerre, in uno scandaloso commercio delle armi, che favorisce la spirale dei tanti conflitti armati che insanguinano il mondo? o alla seminagione di morte che si opera con l'inconsulto dissesto degli equilibri ecologici, con la criminale diffusione della droga o col favorire modelli di esercizio della sessualità che, oltre ad essere moralmente inaccettabili, sono anche forieri di gravi rischi per la vita? È impossibile registrare in modo completo la vasta gamma delle minacce alla vita umana, tante sono le forme, aperte o subdole, che esse rivestono nel nostro tempo!

11. Ma la nostra attenzione intende concentrarsi, in particolare, su un altro genere di attentati, concernenti la vita nascente e terminale, che presentano caratteri nuovi rispetto al passato e sollevano problemi di singolare gravità per il fatto che tendono a perdere, nella coscienza collettiva, il carattere di "delitto" e ad assumere paradossalmente quello del "diritto", al punto che se ne pretende un vero e proprio riconoscimento legale da parte dello Stato e la successiva esecuzione mediante l'intervento gratuito degli stessi operatori sanitari. Tali attentati colpiscono la vita umana in situazioni di massima precarietà, quando è priva di ogni capacità di difesa. Ancora più grave è il fatto che essi, in larga parte, sono consumati proprio all'interno e ad opera di quella famiglia che costitutivamente è invece chiamata ad essere "santuario della vita". Come s'è potuta determinare una simile situazione? Occorre prendere in considerazione molteplici fattori. Sullo sfondo c'è una profonda crisi della cultura, che ingenera scetticismo sui fondamenti stessi del sapere e dell'etica e rende sempre più difficile cogliere con chiarezza il senso dell'uomo, dei suoi diritti e dei suoi doveri. A ciò si aggiungono le più diverse difficoltà esistenziali e relazionali, aggravate dalla realtà di una società complessa, in cui le persone, le coppie, le famiglie rimangono spesso sole con i loro problemi. Non mancano situazioni di particolare povertà, angustia o esasperazione, in cui la fatica della sopravvivenza, il dolore ai limiti della sopportabilità, le violenze subite, specialmente quelle che investono le donne, rendono le scelte di difesa e di promozione della vita esigenti a volte fino all'eroismo. Tutto ciò spiega, almeno in parte, come il valore della vita possa oggi subire una specie di "eclissi", per quanto la coscienza non cessi di additarlo quale valore sacro e intangibile, come dimostra il fatto stesso che si tende a coprire alcuni delitti contro la vita nascente o terminale con locuzioni di tipo sanitario, che distolgono lo sguardo dal fatto che è in gioco il diritto all'esistenza di una concreta persona umana.

12. In realtà, se molti e gravi aspetti dell'odierna problematica sociale possono in qualche modo spiegare il clima di diffusa incertezza morale e talvolta attenuare nei singoli la responsabilità soggettiva, non è meno vero che siamo di fronte a una realtà più vasta, che si può considerare come una vera e propria struttura di peccato, caratterizzata dall'imporsi di una cultura anti-solidaristica, che si configura in molti casi come vera "cultura di morte". Essa è attivamente promossa da forti correnti culturali, economiche e politiche, portatrici di una concezione efficientistica della società. Guardando le cose da tale punto di vista, si può, in certo senso, parlare di una guerra dei potenti contro i deboli: la vita che richiederebbe più accoglienza, amore e cura è ritenuta inutile, o è considerata come un peso insopportabile e, quindi, è rifiutata in molte maniere. Chi, con la sua malattia, con il suo handicap o, molto più semplicemente, con la stessa sua presenza mette in discussione il benessere o le abitudini di vita di quanti sono più avvantaggiati, tende ad essere visto come un nemico da cui difendersi o da eliminare. Si scatena così una specie di "congiura contro la vita". Essa non coinvolge solo le singole persone nei loro rapporti individuali, familiari o di gruppo, ma va ben oltre, sino ad intaccare e stravolgere, a livello mondiale, i rapporti tra i popoli e gli Stati.

