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domenica 20 febbraio 2011

Ardua impresa


VII domenica Tempo ordinario (Lev 19,1; 1Cor 3,16-23; Mt 5,38-48) 

 
Il tema dominante delle letture di oggi è nientemeno che la santità.
Prima lettura: Il Signore disse a Mosè: “Parla a tutta la comunità degli Israeliti dicendo loro: siate santi perché io sono santo”.
Seconda lettura: “Santo è il tempio di Dio che siete voi”.
Vangelo: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. Che impresa!!! A prima vista, impossibile alle sole forze umane. E non solo a prima vista…

• 1) Chi è santo?

“Io sono santo”. Se c’è un attributo esclusivo di Dio, che appartiene a Lui solo, è proprio la santità, come ripetiamo nel Gloria “tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo…”
Allora noi? Come fare per diventarlo? Noi siamo chiamati a partecipare alla Sua santità. Come il vetro partecipa alla luce del sole e sembra un tutt’uno con esso quando è inondato dalla luce, così la nostra anima, che è il vetro, deve diventare così trasparente da riflettere una luce che viene da oltre, che viene da Dio. Solo che dopo il peccato originale e ogni nostro peccato personale, l’anima non è più vetro, ma specchio. L’io ha preso il posto di Dio; si autocompiace del bene che fa, si gloria di qualità che… non ha, e anche se le ha non le attribuisce al datore di ogni dono, ma a sé stesso. Finché c’è questo conflitto d’attribuzione e questo ego così accentratore, non ci può essere vera santità. “Sarete santi guardando Me che sono santo! Non guardando voi!”

• 2) Cos’è un cuore puro?

Bonhoeffer diceva che un cuore puro è un cuore che non si macchia col male, ma neanche con il bene, cioè non lo guarda autocompiacendosene e gloriandosene, come faceva il fariseo, ma si ritiene indegno di alzare gli occhi al cielo. Per diventare santi dobbiamo diventare come l’acqua che non ha più un colore proprio, non dice più “io” ma prende tutti i riflessi della luce che viene da oltre e che la investe. E irradia tutti i colori della luce. E così il Signore per aiutarci a diventare santi, passa il tempo a rompere gli specchi e le statue. E’ la più grande grazia e il più grande segno che ci ama, quello di non permetterci di innalzare la nostra statua (per poi contemplarla), ma di frantumarla continuamente. Non lamentatevi mai più dei vostri fallimenti: essi sono indispensabili per farvi avanzare nella santità e sono segno sicuro che Dio vi ama, veglia su di voi e ci libera dal nostro “ io”. Finché ci crediamo bravi, buoni e belli per merito nostro, non avanziamo nel cammino perché planiamo in una dimensione irreale al di sopra delle nostre teste. E non camminiamo!

• 3) Dove inizia la strada?

Vi siete mai chiesti dove inizia la strada? La strada inizia per terra! Per poter camminare occorre prima scendere a terra. Quando saremo scesi dalle nostre supponenze e saremo precipitati a terra, allora sì che se ne andranno tutti i grilli che avevamo per la testa e inizieremo veramente a camminare sulla via della santità, perché conteremo veramente sulla santità di Dio che opera in noi.
Dobbiamo metterci bene in testa una cosa: Dio non ci ama perché siamo bravi, buoni e belli, ma amandoci per primo ci rende buoni e belli. Staremmo freschi se no! Saremmo sempre brutti in secula seculorum… Ma se contiamo totalmente su di lui, ecco che possiamo diventare bravi, buoni e belli in un battibaleno. Del resto c’è solo da leggere il Vangelo di oggi per capire che questa santità non è assolutamente alla nostra portata, ma… nulla è impossibile a Dio. Occorre però contare su di Lui! Totalmente! Coraggio dunque amici miei! La strada inizia per terra: il difficile è toccare terra, ma una volta lì, sfrecceremo velocissimi (anche se a piedi) sulla via della santità. Buon viaggio!

Wilma Chasseur

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