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sabato 31 luglio 2010

Salmo 14

Il Sabato dei Salmi - Salmo 14 - L'uomo senza Dio


Salmo 14 

L'uomo senza Dio
[1]Al maestro del coro. Di Davide.

Lo stolto pensa: «Non c'è Dio».
Sono corrotti, fanno cose abominevoli:
nessuno più agisce bene.

[2]Il Signore dal cielo si china sugli uomini
per vedere se esista un saggio:
se c'è uno che cerchi Dio.

[3]Tutti hanno traviato, sono tutti corrotti;
più nessuno fa il bene, neppure uno.
[4]Non comprendono nulla tutti i malvagi,
che divorano il mio popolo come il pane?

[5]Non invocano Dio: tremeranno di spavento,
perché Dio è con la stirpe del giusto.
[6]Volete confondere le speranze del misero,
ma il Signore è il suo rifugio.
[7]Venga da Sion la salvezza d'Israele!
Quando il Signore ricondurrà il suo popolo,
esulterà Giacobbe e gioirà Israele.

COMMENTO

Il titolo di questo salmo è già di per sé significativo perchè ci fa capire con immediatezza, di cosa parla Re Davide. L'uomo senza Dio, quello che noi oggi definiamo ateo. Sin dai tempi più antichi, l'uomo ha rinnegato Dio negandone l'esistenza. Persino tra il popolo eletto e cioè il popolo ebraico, c'è sempre stato l'uomo senza Dio. Quanti episodi abbiamo visto nella Bibbia: quanti rinnegamenti, quanto lordume ad opera di uomini che si erano dimenticati chi era l'Autore della Vita. E Re Davide pensa molto a loro: non è la prima volta, infatti, che incontriamo questi riferimenti, segno che ai suoi tempi, il male era ugualmente molto prolifico. Allora, c'era chi pensava che Dio non esistesse: ciò li portava a compiere ogni sorta di abominio perchè non avevano più la bussola della giustizia, nei loro cuori. Ecco come, ancora una volta, troviamo una somiglianza incredibile tra i tempi antichi e quelli odierni. Sono passati millenni, ma l'uomo resta sempre lo stesso: rinnega Dio per compiere il male che desidera. Pensiamoci bene: perchè un uomo dovrebbe rinnegare una Fonte di Giustizia buona e retta? Perchè non si vuole amare Dio? La risposta è sita nella nostra coscienza, nel nostro io: noi desideriamo il male e nessuno può negarlo. San Paolo, nelle sue Lettere, lo ribadiva molte volte. E l'uomo, quando giunge a voler giustificare il male per poterlo compiere senza rimorsi di coscienza, tende ad eliminare la causa che rende il desiderio malvagio. Il desiderio è malvagio in virtù della Legge: se noi non credessimo alla Legge, potremmo compiere ciò che vorremmo. Peccato però che la Legge è scolpita nei nostri cuori e non si può cancellare dalla coscienza. Essa infatti continuerà a gridare: forse la si può tacere per un tempo indeterminato, ma prima o poi griderà tutta la sua indignazione e l'uomo si renderà conto dell'abominio delle sue azioni. Anzi, si può dire, che proprio la coscienza sarà uno dei tormenti più grandi per le anime dannate.

Re Davide pone sempre la sua fiducia in Dio perchè sa che la Sua Giustizia, prima o poi, si compirà. L'uomo senza Dio, incontrerà Dio e rimpiangerà di esser nato. Rimpiangerà di non aver voluto ascoltare, di non aver voluto vedere e di aver voluto raggiungere ogni sorta di piacere. Noi non siamo lontani da questo modello: il mondo odierno punta tutto sulla felicità terrena e sul piacere immediato, anche se questo va a discapito degli umili e dei miseri. Basta guardare cosa si è disposti a fare pur di entrare nel mondo della televisione. Guardiamoci dal desiderare il piacere a tutti i costi perchè il prezzo da pagare sarà molto salato. Noi non ce ne accorgiamo, ma con i nostri desideri contribuiamo alla sottomissione dei miseri e dei poveri: noi stessi possiamo esser ritenuti come aguzzini a causa dei nostri comportamenti sconsiderati. Una comodità può comportare un dolore per gli altri. Gesù diceva che non dobbiamo pensare alla felicità di oggi, al piacere di oggi, ma alla felicità di domani e cioè alla felicità eterna. In questo modo, liberandoci da desideri e bisogni inutili e dannosi, ci potremo rendere conto di quanto male abbiamo causato a causa della nostra brama egoistica. Non chiudiamo la porta di casa nostra perchè dobbiamo pensare a custodirla: perchè in questo modo non potremo udire il richiamo del povero e del bisognoso. E quel richiamo che oggi ignoriamo, risuonerà forte nella nostra testa quando verrà il Signore.
Re Davide sa che Dio, infatti, verrà presto per ricondurre il Suo popolo: allora i miseri si rallegreranno ed esulteranno mentre i senza Dio e gli egoisti piangeranno. La domanda che noi rivolgiamo a chi ci segue è: voi cosa volete essere? Il misero o l'egoista? A voi l'ardua sentenza...


venerdì 30 luglio 2010

Tutti in campo per i bambini:Terre des Hommes e Ecpat

La tratta di esseri umani esiste ancora

Oggi ci occupiamo di una vergogna del mondo che viene, purtroppo, lasciata ai margini anche dai nostri mezzi di informazione. Stiamo parlando della tratta di esseri umani che molti, erroneamente, pensano sia una pratica estinta. Purtroppo, anche se siamo nel terzo millennio (ci vantiamo di essere "evoluti"), la schiavitù esiste ancora e con essa la tratta degli esseri umani. Ci chiediamo dove sono tutti coloro che fanno la voce grossa contro i peccati della Chiesa: ci chiediamo, in particolare, perchè nessuno strepita, perchè nessuno intenta azioni civili, perchè nessuno protesta e perchè nessuno arriva a citare in giudizio questi oppressori di popoli. L'uomo non è animale, ma figlio di Dio: chiunque torca un capello ad un uomo, subirà conseguenze peggiori. Ricordiamoci che Gesù è morto per tutti gli uomini, nessuno escluso.

Vista l'indifferenza, la Vigna del Signore, dà spazio ad un articolo di "mani tese", un associazione che si occupa proprio di questi tristi fenomeni e che cerca di combattere la tratta degli schiavi. Ecco l'articolo in questione che presenta la storia di un ragazzo di nome Sambath:

""Sambath è un ragazzo di 13 anni proveniente dal villaggio di Snoul Koang (nella provincia cambogiana di Battambang), nato con una deformazione agli arti superiori.

La sua famiglia - estremamente povera - è composta dalla madre e da numerosi fratelli e sorelle. Non ha potuto frequentare la scuola ed è poi stato vittima di trafficking verso la Thailandia affinché chiedesse l’elemosina per sostenere economicamente la sua famiglia. La sua permanenza in Thailandia è durata circa un anno, poi è stato identificato e arrestato dalla polizia thailandese. Le autorità thailandesi l’hanno successivamente trasferito al Poipet Transit Centre (PTC), al confine tra Thailandia e Cambogia, che a sua volta lo ha indirizzato verso il Centro di Accoglienza di Damnok Toek a Poipet, dove vengono solitamente inviati i ragazzi che hanno meno di 13 anni.

Sambath è rimasto per sei mesi presso il Centro di Accoglienza di Damnok Toek, dove ha avuto la possibilità di ricevere un sostegno psicosociale e un rifugio sicuro dopo le esperienze traumatiche vissute. Successivamente è stato indirizzato al Centro di Damnok Toek a Phnom Penh, che accoglie bambini con disabilità. Da quando è arrivato al Centro di Phnom Penh gli è stato fornito un sostegno psicologico ed è stato iscritto alla scuola La Valla.

Inoltre Damnok Toek gli fornisce anche assistenza medica, cibo, alloggio, sostegno psico-sociale, la possibilità di svolgere attività ricreative e di godere di un’istruzione sia all’interno sia all’esterno del centro.

Sambath oggi è autonomo: può mangiare, lavarsi, disegnare, scrivere, utilizzare la tastiera di un computer e svolgere numerose altre attività. È un ragazzo molto intelligente, molto bravo negli studi e nella pittura. Attualmente frequenta la VI° classe presso la scuola La Valla e l’anno prossimo frequenterà la scuola pubblica.

La storia di Sambath è una delle tante testimonianze di ragazzi vittime di trafficking sostenuti attraverso l’attività congiunta di Mani Tese e dei partner locali.
Il Trafficking - o tratta di essere umani - rappresenta una delle principali violazioni dei diritti umani che colpisce le fasce più vulnerabili della popolazione, in primis bambini e donne.

L’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) stima che nel mondo siano almeno 12,3 milioni i bambini e gli adulti costretti al lavoro forzato, alla schiavitù e all’asservimento a scopo di sfruttamento sessuale. Di questi, l’ILO stima che 1,39 milioni siano vittime di trafficking (nazionale e internazionale) a scopo sessuale. Il 56% delle vittime di trafficking sono donne e bambini.

Questo fenomeno è maggiormente sviluppato in situazioni di estrema povertà o dove la discriminazione di genere e/o etnica è forte. Vengono colpite le fasce di popolazione più deboli e propense a cedere all’inganno di false promesse di una vita migliore attraverso un buon impiego, la possibilità di studiare o un matrimonio agiato.""



giovedì 29 luglio 2010

Padre Pio - Tra Cielo e Terra

Padre Pio - Sulla Soglia del Paradiso

 Oggi, inauguriamo un nuovo appuntamento settimanale, per conoscere da vicino, uno dei protettori della Vigna del Signore. Stiamo parlando di Padre Pio, o meglio di San Pio da Pietrelcina. Ogni Giovedì, presenteremo un estratto da un libro molto bello: (Sulla soglia del Paradiso, di Gaeto Saverio).  Utilizzando testimonianze inedite di donne e uomini che hanno conosciuto da vicino Padre Pio, questa nuovissima biografia, tratteggia una inedita "storia di Padre Pio raccontata dai suoi amici". Ne emerge il disegno a tutto tondo di un uomo eccezionale e di un'anima singolare, che continua a essere presente e ad agire nella storia del nostro tempo. Buona lettura!

Introduzione

Una assicurazione sulla vita... eterna


«Quando morirò, chiederò al Signore di farmi sostare sulla soglia del Paradiso e non entrerò fino a quando non sarà entrato l'ultimo dei miei figli spirituali». In queste semplici, ma impegnative, parole è racchiusa la straordinaria promessa che Padre Pio fece in vita, nelle più diverse circostanze, a numerosi suoi devoti. Una assicurazione sull'eternità che è ancor più attuale dopo il definitivo sigillo della Chiesa sulla santità del cappuccino del Gargano, il primo sacerdote stimmatizzato della storia, faro di fede e di spiritualità per milioni di persone.

Furono infatti molti i figli spirituali che, soprattutto quando ormai era evidente l'approssimarsi della sua morte, gli chiesero: «Padre, ora che te ne vai, come faremo senza dite?». E Padre Pio, con il consueto modo di fare, burbero e scherzoso nel medesimo tempo: «Pezzo di scemo, io sarò qui in mezzo a voi, più di prima. Venite sulla mia tomba. Prima, per parlarmi, mi dovevate aspettare. Adesso, lì, sono io che vi aspetto. Venite sulla mia tomba e riceverete più di prima!». Mentre, per quanti non potevano muoversi fino a San Giovanni Rotondo, una precisa alternativa la diede al confratello padre Tarcisio Zullo: «Andate innanzi al tabernacolo:

in Gesù troverete anche me».