13. Per facilitare la diffusione dell'aborto, si sono investite e si continuano ad investire somme ingenti destinate alla messa a punto di preparati farmaceutici, che rendono possibile l'uccisione del feto nel grembo materno, senza la necessità di ricorrere all'aiuto del medico. La stessa ricerca scientifica, su questo punto, sembra quasi esclusivamente preoccupata di ottenere prodotti sempre più semplici ed efficaci contro la vita e, nello stesso tempo, tali da sottrarre l'aborto ad ogni forma di controllo e responsabilità sociale. Si afferma frequentemente che la contraccezione, resa sicura e accessibile a tutti, è il rimedio più efficace contro l'aborto. Si accusa poi la Chiesa cattolica di favorire di fatto l'aborto perché continua ostinatamente a insegnare l'illiceità morale della contraccezione. L'obiezione, a ben guardare, si rivela speciosa. Può essere, infatti, che molti ricorrano ai contraccettivi anche nell'intento di evitare successivamente la tentazione dell'aborto. Ma i disvalori insiti nella "mentalità contraccettiva" - ben diversa dall'esercizio responsabile della paternità e maternità, attuato nel rispetto della piena verità dell'atto coniugale - sono tali da rendere più forte proprio questa tentazione, di fronte all'eventuale concepimento di una vita non desiderata. Di fatto la cultura abortista è particolarmente sviluppata proprio in ambienti che rifiutano l'insegnamento della Chiesa sulla contraccezione. Certo, contraccezione ed aborto, dal punto di vista morale, sono mali specificamente diversi: l'una contraddice all'integra verità dell'atto sessuale come espressione propria dell'amore coniugale, l'altro distrugge la vita di un essere umano; la prima si oppone alla virtù della castità matrimoniale, il secondo si oppone alla virtù della giustizia e viola direttamente il precetto divino "non uccidere". Ma pur con questa diversa natura e peso morale, essi sono molto spesso in intima relazione, come frutti di una medesima pianta. È vero che non mancano casi in cui alla contraccezione e allo stesso aborto si giunge sotto la spinta di molteplici difficoltà esistenziali, che tuttavia non possono mai esonerare dallo sforzo di osservare pienamente la Legge di Dio. Ma in moltissimi altri casi tali pratiche affondano le radici in una mentalità edonistica e deresponsabilizzante nei confronti della sessualità e suppongono un concetto egoistico di libertà che vede nella procreazione un ostacolo al dispiegarsi della propria personalità. La vita che potrebbe scaturire dall'incontro sessuale diventa così il nemico da evitare assolutamente e l'aborto l'unica possibile risposta risolutiva di fronte ad una contraccezione fallita. Purtroppo la stretta connessione che, a livello di mentalità, intercorre tra la pratica della contraccezione e quella dell'aborto emerge sempre di più e lo dimostra in modo allarmante anche la messa a punto di preparati chimici, di dispositivi intrauterini e di vaccini che, distribuiti con la stessa facilità dei contraccettivi, agiscono in realtà come abortivi nei primissimi stadi di sviluppo della vita del nuovo essere umano.

venerdì 18 febbraio 2011

I Miracoli di Padre Pio - La Madonna di Fatima

Padre Pio - Sulla soglia del Paradiso - Ventottesimo appuntamento

Torna l'appuntamento con la biografia che tratteggia un'inedita "storia di Padre Pio raccontata dai suoi amici: "Sulla Soglia del Paradiso" di Gaeta Saverio. Oggi continuiamo a guardare i miracoli, i prodigi e gli eventi soprannaturali che hanno caratterizzato la vita di Padre Pio e che hanno contribuito a diffondere la fama della sua santità, nel mondo intero!


