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venerdì 30 aprile 2010

Padre Pio

Il pensiero di San Pio da Pietrelcina

Domani mattina, nella home page della Vigna del Signore, apparirà per la prima volta, il Pensiero di Padre Pio. Per chi non lo sapesse, Padre Pio scrisse durante la sua vita una serie di preghiere e pensieri. Questi pensieri sono stati prelevati dall'Epistolario di Padre Pio e scelti per ogni singolo giorno, per cercare di dare sostegno a chi camminava lungo il sentiero della fede, cercando di dargli forza e coraggio, soprattutto nei momenti più difficili. Ora, la Vigna del Signore, si appresta a seguire questo percorso scritto dal nostro amato Santo per cercare di trasmettere quella forza a chi ne ha bisogno.Oggi, per introdurre questa nuova iniziativa, parliamo un pò proprio di Padre Pio e lo facciamo a modo nostro:



Il 25 maggio 1887 nasce uno dei profeti inviati dall'alto per richiamare alla conversione e quindi alla salvezza il popolo di Cristo. Stiamo parlando di Francesco Forgione, più comunemente conosciuto con il nome di Padre Pio. Questo umile uomo fin dall'infanzia ha sentito la chiamata al servizio di Dio e dei fratelli. Padre Pio, o meglio San Pio da Pietrelcina, ha mantenuto la sua promessa di far chiasso più da morto che da vivo. Così è stato e così è. Ancora oggi il santo di Pietrelcina suscita curiosità, interesse, trasformando questi sentimenti in vera e propria conversione del cuore. 

Sono numerosissime le grazie di conversione ottenute per intercessione del santo cappuccino. Anche il nostro Mik affidandosi a Padre Pio ha trovato la strada che conduce a Cristo. Con la sua intercessione ha ottenuto oltre alle grazie di conversioni, numerose guarigioni. La più celebre delle guarigioni è quella di Matteo Pio Colella, un bambino dichiarato ormai senza speranza per le sue condizioni di salute: Nove organi compromessi sono più che sufficienti per giungere all'altro mondo, se consideriamo che solo con cinque è accertato che non c'è più niente da fare e anche in caso di ripresa non si può tornare più in piena salute. L'Onnipotenza di Dio tutto può; Gesù ha resuscitato i morti, poteva anche guarire il piccolo Matteo ed infatti così è avvenuto. Matteo raccontò di aver visto in sogno Padre Pio mentre si trovava in rianimazione. Oggi Matteo è un ragazzo come tutti, sta bene e senza portarsi sul suo corpo le conseguenze di un male che non lascia scampo. Questo è stato il miracolo che ha determinato la canonizzazione di Padre Pio che da Beato è divenuto Santo. Di San Pio alcuni testimoni hanno dichiarato di aver visto Padre Pio in luoghi in cui il frate di Pietrelcina non è mai stato, non avendo mai lasciato San Giovanni Rotondo. Si tratta del fenomeno della bilocazione: Trovarsi in due posti differenti nello stesso istante. Ora qui possiamo solo citare al volo alcuni dei prodigi compiuti, per grazia di Dio, da Padre Pio, altrimenti quel modo di dire "ci vorrebbero anni", diverrebbe realtà per poter scrivere tutto quello che il Santo frate ha operato e continua tutt'oggi ad operare da lassù.

Un altro aspetto che ci preme sottolineare, è il tempo che lui trascorreva nel Confessionale, al punto che esso è divenuto una Reliquia che si può visitare a San Giovanni Rotondo. Egli considerava la Confessione importantissima per la salvezza delle anime e per questo vi trascorreva moltissimo tempo, dando l'assoluzione a centinaia e centinaia di anime che si presentavano a lui. Sia questo un monito ed un esempio per chi considera la Confessione come superflua e non indispensabile per la salvezza eterna.

 

giovedì 29 aprile 2010

Il padre nostro detto da Dio

L'inganno della bandiera della pace

Tutti voi conoscete la famosa bandiera della pace che, negli ultimi anni, sventola dalle case di moltissime persone e che ha rappresentato numerose manifestazioni di pace. Ma, questa bandiera, cosa rappresenta e perchè i colori dell'arcobaleno sono posti al contrario? Queste domande ora possono trovare risposta nel documento che segue e che molti gruppi cristiani, su Facebook, hanno voluto condividere per poter testimoniare l'inganno che nasconde questo simbolo apparentemente positivo, ma in realtà satanico: 

Il vero significato della bandiera della pace!....? 

Quello che pensavate fosse un simbolo di pace è in realtà un simbolo satanico! Ecco perché: La "Bandiera della Pace" che tutti conosciamo e che da qualche anno sventola da balconi e campanili cristiani in realtà non è un simbolo di pace. E' un grande inganno satanico.

Tutto comincia nel 1831 con la nascita di Helena Petrovna Blavatsky. Questa donna divenne una delle più famose occultiste dell'epoca e fondò una società chiamata "Teosofica" che aveva come scopo principale quello di diffondere la magia a tutti i livelli e come scopo secondario quello di cancellare il cristianesimo dalla faccia della terra. Nel 1887 fondò una rivista chiamata Lucifer, nata per diffondere le scienze occulte.

La Bandiera della Pace, che atei e credenti, ricchi e poveri, laici e religiosi, sbandierano a più non posso da qualche anno a questa parte... è nata in ambiente teosofico per ispirazione della sua fondatrice.

A questo punto la domanda che ci si pone è questa:

CHE SIGNIFICATO OCCULTO POSSIEDE QUESTA BANDIERA?

Per rispondere provate a vedere la differenza tra un VERO arcobaleno e la "Bandiera della Pace".


Non vedete nulla di strano? In natura i SETTE colori dell'arcobaleno hanno i colori invertiti rispetto alla bandiera. Nell'arcobaleno il rosso si trova in alto. Cosa significa questo? Nella Bibbia sappiamo che Dio, dopo il diluvio, fece comparire un arcobaleno sulla terra a ricordo del patto di non mandare più una distruzione simile in futuro sul genere umano.

"E disse Dio: Ecco il segno del patto che io fo tra voi e Me e con tutti gli animali viventi che sono con voi per generazioni eterne". Genesi 9.12

Nella simbologia cristiana quindi l'arcobaleno, oltre a ricordare questo patto di Dio, ha anche un'altro significato: Dio è creatore di tutte le cose e, per ovvie ragioni, anche della Natura. Delle Leggi naturali e di tutte le cose che vediamo. L'arcobaleno così com'è in natura, con il rosso in alto, significa che noi sappiamo che senza di Lui non siamo niente, perché Dio è il nostro Creatore ed a Lui dobbiamo tutto. L'arcobaleno ci dice, con i suoi sette colori, che dobbiamo avere l'umiltà di guardare a Dio per sapere dove andare.

Invertire i colori ha questo significato esoterico: l'uomo non ha bisogno di Dio per vivere, ma può trovare tutte le risorse e le risposte dentro di sé. Quindi oltre ad essere un'offesa alle Leggi di Dio vuole anche essere e rappresentare un vero e proprio programma di vita: lottare contro il Creatore delle Leggi naturali.

La teosofia inoltre, tra le altre cose, ha formato quell'humus spirituale che ha poi dato vita, dalla seconda metà del secolo scorso in poi, a quel movimento eterogeneo di pseudo-religioni che vengono classificate nella filosofia NEW-AGE.

Ogni volta che guarderete questa bandiera, da oggi in poi, non potrete più essere ingannati.

Adesso siete a conoscenza della Verità.


mercoledì 28 aprile 2010

Re di gloria

Intervento di Papa Benedetto XVI sul fenomeno "Testimoni digitali"

  
UDIENZA AI PARTECIPANTI AL CONVEGNO NAZIONALE "TESTIMONI DIGITALI. VOLTI E LINGUAGGI NELL’ERA CROSSMEDIALE", PROMOSSO DALLA CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA


Come saprete (ne abbiamo accennato anche sul nostro sito), negli scorsi giorni vi è stato un convegno sui testimoni digitali che poneva la luce dei riflettori su questo nuovo fenomeno di evangelizzazione che si sta sviluppando tramite il web e quindi tramite siti internet, blogs, social networks ecc ... Anche il Papa Benedetto XVI, è intervenuto per rispondere ai partecipanti di tale convegno: 


Alle ore 12 del 24 Aprile 2010, nell’Aula Paolo VI, il Santo Padre Benedetto XVI riceve in Udienza i partecipanti al Convegno nazionale "Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale", promosso dalla Conferenza Episcopale Italiana.
Pubblichiamo di seguito il discorso che il Papa rivolge ai presenti:

·  DISCORSO DEL SANTO PADRE 


Eminenza,

Venerati Confratelli nell’episcopato,

cari amici,

sono lieto di questa occasione per incontrarvi e concludere il vostro convegno, dal titolo quanto mai evocativo: "Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale". Ringrazio il Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, Cardinale Angelo Bagnasco, per le cordiali parole di benvenuto, con le quali, ancora una volta, ha voluto esprimere l’affetto e la vicinanza della Chiesa che è in Italia al mio servizio apostolico. Nelle sue parole, Signor Cardinale, si rispecchia la fedele adesione a Pietro di tutti i cattolici di questa amata Nazione e la stima di tanti uomini e donne animati dal desiderio di cercare la verità.
Il tempo che viviamo conosce un enorme allargamento delle frontiere della comunicazione, realizza un’inedita convergenza tra i diversi media e rende possibile l’interattività. La rete manifesta, dunque, una vocazione aperta, tendenzialmente egualitaria e pluralista, ma nel contempo segna un nuovo fossato: si parla, infatti, di digital divide. Esso separa gli inclusi dagli esclusi e va ad aggiungersi agli altri divari, che già allontanano le nazioni tra loro e anche al loro interno. Aumentano pure i pericoli di omologazione e di controllo, di relativismo intellettuale e morale, già ben riconoscibili nella flessione dello spirito critico, nella verità ridotta al gioco delle opinioni, nelle molteplici forme di degrado e di umiliazione dell’intimità della persona. Si assiste allora a un "inquinamento dello spirito, quello che rende i nostri volti meno sorridenti, più cupi, che ci porta a non salutarci tra di noi, a non guardarci in faccia…" (Discorso in Piazza di Spagna, 8 Dicembre 2009). Questo Convegno, invece, punta proprio a riconoscere i volti, quindi a superare quelle dinamiche collettive che possono farci smarrire la percezione della profondità delle persone e appiattirci sulla loro superficie: quando ciò accade, esse restano corpi senz’anima, oggetti di scambio e di consumo.
Come è possibile, oggi, tornare ai volti? Ho cercato di indicarne la strada anche nella mia terza Enciclica. Essa passa per quella caritas in veritate, che rifulge nel volto di Cristo. L’amore nella verità costituisce "una grande sfida per la Chiesa in un mondo in progressiva e pervasiva globalizzazione" (n. 9). I media possono diventare fattori di umanizzazione "non solo quando, grazie allo sviluppo tecnologico, offrono maggiori possibilità di comunicazione e di informazione, ma soprattutto quando sono organizzati e orientati alla luce di un’immagine della persona e del bene comune che ne rispetti le valenze universali" (n. 73). Ciò richiede che "essi siano centrati sulla promozione della dignità delle persone e dei popoli, siano espressamente animati dalla carità e siano posti al servizio della verità, del bene e della fraternità naturale e soprannaturale" (ibid.). Solamente a tali condizioni il passaggio epocale che stiamo attraversando può rivelarsi ricco e fecondo di nuove opportunità. Senza timori vogliamo prendere il largo nel mare digitale, affrontando la navigazione aperta con la stessa passione che da duemila anni governa la barca della Chiesa. Più che per le risorse tecniche, pur necessarie, vogliamo qualificarci abitando anche questo universo con un cuore credente, che contribuisca a dare un’anima all’ininterrotto flusso comunicativo della rete.
È questa la nostra missione, la missione irrinunciabile della Chiesa: il compito di ogni credente che opera nei media è quello di "spianare la strada a nuovi incontri, assicurando sempre la qualità del contatto umano e l’attenzione alle persone e ai loro veri bisogni spirituali; offrendo agli uomini che vivono questo tempo «digitale» i segni necessari per riconoscere il Signore" (Messaggio per la 44a Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, 16 maggio 2010). Cari amici, anche nella rete siete chiamati acollocarvi come "animatori di comunità", attenti a "preparare cammini che conducano alla Parola di Dio", e ad esprimere una particolare sensibilità per quanti "sono sfiduciati ed hanno nel cuore desideri di assoluto e di verità non caduche" (ibid.). La rete potrà così diventare una sorta di "portico dei gentili", dove "fare spazio anche a coloro per i quali Dio è ancora uno sconosciuto" (ibid.).
Quali animatori della cultura e della comunicazione, voi siete segno vivo di quanto "i moderni mezzi di comunicazione siano entrati da tempo a far parte degli strumenti ordinari, attraverso i quali le comunità ecclesiali si esprimono, entrando in contatto con il proprio territorio ed instaurando, molto spesso, forme di dialogo a più vasto raggio" (ibid.). Le voci, in questo campo, in Italia non mancano: basti qui ricordare il quotidiano Avvenire, l’emittente televisiva TV2000, il circuito radiofonico inBlu e l’agenzia di stampa SIR, accanto ai periodici cattolici, alla rete capillare dei settimanali diocesani e agli ormai numerosi siti internet di ispirazione cattolica. Esorto tutti i professionisti della comunicazione a non stancarsi di nutrire nel proprio cuore quella sana passione per l’uomo che diventa tensione ad avvicinarsi sempre più ai suoi linguaggi e al suo vero volto. Vi aiuterà in questo una solida preparazione teologica e soprattutto una profonda e gioiosa passione per Dio, alimentata nel continuo dialogo con il Signore. Le Chiese particolari e gli istituti religiosi, dal canto loro, non esitino a valorizzare i percorsi formativi proposti dalle Università Pontificie, dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dalle altre Università cattoliche ed ecclesiastiche, destinandovi con lungimiranza persone e risorse. Il mondo della comunicazione sociale entri a pieno titolo nella programmazione pastorale.
Mentre vi ringrazio del servizio che rendete alla Chiesa e quindi alla causa dell’uomo, vi esorto a percorrere, animati dal coraggio dello Spirito Santo, le strade del continente digitale. La nostra fiducia non è acriticamente riposta in alcuno strumento della tecnica. La nostra forza sta nell’essere Chiesa, comunità credente, capace di testimoniare a tutti la perenne novità del Risorto, con una vita che fiorisce in pienezza nella misura in cui si apre, entra in relazione, si dona con gratuità.
Vi affido alla protezione di Maria Santissima e dei grandi Santi della comunicazione e di cuore tutti vi benedico.

(www.vatican.va)

martedì 27 aprile 2010

La Sindone (di Enza)

Pellegrinaggio verso la Sindone (di Enza)

TESTIMONIANZA DEL PELLEGRINAGGIO A TORINO PER VISITARE LA SACRA SINDONE


Cari amici eccomi a farvi un po' il resoconto della giornata del 25 aprile trascorsa a Torino per visitare la Sacra Sindone, bella città degna di poter ospitare ancor oggi famiglie regali. Partita col treno alle 6,30 arrivammo a Torino verso le 10,15. e con piacere devo dire che abbiamo trovato tanta gentilezza e disponibilità da parte di tutti gli operatori. Arrivati in corso Regina Margherita ci è mancato un po' il fiato nel vedere il serpentone chilometrico di persone in coda, ma con pazienza e tra una risata e l'altra, quelle due ore circa sono trascorse in un lampo. Prima dell'appuntamento con la Sindone dentro nel Duomo, ci fecero vedere un filmato dove ci spiegarono tutti i punti del corpo dove Gesù ha subito la flagellazione e la crocifissione.
Nell'entrare nel duomo, in quel silenzio non ho potuto fare a meno che raccogliermi e pregare con tutto il cuore Gesù e affidare tutte le persone a me care. Ho pregato per voi cari amici, senza tralasciare le persone che negano questo miracolo, perchè qui davvero si tratta di miracolo. La resurrezione è stata un esplosione di luce la quale ha impresso sul telo tutto il corpo sanguinante di Gesù. Maria anche Lei crocifissa ai piedi del suo Figliolo è stata trafitta, ed è per questo motivo che i due cuori trionferanno. L'emozione è forte perchè diversamente dalla visione di un filmato, lì c'è la consapevolezza di trovarsi davanti al reale e vivo lenzuolo, dico vivo perchè a distanza di 2000 anni vive ancora col corpo di Gesù. Come in tutti i pellegrinaggi anche qui si gode di rendita, perchè il ricordo addolcisce il cuore e ci fa partecipi della passione di Cristo. Quando andai a Gerusalemme sembrava di vivere in una dimensione diversa, perchè il tempo era poco e le cose da guardare molte. Così che, tutto ciò che si è visto, pregato e ascoltato, ritorna alla mente godendo dell'amore che Gesù benevolmente ci ha donato chiamandoci da Lui. Posto qui la preghiera scritta dietro al volto di Gesù sull'immagine gentilmente offerta dall'organizzazione.
Questa preghiera la possono recitare tutti coloro che in casa hanno un'immagine del volto della Sindone, naturalmente.


Signore Gesù, mentre in silenziosa preghiera contemplo la Santa Sindone il mio cuore si riempie di commozione perchè vedo in quel misterioso sacro lino tutti i segni dell'atroce sofferenza da Te vissuta nella tua Passione, così come è narrata dai Vangeli.
Il dramma del Tuo dolore è reso evidente dal sangue che vedo sul tuo corpo per la corona di spine e i colpi di flagello, per i chiodi nelle mani e nei piedi e per il cuore trafitto dalla lancia del soldato.
Quando, insieme con la Vergine Maria, tua e nostra Madre, adoro Te, Gesù, sofferente ed immolato, comprendo con maggior chiarezza che Tu hai preso su di Te i dolori e le croci di tutta l'umanità.
Ogni mia sofferenza, la "passio hominis", unita alla Tua sofferenza, la "Passio Christi", riceve in dono un valore redentivo per cui mi sento da Te sostenuto, consolato e perdonato. So che non c'è consolazione senza conversione, per cui, mentre col Tuo aiuto porto con fiducia le mie croci, ti prometto di iniziare una
vita nuova allontanandomi dal peccato, così da poter sperimentare che "dalle tue piaghe sono stato guarito". Amen


lunedì 26 aprile 2010

Gesù, il Buon Pastore, bussa alla porta del nostro cuore

Angelus di Papa Benedetto XVI del 25 Aprile 2010


Cari fratelli e sorelle,

in questa quarta Domenica di Pasqua, detta “del Buon Pastore”, si celebra la Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che quest’anno ha per tema: “La testimonianza suscita vocazioni”, tema “strettamente legato alla vita e alla missione dei sacerdoti e dei consacrati” (Messaggio per la XLVII G. M. di preghiera per le vocazioni, 13 novembre 2009). La prima forma di testimonianza che suscita vocazioni è la preghiera (cfr ibid.), come ci mostra l’esempio di santa Monica che, supplicando Dio con umiltà ed insistenza, ottenne la grazia di veder diventare cristiano suo figlio Agostino, il quale scrive: “Senza incertezze credo e affermo che per le sue preghiere Dio mi ha concesso l’intenzione di non preporre, non volere, non pensare, non amare altro che il raggiungimento della verità” (De Ordine II, 20, 52, CCL 29, 136). Invito, pertanto, i genitori a pregare, perché il cuore dei figli si apra all’ascolto del Buon Pastore, e “ogni più piccolo germe di vocazione … diventi albero rigoglioso, carico di frutti per il bene della Chiesa e dell’intera umanità” (Messaggio cit.). Come possiamo ascoltare la voce del Signore e riconoscerlo? Nella predicazione degli Apostoli e dei loro successori: in essa risuona la voce di Cristo, che chiama alla comunione con Dio e alla pienezza della vita, come leggiamo oggi nel Vangelo di san Giovanni: “Le mie pecore ascoltano la mia voce ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano” (Gv 10,27-28). Solo il Buon Pastore custodisce con immensa tenerezza il suo gregge e lo difende dal male, e solo in Lui i fedeli possono riporre assoluta fiducia.