Che non fossero parole disperse nel vento lo documentano le testimonianze di quanti gli furono intimissimi, a cominciare dall'allora amministratore della Casa Sollievo della Sofferenza, Angelo Battisti, il quale ha raccontato di quando Padre Pio scherzando gli diceva: «Nella tomba sarò più vivo che mai!». E all'economo della stessa struttura, Enzo Bertani - che, confessandosi per l'ultima volta da Padre Pio, il 19 settembre 1968, gli disse: «Come regalo per il 50° delle stimmate vorrei morire prima di lei» - il cappuccino rispose serio e deciso:

«Tu hai famiglia e devi campare. Tanto non ti lascerò, perché avrò molto tempo libero per esserti vicino».

La certezza della costante compagnia di Padre Pio era qualcosa di materialmente percepibile da parte di quanti il frate aveva accolto fra i propri penitenti: «Quando il Signore mi affida un'anima, io me la pongo sulle spalle e non la mollo più», diceva con solennità. Anche in questo caso non si trattava di superbia, bensì di serena consapevolezza dei doni che il Signore gli aveva dato e della responsabilità che ne derivava, come ha ricordato don Nello Castello: «Una volta Cleonice Morcaldi affermò: "Sulle spalle di Padre Pio ci sta il mondo e la Chiesa". A me l'espressione sembrava esagerata. Alla sera mi incontrai con Padre Pio il quale, dopo aver raccontato a me e ad altri la storia di san Cristoforo (cui la tradizione attribuisce l'attraversamento di un fiume con Gesù Bambino sulle spalle), fissandomi profondamente mi disse: "Sulle mie spalle sta il mondo". E io non avevo detto nulla!».

Per Padre Pio le centinaia di persone che quotidianamente affollavano la chiesa di Santa Maria delle Grazie e facevano la fila al suo confessionale non erano una massa indifferenziata, ma volti e nomi ben precisi, ciascuno con le proprie ansie e i propri problemi. Un giorno, lo stesso Battisti lo stuzzicò su questo tema: «Come fa a ricordarsi di tutte le creature che a lei si rivolgono, quelle che vengono e quelle che da lontano la chiamano? Penso che farà una comune intenzione, tutto un "calderone"...». E lui: «Nel calderone ti ci butto dentro a te: io le ricordo e le chiamo una.per una e gli conto i capelli, e ce n'è d'avanzo».

Lo testimonia la lunga durata, nella sua celebrazione eucaristica, del Memento per i vivi e per i morti, che spesso andava avanti per decine di minuti, nei quali lo si vedeva con il volto rivolto verso l'alto e talvolta con le labbra in movimento, intento come a presentare singolarmente al Cielo quelle persone e quelle anime che in quel giorno erano ricorse a lui o che avevano particolari bisogni spirituali e materiali. Una stupenda sintesi di questo amorevole atteggiamento è la risposta al dottor Guglielmo Sanguinetti, fra i primissimi medici del­la Casa Sollievo, che gli domandava come facesse ad amare tutti e ad essere di tutti. Battendogli teneramente la mano sulla spalla, Padre Pio disse:

«Correggi: tutto di ognuno. Ognuno può dire: il Padre è tutto mio!».


mercoledì 28 luglio 2010

Cos’è l’intelligenza e cos’è la luce di Cristo

Fides et ratio - La ragione dinanzi al mistero

Torna l'appuntamento settimanale con la Lettera Enciclica del Venerabile Giovanni Paolo II "Fides et Ratio", per riflettere sui rapporti tra fede e ragione:

CAPITOLO I

LA RIVELAZIONE
DELLA SAPIENZA DI DIO

La ragione dinanzi al mistero

13. Non sarà, comunque, da dimenticare che la Rivelazione permane carica di mistero. Certo, con tutta la sua vita Gesù rivela il volto del Padre, essendo Egli venuto per spiegare i segreti di Dio; (13) eppure, la conoscenza che noi abbiamo di tale volto è sempre segnata dalla frammentarietà e dal limite del nostro comprendere. Solo la fede permette di entrare all'interno del mistero, favorendone la coerente intelligenza.

Insegna il Concilio che « a Dio che si rivela è dovuta l'obbedienza della fede ».(14) Con questa breve ma densa affermazione, viene indicata una fondamentale verità del cristianesimo. Si dice, anzitutto, che la fede è risposta di obbedienza a Dio. Ciò comporta che Egli venga riconosciuto nella sua divinità, trascendenza e libertà suprema. Il Dio che si fa conoscere, nell'autorità della sua assoluta trascendenza, porta anche con sé la credibilità dei contenuti che rivela. Con la fede, l'uomo dona il suo assenso a tale testimonianza divina. Ciò significa che riconosce pienamente e integralmente la verità di quanto rivelato, perché è Dio stesso che se ne fa garante. Questa verità, donata all'uomo e da lui non esigibile, si inserisce nel contesto della comunicazione interpersonale e spinge la ragione ad aprirsi ad essa e ad accoglierne il senso profondo. E per questo che l'atto con il quale ci si affida a Dio è sempre stato considerato dalla Chiesa come un momento di scelta fondamentale, in cui tutta la persona è coinvolta. Intelletto e volontà esercitano al massimo la loro natura spirituale per consentire al soggetto di compiere un atto in cui la libertà personale è vissuta in maniera piena.(15) Nella fede, quindi, la libertà non è semplicemente presente: è esigita. E la fede, anzi, che permette a ciascuno di esprimere al meglio la propria libertà. In altre parole, la libertà non si realizza nelle scelte contro Dio. Come infatti potrebbe essere considerato un uso autentico della libertà il rifiuto di aprirsi verso ciò che permette la realizzazione di se stessi? E nel credere che la persona compie l'atto più significativo della propria esistenza; qui, infatti, la libertà raggiunge la certezza della verità e decide di vivere in essa.

In aiuto alla ragione, che cerca l'intelligenza del mistero, vengono anche i segni presenti nella Rivelazione. Essi servono a condurre più a fondo la ricerca della verità e a permettere che la mente possa autonomamente indagare anche all'interno del mistero. Questi segni, comunque, se da una parte danno maggior forza alla ragione, perché le consentono di ricercare all'interno del mistero con i suoi propri mezzi di cui è giustamente gelosa, dall'altra la spingono a trascendere la loro realtà di segni per raccoglierne il significato ulteriore di cui sono portatori. In essi, pertanto, è già presente una verità nascosta a cui la mente è rinviata e da cui non può prescindere senza distruggere il segno stesso che le viene proposto.

Si è rimandati, in qualche modo, all'orizzonte sacramentale della Rivelazione e, in particolare, al segno eucaristico dove l'unità inscindibile tra la realtà e il suo significato permette di cogliere la profondità del mistero. Cristo nell'Eucaristia è veramente presente e vivo, opera con il suo Spirito, ma, come aveva ben detto san Tommaso, « tu non vedi, non comprendi, ma la fede ti conferma, oltre la natura. E un segno ciò che appare: nasconde nel mistero realtà sublimi ».(16) Gli fa eco il filosofo Pascal: « Come Gesù Cristo è rimasto sconosciuto tra gli uomini, così la sua verità resta, tra le opinioni comuni, senza differenza esteriore. Così resta l'Eucaristia tra il pane comune ».(17)

La conoscenza di fede, insomma, non annulla il mistero; solo lo rende più evidente e lo manifesta come fatto essenziale per la vita dell'uomo: Cristo Signore « rivelando il mistero del Padre e del suo amore svela anche pienamente l'uomo all'uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione »,(18) che è quella di partecipare al mistero della vita trinitaria di Dio.(19)

14. L'insegnamento dei due Concili Vaticani apre un vero orizzonte di novità anche per il sapere filosofico. La Rivelazione immette nella storia un punto di riferimento da cui l'uomo non può prescindere, se vuole arrivare a comprendere il mistero della sua esistenza; dall'altra parte, però, questa conoscenza rinvia costantemente al mistero di Dio che la mente non può esaurire, ma solo ricevere e accogliere nella fede. All'interno di questi due momenti, la ragione possiede un suo spazio peculiare che le permette di indagare e comprendere, senza essere limitata da null'altro che dalla sua finitezza di fronte al mistero infinito di Dio.

La Rivelazione, pertanto, immette nella nostra storia una verità universale e ultima che provoca la mente dell'uomo a non fermarsi mai; la spinge, anzi, ad allargare continuamente gli spazi del proprio sapere fino a quando non avverte di avere compiuto quanto era in suo potere, senza nulla tralasciare. Ci viene in aiuto per questa riflessione una delle intelligenze più feconde e significative della storia dell'umanità, a cui fanno doveroso riferimento sia la filosofia che la teologia: sant'Anselmo. Nel suo Proslogion, l'Arcivescovo di Canterbury così si esprime: « Volgendo spesso e con impegno il mio pensiero a questo problema, a volte mi sembrava di poter ormai afferrare ciò che cercavo, altre volte invece sfuggiva completamente al mio pensiero; finché finalmente, disperando di poterlo trovare, volli smettere di ricercare qualcosa che era impossibile trovare. Ma quando volli scacciare da me quel pensiero perché, occupando la mia mente, non mi distogliesse da altri problemi dai quali potevo ricavare qualche profitto, allora cominciò a presentarsi con sempre maggior importunità [...]. Ma povero me, uno dei poveri figli di Eva, lontani da Dio, che cosa ho cominciato a fare e a che cosa sono riuscito? A che cosa tendevo e a che cosa sono giunto? A che cosa aspiravo e di che sospiro? [...]. O Signore, tu non solo sei ciò di cui non si può pensare nulla di più grande (non solum es quo maius cogitari nequit), ma sei più grande di tutto ciò che si possa pensare (quiddam maius quam cogitari possit) [...]. Se tu non fossi tale, si potrebbe pensare qualcosa più grande di te, ma questo è impossibile ».(20)

15. La verità della Rivelazione cristiana, che si incontra in Gesù di Nazareth, permette a chiunque di accogliere il « mistero » della propria vita. Come verità suprema, essa, mentre rispetta l'autonomia della creatura e la sua libertà, la impegna ad aprirsi alla trascendenza. Qui il rapporto libertà e verità diventa sommo e si comprende in pienezza la parola del Signore: « Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi » (Gv 8, 32).