XI

Miracoli ed eventi soprannaturali

Il profumo della protezione

A poco più di 7 anni, mentre era studente nel convento di Sant'Elia a Pianisi, Fra Pio visse la prima esperienza di bilocazione, che lui stesso raccontò: «Mi ritrovai lontano in una casa signorile, dove il padre moriva mentre una bimba nasceva. Mi apparve allora Maria santissima che mi disse: "Affido a te questa creatura; è una pietra preziosa allo stato grezzo, lavorala, levigala, rendila il più lucente possibile, perché un giorno voglio adornarmene". (...) Soggiunse: "Non dubitare, sarà lei che verrà da te, ma prima la incontrerai in San Pietro, a Roma"». Quanto preannunciato dalla Madonna ovviamente si avverò: Giovanna Rizzani, questo il nome della donna, da studentessa si recò nella Basilica vaticana e si confessò con il cappuccino (anche lì in bilocazione), che poi riconobbe quando giunse a San Giovanni Rotondo, divenendone una delle più devote figlie spirituali.

Era talmente di ordinaria amministrazione la bilocazione per Padre Pio che l'amministratore di Casa Sollievo, il commendator Angelo Battisti, quando lo lasciava la sera augurandogli la buona notte si sentiva rispondere: «Buona e santa notte a te, figlio mio, perché per me comincia un'altra giornata...». «Ma, Padre, allora quando dorme?», domandò una volta Battisti. E lui: «Se dormo cinque-sei ore all'anno è già tanto!». E a padre Paolino da Casacalenda, che si chiedeva come avvenisse la bilocazione e se il protagonista ne fosse consapevole, Padre Pio rispose quasi soprappensiero: «Sa ciò che vuole, sa dove va, ma non sa se è soltanto con la mente, o con il corpo e con l'anima».

Fra i più eclatanti episodi di cui si è venuti a conoscenza, ci sono le due apparizioni al generale Luigi Cadorna, il comandante dell'esercito italiano nella prima guerra mondiale, e al cardinale Jozsef Mindszenty, l'arcivescovo di Budapest condannato nel 1949 all'ergastolo dal regime comunista. Il primo, dopo la disfatta di Caporetto nel 1917, stava meditando il suicidio, quando vide nella tenda un frate che gli parlava in nome di Dio e l'invitava a deporre la pistola. Anni dopo, avendo visto una foto di Padre Pio su un giornale, si precipitò a San Giovanni Rotondo e si senti dire dal Padre: «Generale, l'avete scampata bella quella notte!». Il secondo, mentre era imprigionato, ricevette in cella una visita di Padre Pio, che gli aveva portato tutto l'occorrente per la celebrazione della Messa e gli fece da chierichetto.

Segno della presenza e della vicinanza spirituale di Padre Pio era il suo famoso profumo, che tuttora ad alcuni devoti accade di percepire. Il dottor Ernesto Paita, che ne ebbe esperienza in diverse occasioni, descrisse profumi «dei più svariati fiori, molti sconosciuti, e di aromi di erbe e piante di campagna e di montagna, di resina e di essenze di ogni tipo, sempre assai fini e delicati, ora tenui, ora forti, talora talmente intensi da togliere quasi il fiato». A padre Giambattista Colavita, che gli chiedeva una spiegazione, Padre Pio disse che tale profu­mo «e sempre una protezione e Iddio assiste chi l'avverte».

Quando Padre Pio passava tra la folla, veniva bersagliato da richieste di consigli riguardo a pressanti interrogativi. Padre Eusebio Notte ha osservato che le sue risposte «dalle quali spesso dipendeva una vita, l'avvenire, il destino di una persona, arrivavano prontamente e con la massima spontaneità. Quasi sempre erano accompagnate da un'esortazione, un incoraggiamento, un rimprovero, un incitamento a cambiar vita. Frequenti erano i casi in cui medesime situazioni ricevevano risposte diverse. Per esempio: "Padre, mi posso sposare?". Risposta: "E chi aspetti?"; oppure: "Sì, se sei disposta a fare l'infermiera per tutta la vita!". In casi analoghi: "Padre, mi posso operare?". E Padre Pio:

"Rimettiti al medico"; oppure: "Se vuoi farti uccidere...". Quando però Padre Pio non era "illuminato", aveva l'onestà e l'umiltà di farlo capire; nel qual caso prometteva preghiere e, rivolto all'interessato, diceva: "Speriamo, preghiamo, facciamo pressione sul Cuore di Dio!"».