In questa Giornata di speciale preghiera per le vocazioni, esorto in particolare i ministri ordinati, affinché, stimolati dall’Anno Sacerdotale, si sentano impegnati “per una più forte ed incisiva testimonianza evangelica nel mondo di oggi” (Lettera di indizione). Ricordino che il sacerdote “continua l’opera della Redenzione sulla terra”; sappiano sostare volentieri davanti al tabernacolo”; aderiscano “totalmente alla propria vocazione e missione mediante un’ascesi severa”; si rendano disponibili all’ascolto e al perdono; formino cristianamente il popolo a loro affidato; coltivino con cura la “fraternità sacerdotale” (cfr ibid.). Prendano esempio da saggi e zelanti Pastori, come fece san Gregorio di Nazianzo, il quale così scriveva all’amico fraterno e Vescovo san Basilio: “Insegnaci il tuo amore per le pecore, la tua sollecitudine e la tua capacità di comprensione, la tua sorveglianza … la severità nella dolcezza, la serenità e la mansuetudine nell’attività … i combattimenti in difesa del gregge, le vittorie … conseguite in Cristo” (Oratio IX, 5, PG 35, 825ab).

Ringrazio tutti i presenti e quanti con la preghiera e l’affetto sostengono il mio ministero di Successore di Pietro, e su ciascuno invoco la celeste protezione della Vergine Maria, alla quale ci rivolgiamo ora in preghiera.

Dopo il Regina Cæli:

Stamani, rispettivamente a Roma e a Barcellona, sono stati proclamati Beati due Sacerdoti: Angelo Paoli, Carmelitano, e José Tous y Soler, Cappuccino. A quest’ultimo farò cenno tra poco. Del beato Angelo Paoli, originario della Lunigiana e vissuto tra i secoli XVII e XVIII, mi piace ricordare che fu apostolo della carità a Roma, soprannominato “padre dei poveri”. Si dedicò specialmente ai malati dell’Ospedale San Giovanni, prendendosi cura anche dei convalescenti. Il suo apostolato traeva forza dall’Eucaristia e dalla devozione alla Madonna del Carmine, come pure da un’intensa vita di penitenza. Nell’Anno Sacerdotale, propongo volentieri il suo esempio a tutti i sacerdoti, in modo particolare a quanti appartengono ad Istituti religiosi di vita attiva.

Chers pèlerins francophones, en ce dimanche l’Église universelle prie pour les vocations. Ce jour de prière prend une dimension particulière en cette Année Sacerdotale. Prions tous afin que des jeunes répondent à l’appel du Seigneur, acceptent de bâtir leur existence entière sur le Christ dans un service plus direct à l’Évangile et choisissent de donner leur vie avec générosité à Dieu et à l’Église. Priez, chers pèlerins, pour vos prêtres et vos séminaristes. Que l’exemple de Marie et du Saint Curé d’Ars nous guide! Bon dimanche!

I am happy to greet all the English-speaking visitors present for today’s Regina Caeli prayer. This Sunday the Church celebrates the World Day of Prayer for Vocations. As we rejoice in the new life that the Risen Lord has won for us, let us ask him to inspire many young people to centre their hearts on the things of Heaven (cf. Col 3:1-2) and to offer themselves joyfully in the service of Christ our Good Shepherd in the priesthood and religious life. Confidently entrusting this petition to Mary, Queen of Heaven, I invoke upon you God’s abundant blessings of peace and joy!

Mit Freude grüße ich die deutschsprachigen Pilger und Besucher hier auf dem Petersplatz. Am heutigen „Sonntag des Guten Hirten“ begehen wir den 47. Weltgebetstag um geistliche Berufungen. In diesem Jahr lautet das Motto: „Das Zeugnis weckt Berufungen“. Dabei blicken wir auf Jesus selbst: Er ist uns als Guter Hirte vorangegangen. Er hat uns gezeigt, was es heißt, sein Leben für die Menschen hinzugeben, die ihm der Vater anvertraut hat. Bitten wir Maria um ihre Fürsprache, daß alle, die Jesus in seine engere Nachfolge berufen hat, ihm freudig antworten und der Gnade Gottes treu bleiben. Der Herr segne euch und eure Familien.

Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, en particular a los fieles de las parroquias Nuestra Señora del Pilar, de Catarroja, y de la Sangre de Cristo, de Cullera. En este domingo llamado del Buen Pastor, en el que la Iglesia celebra la Jornada de oración por las vocaciones, ha tenido lugar en Barcelona la beatificación del sacerdote capuchino José Tous y Soler, fundador de las Hermanas Capuchinas de la Madre del Divino Pastor. No obstante numerosas pruebas y dificultades, nunca se dejó vencer por la amargura o el resentimiento. Destacó por su caridad exquisita y su capacidad para soportar y comprender las deficiencias de los demás. Que su ejemplo e intercesión ayude a todos y especialmente a los sacerdotes a vivir la fidelidad a Cristo. Que el nou Beat Josep Tóus i Soler us beneeixi i us protegeixi. Feliç diumenge. Muchas gracias y feliz domingo.

Dirijo agora a minha saudação amiga aos professores e alunos do Colégio de São Tomás, de Lisboa, e demais peregrinos de língua portuguesa: De visita a Roma, não quisestes faltar a este encontro com o Papa, que a todos encoraja na nobre missão de dar razões de vida e de esperança às novas gerações para uma sociedade mais humana e solidária. Sobre vós, vossas famílias e os sonhos de bem que abrigais no coração, desça a minha Bênção Apostólica.

Lepo pozdravljam romarje, ki ste prišli sem z »Duhovno družino Delo«, in vse druge vernike iz Slovenije! Zgled prvih kristjanov naj vam pomaga, da bo srečanje z vstalim Gospodom v Evharistiji vedno središče vašega življenja. Naj bo z vami moj blagoslov!

[Rivolgo un cordiale saluto ai pellegrini qui venuti con la “Famiglia Spirituale L’Opera”, ed a tutti gli altri fedeli provenienti dalla Slovenia! L’esempio dei primi cristiani vi aiuti, affinché l’incontro con il Signore risorto nell’Eucaristia sia sempre il cardine della vostra vita. Vi accompagni la mia Benedizione!]

Pozdrawiam serdecznie wszystkich Polaków, a szczególnie uczestników Marszu dla życia, jaki dzisiaj odbywa się w Szczecinie. Łączę się duchowo z tą szlachetną inicjatywą. Niech budzi ona w każdym sercu potrzebę troski o poczęte życie. Niech będzie wsparciem dla rodzin oczekujących potomstwa. Dzisiejsza niedziela jest nazywana Niedzielą Dobrego Pasterza. Módlmy się za powołanych do kapłaństwa i życia zakonnego, aby idąc za głosem Dobrego Pasterza, świętością życia i posługi, dawali przekonujące świadectwo wiary.

[Saluto cordialmente tutti i Polacchi e, in modo particolare, i partecipanti alla Marcia per la vita, che oggi si svolge a Szczecin. Mi unisco spiritualmente a questa nobile iniziativa. Che essa desti in ogni cuore la sollecitudine per la vita nascente e sia sostegno per le famiglie in attesa di figli. L’odierna domenica viene chiamata Domenica del Buon Pastore. Preghiamo per coloro che sono chiamati al sacerdozio e alla vita consacrata, affinché, seguendo la voce del Buon Pastore, rendano con la santità della loro vita e con il loro servizio una convincente testimonianza di fede.]

Rivolgo uno speciale saluto all’Associazione “Meter”, che da 14 anni promuove la Giornata nazionale per i bambini vittime della violenza, dello sfruttamento e dell’indifferenza. In questa occasione voglio soprattutto ringraziare e incoraggiare quanti si dedicano alla prevenzione e all’educazione, in particolare i genitori, gli insegnanti e tanti sacerdoti, suore, catechisti e animatori che lavorano con i ragazzi nelle parrocchie, nelle scuole e nelle associazioni. Saluto i fedeli venuti da Brescia, da Cassana presso Ferrara, da alcune parrocchie dell’Umbria e da Toronto, in Canada; i ragazzi delle parrocchie della Valposchiavo, in Svizzera, e quelli di Francavilla al Mare; e il gruppo di fidanzati di Altamura. A tutti auguro una buona domenica.

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

domenica 25 aprile 2010

Video Vangelo: IV Domenica di Pasqua

Alla ricerca dell’anima perduta

IV Domenica di Pasqua


Gesù è il Buon Pastore. L’unico. “Io sono il buon pastore che offre la vita per le sue pecore”. Eppure il mondo corre dietro a tanti altri pastori, mode, tecniche, filosofie, new age, nuova era che poi è già vecchia perché c’è già la prossima, la next age, e chissà quante altre stranezze ancora...

• 1/ Quanti e quali geni?

Siamo nell’era della mappatura del genoma; chissà quanti geni salteranno fuori: quello della scienza, quello della scemenza, quello dell’onnipotenza, o meglio del delirio d’onnipotenza, ecc. ecc. Tutte scoperte che assicurano successo, benessere, equilibrio, dominio sul cosmo e sulle malattie. Tutti considerati -metodi e tecniche- salvatori infallibili in una società sempre più fallimentare, fatta di uomini sempre più malati e squilibrati dove il malessere è di casa e il lume della fede, se non addirittura quello della ragione, va scomparendo sempre più.
Quando capirà, l’uomo moderno, evoluto, progredito, esploratore del cosmo e del genoma, ma incapace di conoscere e gestire sé stesso, che l’unico Buon Pastore è Lui, GESÙ! L’unico Salvatore è LUI: nessuna filosofia o tecnica o metodo sono mai morti in Croce per salvarci. Uno solo ha detto “ Io do la vita per le mie pecore”. E l’ha data veramente fino all’ultima goccia. E lascia le 99 salve per andare a cercare quella perduta! E va a cercare anche quelle che non sono del suo ovile. “E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre”. Ma l’uomo moderno continua ad andare a cercare altre salvezze e a seguire altri pastori.

• 2/ Basta salvare il look?