La Rivelazione cristiana è la vera stella di orientamento per l'uomo che avanza tra i condizionamenti della mentalità immanentistica e le strettoie di una logica tecnocratica; è l'ultima possibilità che viene offerta da Dio per ritrovare in pienezza il progetto originario di amore, iniziato con la creazione. All'uomo desideroso di conoscere il vero, se ancora è capace di guardare oltre se stesso e di innalzare lo sguardo al di là dei propri progetti, è data la possibilità di recuperare il genuino rapporto con la sua vita, seguendo la strada della verità. Le parole del Deuteronomio bene si possono applicare a questa situazione: « Questo comando che oggi ti ordino non è troppo alto per te, né troppo lontano da te. Non è nel cielo perché tu dica: Chi salirà per noi in cielo per prendercelo e farcelo udire sì che lo possiamo eseguire? Non è di là dal mare, perché tu dica: Chi attraverserà per noi il mare per prendercelo e farcelo udire sì che lo possiamo eseguire? Anzi, questa parola è molto vicina a te, è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu la metta in pratica » (30,11-14). A questo testo fa eco il famoso pensiero del santo filosofo e teologo Agostino: « Noli foras ire, in te ipsum redi. In interiore homine habitat veritas ».(21)

Alla luce di queste considerazioni, una prima conclusione si impone: la verità che la Rivelazione ci fa conoscere non è il frutto maturo o il punto culminante di un pensiero elaborato dalla ragione. Essa, invece, si presenta con la caratteristica della gratuità, produce pensiero e chiede di essere accolta come espressione di amore. Questa verità rivelata è anticipo, posto nella nostra storia, di quella visione ultima e definitiva di Dio che è riservata a quanti credono in lui o lo ricercano con cuore sincero. Il fine ultimo dell'esistenza personale, dunque, è oggetto di studio sia della filosofia che della teologia. Ambedue, anche se con mezzi e contenuti diversi, prospettano questo « sentiero della vita » (Sal 16 [15], 11) che, come la fede ci dice, ha il suo sbocco ultimo nella gioia piena e duratura della contemplazione del Dio Uno e Trino.


martedì 27 luglio 2010

Sacerdote per Sempre

In difesa dei sacerdoti

Negli ultimi tempi, abbiamo avuto il ruolo di diffondere notizie riguardanti la Chiesa che, misteriosamente, venivano taciute o poste in posizioni di poco rilievo. Sappiamo che vi è in atto una campagna mediatica anticlericale, volta ad evidenziare gli errori e le accuse e a nascondere o omettere le assoluzioni o spiegazioni. Oggi, ci troviamo di nuovo, nella posizione di fare da passaparola ad un articolo di Avvenire che, prontamente, risponde ad una campagna opera di "Panorama" che riteniamo personalmente vergognosa, perchè allude alla circostanza che Roma sia invasa di preti gay che conducono una doppia esistenza. Non si può arrivare ad estendere le cattive opere di pochi, all'intero ordine sacerdotale capitolino che si dedica giorno e notte, al servizio di Dio e dei bisognosi. Ringraziamo il quotidiano Avvenire, per aver subito confutato le tesi disfattiste dell'inchiesta di Panorama e per questo, pubblichiamo qui il testo in questione:

Ma non ci ruberanno la fiducia nei nostri preti

Nella bonaccia di un luglio scarso di quei fatti di cronaca che aiutano le tirature dei giornali, uno dei più diffusi settimanali italiani dedica la copertina alle "notti brave dei preti gay". Sette pagine fitte di viaggio fra i peccati dei preti nella Città Eterna, fra feste, pub e saune; dove un prete afferma che "il 98 per cento dei sacerdoti che conosce è omosessuale". Foto, registrazioni, puntigliose verifiche, una ostinazione da Pulitzer. Per dimostrare cosa? Che ci sono, fra le molte centinaia di preti che vivono o studiano a Roma, dei gay.

Mettiamo per ipotesi che tutto ciò che racconta Panorama sia oro colato. Che alcuni sacerdoti a Roma vivano una doppia vita. È un fatto che provoca dolore e sconcerto in un credente. Ma quella inchiesta accanita, quelle compiaciute immagini di mani maschili con le unghie laccate che sgranano una corona di Rosario, a cosa tendono davvero? Mettiamo che sia proprio tutto vero, la doppia vita, le feste e il resto. Quanto pesa la indegnità di alcuni di fronte della vita di 336 parrocchie romane, dove oltre 1300 preti – con una vita sola – si affannano ogni giorno a dir messa, a stare accanto agli esclusi, a educare ragazzi? La mole di una quotidiana oscura fatica annientata da quell’indice puntato sullo scandalo. Scandalo spiato, pedinato, zelantemente fotografato; a dire a chi legge, vedete, tutto è falso, bugia – tutto, in fondo, fango.

Tra l’esercizio di questo compiaciuto nichilismo e la realtà però c’è una distonia netta, che chi frequenta chiese e oratori non può non vedere. I preti, a Roma e altrove, sono altra cosa da quei poveri commedianti raccontati da Panorama. Sono uomini che si spezzano la schiena tra i ragazzi, in oratori di periferia; sono i missionari che passano la vita intera in posti in cui noi non resteremmo tre giorni; sono quelli che ai vecchi e agli sconfitti testimoniano che non è tutto finito.

È un esercizio mediatico di moda, oggi, gettare melma sui preti. Come, al di là dei loro peccati veri o presunti, in una sorda ostilità; nel bisogno di dimostrare quanto è assurdo promettere fedeltà, assoluta e per sempre, a un Dio. (Fedeltà? Ma via, guardate questi, in tonaca la mattina e al pub dei gay la sera). L’indice puntato sullo scandalo però lascia nel buio la parte più grande della realtà – la parte buona, che milioni di credenti ben sanno. Occorre guardarsi, dal riflettore che illumina una sola parte di ciò che è. Perché pretende di annientare, per la colpa di alcuni, un bene molto più grande. Tende a annichilire la nostra fiducia in mille altre facce. Facce di poveri uomini, che però ogni giorno testimoniano un’altra certezza, e una speranza infinitamente più grande.

Squallida, se è vera, la storia dei preti che passano dai festini all’altare. Dei poveracci. Come, in forme meno vistose ed eclatanti, siamo in fondo quasi tutti noi: un poco bugiardi, infedeli, furbi. Guardateli, dice la grande inchiesta, i vostri preti, che cosa sono in realtà. Davvero, è la domanda, potete credere in simili uomini? Non esiste nessuno che meriti fiducia. Ministri di Cristo? Ma via, leggete qui dove vanno, la sera.

Così un tarlo cerca di rodere la nostra speranza. Usando il male per dire che il bene non esiste. E che l’unica cosa vera, attorno a noi, è il nulla. Però, guardatevi intorno: quel prete che sta accompagnando i vostri figli per i sentieri delle Dolomiti, quelli che camminano per i corridoi degli ospedali e delle carceri, o dicono messa ogni mattina in paesi dimenticati da tutti: nell’ombra, senza alcuna copertina, testimoni ostinati di speranza. Una speranza del tutto altra, e straniera a quelle millantate dai giornali.

Marina Corradi

lunedì 26 luglio 2010

Abbà Pater: Giovanni Paolo II canta il Pater Noster

Angelus di Papa Benedetto XVI - 25 Luglio 2010


ANGELUS

Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo
Domenica, 25 luglio 2010

 


Cari fratelli e sorelle!

Il Vangelo di questa domenica ci presenta Gesù raccolto in preghiera, un po’ appartato dai suoi discepoli. Quando ebbe finito, uno di loro gli disse: “Signore, insegnaci a pregare” (Lc 11,1). Gesù non fece obiezioni, non parlò di formule strane o esoteriche, ma con molta semplicità disse: “Quando pregate, dite: «Padre…»”, e insegnò il Padre Nostro (cfr Lc 11,2-4), traendolo dalla sua stessa preghiera, con cui si rivolgeva a Dio, suo Padre. San Luca ci tramanda il Padre Nostro in una forma più breve rispetto a quella del Vangelo di san Matteo, che è entrata nell’uso comune. Siamo di fronte alle prime parole della Sacra Scrittura che apprendiamo fin da bambini. Esse si imprimono nella memoria, plasmano la nostra vita, ci accompagnano fino all’ultimo respiro. Esse svelano che “noi non siamo già in modo compiuto figli di Dio, ma dobbiamo diventarlo ed esserlo sempre di più mediante una nostra sempre più profonda comunione con Gesù. Essere figli diventa l’equivalente di seguire Cristo” (Benedetto XVI, Gesù di Nazaret, Milano 2007, p. 168).

Questa preghiera accoglie ed esprime anche le umane necessità materiali e spirituali: “Dacci ogni giorno il nostro pane quotidiano, e perdona a noi i nostri peccati” (Lc 11,3-4). E proprio a causa dei bisogni e delle difficoltà di ogni giorno, Gesù esorta con forza: “Io vi dico: chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto. Perché chiunque chiede riceve e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto” (Lc 11,9-10). Non è un domandare per soddisfare le proprie voglie, quanto piuttosto per tenere desta l’amicizia con Dio, il quale – dice sempre il Vangelo – “darà lo Spirito Santo a quelli che glielo chiedono!” (Lc 11,13). Lo hanno sperimentato gli antichi “padri del deserto” e i contemplativi di tutti i tempi, divenuti, a motivo della preghiera, amici di Dio, come Abramo, che implorò il Signore di risparmiare i pochi giusti dallo stermino della città di Sòdoma (cfr Gen 18,23-32). Santa Teresa d’Avila invitava le sue consorelle dicendo: “Dobbiamo supplicare Dio che ci liberi da ogni pericolo per sempre e ci tolga da ogni male. E per quanto imperfetto sia il nostro desiderio, sforziamoci di insistere in questa richiesta. Che ci costa chiedere molto, visto che ci rivolgiamo all’Onnipotente?» (Cammino, 60 (34), 4, in Opere complete, Milano 1998, p. 846). Ogniqualvolta recitiamo il Padre Nostro, la nostra voce s’intreccia con quella della Chiesa, perché chi prega non è mai solo. “Ogni fedele dovrà cercare e potrà trovare nella verità e ricchezza della preghiera cristiana, insegnata dalla Chiesa, la propria via, il proprio modo di preghiera… si lascerà quindi condurre… dallo Spirito Santo, il quale lo guida, attraverso Cristo, al Padre» (Congregazione per la Dottrina della Fede, Alcuni aspetti della meditazione cristiana, 15 ottobre 1989, 29: AAS 82 [1990], 378).

Oggi ricorre la festa dell’apostolo san Giacomo detto “il Maggiore”, che lasciò il padre e il lavoro di pescatore per seguire Gesù e per Lui diede la vita, primo tra gli Apostoli. Di cuore rivolgo uno speciale pensiero ai pellegrini accorsi numerosi a Santiago de Compostela! La Vergine Maria ci aiuti a riscoprire la bellezza e la profondità della preghiera cristiana.

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle, ho appreso con dolore della tragedia avvenuta a Duisburg in Germania, in cui sono rimasti vittime numerosi giovani. Raccomando al Signore nella preghiera i defunti, i feriti e i loro familiari.

[Saluti in varie lingue: I am pleased to greet all the English-speaking pilgrims here present! In today’s Gospel Jesus teaches us the Lord’s Prayer. Following Christ’s own example, I encourage you to pray for the grace always to be worthy sons and daughters of our Father in heaven, and loving brothers and sisters to each other. May God grant you his abundant blessings!

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española. Queridos hermanos, el Evangelio de hoy nos invita a ser constantes en la plegaria, dirigiéndonos a Dios con la oración que Jesús nos enseñó y los apóstoles nos transmitieron. Precisamente en este domingo, se celebra también la fiesta del Apóstol Santiago, tan venerado desde tiempo inmemorial en Compostela, y de tanto arraigo en vuestros países. En este Año Santo Compostelano, también yo espero unirme allí a los numerosos peregrinos en el próximo mes de noviembre, en un viaje en el que visitaré también Barcelona. Que siguiendo las huellas del Apóstol, recorramos el camino de nuestra vida dando testimonio constante de fe, esperanza y caridad. Feliz domingo a todos.]

Sono lieto di accogliere un qualificato gruppo di Suore Figlie di Maria Ausiliatrice, provenienti da Africa, America del Sud, Asia ed Europa, ed auguro ogni bene per il loro incontro. Saluto con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i giovani che prendono parte ad un’iniziativa vocazionale dei Missionari e delle Suore del Preziosissimo Sangue, i piccoli ministranti di Conselve e la Corale Laurentiana di Tor San Lorenzo. Un pensiero riconoscente rivolgo ai membri del Sesto Reparto Manutenzione Elicotteri dell’Aeronautica Militare, venuti con alcuni familiari. Ricordo, infine, che oggi ricorre a Castel Gandolfo la “Sagra delle Pesche”. Rendiamo grazie a Dio per i frutti della terra e del lavoro umano! Tanti auguri all’Amministrazione e alla cittadinanza, e a tutti buona domenica!