Nei primi tempi della vita, Padre Pio considerava gli eventi soprannaturali come una cosa ordinaria, che credeva fossero percepiti da tutte le anime. Padre Agostino da San Marco in Lamis, nel suo Diario, racconta che un giorno Padre Pio gli disse «E lei non vede la Madonna?»; e alla sua risposta negativa soggiunse: «Lei lo dice per santa umiltà». In particolare, durante la permanenza di Padre Pio nel convento di Venafro, proprio a padre Agostino capitò di assistere a numerose estasi del Padre, durante le quali egli parlava con Gesù, la Madonna, san Francesco e altri santi.

Ma la visione più commovente era per lui quella di Gesù Bambino, di cui almeno due persone furono testimoni privilegiati. Nella notte dal 19 al 20 settembre 1919, padre Raffaele da Sant'Elia a Pianisi, che si trovava in visita nel convento di San Giovanni Rotondo, non riusciva a prendere sonno:

«Verso mezzanotte mi levo dal letto, quasi spaventato. Il corridoio era nell'oscurità, rotta solo dalla luce incerta di un lumicino a petrolio, ed ecco che passa Padre Pio, che tornava dal coro ove era stato in preghiera, tutto luminoso, con Gesù Bambino sulle braccia». Uguale esperienza accadde nella serata del 24 dicembre 1922 alla figlia spirituale Lucia Iadanza, che vide il Padre fermo vicino a una finestra: «A un tratto, in un alone di luce, apparve Gesù Bambino e si fermò tra le braccia di Padre Pio, il cui volto divenne tutto raggiante» 

giovedì 17 febbraio 2011

Canto dell'anima (di San Giovanni della Croce)

Udienza Generale Papa Benedetto XVI - 16 Febbraio 2011


BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI

Mercoledì, 16 febbraio 2011


San Giovanni della Croce

Cari fratelli e sorelle,

due settimane fa ho presentato la figura della grande mistica spagnola Teresa di Gesù. Oggi vorrei parlare di un altro importante Santo di quelle terre, amico spirituale di santa Teresa, riformatore, insieme a lei, della famiglia religiosa carmelitana: san Giovanni della Croce, proclamato Dottore della Chiesa dal Papa Pio XI, nel 1926, e soprannominato nella tradizione Doctor mysticus, “Dottore mistico”.

Giovanni della Croce nacque nel 1542 nel piccolo villaggio di Fontiveros, vicino ad Avila, nella Vecchia Castiglia, da Gonzalo de Yepes e Catalina Alvarez. La famiglia era poverissima, perché il padre, di nobile origine toledana, era stato cacciato di casa e diseredato per aver sposato Catalina, un'umile tessitrice di seta. Orfano di padre in tenera età, Giovanni, a nove anni, si trasferì, con la madre e il fratello Francisco, a Medina del Campo, vicino a Valladolid, centro commerciale e culturale. Qui frequentò il Colegio de los Doctrinos, svolgendo anche alcuni umili lavori per le suore della chiesa-convento della Maddalena. Successivamente, date le sue qualità umane e i suoi risultati negli studi, venne ammesso prima come infermiere nell'Ospedale della Concezione, poi nel Collegio dei Gesuiti, appena fondato a Medina del Campo: qui Giovanni entrò diciottenne e studiò per tre anni scienze umane, retorica e lingue classiche. Alla fine della formazione, egli aveva ben chiara la propria vocazione: la vita religiosa e, tra i tanti ordini presenti a Medina, si sentì chiamato al Carmelo.