Come fa l’uomo di oggi a non capire che senza di LUI è perduto? (“senza di me non potete fare nulla”). Ma forse è proprio questo il dramma dell’uomo moderno: non sentirsi perduto affatto. L’importante è il look! Salvato quello, tutto è salvo! Già, l’importante è il sepolcro, pardon, l’esterno (ma il termine l’aveva già usato Gesù coi suoi connazionali, spero che nessuno si offenda): imbiancato, tinto e ritinto, lifting di qua, maschera di là e voilà che tutto è a posto. Se poi l’interno cioè l’anima è marcia, non importa. Quello che conta è il look! Poveri uomini che hanno smarrito l’anima! Dobbiamo partire alla ricerca dell’anima perduta: si è persa da qualche parte tra il secondo e il terzo millennio…

• 3/ Anima perduta tra il secondo e il terzo millennio…

E pensare che la vera bellezza è interiore: se la Madonna è sempre così bella e così giovane, nonostante il passare dei secoli e dei millenni, è perché è la piena di grazia, la totalmente abitata dallo splendore della Gloria divina. E’ un puro cristallo che riflette la luce increata ed eterna del suo Altissimo Signore. Anche san Simeone il Nuovo Teologo che aveva ricevuto la pienezza dello Spirito Santo, aveva sentito che quella luce lo ringiovaniva nell’anima e nel corpo e gli toglieva ogni” spessore e pesantezza della materia” e ritrovava così la sanità originaria di tutto il suo essere. Ecco come fare per diventare nuovi fiammanti dentro e fuori: essere abitati in pienezza dallo Spirito di Dio.
Gesù è il Buon Pastore che viene a cercarci in fondo al burrone. Ma dobbiamo accorgerci che c’è un burrone e che siamo in fondo, se no non grideremo mai “aiuto” e LUI non potrà mai gettarci giù la corda per tirarci su.
Leviamoci le maschere e i trampoli che ci tengono su, e allora saremo raggiunti nel fondo della nostra miseria e lo riconosceremo come nostro Salvatore -l’unico salvatore- e sentiremo la Sua voce che ci chiama per nome. E ci sentiremo riconosciuti da Lui.
E il nostro cuore esulterà di gioia nel sentire il nostro nuovo nome pronunciato da Lui che ci guiderà alle sorgenti inesauribili di acqua viva che ci disseteranno in eterno.

Wilma Chasseur

sabato 24 aprile 2010

Signore del Cielo

Il Sabato dei Salmi: Salmo 69

Nella Bibbia, il sabato era considerato un giorno molto importante, il giorno del Signore. Proprio in questo giorno che precede la Domenica, la Vigna del Signore inaugura un nuovo appuntamento settimanale, molto importante: i salmi. Ogni sabato, nel post del giorno, troverete un salmo commentato da un operatore della Vigna. Oggi, dato che l'amore per i Salmi è iniziato in Chiesa mentre Mikhael leggeva il Salmo 69, è buona cosa iniziare con quel Salmo che lo ha fatto innamorare degli scritti di Davide, al punto da concepire questa nuova idea per la Vigna. 

Salmo 69

Lamento
[1]Al maestro del coro. Su «I gigli». Di Davide.

[2]Salvami, o Dio:
l'acqua mi giunge alla gola.
[3]Affondo nel fango e non ho sostegno;
sono caduto in acque profonde
e l'onda mi travolge.
[4]Sono sfinito dal gridare,
riarse sono le mie fauci;
i miei occhi si consumano
nell'attesa del mio Dio.

[5]Più numerosi dei capelli del mio capo
sono coloro che mi odiano senza ragione.
Sono potenti i nemici che mi calunniano:
quanto non ho rubato, lo dovrei restituire?

[6]Dio, tu conosci la mia stoltezza
e le mie colpe non ti sono nascoste.
[7]Chi spera in te, a causa mia non sia confuso,
Signore, Dio degli eserciti;
per me non si vergogni
chi ti cerca, Dio d'Israele.

[8]Per te io sopporto l'insulto
e la vergogna mi copre la faccia;
[9]sono un estraneo per i miei fratelli,
un forestiero per i figli di mia madre.

[10]Poiché mi divora lo zelo per la tua casa,
ricadono su di me gli oltraggi di chi ti insulta.
[11]Mi sono estenuato nel digiuno
ed è stata per me un'infamia.

[12]Ho indossato come vestito un sacco
e sono diventato il loro scherno.
[13]Sparlavano di me quanti sedevano alla porta,
gli ubriachi mi dileggiavano.

[14]Ma io innalzo a te la mia preghiera,
Signore, nel tempo della benevolenza;
per la grandezza della tua bontà, rispondimi,
per la fedeltà della tua salvezza, o Dio.
[15]Salvami dal fango, che io non affondi,
liberami dai miei nemici
e dalle acque profonde.
[16]Non mi sommergano i flutti delle acque
e il vortice non mi travolga,
l'abisso non chiuda su di me la sua bocca.

[17]Rispondimi, Signore, benefica è la tua grazia;
volgiti a me nella tua grande tenerezza.
[18]Non nascondere il volto al tuo servo,
sono in pericolo: presto, rispondimi.

[19]Avvicinati a me, riscattami,
salvami dai miei nemici.
[20]Tu conosci la mia infamia,
la mia vergogna e il mio disonore;
davanti a te sono tutti i miei nemici.
[21]L'insulto ha spezzato il mio cuore e vengo meno.
Ho atteso compassione, ma invano,
consolatori, ma non ne ho trovati.
[22]Hanno messo nel mio cibo veleno
e quando avevo sete mi hanno dato aceto.

[23]La loro tavola sia per essi un laccio,
una insidia i loro banchetti.
[24]Si offuschino i loro occhi, non vedano;
sfibra per sempre i loro fianchi.

[25]Riversa su di loro il tuo sdegno,
li raggiunga la tua ira ardente.
[26]La loro casa sia desolata,
senza abitanti la loro tenda;
[27]perché inseguono colui che hai percosso,
aggiungono dolore a chi tu hai ferito.
[28]Imputa loro colpa su colpa
e non ottengano la tua giustizia.
[29]Siano cancellati dal libro dei viventi
e tra i giusti non siano iscritti.

[30]Io sono infelice e sofferente;
la tua salvezza, Dio, mi ponga al sicuro.
[31]Loderò il nome di Dio con il canto,
lo esalterò con azioni di grazie,
[32]che il Signore gradirà più dei tori,
più dei giovenchi con corna e unghie.

[33]Vedano gli umili e si rallegrino;
si ravvivi il cuore di chi cerca Dio,
[34]poiché il Signore ascolta i poveri
e non disprezza i suoi che sono prigionieri.
[35]A lui acclamino i cieli e la terra,
i mari e quanto in essi si muove.

[36]Perché Dio salverà Sion,
ricostruirà le città di Giuda:
vi abiteranno e ne avranno il possesso.
[37]La stirpe dei suoi servi ne sarà erede,
e chi ama il suo nome vi porrà dimora.

COMMENTO (di Mikhael) 

Nel Salmo 69, Davide vive il dramma della persecuzione e degli scherni che noi cristiani viviamo più volte nel corso del nostro pellegrinaggio terreno. Certamente Davide usa parole dure verso i suoi nemici, non invoca perdono ma giustizia per loro, non spetta dunque a me dire se le sue parole erano giuste o sbagliate. Noi sappiamo per l'insegnamento che Gesù ci ha dato che dobbiamo pregare e perdonare i nostri nemici perché si salvino. Tuttavia Davide alza il suo lamento al Signore perché lo liberi dall'angoscia che lo avvolge. Questo
dobbiamo imparare: A confidare in Dio anche quando il mondo intero si ritorce contro di noi, non invocando morte per i nostri nemici come fece Davide, perché molto probabilmente lui non conosceva gli insegnamenti del Cristo sul perdono ai nemici, ma pregando per i nostri persecutori. Soprattutto dobbiamo imparare a perseverare nella Fede anche nelle difficoltà. Davide non dimentica il suo Dio, ma lo invoca incessantemente giorno e notte anche nella sofferenza, senza mai lasciarsi andare. Noi siamo capaci di questo? "Per te io supporto l'insulto", si legge nel Salmo 69. Lasciarsi insultare perché si ama Dio è il segno tangibile della fedeltà che noi abbiamo nei confronti del Signore. Il dramma di Davide che diventa un estraneo per la sua famiglia è anche il dramma di molti cristiani. Gesù disse: "Un profeta non è disprezzato se non nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua". Verso la fine di questo Salmo, Davide anticipa quello che Gesù avrebbe confermato un millennio dopo: L'Amore di Dio per i poveri: "Vedano gli umili e si rallegrino; si ravvivi il cuore di chi cerca Dio, poiché il Signore ascolta i poveri e non disprezza i suoi che sono prigionieri". Gesù invece disse: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. Dio ama i poveri, i piccoli, gli ultimi, tant'è vero che i grandi e gli esaltati saranno umiliati e i piccoli e gli umiliati saranno esaltati.

Pace e bene.


venerdì 23 aprile 2010

Gesù asciuga le tue lacrime

Testimonianza: vivere per non dimenticare

 Questa Domenica, ricorre la Festa della Liberazione. Una festa civile che però riguarda il nostro Paese per intero poiché in questo giorno, sessantacinque anni fa, l'Italia era finalmente riuscita a liberarsi dall'oppressione nazifascista (anche se non ovunque). Per questo motivo, oggi diamo spazio ad una testimonianza, dal libro "Il silenzio dei vivi" ( Elisa Springer, Marsilio Editori, 1997) di una vittima della deportazione e dell'orrore nazista. Vediamo molti che tendono a rivalutare quel periodo, addirittura a negare gli orrori compiuti e per questo la Vigna risponde così, dando voce ad una protagonista di quel periodo, affinché soprattutto le giovani generazioni, capiscano l'orrore dell'odio e della cultura della supremazia razziale. E soprattutto, cogliamo l'occasione per ribadire che tutto questo non può definirsi parte di un partito clericale e lo diciamo in risposta a chi tende a vedere il clericalismo di fondo del partito fascista che, è complice della barbarie nazista e ugualmente responsabile. Ecco la testimonianza: 