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domenica 25 luglio 2010

Video Vangelo: XVII Ordinario (C)

Un tempo per l'eterno

XVII domenica tempo ordinario


“Gesù si trovava in un luogo a pregare”. Lui, che era il Figlio dell’Altissimo, e Dio stesso, trovava il tempo per pregare! Anzi, l’atteggiamento più ricorrente che il Vangelo ci mostra di Gesù, è proprio il suo rapporto col Padre, lo nomina ben 170 volte (e non anzitutto quello col prossimo): “Ed alzati gli occhi al Cielo...” Sempre lo faceva: di giorno, di notte, prima di un miracolo, di una guarigione, decisione o iniziativa.

• 1) Gesù avrebbe avuto tempo da perdere?...



E noi che siamo polvere e cenere, diciamo che pregare non è necessario, è solo una perdita di tempo, non serve a niente perché occorre fare, agire, produrre, agitarsi ecc. ecc. Eppure l’unica cosa che gli Apostoli hanno chiesto al Maestro di insegnare loro, è proprio la preghiera ”Maestro insegnaci a pregare”. Non Gli hanno chiesto: insegnaci a lavorare, a pescare, a produrre, ecc.
Dobbiamo reimparare ad ”alzare gli occhi al Cielo”. La preghiera è proprio questa capacità e questa incredibile dignità, di poterci innalzare fino a DIO. Pregare è far funzionare questa capacità e tener conto di questa insuperabile dignità che ci contraddistingue da ogni altra cosa creata.
La cultura dominante vuol farci discendere dalla scimmie: ma allora mostrateci una buona volta, una scimmietta che faccia la sua preghierina, o che rinunci alla banana per fare un sacrificio, o osservare il digiuno... Meno male che l’astrofisica, che guarda un po’ più in su, ci dice che discendiamo dalle stelle (la stessa parola pianeta, vuol dire stella errante), questo ci tira un po’ sù il morale...
Pregare dunque- checchè se ne dica- è molto importante, anzi è necessario come è necessario mangiare. Gesù che è il nostro modello e Maestro per eccellenza, non solo ci ha insegnato a pregare il Padre Nostro, ma ci ha mostrato come Lui faceva: sempre e in ogni tempo, ricorreva al Padre.

• 2) Qual è il più grande guaio riguardo alla preghiera?

Quindi, che la preghiera è necessaria, lo si sa, ma il guaio è un altro: è che non ne siamo per niente convinti e così nessuno ha mai tempo di pregare; ecco l’eterno ritornello! Ma per un sacco di altre cose, di cui si è convinti, il tempo lo si trova eccome! Chi non trova il tempo, ad esempio, per il footing, lo stretching, lo shopping e tutte quelle stramberie dai nomi americaneggianti? Per tutte queste cose dunque, di cui siamo arci-convinti che fanno un gran bene alla salute, al fisico, alla linea, il tempo salta fuori infallibilmente! Un autore francese diceva che non aveva mai visto nessuno morire di fame, perché non aveva avuto il tempo di mangiare... Ora, la preghiera è ancor più importante del cibo, e per di più, fa anche bene alla salute. Perché? Perché noi non siamo fatti di solo corpo, ma anche e soprattutto di anima. E come il corpo ha bisogno di nutrimento e di esercizio per star bene, così anche l’anima. E la preghiera è un’autentica respirazione e nutrimento dell’anima: E se l’anima vive bene, anche il corpo che le è indissociabilmente unito, sta meglio.

• 3) Come si impara a pregare?

Dobbiamo abituarci a considerare la preghiera non come una cosa penosa, da fare il più in fretta possibile, o il meno possibile, ma come l’incontro con un grande Amico. Non ci costa stare con un amico, anzi ne sentiamo il bisogno; così dovrebbe essere della preghiera: dovremmo sentirne il bisogno. Ma come fare per giungere a tanto? E’ semplice: come si impara a nuotare, nuotando, a sciare, sciando ecc., anche a pregare si impara pregando. E più si prega, meno diventa difficile e noioso. Dio ci diventa sempre meno sconosciuto, meno “altro”, ed impariamo a conoscerlo e ad amarlo sempre di più e a ringraziarlo per tanti infiniti doni.
La preghiera è dunque importante, non solo perché ci aiuta a vivere meglio, ma anche perché ci aiuta a morire meglio. Infatti, quel che in fondo, spaventa della morte, è di piombare in una realtà totalmente sconosciuta. Ora questa realtà è Dio. Se impariamo -con la preghiera- a conoscerlo ed amarlo sempre di più, fin da quaggiù, non ci farà più paura dopo. Noi, non siamo figli di nessuno, ma abbiamo un Padre che ci ama immensamente! E siamo chiamati ad approdare in questo oceano di infinito amore, di inesauribile bellezza e di intramontabile luce.

Wilma Chasseur

sabato 24 luglio 2010

Salmo 12 - Invocazione fiduciosa

Il Sabato dei Salmi - Salmo 13 - Invocazione fiduciosa

Salmo 13
Invocazione fiduciosa
[1]Al maestro del coro.Salmo. Di Davide.
[2]Fino a quando, Signore, continuerai a dimenticarmi?
Fino a quando mi nasconderai il tuo volto?
[3]Fino a quando nell'anima mia proverò affanni,
tristezza nel cuore ogni momento?
Fino a quando su di me trionferà il nemico?
[4]Guarda, rispondimi, Signore mio Dio,
conserva la luce ai miei occhi,
perché non mi sorprenda il sonno della morte,
[5]perché il mio nemico non dica: «L'ho vinto!»
e non esultino i miei avversari quando vacillo.
[6]Nella tua misericordia ho confidato.
Gioisca il mio cuore nella tua salvezza
e canti al Signore, che mi ha beneficato.
Commento:
Le parole di Davide somigliano alle nostre parole quando nel momento dell'angoscia diciamo: Signore perché mi lasci solo, perché non intervieni, perché mi fai soffrire? Siamo certi che il Signore ci ha abbandonati? Spesso confondiamo la prova con l'abbandono. Il Signore non ci lascia mai nemmeno nella cosiddetta notte buia dell'anima quando non percepiamo la Sua presenza. Sono le prove in cui noi siamo chiamati a confidare maggiormente in Lui. Proprio perché il Signore non lo vediamo ancor più la nostra fede Gli è gradita. Come disse San Pio: amare Dio nello zucchero, anche i fanciulli lo saprebbero fare; l'amarlo nell'assenzio è il contrassegno della nostra amorosa fedeltà. Il profeta Davide in questo Salmo ci dà l'esempio sul comportamento da assumere in talune circostanze: Confidare in Dio e nella Sua Misericordia sempre e comunque con amore e gratitudine. Siano le nostre parole "Gesù confido in Te" quando ci troviamo nel buio e nel dubbio.
Buon fine settimana a voi tutti.

venerdì 23 luglio 2010

Cristo, Potenza che libera

Seconda parte del Faccia a faccia con il demonio

Oggi presentiamo la seconda parte del faccia a faccia con il demonio di Don Giuseppe Tomasselli:

Melid, entriamo in altro argomento. Tu sai come Gesù si sceglie delle anime direttamente e le mette nello stato mistico. Costoro sono il battaglione d’assalto contro voi demoni. Hanno le stimmate, la corona di spine, godono di tante visioni celesti. Soffrono però assai perché devono salvare moltissime anime. Voi demoni le conoscete una ad una queste anime privilegiate.



“E si che le conosciamo, le seguiamo singolarmente notte e giorno, come conoscevamo e seguivamo Padre Pio. Se il lavorio di Cristo in tali anime è di cento gradi, il nostro lavorio diabolico è almeno di novanta gradi. Noi lottiamo direttamente le anime mistiche ed indirettamente lottiamo contro il Direttore Spirituale di ognuna di esse. Io so che tu sei stato da lunghi anni e lo sei ancora Direttore Spirituale di parecchie anime privilegiate. Questo tuo compito deve farti comprendere la rabbia che sento verso di te. Ed ora cosa vorresti sapere?”.

Soltanto qualche delucidazione. Non ti accenno la storia delle diverse anime mistiche; mi soffermo solo su di una di esse, che seguo e dirigo da circa trentacinque anni. Tu sai di chi intendo parlarti, di quella donna, martire della Vocazione Religiosa. Dall’infanzia Gesù si manifestava e la scelse quale vittima straordinaria. Gesù le ispirò il forte desiderio di divenire Suora, secondo la foggia dei vari Monasteri; ma per la tua malvagia opera non riusciva a professare e veniva cacciata senza pietà da tutte le Comunità. Tu, Melid, ricordi ciò che avvenne a Torino, nell’Istituto delle Suore di Sant’Anna, nei pressi del Rondò? Nel periodo in cui aveva indossato l’abito religioso, tu ogni sera, mentre la Comunità era a riposo, aprendo le porte chiuse ed il portone di ingresso, afferravi la giovane e con essa sulla motocicletta per qualche ora andavi in giro per la città. Gli abitanti del vicinato erano scandalizzati a vedere un giovanotto, che eri tu, andare in giro con una giovane, vestita con l’abito religioso. La storia si ripeteva ogni notte verso le ore undici. Fu informata la Superiora, che non voleva credere, finché un giorno davanti a molte persone presentò tutta la Comunità, dicendo: indicatemi tra le presenti la giovane che avete accusata. Tutti a dire: E’ quella! E’ Quella! L’indomani un telegramma informò i parenti della giovane, al quale fu cacciata. Ricordi ancora Melid, come quella giovane fu accettata in prova nella Comunità delle Suore a Castelfidardo? Anche lì facesti il resto. Un giorno, mentre le Suore erano nel Coro per l’ufficiatura, ti presentasti in forma umana e la Superiora ti poté vedere. All’improvviso togliesti l’abito alla giovane e la lasciasti nel Coro in mutandine. Tutte le Suore scapparono inorridite ed al più presto la giovane fu mandata a casa. Tu, Melid, t’incaponivi ed anch’io mi incaponivo nell’ardua impresa, in qualità di Direttore Spirituale. Cercai un Monastero di Clausura, informai di tutto l’Abbadessa, la quale si decise ad ammetterla in Comunità. Anche qui continuarono le vessazioni diaboliche, più forti e più frequenti che altrove. Io moltiplicavo le mie visite in questo Monastero. L’Abbadessa mi confidava tutto e sembrava coraggiosa, anche quando tu ti facevi vedere ad essa apertamente. La giovane era allenata ai tuoi malvagi colpi e gliene preparavi uno piuttosto strano. Era stata ammessa alla vestizione religiosa; alcuni giorni prima le tagliasti la chioma dei capelli, che al presente io tengo conservata come ricordo. Questo fatto mise in apprensione l’Abbadessa, perché durante la funzione era prescritto il taglio con le forbici di tre ciocche di capelli, cosicché al momento prescritto dovette fingere di tagliare i capelli che non c’erano. Dimmi Melid, che scopo avevi allorché tagliasti la chioma?

“Un giorno la giovane aveva fatto un atto di vanità per la sua bella chioma castana e l’Altissimo mi permise quel taglio come riparazione all’atto di vanità”.