Nell’estate del 1563 iniziò il noviziato presso i Carmelitani della città, assumendo il nome religioso di Mattia. L’anno seguente venne destinato alla prestigiosa Università di Salamanca, dove studiò per un triennio arti e filosofia. Nel 1567 fu ordinato sacerdote e ritornò a Medina del Campo per celebrare la sua Prima Messa circondato dall'affetto dei famigliari. Proprio qui avvenne il primo incontro tra Giovanni e Teresa di Gesù. L’incontro fu decisivo per entrambi: Teresa gli espose il suo piano di riforma del Carmelo anche nel ramo maschile dell'Ordine e propose a Giovanni di aderirvi “per maggior gloria di Dio”; il giovane sacerdote fu affascinato dalle idee di Teresa, tanto da diventare un grande sostenitore del progetto. I due lavorarono insieme alcuni mesi, condividendo ideali e proposte per inaugurare al più presto possibile la prima casa di Carmelitani Scalzi: l’apertura avvenne il 28 dicembre 1568 a Duruelo, luogo solitario della provincia di Avila. Con Giovanni formavano questa prima comunità maschile riformata altri tre compagni. Nel rinnovare la loro professione religiosa secondo la Regola primitiva, i quattro adottarono un nuovo nome: Giovanni si chiamò allora “della Croce”, come sarà poi universalmente conosciuto. Alla fine del 1572, su richiesta di santa Teresa, divenne confessore e vicario del monastero dell’Incarnazione di Avila, dove la Santa era priora. Furono anni di stretta collaborazione e amicizia spirituale, che arricchì entrambi. Α quel periodo risalgono anche le più importanti opere teresiane e i primi scritti di Giovanni.

L’adesione alla riforma carmelitana non fu facile e costò a Giovanni anche gravi sofferenze. L’episodio più traumatico fu, nel 1577, il suo rapimento e la sua incarcerazione nel convento dei Carmelitani dell'Antica Osservanza di Toledo, a seguito di una ingiusta accusa. Il Santo rimase imprigionato per mesi, sottoposto a privazioni e costrizioni fisiche e morali. Qui compose, insieme ad altre poesie, il celebre Cantico spirituale. Finalmente, nella notte tra il 16 e il 17 agosto 1578, riuscì a fuggire in modo avventuroso, riparandosi nel monastero delle Carmelitane Scalze della città. Santa Teresa e i compagni riformati celebrarono con immensa gioia la sua liberazione e, dopo un breve tempo di recupero delle forze, Giovanni fu destinato in Andalusia, dove trascorse dieci anni in vari conventi, specialmente a Granada. Assunse incarichi sempre più importanti nell'Ordine, fino a diventare Vicario Provinciale, e completò la stesura dei suoi trattati spirituali. Tornò poi nella sua terra natale, come membro del governo generale della famiglia religiosa teresiana, che godeva ormai di piena autonomia giuridica. Abitò nel Carmelo di Segovia, svolgendo l'ufficio di superiore di quella comunità. Nel 1591 fu sollevato da ogni responsabilità e destinato alla nuova Provincia religiosa del Messico. Mentre si preparava per il lungo viaggio con altri dieci compagni, si ritirò in un convento solitario vicino a Jaén, dove si ammalò gravemente. Giovanni affrontò con esemplare serenità e pazienza enormi sofferenze. Morì nella notte tra il 13 e il 14 dicembre 1591, mentre i confratelli recitavano l'Ufficio mattutino. Si congedò da essi dicendo: “Oggi vado a cantare l'Ufficio in cielo”. I suoi resti mortali furono traslati a Segovia. Venne beatificato da Clemente X nel 1675 e canonizzato da Benedetto XIII nel 1726.

Giovanni è considerato uno dei più importanti poeti lirici della letteratura spagnola. Le opere maggiori sono quattro: Ascesa al Monte Carmelo, Notte oscura, Cantico spirituale e Fiamma d'amor viva.