Io ho vissuto per non dimenticare quella parte di me, rimasta nei lager, con i miei vent'anni.
Ho vissuto per difendere e raccontare l'odore dei morti che bruciavano nei crematori, per difendere la memoria di tutti i miei cari e di tanti innocenti, memoria che oggi si tenta ancora di infangare.
Ho vissuto per raccontare che le ferite del corpo si rimarginano col tempo, ma quelle dello spirito mai. Le mie sanguinano ancora. Nostra è, ancora oggi, e sempre, la sofferenza di quel tempo, il nostro camminare avanti, fra mille difficoltà.
Abbiamo vissuto la degenerazione, la nostra “vita indegna”, ma siamo sopravvissuti, cercando di cancellare la nebbia e il buio dalla nostra mente.
I nostri figli, tutto questo lo hanno già compreso, lo portano nel cuore. La nostra sofferenza, il nostro disagio, il nostro bisogno di riscatto, sono diventati la loro eredità. I nostri figli soffrono il nostro passato.
I nostri figli soffrono, oggi, il nostro malessere, le nostre ansie, le nostre paure. Gli altri sappiano che dalle macerie della nostra esistenza, sono nati loro, i nostri figli, stelle che abbiamo seguito per tutta la vita, con tutte le forze e che rappresentavano il riscatto, la vita che continua, nonostante tutto, la storia che va raccontata, che loro devono raccontare.
Auschwitz ha rappresentato, per noi, il buio, le nostre stelle son servite a illuminarlo. A settantesette anni sono tornata ad Auschwitz-Birkenau.
È stata la rivincita della mia vita sulle miserie della morte.
Mi sono ritrovata libera di camminare in quel deserto di morte senza speranza, libera di piangere la mia solitudine, appoggiandomi all'uomo che, mai, avrei sperato di conoscere: mio figlio.
Lui ha compreso il senso della mia esistenza: ho vissuto, per cinquantanni, ad Auschwitz all'ombra del Camino.
Da cinquant’anni, una volta all’anno, ritorno a Vienna, raggiungo il Zentral Friedhof e mi fermo davanti a una scritta: “Richard Springer, nato 5.11.1879 - morto 28.12.1938, Buchenwald”.
Prego sulla tomba di mio padre, e depongo, ogni volta, una pietra: la pietra dell'amore e della vita.
Penso che un altro anno è passato ... Il tempo scandisce la distanza che mi separa dai miei cari, ricordandomi che prima ancora di morire ho avuto la fortuna di rinascere per vivere.
Da cinquant'anni, ogni anno, mi fermo davanti al portone della “mia casa”, in Strozzigaße, 32: non ho più il coraggio di entrare, ma piango.
È strano, ho la sensazione di non essermi mai allontanata, è come se fossi rimasta lì ad aspettare la mia vita, il mio domani.
Ripenso a quel quadro appeso all'ingresso: raffigura una strada, senza inizio né fine, in mezzo a un bosco di betulle.
Lì ho lasciato il mio Passato. Lì si è fermato il mio Presente ...
Il mio Domani, adesso, ha gli occhi di mio figlio ...!


giovedì 22 aprile 2010

Sorridi

Testimoni digitali (fieri di esserlo)

Multimedialità e interattività, ma anche incontro, dibattito e confronto face to face caratterizzeranno il convegno «Testimoni digitali. Volti e linguaggi nell’era crossmediale» che si apre oggi a Roma. Oltre 1300 partecipanti provenienti da 180 diocesi italiane, più di 250 operatori dell’informazione accreditati, 25 relatori si ritroveranno all’Hotel Summit dopo otto anni da Parabole mediatiche. Circa 8mila persone sono attese, invece, all’udienza in Aula Paolo VI con Benedetto XVI sabato 24 aprile.Tutte le sessioni dell’evento saranno trasmesse in diretta on line dal sito internet www.testimonidigitali.it  (Tratto dall'Avvenire)

E' il giorno dei testimoni digitali! Da qualche anno a questa parte, abbiamo assistito a fenomeni di evangelizzazione multimediali: e anche la Vigna del Signore nasce come una comunità digitale basata sui canoni di evangelizzazione e carità. Se dovessimo fare un resoconto della nostra attività, i risultati sono stati molto incoraggianti perchè oltre ad incontrare persone straordinarie, siamo riusciti anche ad aiutare chi era nel dubbio e chi lottava contro i propri demoni. E questo ci rende molto felici perchè il nostro desiderio era proprio quello di poter portare non solo la Parola di Dio, ma anche un aiuto ed un sostegno che molte volte si rivelano fondamentali.

Molti storcono il naso perchè vedono questo fenomeno come un'aggregazione sciolta, priva di una vera unione. Noi della Vigna del Signore, invece, vediamo questo fenomeno come un qualcosa di straordinario perchè  è dimostrazione della fede ancora viva e dimostrazione della Potenza dello Spirito di Dio che si manifesta attraverso le numerosissime testimonianze di cui veniamo a conoscenza quotidianamente. Abbiamo visto, su questo sito, a numerose testimonianze che ci hanno dilatato il cuore ancora di più e tutto questo non può far altro che bene. In più, tra noi testimoni digitali, si apre una vera amicizia (anche se non in tutti i casi, ma è ovvio considerando l'enorme bacino di utenza) che porta ad amarci e sostenerci gli uni gli altri. Molte volte, anzi, quest'oasi è stata di aiuto non solo per i visitatori, ma anche per noi stessi che scriviamo e testimoniamo, perchè abbiamo trovato appoggio e sostegno e abbiamo imparato anche da chi chiedeva noi aiuto. Quindi rispondiamo così a quei giornalisti che sottovalutano il nostro lavoro e che ci prendono per aggregati dispersi: noi siamo ormai una famiglia virtuale, nella quale ci scambiamo non solo opinioni, ma anche dolori e gioie e questo è grandioso, specie se si considera che, nella vita reale, molti vivono in solitudine e non sanno con chi parlare, soprattutto di fede e di Gesù (sappiamo infatti quanto sia "fuori moda" parlare di Cristo nella vita reale, purtroppo)

E poi, abbiamo visto il grande lavoro fatto su Facebook nella quale la Vigna ha trovato non solo spazio, ma anche un sacco di amicizie e supporto. Tramite questo programma siamo stati in grado di realizzare eventi di preghiera, gruppi di liberazione contro i mali, scambio di testimonianze incredibili. E sempre lì abbiamo trovato la fede, cosa rara nella vita reale. Se dunque tutto ciò sta avendo un incredibile impatto, soprattutto a livello di evangelizzazione, perchè criticarlo? Non si critica piuttosto il contenuto di questo fenomeno? Non si accetta forse un evangelizzazione che parte dal basso e che per la prima volta vede coinvolti tutti i fedeli insieme ai sacerdoti? In un mondo ormai volto all'ateismo, è forse un problema che si diffondano queste testimonianze?

Il dubbio rimane, ma noi non ce la prendiamo perchè andremo avanti  e giorno dopo giorno, cresceremo sull'esempio di chi ci ha preceduto nella vita a cominciare dai nostri amati San Pietro e San Paolo. Per quanto ci riguarda, tutto questo è solo l'inizio perchè, prima o poi, questo incredibile fenomeno si riverserà nelle piazze e allora sì che saremo davvero discepoli di Cristo!



 

mercoledì 21 aprile 2010

Il papa Benedetto XVI nella grotta di San Paolo a Malta

Papa: «La Chiesa è ferita ma io non sono solo»

 In questi giorni si è fatto un gran parlare della Chiesa e dei suoi peccati. Oggi, diamo spazio ad un articolo dell'Avvenire, che mostra prima il nostro Papa ammettere il duro momento, confortato però dal fatto di non essere solo e poi la testimonianza di una vittima di pedofilia che, proprio a Malta, ha incontrato Benedetto XVI:

È un momento di "tribolazione" per una Chiesa "ferita e peccatrice", che tuttavia confida nell'aiuto di Dio: lo ha detto papa Benedetto XVI, con un implicito riferimento allo scandalo degli abusi, durante il pranzo oggi con i cardinali residenti a Roma, organizzato oggi in Vaticano in onore del suo quinto anno di Pontificato. Ratzinger ha anche detto di non sentirsi "solo", perchè avverte attorno a sè la presenza e l'appoggio dell'intero collegio cardinalizio. che ha voluto ringraziare per l'aiuto che riceve
giorno dopo giorno. "Soprattutto - ha confidato - nel momento in cui sembra vedersi confermata la parola di sant'Agostino citata dal Vaticano II, che la Chiesa ha peregrinato inter persecutiones mundi et consolationem Dei".

 A questo proposito, riferisce l'Osservatore Romano, "il Pontefice ha accennato ai peccati della Chiesa, ricordando che essa, ferita e peccatrice, sperimenta ancor più le consolazioni di Dio". In particolare, per il Papa, "è una grande consolazione proprio il Collegio cardinalizio". "Nella Chiesa - ha spiegato Ratzinger - esistono due principi: uno personale e uno comunionale. Ora il Papa ha una responsabilità personale, non delegabile; il vescovo è circondato dai suoi presbiteri. Ma il Papa è circondato dal collegio cardinalizio che potrebbe essere chiamato in termini orientali quasi il suo sinodo, la sua compagnia permanente che lo aiuta, l'accompagna, lo affianca nel suo lavoro". Ed è "questa vicinanza particolare che il Pontefice avverte in questo momento e per la quale - dalle colonne dell'Osservatore Romano - ringrazia il Signore mentre invoca, per andare avanti, la forza della fede, nella gioia della risurrezione".

IL BILANCIO DELLA VISITA A MALTA

Prima di cadere sulla via di Damasco, Paolo, come egli stesso racconta, aveva "perseguitato ferocemente la Chiesa di Dio e cercato di distruggerla". "Ma - ha affermato oggi il Papa in visita a Malta - l'odio e la rabbia espresse in quelle parole furono completamente spazzate via dalla potenza dell'amore di Cristo". Una riflessione che riassume bene quanto è accaduto in questo 14esimo viaggio internazionale di Benedetto XVI, preceduto da attacchi e polemiche mediatiche su presunte coperture offerte ai preti pedofili, ma poi caratterizzato da folle ed entusiasmo superiori a ogni ottimistica attesa (50 mila fedeli nella piazza dei Granai di Floriana, 15 mila giovani sulla banchina Waterfront) e soprattutto dalle lacrime sincere del Pontefice che hanno accompagnato l'incontro con otto vittime di queste violenze nel raccoglimento della Cappella della nunziatura di Rabat. E anche i diversi interventi pronunciati dal Pontefice sono stati nel segno di una assoluta fermezza sui principi - tenete duro su divorzio e aborto ha chiesto ai cattolici maltesi - temeperata però dall'invito altrettanto forte ad un'apertura verso gli altri, a partire dagli immigrati che approdano su quest'isola nel cuore del Mediterraneo.