Ma non ti fermasti qui; la notte la portavi in giro per la città. In conclusione, la martire della Vocazione Religiosa fu cacciata dal Monastero. Fu mio dovere interessarmi al caso. Nella città di mia dimora conoscevo un ottimo Sacerdote, Parroco. Lo informai di tutto, lui prese a cuore il caso pietoso e l’affidai a lui, dicendogli; se capiteranno fatti strani, mi chiami al telefono e subito verrò, perché so il da fare. Non passò molto e una mattina il Parroco mi chiamò al telefono: venga subito qui. Eravamo in due sacerdoti nella stanzetta della giovane, la quale era a letto, distesa sulla coltre, vestita e ben composta; il volto era sanguinante, con parecchie piaghe, una alla fronte, un’altra al mento, due agli zigomi della faccia e le labbra bruciacchiate. Le mani erano legate strettissimamente ai polsi, tanto che erano divenute nere. Non era la prima volta che avveniva ciò e quindi non mi fece tanta impressione. Chiesi alla giovane, che nell’assieme era serena: cosa è capitato? ‘Ieri sera, verso le undici ero in ginocchio presso il letto. Venne il demonio, mi afferrò come suole fare sempre e mi portò in giro. Questa mattina verso le ore cinque mi portò qui. Prima, toccandomi, mi bruciò la faccia poi mi legò le mani’. Reverendo, io dissi al parroco, non si preoccupi; siccome questi fatti si sono ripetuti tante volte, la signorina sa come medicarsi; però sappia che dopo una settimana il volto non avrà traccia di queste ferite e la carnagione ritornerà fresca come quella di una bambina. Lui stesso col coltellino tagliò il laccio che legava le mani. Ora, Melid, ti chiedo: perché tratti così questa giovane?

“Con la sua vita di vittima mi strappa tante anime ed io, non potendo fare altro, la tormento notte e giorno. So che vincerà il Cristo, ma almeno sfogo la mia rabbia”.

Melid, hai dei potenti nemici e sono quelli che abitualmente sono nell’intima amicizia con Dio e che compiono un fruttuoso apostolato. Ma purtroppo hai tanti amici e spesso sono coloro che negano la tua esistenza. Non credono in te, ma seguono le tue direttive; negano l’inferno e vivono serenamente in peccato, intenti solo ad appagare le loro passioni. Hai anche un’altra categoria di amici e sono quelli che si mettono in tua relazione con le sedute spiritiche, specialmente i medium. Tu desideri che i medium ed il loro amici curiosi ti chiamino. Costoro credono di chiamare l’anima di qualche trapassato e d’ordinario non sanno che sei proprio tu a rispondere alle loro domande. Tu hai interesse a camuffarti, perché nelle sedute spiritiche intendi inculcare la reincarnazione, fai credere che i defunti chiamati siano persone extraterrestri, vaganti per la purificazione. Tu sai che accettando la reincarnazione, resta annullato l’inferno. Ricordi, Melid, come un giorno io ti domandai: ‘Melid, a nome di Dio, rispondi! Non è vero che la reincarnazione che tu inculchi è un trucco?’. Tu mi rispondesti: ‘E se tu sai che è un trucco, perché mi domandi? Anche quando semino la menzogna c’è chi mi crede’. Spiegami qualche cosa riguardo alle sedute spiritiche. Il medium chiama un trapassato ed i presenti credono che alle domande di curiosità risponda il dato defunto. Tante volte tu, Melid, ti comporti da mansueto, istruendo con menzogne i presenti. Talvolta ti dimostri irato. Perché? Difatti più di una persona mi hai riferito ciò che è avvenuto alla loro presenza. In questi giorni venne a trovarmi un giovanotto, che era sbalordito. Mi disse: ‘sono stato a Vicenza. Con un gruppo di amici chiamammo l’anima di un tale: Il medium cominciò a sentirsi male e gettava bava dalla bocca. All’improvviso i quadri e ciò che stava sulle pareti della stanza cominciarono ad agitarsi. La scrivania, presso la quale stavano i giovanotti, si sollevò da terra a più di un metro di altezza ed andò ad attaccarsi a duna parete della stanza stando sospesa da sola: dopo si rovesciò sul pavimento. Io ed i miei compagni uscimmo spaventati. Eravamo quattordici ed ognuno aveva la motocicletta sulla via. Nessuna delle moto funzionava; erano tutte bloccate’. Mi diceva quel giovanotto: ‘io non vorrò trovarmi più in simili circostanze. Che spavento! In altre sedute spiritiche non era avvenuto nessun disordine’. Dimmi Melid, perché avvenne quel putiferio?

“Potresti comprendere il motivo. Quantunque chi assiste d’ordinario è poco religioso, o impuro, o da anni lontano dai Sacramenti, casualmente c’è chi tiene addosso qualche oggetto sacro o del Cristo o di quella Donna, mia nemica, ed allora faccio pagare ai presenti la loro invocazione con forti spaventi”.

Melid, la nostra intervista non è completa, se non rispondi ad altre domande più interessanti delle precedenti. Rispondi: tutti i demoni avete la stessa forza?

“No; il Cristo ce l’insegnò, quando disse agli Apostoli incapaci a scacciare il demonio da un ossesso: ‘Questo genere di demoni si vince con la preghiera e col digiuno’. Il genere più forte è quello dell’impurità. I demoni impuri siamo i più potenti e ci è facile vincere nella lotta. Uno dei capi di questa categoria di demoni sono proprio io’.

So che uomini e donne hanno il dono della libertà. Quindi, se vogliamo, possiamo superare ogni vostro assalto.

“In teoria è così, ma in pratica no. Noi abbiamo tanta intelligenza e conosciamo le tendenze umane. Sappiamo prendere ciascuna creatura per il proprio verso e con le nostre tentazioni impure ottenebriamo le intelligenze e pieghiamo le volontà, come col fuoco si piega anche l’acciaio. La tattica più efficace è saper prendere donne e uomini con l’amo del cuore. Quando prendiamo per il cuore, il novanta per cento di volte cantiamo vittoria”.

Io credo che voi demoni siate specializzati, come sono specializzati i soldati dell’esercito terreno: chi combatte in aria, chi a mare e chi sulla terra ferma. Quindi ci saranno tra voi demoni che per un nonnulla spingono alla bestemmia, all’odio, al furto, all’ateismo, ecc. Però penso anche che tante specie di peccati se si fanno poche volte, si riesce facilmente a detestarli, mentre l’impurità, dopo poche cadute, non si suole detestare ed è raro il correggersi. Melid, più volte ti ho chiesto negli esorcismi: qual è il peccato che manda più anime all’inferno? Tu mi hai risposto: ‘Non occorre che io te lo dica; tu lo sai’. Secondo me è l’impurità.

“Vedi che lo sai! Tutti coloro che stanno nel pozzo infernale, vi si trovano per l’impurità. Hanno fatto anche altri peccati, ma si sono dannati sempre per questo peccato o anche con esso”.

Cosa pensi tu di tutti quelli che vivono nell’immoralità?

“Penso che sono già scritti nel registro dei dannati e che solamente una grande grazia potrebbe cancellarli”.

Dunque, sono scritti nel libro dei tuoi schiavi i divorziati e le divorziate?

“L’Altissimo, davanti al quale tutto deve essere puro e senza macchia, non accetterà nel suo regno dei Beati coloro che trascorrono la vita nel quotidiano peccato impuro. Sono stato io ed altri miei compagni a convincere i capi di Stato ad emettere la legge del divorzio, facendo comprendere che questa legge è un’esigenza del progresso dei popoli. I primi a pagare questa legge, che tu, Pretaccio, chiami iniqua e che io invece chiamo tesoro del mio regno, saranno i legislatori, responsabili dei peccati impuri dei divorziati e poi sono responsabili uomini e donne che hanno accettato la pessima legge”.

Sventurati i divorziati, che per una breve vita di piacere passeggero, in eterno dovranno soffrire i tormenti che al presente tu stesso devi subire!

“Io, Melid, faccio comprendere a costoro che le parole del Cristo sono da disprezzare e non faccio riflettere che con l’Altissimo c’è poco da scherzare”.

E delle numerose prostitute cosa sarà?

“Le tengo strette al mio cuore, affinchè nessuna mi lasci. La catena più forte per loro è il piacere e la brama di denaro. L’inferno è ampio e c’è il posto preparato per ciascuna di loro”.

A te, Melid, piacciono di più i peccati privati, solitari, che non hanno ripercussioni sugli altri, oppure i peccati che danno scandalo e spingono gli altri al male?

“Certamente io preferisco gli scandalosi, perché con essi i peccati si moltiplicano. Il mondo è pieno di scandali e perciò io e i miei compagni stiamo più vicini agli scandalosi, che sono i nostri migliori aiutanti”.

Gesù Cristo dice: ‘chi segue me, non cammina nelle tenebre… Il Cielo e la Terra passeranno, ma le mie parole, non passeranno; è impossibile che non avvengano scandali. Ma guai al mondo per gli scandali e guai all’uomo per colpa del quale avviene lo scandalo! Sarebbe meglio se si legasse al collo dello scandaloso una macina da mulino e venisse gettato nel profondo del mare’. Io mi domando: se le parole di Gesù, Redentore e Giudice Supremo dell’umanità, sono così terribili, come possono gli scandalosi vivere in tanta serenità?

“Intervengo io; faccio l’anestesia spirituale, invisibile ma reale. Come il medico, fatta l’anestesia, può tagliare ed anche mutilare un corpo umano, senza che l’ammalato senta dolore, così agisco io; non faccio riflettere sulla responsabilità degli atti umani davanti al Creatore e così resta annullato ogni rimorso; tutto è considerato lecito”.

Venendo ai particolari, che sistema adoperi con le varie categorie di persone immorali?

“Faccio travisare gli ordini del Creatore, il quale ha dato un corpo umano quale strumento di procreazione. Lavorando nella mente degli impuri, li persuado che la continenza corporale non è possibile. Dopo questa convinzione, sobillo le passioni secondo il sesso, l’età e le varie circostanze che la vita presenta”.

Quali potrebbero essere tali circostanze?

“La esagerata ed imprudente familiarità tra uomini e donne ed in generale gli spassi che sollecitano i latrati delle passioni”.

Credo che il televisore sia uno dei mezzi più efficaci per il tuo lavoro diabolico. Usato in bene è fonte di bene; usato male, è torrente d’iniquità. Nelle tarde ore della notte sono trasmesse scene più immorali ed anche sconcertanti.

“Io eccito la curiosità agli adulti, ai giovani ed ai ragazzi, saziando le loro brame immorali”.

Poi se la vedranno con Dio, giusto Giudice, i fautori di tali perfide trasmissioni, i padroni del televisore e coloro che vi assistono. Prima la scuola dell’immoralità soleva essere fuori dell’ambiente familiare; oggi, col televisore male usato, si trova in casa. E che dire dei films cattivi? La massa degli spettatori si sazia d’impurità e voi, demoni impuri, tenete nelle vostre reti infernali queste masse di ambo i sessi, che non sempre si contentano degli sguardi e dei pensieri e giungono anche più in là.

“Tutti costoro, come hai detto bene, stanno dentro la mia rete, ma inebriati al piacere impuro non vedono la mia rete. La vedranno in seguito, quando non avranno più rimedi nella fornace ardente eterna. Tu, Pretaccio, pensi che televisori e films siano i soli mezzi di cui mi servo per popolare l’inferno? Come il pastore gode a vedere un grande prato ricco di erbe fresche, così e più ancora godo io a vedere la massa femminile con la moda moderna, specialmente sulle spiagge. Con ansia noi demoni dell’impurità aspettiamo il periodo estivo per legare più uomini e donne alle nostre reti d’impurità”.