Nel Cantico spirituale, san Giovanni presenta il cammino di purificazione dell’anima, e cioè il progressivo possesso gioioso di Dio, finché l’anima perviene a sentire che ama Dio con lo stesso amore con cui è amata da Lui. La Fiamma d'amor viva prosegue in questa prospettiva, descrivendo più in dettaglio lo stato di unione trasformante con Dio. Il paragone utilizzato da Giovanni è sempre quello del fuoco: come il fuoco quanto più arde e consuma il legno, tanto più si fa incandescente fino a diventare fiamma, così lo Spirito Santo, che durante la notte oscura purifica e “pulisce” l'anima, col tempo la illumina e la scalda come se fosse una fiamma. La vita dell'anima è una continua festa dello Spirito Santo, che lascia intravedere la gloria dell'unione con Dio nell'eternità.

L’Ascesa al Monte Carmelo presenta l'itinerario spirituale dal punto di vista della purificazione progressiva dell'anima, necessaria per scalare la vetta della perfezione cristiana, simboleggiata dalla cima del Monte Carmelo. Tale purificazione è proposta come un cammino che l’uomo intraprende, collaborando con l'azione divina, per liberare l'anima da ogni attaccamento o affetto contrario alla volontà di Dio. La purificazione, che per giungere all'unione d’amore con Dio dev’essere totale, inizia da quella della vita dei sensi e prosegue con quella che si ottiene per mezzo delle tre virtù teologali: fede, speranza e carità, che purificano l'intenzione, la memoria e la volontà. La Notte oscura descrive l'aspetto “passivo”, ossia l'intervento di Dio in questo processo di “purificazione” dell'anima. Lo sforzo umano, infatti, è incapace da solo di arrivare fino alle radici profonde delle inclinazioni e delle abitudini cattive della persona: le può solo frenare, ma non sradicarle completamente. Per farlo, è necessaria l’azione speciale di Dio che purifica radicalmente lo spirito e lo dispone all'unione d'amore con Lui. San Giovanni definisce “passiva” tale purificazione, proprio perché, pur accettata dall'anima, è realizzata dall’azione misteriosa dello Spirito Santo che, come fiamma di fuoco, consuma ogni impurità. In questo stato, l’anima è sottoposta ad ogni genere di prove, come se si trovasse in una notte oscura.

Queste indicazioni sulle opere principali del Santo ci aiutano ad avvicinarci ai punti salienti della sua vasta e profonda dottrina mistica, il cui scopo è descrivere un cammino sicuro per giungere alla santità, lo stato di perfezione cui Dio chiama tutti noi. Secondo Giovanni della Croce, tutto quello che esiste, creato da Dio, è buono. Attraverso le creature, noi possiamo pervenire alla scoperta di Colui che in esse ha lasciato una traccia di sé. La fede, comunque, è l’unica fonte donata all'uomo per conoscere Dio così come Egli è in se stesso, come Dio Uno e Trino. Tutto quello che Dio voleva comunicare all'uomo, lo ha detto in Gesù Cristo, la sua Parola fatta carne. Gesù Cristo è l’unica e definitiva via al Padre (cfr Gv 14,6). Qualsiasi cosa creata è nulla in confronto a Dio e nulla vale al di fuori di Lui: di conseguenza, per giungere all'amore perfetto di Dio, ogni altro amore deve conformarsi in Cristo all’amore divino. Da qui deriva l'insistenza di san Giovanni della Croce sulla necessità della purificazione e dello svuotamento interiore per trasformarsi in Dio, che è la meta unica della perfezione. Questa “purificazione” non consiste nella semplice mancanza fisica delle cose o del loro uso; quello che rende l'anima pura e libera, invece, è eliminare ogni dipendenza disordinata dalle cose. Tutto va collocato in Dio come centro e fine della vita. Il lungo e faticoso processo di purificazione esige certo lo sforzo personale, ma il vero protagonista è Dio: tutto quello che l'uomo può fare è “disporsi”, essere aperto all'azione divina e non porle ostacoli. Vivendo le virtù teologali, l’uomo si eleva e dà valore al proprio impegno. Il ritmo di crescita della fede, della speranza e della carità va di pari passo con l’opera di purificazione e con la progressiva unione con Dio fino a trasformarsi in Lui. Quando si giunge a questa meta, l'anima si immerge nella stessa vita trinitaria, così che san Giovanni afferma che essa giunge ad amare Dio con il medesimo amore con cui Egli la ama, perché la ama nello Spirito Santo. Ecco perché il Dottore Mistico sostiene che non esiste vera unione d’amore con Dio se non culmina nell’unione trinitaria. In questo stato supremo l'anima santa conosce tutto in Dio e non deve più passare attraverso le creature per arrivare a Lui. L’anima si sente ormai inondata dall'amore divino e si rallegra completamente in esso.