"Ho visto il Papa piangere di emozione e mi sono sentito liberato da un grande peso", ha raccontato una delle otto vittime. "Ho visto in lui e nel vescovo di Malta l'umiltà di una Chiesa che in quel momento rappresentava tutto il problema della Chiesa moderna". E quando il Papa, "ha appoggiato la mano sulla testa di ciascuno dei partecipanti all'incontro, benedicendoli, mi sono sentito - ha detto - liberato e sollevato da un grande peso". "Dio non rifiuta nessuno. E la Chiesa non rifiuta nessuno", ha detto il Pontefice agli oltre 15 mila ragazzi di Malta che lo hanno acclamato con grande entusiasmo al suo arrivo - con lo stesso catamarano utilizzato da Giovanni Paolo II nel '90 - sulla banchina gremita all'inverosimile. "Dio - ha spiegato - ama ogni singola persona di questo mondo, anzi egli ama ogni singola persona di ogni epoca della storia del mondo. Nella morte e risurrezione di Gesù, resa presente ogni volta che celebriamo la Messa, egli offre la vita in abbondanza a tutte queste persone. Come cristiani siamo chiamati a manifestare l'amore di Dio che comprende tutti. Dobbiamo perciò soccorrere il povero, il debole, l'emarginato; dobbiamo avere una cura speciale per coloro che sono in difficoltà, che patiscono la depressione o l'ansia; dobbiamo aver cura del disabile e fare tutto quello che possiamo per promuovere la loro dignità e qualità di vita; dovremmo prestare attenzione ai bisogni degli immigrati e di coloro che cercano asilo nelle nostre terre; dovremmo tendere la mano con amicizia ai credenti e non. Questa - per il Pontefice che domani festeggia 5 anni dall'elezione - è la nobile vocazione di amore e di servizio che tutti noi abbiamo ricevuto".


AVVENIRE

Ultima ora: "Ho condiviso la loro sofferenza e con commozione ho pregato con loro assicurando l'azione della Chiesa": lo ha detto papa Benedetto XVI ricordando, durante l'udienza generale, l'incontro avuto domenica scorsa a Malta con alcune vittime di abusi da parte di religiosi. 

martedì 20 aprile 2010

E' Dio (di Enza)

Angelus del 18 Aprile 2010

Cari Fratelli e Sorelle in Cristo,

quando voi rendete grazie, quando avete particolari intenzioni di preghiera e quando cercate celeste protezione per i vostri cari, è vostra usanza rivolgervi alla Beata Vergine Maria, Madre della Chiesa e Madre nostra. Conosco la particolare devozione del popolo maltese alla Madre di Dio, espressa con grande fervore a Nostra Signora di Ta’ Pinu e sono lieto di avere l’opportunità di pregare davanti alla sua immagine, portata qui appositamente da Gozo per questa occasione. Sono inoltre compiaciuto di presentare una Rosa d’Oro a lei, come segno del nostro filiale affetto, che condividiamo per la Madre di Dio. Vi chiedo in particolare di pregarla con il titolo di Regina della Famiglia, un titolo aggiunto alle Litanie Lauretane dal mio amato predecessore, Papa Giovanni Paolo II, egli stesso ospite, in varie occasioni, di queste terre. Offrendovi questo tangibile ricordo della mia stessa visita, vi ringrazio per tutto quello che ho ricevuto da voi in contraccambio, specialmente per il calore della vostra devozione e per il sostegno delle vostre preghiere per il mio ministero di Successore di Pietro.

Ci volgiamo ora in preghiera a Maria, Madre della Chiesa e Regina del Cielo, rallegrandoci nella Risurrezione di Colui che lei ha portato nel suo seno.


Regina Cæli, lætare ...

[We join in prayer those gathered in Valladolid Cathedral, in Spain, where Bernardo Francisco de Hoyos, a priest of the Society of Jesus, was beatified this morning. Let us give thanks to God for all the holy men and women he has given to his Church.]

Sono lieto di salutare tutti i pellegrini di lingua italiana qui presenti oggi in questa felice occasione, specialmente quelli che sono giunti da Lampedusa e Linosa! Grazie per essere venuti a condividere questo momento di celebrazione e di preghiera con i fratelli e le sorelle maltesi. Che l'Apostolo Paolo, del quale commemoriamo l'anniversario della presenza in queste isole, sia per voi un esempio di fede salda e coraggiosa di fronte alle avversità.
Su tutti voi e sui vostri familiari a casa, ben volentieri invoco abbondanti Benedizioni del Signore per un felice e santo tempo di Pasqua.

 


lunedì 19 aprile 2010

La benedizione di San Pio, dalla sua viva voce

La traslazione delle spoglie mortali di San Pio

Oggi deroghiamo alla nostra consueta programmazione del lunedì (il testo dell'Angelus lo potrete trovare qui domani), poiché, a San Giovanni Rotondo, avrà luogo l'evento della traslazione delle spoglie mortali di San Pio da Pietrelcina, dal convento di Santa Maria delle Grazie nella nuova cripta, all'interno della nuova Basilica di San Pio costruita dall'architetto Renzo Piano.

22 settembre 1968:

Durante la celebrazione della Santa Messa, Padre Pio cadde tra la preoccupazione generale della folla. Fu quello il primo segno che qualcosa sarebbe accaduto da lì a poco. In quella sera, nella sua cella, Padre Pio chiese ogni ora al suo confratello, Padre Pellegrino, che ore fossero, come se stesse attendendo il momento del suo ritorno al Padre. E' singolare notare come il Santo frate riuscii in quella notte e circostanza ad alzarsi dal letto senza problemi nonostante egli fosse aiutato da una sedie a rotelle da diverso tempo; Lo fece per andare
fuori all'aperto ad osservare il cielo e le stelle, quasi come un pendolare attendesse il treno per il viaggio. Rientrò in camera accompagnato da Padre Pellegrino, si sedette sulla poltrona; Le sue condizioni iniziarono a peggiorare a tal punto che si fece necessario contattare il medico curante il quale tentò di ristabilire il frate
cappuccino con un'iniezione. Anche in quei momenti drammatici, Padre Pio non lasciò il Rosario, quella dolce catena che egli ha sgranato per lunghissimi anni, quella catena che gli cadde dalle mani poco prima di esalare l'ultimo respiro per giungere alla Celeste Patria. Così morì l'umile fraticello di Pietrelcina, alle ore 2.30 del 23 settembre 1968. Il 26 settembre si celebrarono i funerali. Il corpo del Santo frate fu sepolto nella cripta del convento di Santa Maria delle Grazie. Da allora, per ben 41 anni, quell'involucro che ha ospitato un'anima santa quale era Padre Pio, riposa lì.

19 aprile 2010:

Quell'involucro oggi sarà trasferito, dopo 41 anni e mezzo, nella nuova cripta della Basilica di San Pio, la nuova Chiesa costruita dal celebre architetto Renzo Piano. E' un evento storico, soprattutto importante per i devoti del Santo Cappuccino. Riflettiamo quest'oggi, a distanza di quasi 42 anni, sull'umile esempio di questo grande uomo di Dio. Padre Pio è stato non solo un grande uomo, ma anche un grande sacerdote. Ha adempiuto ai suoi doveri con grande ardore e sacrificio. Con le sue dolorose piaghe celebrava la Santa Messa, confessava i poveri peccatori rimanendo a loro disposizione per circa sedici ore al giorno; Nessuno doveva restare impunito, tutti dovevano ritornare al Padre. Questo era il chiodo fisso di Padre Pio: Strappare più anime possibili alla morte per ricondurle alla vita. Padre Pio è un grande esempio non soltanto per i fedeli, ma anche per i sacerdoti. Tutti noi, fedeli e sacerdoti dobbiamo prendere esempio da questo umile e santo uomo di Dio. Noi fedeli per le seguenti ragioni: Imitando questo uomo diventeremo sicuramente santi. I sacerdoti perché possano anch'essi con il loro servizio portare via le anime a satana per condurle verso la Via, la Verità e
la Vita che è Gesù Cristo, il Risorto. Dunque in questo giorno storico attendiamo con ansia e gioia questo evento importante la cui data entrerà per sempre nella storia del Santo Frate di Pietrelcina. Di seguito
ripercorriamo i momenti drammatici che hanno preceduto il ritorno al Cielo del Santo di Pietrelcina, per riflettere, per prepararci all'evento che si terrà questo pomeriggio. Buona e santa visione.

domenica 18 aprile 2010

Video Vangelo: III Domenica di Pasqua

Servire è regnare

III Domenica di Pasqua

Terza apparizione di Gesù risorto. L'oltraggiato, l'umiliato della Croce, il “reietto dagli uomini come uno davanti al quale ci si copre la faccia” è ora il glorificato, l'esaltato da DIO e dagli uomini. Lui, il prigioniero della morte è ora il Signore della vita; Colui che entra a porte chiuse, appare, scompare sfidando ogni legge della materia e ogni barriera invalicabile di muri e porte chiuse; eliminando distanze infinite tra al di là e al di qua, unificando tempi e luoghi in un solo punto: quello della Sua presenza gloriosa.

• 1/ Gli apostoli tornano a pescare…
Per gli apostoli - i sette che decisero di andare con Pietro a pescare - quello era un giorno come tanti altri, con le stesse occupazioni ordinarie di sempre, nel luogo delle solite vicende quotidiane: il lago di Tiberiade.
E Gesù li raggiunge lì, dopo una lunga e faticosa notte in cui sono falliti tutti i tentativi di pesca fruttuosa, notte di pesca, ma ancor più notte di speranza, di smarrimento, di assenza del Maestro.
E’ allora che Gesù si presenta alla riva per salvarli dal naufragio della speranza. E si presenta alla nostra riva, a noi discepoli di oggi, per salvarci dalla nostra lunga e faticosa notte. E si presenta all'alba per salvarci dallo smarrimento della Sua assenza, e inondare con la sua luce, ogni ombra del nostro cuore ridandoci la certezza della sua presenza.
E’ Lui che si presenta per primo (“non voi avete scelto Me, ma io ho scelto voi”), che si fa vedere, toccare, come per assicurare che è ben vivo, anzi è il vivente. “E’ un irrompere di Lui come avviene in ogni chiamata, in ogni conversione. Non siamo noi a raggiungere Lui; è sempre Lui che raggiunge noi” (Bruno Forte).

• 2/ E noi non sappiamo che pesci pigliare…
“Figlioli non avete nulla da mangiare? Gettate la rete a destra...” I pescatori di mestiere sanno bene che non è l’alba il momento in cui i pesci abboccano; se non hanno preso niente durante la notte, inutile tentare ancora. Ma se è LUI che lo dice, allora sì che bisogna gettare le reti! Sulla sua parola e SOLO sulla sua parola! Senza Gesù il fallimento è completo, ma con LUI, il Maestro dell’impossibile, l’impensabile diventa possibile. Prima ci vuole però il fallimento affinché capiamo che tutto possiamo se c’è Lui sulla nostra riva, e niente possiamo se Lui non c’è. Solo allora non corriamo più il rischio di attribuire a noi stessi un merito che è solo Suo. Anche per noi come per Pietro, ci vuole il gallo del fallimento che canti, per ricordarci che è in Lui che dobbiamo riporre tutta la nostra fiducia e non nelle nostre misere forze e capacità.
“Allora quel discepolo che Gesù amava disse a Pietro “E’ il Signore”. Ecco la seconda tappa di ogni apparizione pasquale: dopo averlo incontrato LO RICONOSCONO. Si riconosce COLUI che si ama. E più lo si ama, più lo si riconosce. Infatti il primo a riconoscerlo è stato Giovanni, il discepolo prediletto. “Ma nessuno osava chiedergli chi sei?”. Gli Apostoli sentono bene che il loro Maestro non è più soltanto l’Uomo di Galilea che camminava con loro sulle strade di Palestina e sulle strade di ogni uomo alla ricerca della verità, ma è il Figlio del Dio Altissimo, il Signore della vita, “L’Agnello immolato che siede sul trono, coronato di potenza, sapienza, forza, onore, gloria e benedizione” indescrivibili.