Melid, Gesù l’ha detto espressamente; se un uomo guarda una donna con cattivo desiderio, ha già peccato con lei nel suo cuore. Infelici donne incoscienti! Sappiate che c’è l’impurità del corpo e quella del pensiero: chi può numerare i cattivi pensieri e desideri che suscita negli uomini dissoluti la vostra moda invereconda lungo le vie e specialmente nelle spiagge, ove stanno schiere di demoni impuri? Voi agite così sulle spiagge per lavare il corpo ed imbrattare le vostre anime e quelle di chi vi guarda maliziosamente! Volete evitare il calore della stagione coi vostri bagni a mare e non pensate che vi preparate il fuoco eterno! Voi al pensiero del fuoco eterno ci ridete su, ma non ci ridono le donne che vi hanno precedute con la morte e che al presente stanno pagando coi dannati!

“Io sono molto intelligente e, per riuscire nel mio compito nel mondo, suscito la debolezza della correzione nei genitori di tante giovani donne, i quali sono i primi responsabili della moda indecente delle figlie. Alle donne immodeste nel vestire faccio comprendere che non c’è nulla di male a portare l’abito indecente, in quanto ormai sono molte le donne che vestono così. Per la libertà nelle spiagge insinuo la voglia di essere guardate ed ammirate. Pretaccio, ti manifesto ciò che non sai. Nell’inferno ci sono attualmente le donne più belle del mondo, quelle che in vita si sono servite della loro bellezza fisica per sedurre gli uomini”.

Ma perché queste donne immodeste nel vestire non pensano che si ha da morire e che il loro corpo diventerà pasto dei vermi?

“Sono io, Melid, che allontano dalla loro mente questi pensieri, che potrebbero farle staccare da me. Lavorio simile faccio con coloro che si dilettano con il ballo, nei veglioni ed anche nelle famiglie”.

Certo che il tuo lavorio con gli amanti della danza non è vuoto di frutti impuri, poiché la musica lasciva ed i movimenti richiesti dai balli moderni sono stati inventati per svegliare ed eccitare la concupiscenza. Anche costoro appartengono al tuo regno diabolico. Sono convinto che pure la lettura e la stampa pornografica siano veleni dell’immoralità, di cui ti servi largamente per rovinare le anime.

“Certamente! I libri che allettano le passioni e le immagini scandalose sono armi potenti a mio servizio. Distolgo dalla sana lettura, inoculando l’antipatia per essa ed eccito la voglia delle cose impure. Gli scrittori sanno questo e per amore del guadagno riversano nelle pagine dei romanzi e dei rotocalchi i semi dell’impurità, che hanno loro nel cuore; queste letture eccitano i sensi e la smania del piacere nei lettori e così le mie prede aumentano sempre di più”.

Melid, fammi conoscere la tattica che hai per il cambiamento di coscienza e di carattere in seno alle famiglie. Ragazzi e ragazze, prima buoni, ubbidienti, studiosi, frequenti alle sacre funzioni e facili a comunicarsi, appena chiuso il periodo dell’infanzia molti di costoro, man mano che crescono, lasciano i Sacramenti, disprezzano la preghiera e sentono antipatia ed anche odio per tutto ciò che riguarda la religione.

“E tu, Pretaccio, non sei capace di comprendere il motivo dei cambiamenti? Quando si è nel periodo d’infanzia, d’ordinario le passioni non si fanno sentire o sono molto deboli. Passata l’infanzia, comincia la pubertà con il relativo risveglio della concupiscenza. Per uscire vittoriosi da questo periodo occorre la grazia di Dio, che viene con la preghiera, con la vigilanza e la buona volontà. Non tutti si appigliano a questi mezzi, perché intervengo io e brigo per far gustare la droga che si diffonde oggi nel mondo, provata una o poche volte non si può più tralasciare e si direbbe che diventi un bisogno impellente, così e peggio ancora avviene quando si è assaggiata la droga dell’immoralità. Si cade, si ricade e si diventa abulici. Se poi sopraggiungono altri coefficienti, può arrivarsi alla schizzofrenia, che la medicina non può riuscire a curare. Quanti, specialmente del sesso maschile, giungono alla pazzia e devono interrompere lo studio o il lavoro, perché dominati dalla mania dell’impurità. Non sempre la schizzofrenia è causata dall’abuso delle passioni, ma una delle cause più importanti è proprio questa. Naturalmente chi è dominato dalla mania del sesso, giunge a rivoltarsi a Dio, il quale prescrive il freno delle passioni”.

Melid, tempo fa ti chiesi: ‘Cosa mi dici riguardo alla gioventù maschile?’. Tu, festosamente, mi rispondesti: ‘Eh, i giovani di oggi vanno in cerca di scrofe!’. ‘E della gioventù femminile? Esultando dicesti: ‘Eh, le giovani fanno peggio dei giovanotti’. La gioventù moderna in gran parte è bruciata dall’impurità. E delle famiglie cosa hai da dire? Il matrimonio è un Sacramento e perciò la convivenza dell’uomo con la donna, quando è secondo la legge di Dio, è apportatrice di bene.

“Nelle famiglie intervengo anche io in mille modi e tu, Pretaccio, ne sei a conoscenza. Quante miserie morali ci sono prima del matrimonio! In questo cooperano spesso i genitori, i quali lasciano i figli e le figlie nel fidanzamento con poca o nessuna vigilanza, specie nelle ore della sera, andando in giro in macchina o a piedi. Io colgo il momento opportuno per tentarli e farli cadere. A loro interessa che il giorno delle nozze la donna abbia l’abito bianco. Sfrutto la debolezza e l’ignoranza di tanti genitori, che lasciano alle figlie massima libertà di uscire di casa e di rincasare quando vogliono. Il numero delle ragazze-madri aumenta sempre più, perché a questo riguardo svolgo bene il mio compito di tentatore. Durante la vita matrimoniale i miei assalti non sono interrotti: sovente riesco a convincere i genitori a non accettare i figli e li uccidono prima di nascere. Tante volte tendo insidie per rallentare l’affetto e riesco a far legare il cuore dell’uomo alla donna di un altro uomo e meglio ancora riesco a legare il cuore della donna all’uomo di un’altra donna. Per mezzo dello spirito d’impurità, giungo al punto della separazione legale, distruggendo l’amore naturale verso i figli”.

Quale altra insidia metti in atto?

“Faccio pensare che prima la separazione coniugale era considerata motivo di disonore, mentre col progresso è considerata una cosa necessaria, perché al cuore non si comanda e la libertà non può essere violata da nessuno. I frutti del mio lavoro diabolico sono grandi, perché col pungolo dell’impurità trascino uomini e donne dove voglio io”.

E così li trascini all’inferno.

“Certamente! Avvenuta la morte, avranno la mia sorte, là, dove c’è in eterno pianto, rimorso e stridore di denti”.

Ora, Melid, ti comando di rispondere all’ultima richiesta. So bene che non vorrai rispondere, ma te lo comando!

“E chi sei tu, Pretaccio, che pretendi di darmi comandi?”.

Io sono misera creatura, ma come Sacerdote e Ministro di Dio, per l’autorità divina inerente al mio Sacerdozio, ti ordino di rispondermi dicendo la verità. Secondo le risposte che mi hai dato sinora, sembrerebbe che tutto il mondo sia in tuo possesso a causa dell’immoralità. Ma nel mondo oltre al tuo regno c’è anche il Regno di Dio. Il male fa più rumore del bene, ma quanto bene c’è anche oggi nell’umanità. Non si possono contare le anime che con voto solenne e privato servono Dio nel celibato! Quanti, uomini e donne, osservano la purezza sino a farsi uccidere anziché peccare; quanti genitori osservano con regolarità ammirevole i doveri della continenza matrimoniale! Quanta gloria danno a Dio queste schiere di anime! A proposito di anime buone, vittoriose nelle tentazioni, dimmi quali cose odi e temi di più?

“Due cose: la prima è la preghiera e la seconda è la fuga dalle cattive occasioni”.

E perché temi la preghiera?

“Essa è il primo passo verso Dio, attira le sue grazie e mi riesce difficile attirare a me chi prega molto e con fede e perseveranza. Tutti coloro che ora stanno all’inferno non pregavano, o pregavano poco e piuttosto male. Odio specialmente la preghiera rivolta a quella Donna, il cui nome noi demoni non nominiamo mai. La seconda cosa che odio è la fuga dalle occasioni cattive. I miei schiavi a motivo dell’impurità non solo non fuggono le male occasioni, ma ne vanno a caccia, cercandole avidamente”.

FONTE: http://www.papanews.it/dettaglio_interviste.asp?IdNews=8747 

giovedì 22 luglio 2010

Dove è la vostra fede?

Faccia a faccia con il demonio: “Sesso, divorzio, aborto, occultismo: ecco come riesco a portare gli uomini all’Inferno…”

La Vigna del Signore si è posta come uno degli obiettivi principali, quello di trasmettere la realtà dell'inferno a cui molti non credono. PEr far questo abbiamo anchecreato una sezione apposita () e ora abbiamo deciso di pubblicare in due parti,  l’introduzione e il testo di un colloquio intrattenuto dal compianto esorcista Don Giuseppe Tomaselli, con uno spirito infernale interrogato con l’autorità della Chiesa durante una preghiera di liberazione. La seconda parte dell'intervista verrà pubblicata nel post del giorno di domani. Buona lettura.


di Don Giuseppe Tomasselli

Il Sommo Pontefice Paolo VI, in uno dei suoi illuminanti discorsi, il 15 novembre 1972, accennò al demonio ed al male che esso produce nel mondo. Contro il detto Papa ci fu una levata di scudi, certamente da parte di ignoranti e degli irreligiosi: ma ancora la Chiesa parla del demonio? Ancora si crede a certe dicerie dei secoli scorsi? E’ in circolazione un libretto, dal titolo “Interviste col maligno”. Ho pensato che potrei scrivere anch’io un libretto sul delicato argomento, in quanto da cinquant’anni in qua (1934-1984) ho esercitato il compito di esorcista ed anzi ho avuto non poche volte l’occasione di vedere il demonio, in forma umana, di lottare direttamente con lui, anzi di essere stato preso più volte per il collo e maltrattato. Ho potuto studiarlo, come si vedrà in questo scritto, nelle varie manifestazioni. Inoltre sono stato e sono Direttore Spirituale di anime mistiche, le quali sogliono essere bersaglio diretto e terribile del demonio in persona, e come Direttore di tali anime ho potuto constatare fatti, che sembrerebbero inimmaginabili, eppure io sono stato testimonio per decine e decine di volte. Per svolgere il tema ho dovuto impostare l’intervista in forma ideale, né potrebbe farsi diversamente; però quanto si verrà esponendo corrisponde ai detti ed ai fatti, di cui io sono stato testimonio oculare, auricolare e parte direttamente interessata.

Melid, intratteniamoci in conversazione, per fare un’intervista. So per studio e per esperienza che tu operi sempre per il male, poiché sei confermato nel male e non puoi volere altro che il male. Ma so anche che pur volendo sempre il male, indirettamente, contro tua voglia, per disposizione divina puoi cooperare al bene, così avviene che tante volte tenti al male e chi vince le tue tentazioni si arricchisce di meriti eterni. Quest’intervista potrà operare molto bene, ed io prego Dio che ti costringa a rispondere ai quesiti che ti presento.

“Ebbene, Pretaccio, cosa chiedi? Non dimenticare che tu parli con Melid! E dimmi: come sai che io mi chiamo Melid?”.

Me lo dicesti tu stesso al nostro primo incontro tanti anni or sono. Anzi, allora eravate in due, tu ed il tuo aiutante Ofar. Allora ti chiesi: Come mai siete in due? Voi di solito andate in giro per il mondo o in uno o in tre o in sette e tu mi rispondesti indispettito: Cosa sai tu di questi numeri? - Prima di andare avanti con l’intervista, ti rivolgo una domanda in apparenza inutile, anzi piuttosto sciocca: Tu, Melid, in qualità di demonio, esisti o no?