Cari fratelli e sorelle, alla fine rimane la questione: questo santo con la sua alta mistica, con questo arduo cammino verso la cima della perfezione ha da dire qualcosa anche a noi, al cristiano normale che vive nelle circostanze di questa vita di oggi, o è un esempio, un modello solo per poche anime elette che possono realmente intraprendere questa via della purificazione, dell'ascesa mistica? Per trovare la risposta dobbiamo innanzitutto tenere presente che la vita di san Giovanni della Croce non è stata un “volare sulle nuvole mistiche”, ma è stata una vita molto dura, molto pratica e concreta, sia da riformatore dell'ordine, dove incontrò tante opposizioni, sia da superiore provinciale, sia nel carcere dei suoi confratelli, dove era esposto a insulti incredibili e a maltrattamenti fisici. E’ stata una vita dura, ma proprio nei mesi passati in carcere egli ha scritto una delle sue opere più belle. E così possiamo capire che il cammino con Cristo, l'andare con Cristo, “la Via”, non è un peso aggiunto al già sufficientemente duro fardello della nostra vita, non è qualcosa che renderebbe ancora più pesante questo fardello, ma è una cosa del tutto diversa, è una luce, una forza, che ci aiuta a portare questo fardello. Se un uomo reca in sé un grande amore, questo amore gli dà quasi ali, e sopporta più facilmente tutte le molestie della vita, perché porta in sé questa grande luce; questa è la fede: essere amato da Dio e lasciarsi amare da Dio in Cristo Gesù. Questo lasciarsi amare è la luce che ci aiuta a portare il fardello di ogni giorno. E la santità non è un'opera nostra, molto difficile, ma è proprio questa “apertura”: aprire e finestre della nostra anima perché la luce di Dio possa entrare, non dimenticare Dio perché proprio nell'apertura alla sua luce si trova forza, si trova la gioia dei redenti. Preghiamo il Signore perché ci aiuti a trovare questa santità, lasciarsi amare da Dio, che è la vocazione di noi tutti e la vera redenzione. Grazie.

[ Saluti in varie lingue: Je salue cordialement les pèlerins francophones, en particulier les jeunes et les formateurs du séminaire de Bayonne, accompagnés de leur Évêque, Monseigneur Marc Aillet! Recueillant le message de saint Jean de la Croix, je vous invite à approfondir votre vie chrétienne et à expérimenter les vertus théologales, source d’une vraie transformation de vos vies et d’une progressive union avec Dieu. Avec ma Bénédiction!

I extend a warm welcome to all the English-speaking pilgrims and visitors, especially those students from Saint Benedict’s School, Saint Aloysius College, Saint Patrick’s Grammar School, and students and parishioners from the United States. Upon you all, I invoke God’s blessings of joy and peace!

Sehr herzlich heiße ich alle Brüder und Schwestern deutscher Sprache willkommen, besonders die Pilger aus der Diözese Eisenstadt in Begleitung von Bischof Ägidius Zsifkovics. Der heilige Johannes vom Kreuz lädt uns ein, unser ganzes Dasein mit allen Freuden und Mühsalen im Licht des Herrn zu sehen und mit ihm den Aufstieg zum wahren Leben in Gott zu wagen. Lassen wir uns also von der Liebe Christi formen, damit Er in uns und durch uns wirkt. Die Heiligkeit ist kein Privileg weniger, sondern Berufung und Geschenk eines jeden Christen. Gottes Gnade führe euch auf allen euren Wegen.