• 3/ Ma Gesù prepara da mangiare…
Ma Gesù li stupisce ancora una volta con le infinite delicatezze del suo Cuore:” Figlioli, venite a mangiare, e videro un fuoco di brace con sopra del pesce e del pane”. Gesù ha preparato loro da mangiare! Ancora una volta si fa servo di tutti! Non è più il servo sofferente, ma anche nella gloria continua a servire. “Servire è regnare” diceva sant’Ireneo di Lione.
Il Signore Gesù si è fatto servo perché noi potessimo diventare dei re; da deformi quali eravamo per i nostri peccati, ci ha resi deiformi con le sue piaghe gloriosissime. Quale inno di ringraziamento potrà cantare la sua misericordia infinita? Continua a darci il Tuo pane di vita Signore e il vino della speranza, affinché possiamo continuare a percorrere l'erta salita che conduce fino a Te.

sabato 17 aprile 2010

L'espiazione di Gesù Cristo

Penitenza

Papa Benedetto ha dato la sua risposta al mondo avverso alla Chiesa e al suo operato: Fare penitenza.

Di seguito riportiamo le parole del Santo Padre:

"Adesso, sotto gli attacchi del mondo che ci parlano dei nostri peccati, vediamo che poter far penitenza è grazia e vediamo come sia necessario fare penitenza, riconoscere cioè ciò che è sbagliato nella nostra vita. Aprirsi al perdono, prepararsi al perdono, lasciarsi trasformare. Il dolore della penitenza, cioè della purificazione e della trasformazione, questo dolore è grazia, perché è rinnovamento, è opera della Misericordia divina". 

Ratzinger sulla scia di Wojtyla. Benedetto XVI mira a riconoscere le colpe della Chiesa e a fare penitenza. Oltre a dare la giusta soluzione, il Santo Padre da anche il buon esempio sul saper affrontare le sfide che la vita propone. La sua compostezza nell'affrontare gli attacchi deve essere per noi cattolici un insegnamento per saper ben rispondere alle accuse che nella quotidianità possono piombare addosso a ciascuno di noi. Non con la violenza né con la maleducazione si deve rispondere alle mal dicerie, ma col silenzio e pazienza che col tempo aiutano a saper dare una risposta giusta e pacata. Noi della Vigna cogliamo l'invito del Papa e
dalla prossima settimana in Impegniamoci Insieme pubblicheremo l'impegno a fare penitenza per gli errori altrui. Gesù ha espiato i peccati degli uomini, è quindi possibile espiare i peccati degli altri facendo penitenza. Confermiamo ancora una volta la nostra vicinanza al nostro caro Papa e rinnoviamo l'invito a pregare per lui.

Buona e santa preghiera a voi tutti.

Mikhael 

venerdì 16 aprile 2010

L'elezione di Papa Benedetto XVi (dal TG1)

Auguri Papa Benedetto XVI!

Oggi il nostro amato Papa compie gli anni e noi vogliamo mostrargli la nostra vicinanza, soprattutto in un momento così difficile. Benedetto XVI è un uomo che abbiamo imparato a conoscere e che ha avuto la forza di entrare nei nostri cuori. Infatti, non sarà stato facile per lui cercare di sostituire, nell'immaginario collettivo, la figura di Giovanni Paolo II, il suo amato predecessore. Ma lui, umilmente, ha sempre sottolineato il segno lasciato da Wojtyla, ponendosi in linea di continuazione con ciò che aveva costruito lui. 
Era difficile colmare quel vuoto lasciato dal Papa forse più amato della storia, ma lui c'è l'ha fatta grazie anche alla sorte che gli è toccata, di celebrare il funerale del vecchio Pontefice. Quella cerimonia è stata molto bella e significativa ed è stata l'occasione per assistere virtualmente al passaggio delle consegne: come se Giovanni Paolo II avesse consegnato la torcia al Suo successore, attraverso quella cerimonia. 

Piano piano, nonostante le numerose diffidenze del popolo cristiano e dei media, Papa Ratzinger si è imposto nei cuori delle persone, soprattutto dei più giovani, mostrando un'umanità che sembrava nascosta e mostrando una vera sensibilità cristiana. I giovani hanno cominciato ad amarlo e a seguirlo come loro guida, così come il resto dei cristiani di tutto il mondo. Le urla dal Vaticano che scandiscono il suo nome, sono davvero molto belle e indicano l'amore che viene dal cuore nostro, dei fedeli della Chiesa di Cristo.

Purtroppo però egli si è trovato a vivere in una situazione molto difficile, di attacco non solo verso la Chiesa, ma anche verso la sua persona, con tentativi di coinvolgimento assurde. Il popolo di Dio, però, non si è lasciati condizionare e compatto si è schierato al fianco del Suo Papa, dimostrandolo in mille modi. In questo momento, lui ha bisogno di noi per non sentirsi solo in questa battaglia, confidando sempre che al suo fianco ci sia Gesù Cristo!
Per celebrare meglio questo giorno, ecco l'omelia integrale compiuta da Papa Benedetto XVI, in occasione della Santa Messa di insediamento, datata 24 Aprile 2005:


Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
distinte Autorità e Membri del Corpo diplomatico,
carissimi Fratelli e Sorelle!


Per ben tre volte, in questi giorni così intensi, il canto delle litanie dei santi ci ha accompagnato: durante i funerali del nostro Santo Padre Giovanni Paolo II; in occasione dell'ingresso dei Cardinali in Conclave, ed anche oggi, quando le abbiamo nuovamente cantate con l'invocazione: Tu illum adiuva - sostieni il nuovo successore di San Pietro. Ogni volta in un modo del tutto particolare ho sentito questo canto orante come una grande consolazione. Quanto ci siamo sentiti abbandonati dopo la dipartita di Giovanni Paolo II! Il Papa che per ben 26 anni è stato nostro pastore e guida nel cammino attraverso questo tempo. Egli varcava la soglia verso l'altra vita - entrando nel mistero di Dio. Ma non compiva questo passo da solo. Chi crede, non è mai solo - non lo è nella vita e neanche nella morte. In quel momento noi abbiamo potuto invocare i santi di tutti i secoli - i suoi amici, i suoi fratelli nella fede, sapendo che sarebbero stati il corteo vivente che lo avrebbe accompagnato nell'aldilà, fino alla gloria di Dio. Noi sapevamo che il suo arrivo era atteso. Ora sappiamo che egli è fra i suoi ed è veramente a casa sua.

Di nuovo, siamo stati consolati compiendo il solenne ingresso in conclave, per eleggere colui che il Signore aveva scelto. Come potevamo riconoscere il suo nome? Come potevano 115 Vescovi, provenienti da tutte le culture ed i paesi, trovare colui al quale il Signore desiderava conferire la missione di legare e sciogliere? Ancora una volta, noi lo sapevamo: sapevamo che non siamo soli, che siamo circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio. Ed ora, in questo momento, io debole servitore di Dio devo assumere questo compito inaudito, che realmente supera ogni capacità umana. Come posso fare questo? Come sarò in grado di farlo? Voi tutti, cari amici, avete appena invocato l'intera schiera dei santi, rappresentata da alcuni dei grandi nomi della storia di Dio con gli uomini. In tal modo, anche in me si ravviva questa consapevolezza: non sono solo. Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo.

La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta. E la Vostra preghiera, cari amici, la Vostra indulgenza, il Vostro amore, la Vostra fede e la Vostra speranza mi accompagnano. Infatti alla comunità dei santi non appartengono solo le grandi figure che ci hanno preceduto e di cui conosciamo i nomi. Noi tutti siamo la comunità dei santi, noi battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, noi che viviamo del dono della carne e del sangue di Cristo, per mezzo del quale egli ci vuole trasformare e renderci simili a se medesimo. Sì, la Chiesa è viva - questa è la meravigliosa esperienza di questi giorni. Proprio nei tristi giorni della malattia e della morte del Papa questo si è manifestato in modo meraviglioso ai nostri occhi: che la Chiesa è viva. E la Chiesa è giovane. Essa porta in sé il futuro del mondo e perciò mostra anche a ciascuno di noi la via verso il futuro. La Chiesa è viva e noi lo vediamo: noi sperimentiamo la gioia che il Risorto ha promesso ai suoi. La Chiesa è viva - essa è viva, perché Cristo è vivo, perché egli è veramente risorto. Nel dolore, presente sul volto del Santo Padre nei giorni di Pasqua, abbiamo contemplato il mistero della passione di Cristo ed insieme toccato le sue ferite. Ma in tutti questi giorni abbiamo anche potuto, in un senso profondo, toccare il Risorto. Ci è stato dato di sperimentare la gioia che egli ha promesso, dopo un breve tempo di oscurità, come frutto della sua resurrezione.


La Chiesa è viva – così saluto con grande gioia e gratitudine voi tutti, che siete qui radunati, venerati Confratelli Cardinali e Vescovi, carissimi sacerdoti, diaconi, operatori pastorali, catechisti. Saluto voi, religiosi e religiose, testimoni della trasfigurante presenza di Dio. Saluto voi, fedeli laici, immersi nel grande spazio della costruzione del Regno di Dio che si espande nel mondo, in ogni espressione della vita. Il discorso si fa pieno di affetto anche nel saluto che rivolgo a tutti coloro che, rinati nel sacramento del Battesimo, non sono ancora in piena comunione con noi; ed a voi fratelli del popolo ebraico, cui siamo legati da un grande patrimonio spirituale comune, che affonda le sue radici nelle irrevocabili promesse di Dio. Il mio pensiero, infine – quasi come un’onda che si espande – va a tutti gli uomini del nostro tempo, credenti e non credenti.
Cari amici! In questo momento non ho bisogno di presentare un programma di governo. Qualche tratto di ciò che io considero mio compito, ho già potuto esporlo nel mio messaggio di mercoledì 20 aprile; non mancheranno altre occasioni per farlo. Il mio vero programma di governo è quello di non fare la mia volontà, di non perseguire mie idee, ma di mettermi in ascolto, con tutta quanta la Chiesa, della parola e della volontà del Signore e lasciarmi guidare da Lui, cosicché sia Egli stesso a guidare la Chiesa in questa ora della nostra storia. Invece di esporre un programma io vorrei semplicemente cercare di commentare i due segni con cui viene rappresentata liturgicamente l’assunzione del Ministero Petrino; entrambi questi segni, del resto, rispecchiano anche esattamente ciò che viene proclamato nelle letture di oggi.