“Ignorante! E come potrei non esistere?”.

Quando ti conviene, dici che esisti; in caso contrario, fai dire sfacciatamente che non esisti. Comunque, dimmi Melid, prima di essere demonio chi eri?

“Ero un alto ufficiale della Corte Angelica, un Cherubino, ed ora sono un ufficiale di Satana”.

Ma come ti sei deciso a lasciare il Paradiso ed a piombare nell’Inferno? Non sapevi che c’era preparato l’inferno, perché ti sei azzardato a ribellarti a Dio?

“Lui, l’Altissimo, disse a me ed ai miei compagni che ci avrebbe messi alla prova, non ci disse che ci avrebbe punito con l’inferno, nel fuoco eterno; ed è fuoco, fuoco!”.

E quale fu la prova alla quale foste messi tutti gli Angeli?

“Accettare che il figlio dell’Altissimo avrebbe presa la natura umana e noi, di natura angelica, che è di gran lunga più nobile di quella umana, avremmo dovuto umiliarci davanti a Lui e adorarlo. Lucifero, che splendeva come il sole nel firmamento, si ribellò: ‘Se si farà uomo, disse, non lo servirò, sarò a lui superiore!’. Apparve durante la prova la figura di un uomo”.

La figura di quest’uomo era coronata di spine o era in Croce?

“No; era la figura d’un semplice uomo. Grandi schiere di Angeli eravamo del parere di Lucifero. S’ingaggiò una lotta terribile tra Michele e Lucifero e tra fuoco e zolfo d’un colpo precipitammo nel pozzo infernale”.

Bel guadagno facesti quel giorno, infelice angelo ribelle! Ora sei pentito del male fatto?

“Pentito? Giammai! Lui, l’Altissimo, non doveva umiliarsi così! Io odio e odierò per sempre il Cristo, perché per Lui mi trovo nell’inferno. Come è ingiusto questo Dio! Un solo peccato io ho fatto e sono condannato nel fuoco eterno; mentre voi con tanti peccati ed assai gravi avete quella Donna (…la Madonna…). L’avessimo avuta anche noi!”.

Nell’inferno come siete organizzati?

“Il Cristo vi diede qualche idea, quando gli fu rinfacciato che scacciava i demoni per l’appoggio di Belzebul, dicendo: ‘Come può Satana andare contro Satana. Un regno diviso in se stesso va in rovina, mentre il regno di Satana perdura’. Nell’inferno c’è il vero regno di Satana; Lucifero ne è il capo, il despota. Quelli che eravamo ufficiali di Corte Angelica, ora siamo ufficiali delle schiere infernali. Ero un cherubino ed oggi sono un alto ufficiale del regno di Satana, con il compito più lucroso ed interessante, che è quello di spingere all’impurità’.

Voi demoni non avete bisogno di dormire, di procurarvi il pane quotidiano e non potete sentire il peso della stanchezza. Come svolgete la vostra attività?

“Odiando Dio e rodendoci di rabbia e di gelosia contro le creature umane. Sfogando l’odio verso Dio, dovremmo sentire del piacere; invece tutto aumenta la nostra sofferenza”.

Chiedo un’altra delucidazione. Voi demoni state sempre nel pozzo della fornace ardente o potete anche uscirne?

“Per permissione dell’Altissimo, Lucifero può mandare demoni in giro per il mondo. Tu da Prete, sai che non si possono scrutare i disegni divini. I demoni che vagano per il mondo, continuano a soffrire, perché sono sempre sotto la mano punitrice di Dio. Però andando in giro per il mondo, possono avere dei sollievi”.

Comprendo in qualche modo questa situazione, perché Gesù disse: ‘Quando un demonio esce da un uomo, va in giro in cerca di riposo’. E poi tu stesso, Melid, me lo facesti comprendere, quando durante un esorcismo mi chiedesti: ‘Dimmi dove devo andare e me ne vado!’. Và in alto mare nel corpo di qualche pesce, ti dissi. Tu mi rispondesti: ‘Io cerco uomini’. Ed io soggiunsi: ‘E perché non vuoi andare nel corpo del pesce?’. ‘Mi rispondesti: e perché non vai tu a riposare nel corpo delle bestie?’. Dunque, voi demoni che andate vagando per il mondo, pur soffrendo senza interruzione per il vostro stato di dannazione, potete avere degli alti e bassi di sofferenza. Voi demoni, quando andate in giro per il mondo, se Dio lo permette, potete impossessarvi di un corpo umano; ne sono prova gli ossessi; nel Vangelo si parla spesso di questi infelici ossessi. Quando non potete impossessarvi degli uomini, v’impossessate delle bestie, come faceste a Gerasa, al tempo di Gesù, entrando nel corpo di quei maiali che pascolavano. Potete anche impossessarvi di certi luoghi, come potrebbe avvenire nelle stanze ove si fanno le sedute spiritiche, ed ivi potete produrre fenomeni strani e terrificanti, per cui si rende necessaria l’opera sacerdotale con particolari benedizioni…

“Hai altro da chiedere?”.

Ancora sono all’inizio. Ti presento una mia constatazione, frutto di esperienza, che riguarda l’ossessione di uomini e di donne. Dato che nel corpo umano godi di un certo riposo, quando ti è permessa l’ossessione, tu fai il possibile per rimanere nel corpo umano e ricorri alle tue numerose astuzie; prima di tutto fai il possibile per non farti riconoscere come demonio, per non essere cacciato. Scegli corpi umani che abbiano qualche malessere, così la gente invece di badare all’ossessione bada alla malattia; nel corpo di certi ossessi ci può essere quindi la malattia e l’ossessione; per non farti cacciare, sovente dici: ‘Sono uno spirito buono e son venuto per aiutare tutta la famiglia’. Tu temi gli esorcismi e, quando sei scoperto, trai in inganno il Sacerdote esorcista sforzandoti di far comprendere l’inutilità degli scongiuri religiosi, cosicché il Sacerdote, non vedendo alcun frutto, lascia gli esorcismi. Anche con me talvolta hai usato questa tattica ed ho cercato di non cadere nella tua rete. Ricordi Melid, quell’uomo che da più di vent’anni tenevi nell’ossessione? Ebbene, ogni giorno facevo l’esorcismo; tu resistevi; cominciai a farlo due volte al giorno ed allora, irato, dicesti: ‘Basta! Non ne posso più! Preferisco ritornare nel pozzo infernale’. Tra le insidie degli ossessi c’è anche questa: quando vieni scoperto sovente dici: ‘Sono l’anima della tale persona uccisa’. Ricordi, Melid, quando in un esorcismo domandai: ‘Chi sei?’. Mi rispondesti: ‘Sono il maresciallo Bluetti di Palermo, ucciso sedici anni fa’. Man mano che incalzavano le preghiere, ti rivelasti: ‘Si, sono il demonio! E perché vuoi cacciarmi? Che male faccio a questa creatura? Melid, vorrei sapere perché voi demoni preferite ritornare nell’inferno, anziché subire gli esorcismi…
“Quando siamo nell’inferno la sofferenza è grande; durante l’esorcismo la sofferenza è grandissima. Nell’inferno siamo, per così dire, lontani da Dio; durante l’esorcismo siamo vicini alla Divinità ed aumenta la sofferenza, come quando c’è una fornace ardente; più ci si avvicina e più aumenta il calore”.

Chi l’avrebbe mai detto che tra te, Melid, e me avrebbero dovuto attuarsi tanti rapporti, non di buona amicizia, ma di vicendevole lotte? E che lotte! Più volte mi chiedo, scherzando: ma Melid come mai sente tanta attrattiva verso di me? Mi segue di notte e di giorno per tormentarmi nello spirito e nel corpo. Tu, o demonio, sei tanto industrioso nel disturbarmi, però essendo angelo delle tenebre, preferisci molestarmi o apparirmi nelle ore notturne.

“Pretaccio, ci vuole poco a comprendere il motivo della mia condotta nei tuoi riguardi. Io lavoro per strappare anime a Dio e tu lavori per rubarmi anime. Spendi la tua vita a scrivere e diffondere libretti religiosi popolati ed i lettori credono ciò che tu scrivi”.

Ma se tu sei potente, allorché scrivo contro di te libri e ne ho scritti quattro direttamente contro di te, perché non mi paralizzi la mano?

“Non posso. Quel tale (Dio) non lo permette”.

Ricordati, Melid, cosa facesti un paio di mesi addietro? Stavo per levarmi dal letto, erano le ore sei, venisti nella mia camera arrabbiato e mi afferrasti per il collo; avresti voluto strozzarmi. Io sentivo le tue manacce al collo e nelle altre parti del corpo. La lotta fu forte…

“Ma vincesti tu, perché il Cristo ti ha dato un’arma alla quale non posso resistere. E’ l’invocazione del Sangue di Cristo, invocazione, che tu ininterrottamente ripeti quando sono addosso a te. Quella mattina tu avevi pronti per la spedizione due mila libri e per questo motivo ti piombai addosso”.

Mentre siamo nell’argomento delle tue manifestazioni dirette, chiariscimi qualche circostanza un poco oscura. La notte dl 24 maggio 1963, venisti nella mia camera. Eri sotto le sembianze di una donna, anzi un donnone. Ti sei gettato addosso a me. Io cercai di resistere, come al solito; in un dato momento mi rendesti del tutto immobile. Allora mi toccò subire il tuo assalto. Tu sai che quando noi due lottiamo, istintivamente ti do’ dei morsi alle mani e alle braccia, con le mie mani ti tocco, però quando ti do’ i morsi, coi denti non stringo nulla. Come mai che con le mie mani ti tocco, ovvero sento le tue membra che toccano me, e con i denti non stringo nulla?

“La spiegazione l’avesti quella stessa notte. Subito dopo l’assalto di quella donna, tu mi vedesti in forma umana presso il tuo letto. Allora facesti uno studio su di me. Ti fermasti ad osservare la mia carnagione, i nervi, le vene e l’ossatura. Vedevi il corpo umano, in pelle ed ossa. Ti venne l’istinto di toccarmi; appena la tua mano toccò la mia mano, sull’istante io scomparvi e tu rimanesti solo in camera. Noi demoni, sebbene ribelli, abbiamo conservata la nostra natura angelica, con l’intelligenza, che supera ogni intelligenza umana. Conosciamo tanti segreti di natura, per cui possiamo prendere qualunque forma sensibile e possiamo anche far vedere ciò che non esiste fisicamente o non far vedere ciò che esiste oppure far provare o no le varie sensazioni. Il corpo di quella donna che sentivi addosso ed il corpo umano che vedesti, non esistevano come tali, però agivano come se esistessero fisicamente”.

Perché questo assalto avvenne in quella notte?

“Per uno sfogo di rabbia contro di te, perché il giorno precedente eri stato ricevuto dal Papa in udienza privata ed avesti modo di fargli le tue confidenze, cosa che mi era dispiaciuta”.

Mi pare che tanti assalti me li fai a proposito ed a sproposito. Ricordi, Melid, che anni or sono mi assalisti nel cuore della notte? Venisti nella mia stanzetta, al solito ti avventasti al collo, ma potesti fare poco, perché come tu vedesti, apparve una mano minacciosa sulla spalla del mio letto e tu, dopo pochi minuti, dovesti lasciarmi e partire. Ed alla fine di luglio del 1983, quando ero a Fiuggi, nella Pensione Santa Chiara, perché venisti a lanciare una bomba a mano nella mia stanza? Che colpo e che esplosione! Io dissi: questa volta Melid avrà fracassato lavandino, specchi ed altro! Invece tutto rimase intatto.