Saludo cordialmente a los fieles de lengua española. En particular, a las Esclavas del Sagrado Corazón de Jesús, así como a los peregrinos de España, México y otros países latinoamericanos. Siguiendo las enseñanzas de san Juan de la Cruz, os exhorto a que recorráis el camino hacia la santidad, a la que el Señor os ha llamado con el bautismo, abriendo vuestro corazón al amor de Dios y dejándoos transformar y purificar por su gracia. Muchas gracias.

Amados peregrinos de língua portuguesa: a todos saúdo cordialmente e recordo, com São João da Cruz, que a santidade não é privilégio de poucos, mas vocação a qual todo cristão é chamado. Por isso, exorto-vos a entrardes de modo sempre mais decidido no caminho de purificação do coração e da vida, para irdes ao encontro de Cristo. Somente nele jaz a verdadeira felicidade. Ide em paz!

Saluto in lingua ceca:

Srdečně vítám skupinu kněží a mladých ministrantů z Prahy a okolí, kteří na své pouti do Říma prosí Pána o nová kněžská povolání.
Rád žehnám vám i vašim drahým!
Chvála Kristu!

Traduzione italiana:

Un cordiale benvenuto al gruppo di Sacerdoti e di giovani ministranti, di Praga e dintorni, che sono venuti in pellegrinaggio a Roma a pregare il Signore per le nuove vocazioni sacerdotali!
Volentieri benedico voi e i vostri cari!
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua polacca:

Z serdecznym pozdrowieniem zwracam się do Polaków. Św. Jan od Krzyża uczy, że nasze życie jest drogą ku spotkaniu z Chrystusem. Wszystkie nasze radości i troski, całe nasze istnienie powinniśmy widzieć w Jego świetle, otwierając serce na działanie Jego łaski, abyśmy byli coraz bardziej z Nim zjednoczeni. Świętość nie jest przywilejem nielicznych, ale powołaniem każdego chrześcijanina. Na tej drodze niech Bóg wam błogosławi.

Traduzione italiana:

Con un cordiale saluto mi rivolgo ai polacchi. San Giovanni della Croce insegna che tutta la nostra vita è un cammino verso l’incontro con Cristo. Dobbiamo vedere nella sua luce tutte le nostre gioie e preoccupazioni, tutta la nostra esistenza, aprendo i cuori all’azione della sua grazia, affinché siamo sempre più uniti a Lui. La santità non è privilegio di pochi, ma è la vocazione di ogni cristiano. In questo cammino Dio vi benedica.]

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i partecipanti al Capitolo generale dei Chierici Mariani dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, augurando di continuare con generosità il servizio a Cristo e alla Chiesa, seguendo fedelmente la via tracciata dal venerato Fondatore. Saluto con affetto le Missionarie della Carità e le ringrazio per la gioiosa testimonianza cristiana che rendono nei diversi Continenti, sulle orme della loro indimenticabile Fondatrice la beata Teresa di Calcutta. Saluto i coordinatori regionali dell’Apostolato del mare, in occasione del convegno promosso dal Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e li incoraggio a individuare adeguate risposte pastorali ai problemi dei marittimi e delle loro famiglie. Saluto i rappresentanti della Banca di Viterbo Credito Cooperativo ed auspico che il centenario di fondazione dell’Istituto susciti sempre maggiore impegno a servizio degli autentici bisogni sociali.

Il mio pensiero va, infine, ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Voi, cari giovani, fate spazio nel vostro cuore a Gesù e diffondete la sua gioia e la sua pace. Voi, cari malati, offrite al Signore i vostri momenti di prova perché si aprano le porte dei cuori all'annuncio del Vangelo. E voi, cari sposi novelli, siate sempre testimoni dell'amore di Cristo, che vi ha chiamati a realizzare un comune progetto di vita.

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