Il primo segno è il Pallio, tessuto in pura lana, che mi viene posto sulle spalle. Questo antichissimo segno, che i Vescovi di Roma portano fin dal IV secolo, può essere considerato come un’immagine del giogo di Cristo, che il Vescovo di questa città, il Servo dei Servi di Dio, prende sulle sue spalle. Il giogo di Dio è la volontà di Dio, che noi accogliamo. E questa volontà non è per noi un peso esteriore, che ci opprime e ci toglie la libertà. Conoscere ciò che Dio vuole, conoscere qual è la via della vita – questa era la gioia di Israele, era il suo grande privilegio. Questa è anche la nostra gioia: la volontà di Dio non ci aliena, ci purifica – magari in modo anche doloroso – e così ci conduce a noi stessi. In tal modo, non serviamo soltanto Lui ma la salvezza di tutto il mondo, di tutta la storia. In realtà il simbolismo del Pallio è ancora più concreto: la lana d’agnello intende rappresentare la pecorella perduta o anche quella malata e quella debole, che il pastore mette sulle sue spalle e conduce alle acque della vita. La parabola della pecorella smarrita, che il pastore cerca nel deserto, era per i Padri della Chiesa un’immagine del mistero di Cristo e della Chiesa. L’umanità – noi tutti - è la pecora smarrita che, nel deserto, non trova più la strada. Il Figlio di Dio non tollera questo; Egli non può abbandonare l’umanità in una simile miserevole condizione. Balza in piedi, abbandona la gloria del cielo, per ritrovare la pecorella e inseguirla, fin sulla croce.

La carica sulle sue spalle, porta la nostra umanità, porta noi stessi – Egli è il buon pastore, che offre la sua vita per le pecore. Il Pallio dice innanzitutto che tutti noi siamo portati da Cristo. Ma allo stesso tempo ci invita a portarci l’un l’altro. Così il Pallio diventa il simbolo della missione del pastore, di cui parlano la seconda lettura ed il Vangelo. La santa inquietudine di Cristo deve animare il pastore: per lui non è indifferente che tante persone vivano nel deserto. E vi sono tante forme di deserto. Vi è il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete, vi è il deserto dell’abbandono, della solitudine, dell’amore distrutto. Vi è il deserto dell’oscurità di Dio, dello svuotamento delle anime senza più coscienza della dignità e del cammino dell’uomo. I deserti esteriori si moltiplicano nel mondo, perché i deserti interiori sono diventati così ampi. Perciò i tesori della terra non sono più al servizio dell’edificazione del giardino di Dio, nel quale tutti possano vivere, ma sono asserviti alle potenze dello sfruttamento e della distruzione. La Chiesa nel suo insieme, ed i Pastori in essa, come Cristo devono mettersi in cammino, per condurre gli uomini fuori dal deserto, verso il luogo della vita, verso l’amicizia con il Figlio di Dio, verso Colui che ci dona la vita, la vita in pienezza. Il simbolo dell’agnello ha ancora un altro aspetto. Nell’Antico Oriente era usanza che i re designassero se stessi come pastori del loro popolo.

Questa era un’immagine del loro potere, un’immagine cinica: i popoli erano per loro come pecore, delle quali il pastore poteva disporre a suo piacimento. Mentre il pastore di tutti gli uomini, il Dio vivente, è divenuto lui stesso agnello, si è messo dalla parte degli agnelli, di coloro che sono calpestati e uccisi. Proprio così Egli si rivela come il vero pastore: “Io sono il buon pastore… Io offro la mia vita per le pecore”, dice Gesù di se stesso (Gv 10, 14s). Non è il potere che redime, ma l’amore! Questo è il segno di Dio: Egli stesso è amore. Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini.


Una delle caratteristiche fondamentali del pastore deve essere quella di amare gli uomini che gli sono stati affidati, così come ama Cristo, al cui servizio si trova. “Pasci le mie pecore”, dice Cristo a Pietro, ed a me, in questo momento. Pascere vuol dire amare, e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza, che egli ci dona nel Santissimo Sacramento. Cari amici – in questo momento io posso dire soltanto: pregate per me, perché io impari sempre più ad amare il Signore. Pregate per me, perché io impari ad amare sempre più il suo gregge – voi, la Santa Chiesa, ciascuno di voi singolarmente e voi tutti insieme. Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi. Preghiamo gli uni per gli altri, perché il Signore ci porti e noi impariamo a portarci gli uni gli altri.


Il secondo segno, con cui viene rappresentato nella liturgia odierna l’insediamento nel Ministero Petrino, è la consegna dell’anello del pescatore. La chiamata di Pietro ad essere pastore, che abbiamo udito nel Vangelo, fa seguito alla narrazione di una pesca abbondante: dopo una notte, nella quale avevano gettato le reti senza successo, i discepoli vedono sulla riva il Signore Risorto. Egli comanda loro di tornare a pescare ancora una volta ed ecco che la rete diviene così piena che essi non riescono a tirarla su; 153 grossi pesci: “E sebbene fossero così tanti, la rete non si strappò” (Gv 21, 11). Questo racconto, al termine del cammino terreno di Gesù con i suoi discepoli, corrisponde ad un racconto dell’inizio: anche allora i discepoli non avevano pescato nulla durante tutta la notte; anche allora Gesù aveva invitato Simone ad andare al largo ancora una volta. E Simone, che ancora non era chiamato Pietro, diede la mirabile risposta: Maestro, sulla tua parola getterò le reti! Ed ecco il conferimento della missione: “Non temere! D’ora in poi sarai pescatore di uomini” (Lc 5, 1–11). Anche oggi viene detto alla Chiesa e ai successori degli apostoli di prendere il largo nel mare della storia e di gettare le reti, per conquistare gli uomini al Vangelo – a Dio, a Cristo, alla vera vita.

I Padri hanno dedicato un commento molto particolare anche a questo singolare compito. Essi dicono così: per il pesce, creato per l’acqua, è mortale essere tirato fuori dal mare. Esso viene sottratto al suo elemento vitale per servire di nutrimento all’uomo. Ma nella missione del pescatore di uomini avviene il contrario. Noi uomini viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte; in un mare di oscurità senza luce. La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita. E’ proprio così – nella missione di pescatore di uomini, al seguito di Cristo, occorre portare gli uomini fuori dal mare salato di tutte le alienazioni verso la terra della vita, verso la luce di Dio. E’ proprio così: noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita. Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario. Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l’amicizia con lui. Il compito del pastore, del pescatore di uomini può spesso apparire faticoso. Ma è bello e grande, perché in definitiva è un servizio alla gioia, alla gioia di Dio che vuol fare il suo ingresso nel mondo.


Vorrei qui rilevare ancora una cosa: sia nell’immagine del pastore che in quella del pescatore emerge in modo molto esplicito la chiamata all’unità. “Ho ancora altre pecore, che non sono di questo ovile; anch’esse io devo condurre ed ascolteranno la mia voce e diverranno un solo gregge e un solo pastore” (Gv 10, 16), dice Gesù al termine del discorso del buon pastore. E il racconto dei 153 grossi pesci termina con la gioiosa constatazione: “sebbene fossero così tanti, la rete non si strappò” (Gv 21, 11). Ahimè, amato Signore, essa ora si è strappata! vorremmo dire addolorati. Ma no – non dobbiamo essere tristi! Rallegriamoci per la tua promessa, che non delude, e facciamo tutto il possibile per percorrere la via verso l’unità, che tu hai promesso. Facciamo memoria di essa nella preghiera al Signore, come mendicanti: sì, Signore, ricordati di quanto hai promesso. Fa’ che siamo un solo pastore ed un solo gregge! Non permettere che la tua rete si strappi ed aiutaci ad essere servitori dell’unità!
In questo momento il mio ricordo ritorna al 22 ottobre 1978, quando Papa Giovanni Paolo II iniziò il suo ministero qui sulla Piazza di San Pietro. Ancora, e continuamente, mi risuonano nelle orecchie le sue parole di allora: “Non abbiate paura, aprite anzi spalancate le porte a Cristo!” Il Papa parlava ai forti, ai potenti del mondo, i quali avevano paura che Cristo potesse portar via qualcosa del loro potere, se lo avessero lasciato entrare e concesso la libertà alla fede.

Sì, egli avrebbe certamente portato via loro qualcosa: il dominio della corruzione, dello stravolgimento del diritto, dell’arbitrio. Ma non avrebbe portato via nulla di ciò che appartiene alla libertà dell’uomo, alla sua dignità, all’edificazione di una società giusta. Il Papa parlava inoltre a tutti gli uomini, soprattutto ai giovani. Non abbiamo forse tutti in qualche modo paura - se lasciamo entrare Cristo totalmente dentro di noi, se ci apriamo totalmente a lui – paura che Egli possa portar via qualcosa della nostra vita? Non abbiamo forse paura di rinunciare a qualcosa di grande, di unico, che rende la vita così bella? Non rischiamo di trovarci poi nell’angustia e privati della libertà? Ed ancora una volta il Papa voleva dire: no! chi fa entrare Cristo, non perde nulla, nulla – assolutamente nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande. No! solo in quest’amicizia si spalancano le porte della vita. Solo in quest’amicizia si dischiudono realmente le grandi potenzialità della condizione umana. Solo in quest’amicizia noi sperimentiamo ciò che è bello e ciò che libera. Così, oggi, io vorrei, con grande forza e grande convinzione, a partire dall’esperienza di una lunga vita personale, dire a voi, cari giovani: non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla, e dona tutto. Chi si dona a lui, riceve il centuplo. Sì, aprite, spalancate le porte a Cristo – e troverete la vera vita. Amen.