“Volli disturbarti perché a Fiuggi con le tue quotidiane conferenze vespertine, mi strappasti delle anime, che avevo io e ritornarono a Cristo”.

Melid, ci fu un lungo periodo in cui i tuoi assalti erano molto frequenti.

“Certamente, perché allora scrivevi libri senza interruzione, stando nella quiete di una montagna. Ad ogni libro che scrivevi, aumentava la mia rabbia, allora ti assalivo anche in forma di ossessione”.

A proposito, in quel tempo ebbi la voglia di constatare come t’impossessavi di me. Gesù mi accontentò. Una sera, mentre mi disponevo al riposo, trovandomi nella mia stanzetta, all’improvviso udii come l’appressarsi di un ciclone, preceduto da un sibilo acuto, all’altezza di un metro dal letto. Contemporaneamente fui in tuo possesso e mi trovai in un antro diffuso di penombra. Eravate in tre, con la faccia nera. Gli altri due si misero a sedere e guardavano la scena della lotta che si svolgeva tra noi due. La lotta fu forte e si protrasse per dieci minuti poiché appena mi lasciasti controllai l’orologio. Melid, quante seccature mi procuri e sotto quante forme ti manifesti a me, anche lungo le vie, come facesti; in questa mia città, proprio in piazza; nella nottata a Firenze, nel ricovero, sotto forma di guardia notturna. Vorrei sapere che vantaggio hai quando moltiplichi le seccature su di me. Se sto a letto, ecco uno squillo di campanello sotto le coperte, ovvero sotto forma di sparviero, batti le ali fortemente e ripetutamente sul guanciale, oppure ti corichi al mio fianco e mi fai sentire anche i tuoi respiri. Ed inoltre che gusto quando lungo il giorno mi regali dei pugni alle spalle, oppure come un ragno m’invadi la faccia e ricordo anche quando mi facesti sentire un grosso ago, che partendo dalla sommità del capo, mi traforò testa e faccia fin sotto il mento! In realtà non c’era nulla, ma mi facesti sentire il dolore di una vera trafittura. E che gusto hai quando mi fai sentire la tua vociaccia sguaiata?

“Pretaccio, ci vuole così poco a comprendere! Siccome tu mi produci delle seccature con le varie forme di apostolato, io mi disobbligo con altrettante seccature. Piuttosto, non hai paura di me? Io sono Melid ed ho tanta possibilità di ridurti un cencio!”.

Veramente solo qualche volta ho avuto un po’ di tremarella alla tua presenza, ma subito mi scomparve, pensando che tu non sei libero e non puoi scostarti un palmo dalla volontà di Dio. Difatti quando mi hai minacciato, ti ho detto sempre: Non ho paura! Se Dio te lo permette, agisci pure; diversamente non puoi farmi nulla. Ricordi la minaccia fattami l’altra volta? ‘Pretaccio, vedrai ciò che ti farò questa notte!’. La notte ti aspettavo e venisti, ma non potesti entrare nella mia stanza; battevi alla porta, ma non potevi entrare.


Don Giuseppe Tomasselli 


mercoledì 21 luglio 2010

Dedicato a Gesù

Fides et ratio - Gesù rivelatore del Padre

Torna l'appuntamento settimanale con la Lettera Enciclica del Venerabile Giovanni Paolo II "Fides et Ratio", per riflettere sui rapporti tra fede e ragione:

CAPITOLO I

LA RIVELAZIONE
DELLA SAPIENZA DI DIO


Gesù rivelatore del Padre

7. Alla base di ogni riflessione che la Chiesa compie vi è la consapevolezza di essere depositaria di un messaggio che ha la sua origine in Dio stesso (cfr 2 Cor 4, 1-2). La conoscenza che essa propone all'uomo non le proviene da una sua propria speculazione, fosse anche la più alta, ma dall'aver accolto nella fede la parola di Dio (cfr 1 Tess 2, 13). All'origine del nostro essere credenti vi è un incontro, unico nel suo genere, che segna il dischiudersi di un mistero nascosto nei secoli (cfr 1 Cor 2, 7; Rm 16, 25-26), ma ora rivelato: « Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere il mistero della sua volontà (cfr Ef 1, 9), mediante il quale gli uomini per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne, nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono resi partecipi della divina natura ».(5) E, questa, un'iniziativa pienamente gratuita, che parte da Dio per raggiungere l'umanità e salvarla. Dio, in quanto fonte di amore, desidera farsi conoscere, e la conoscenza che l'uomo ha di lui porta a compimento ogni altra vera conoscenza che la sua mente è in grado di raggiungere circa il senso della propria esistenza.

8. Riprendendo quasi alla lettera l'insegnamento offerto dalla Costituzione Dei Filius del Concilio Vaticano I e tenendo conto dei principi proposti dal Concilio Tridentino, la Costituzione Dei Verbum del Vaticano II ha proseguito il secolare cammino di intelligenza della fede, riflettendo sulla Rivelazione alla luce dell'insegnamento biblico e dell'intera tradizione patristica. Nel primo Concilio Vaticano, i Padri avevano sottolineato il carattere soprannaturale della rivelazione di Dio. La critica razionalista, che in quel periodo veniva mossa contro la fede sulla base di tesi errate e molto diffuse, verteva sulla negazione di ogni conoscenza che non fosse frutto delle capacità naturali della ragione. Questo fatto aveva obbligato il Concilio a ribadire con forza che, oltre alla conoscenza propria della ragione umana, capace per sua natura di giungere fino al Creatore, esiste una conoscenza che è peculiare della fede. Questa conoscenza esprime una verità che si fonda sul fatto stesso di Dio che si rivela, ed è verità certissima perché Dio non inganna né vuole ingannare.(6)

9. Il Concilio Vaticano I, dunque, insegna che la verità raggiunta per via di riflessione filosofica e la verità della Rivelazione non si confondono, né l'una rende superflua l'altra: « Esistono due ordini di conoscenza, distinti non solo per il loro principio, ma anche per il loro oggetto: per il loro principio, perché nell'uno conosciamo con la ragione naturale, nell'altro con la fede divina; per l'oggetto, perché oltre le verità che la ragione naturale può capire, ci è proposto di vedere i misteri nascosti in Dio, che non possono essere conosciuti se non sono rivelati dall'alto ».(7) La fede, che si fonda sulla testimonianza di Dio e si avvale dell'aiuto soprannaturale della grazia, è effettivamente di un ordine diverso da quello della conoscenza filosofica. Questa, infatti, poggia sulla percezione dei sensi, sull'esperienza e si muove alla luce del solo intelletto. La filosofia e le scienze spaziano nell'ordine della ragione naturale, mentre la fede, illuminata e guidata dallo Spirito, riconosce nel messaggio della salvezza la « pienezza di grazia e di verità » (cfr Gv 1, 14) che Dio ha voluto rivelare nella storia e in maniera definitiva per mezzo di suo Figlio Gesù Cristo (cfr 1 Gv 5, 9; Gv 5, 31-32).

10. Al Concilio Vaticano II i Padri, puntando lo sguardo su Gesù rivelatore, hanno illustrato il carattere salvifico della rivelazione di Dio nella storia e ne hanno espresso la natura nel modo seguente: « Con questa rivelazione, Dio invisibile (cfr Col 1, 15; 1 Tm 1, 17) nel suo immenso amore parla agli uomini come ad amici (cfr Es 33, 11; Gv 15, 14-15) e si intrattiene con essi (cfr Bar 3, 38) per invitarli ed ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della Rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi tra loro, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà significate dalle parole, e le parole dichiarano le opere e chiariscono il mistero in esse contenuto. La profonda verità, poi, su Dio e sulla salvezza degli uomini, per mezzo di questa Rivelazione risplende a noi in Cristo, il quale è insieme il mediatore e la pienezza di tutta la rivelazione ».(8)

11. La rivelazione di Dio, dunque, si inserisce nel tempo e nella storia. L'incarnazione di Gesù Cristo, anzi, avviene nella « pienezza del tempo » (Gal 4, 4). A duemila anni di distanza da quell'evento, sento il dovere di riaffermare con forza che « nel cristianesimo il tempo ha un'importanza fondamentale ».(9) In esso, infatti, viene alla luce l'intera opera della creazione e della salvezza e, soprattutto, emerge il fatto che con l'incarnazione del Figlio di Dio noi viviamo e anticipiamo fin da ora ciò che sarà il compimento del tempo (cfr Eb 1, 2).

La verità che Dio ha consegnato all'uomo su se stesso e sulla sua vita si inserisce, quindi, nel tempo e nella storia. Certo, essa è stata pronunciata una volta per tutte nel mistero di Gesù di Nazareth. Lo dice con parole eloquenti la Costituzione Dei Verbum: « Dio, dopo avere a più riprese e in più modi parlato per mezzo dei Profeti, “alla fine, nei nostri giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio” (Eb 1, 1-2). Mandò infatti suo Figlio, cioè il Verbo eterno, che illumina tutti gli uomini, affinché dimorasse tra gli uomini e ad essi spiegasse i segreti di Dio (cfr Gv 1, 1-18). Gesù Cristo, Verbo fatto carne, mandato come “uomo agli uomini”, “parla le parole di Dio” (Gv 3, 34) e porta a compimento l'opera di salvezza affidatagli dal Padre (cfr Gv 5, 36; 17, 4). Perciò Egli, vedendo il quale si vede anche il Padre (cfr Gv 14, 9), con tutta la sua presenza e con la manifestazione di sé, con le parole e con le opere, con i segni e con i miracoli, e specialmente con la sua morte e la gloriosa risurrezione di tra i morti, e infine con l'invio dello Spirito di verità, compie e completa la Rivelazione ».(10)

La storia, pertanto, costituisce per il Popolo di Dio un cammino da percorrere interamente, così che la verità rivelata esprima in pienezza i suoi contenuti grazie all'azione incessante dello Spirito Santo (cfr Gv 16, 13). Lo insegna, ancora una volta, la Costituzione Dei Verbum quando afferma che « la Chiesa, nel corso dei secoli, tende incessantemente alla pienezza della verità divina, finché in essa giungano a compimento le parole di Dio ».(11)

12. La storia, quindi, diventa il luogo in cui possiamo costatare l'agire di Dio a favore dell'umanità. Egli ci raggiunge in ciò che per noi è più familiare e facile da verificare, perché costituisce il nostro contesto quotidiano, senza il quale non riusciremmo a comprenderci.

L'incarnazione del Figlio di Dio permette di vedere attuata la sintesi definitiva che la mente umana, partendo da sé, non avrebbe neppure potuto immaginare: l'Eterno entra nel tempo, il Tutto si nasconde nel frammento, Dio assume il volto dell'uomo. La verità espressa nella Rivelazione di Cristo, dunque, non è più rinchiusa in un ristretto ambito territoriale e culturale, ma si apre a ogni uomo e donna che voglia accoglierla come parola definitivamente valida per dare senso all'esistenza. Ora, tutti hanno in Cristo accesso al Padre; con la sua morte e risurrezione, infatti, Egli ha donato la vita divina che il primo Adamo aveva rifiutato (cfr Rm 5, 12-15). Con questa Rivelazione viene offerta all'uomo la verità ultima sulla propria vita e sul destino della storia: « In realtà solamente nel mistero del Verbo incarnato trova vera luce il mistero dell'uomo », afferma la Costituzione Gaudium et spes.(12) Al di fuori di questa prospettiva il mistero dell'esistenza personale rimane un enigma insolubile. Dove l'uomo potrebbe cercare la risposta ad interrogativi drammatici come quelli del dolore, della sofferenza dell'innocente e della morte, se non nella luce che promana dal mistero della passione, morte e risurrezione di Cristo?