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mercoledì 30 giugno 2010

Abbracciami Gesu'

Una nuova evangelizzazione

Oggi parliamo di un fatto di notevole importanza, soprattutto riguardo i Paesi occidentali. E' notizia di ieri che il Papa Benedetto XVI ha dato il la all'istituzione di un nuovo dicastero con il compito di promuovere una nuova evangelizzazione nei Paesi occidentali, i quali si stanno troppo secolarizzando, o come meglio diremmo noi, si stanno ateizzando a causa della modernità e del materialismo sempre più diffuso.

Già in passato avevamo trattato il tema del bisogno di una nuova evangelizzazione, soprattutto nel nostro Paese perchè ormai la fede si stava in qualche modo afflosciando a causa dei piaceri diffusi e degli inganni a cui l'uomo era esposto. L'inganno principale era quello che la Legge e la Parola di Dio potessero essere adattati ai tempi: una bestialità assurda perchè la Legge di Dio è immutabile e non può essere adattata; è l'uomo che si deve adattare e non viceversa!
Insomma è sotto gli occhi di tutti che il cristianesimo si sta diluendo, al punto da perdere ogni connotazione originale. E dunque è da accogliere con speranza e gioia questa nuova iniziativa del nostro Pontefice che si è reso conto che bisognava intervenire seriamente prima che fosse troppo tardi. In seguito, l'articolo di Avvenire che presenta l'istituzione del nuovo dicastero vaticano:

"" La missione di Cristo, «affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento». Anche per questo, ieri, il Papa ha annunciato l’istituzione di un nuovo dicastero vaticano, «nella forma del Pontificio Consiglio», con il compito di «promuovere una rinnovata evangelizzazione» nei Paesi dell’Occidente «che stanno vivendo una progressiva secolarizzazione della società e una sorta di eclissi del senso di Dio». Tutto ciò costituisce dunque «una sfida a trovare mezzi adeguati per riproporre la perenne verità del Vangelo di Cristo».

Benedetto XVI ne ha dato l’annuncio durante la celebrazione, nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, dei primi vespri della solennità dei santi Pietro e Paolo. Questa festa, ha detto all’inizio della sua omelia «evoca la duplice tensione, tipica della Chiesa» di Roma, «all’unità e all’universalità». Ma «il contesto in cui ci troviamo – ha spiegato subito dopo – ci chiama a privilegiare la seconda, lasciandoci, per così dire, "trascinare" da san Paolo e dalla sua straordinaria vocazione».

Di qui la scelta di incentrare proprio sulla missionarietà il suo discorso. «Non c’era e non c’è solo la fame di cibo materiale – ha fatto notare il Pontefice –. C’è una fame più profonda, che solo Dio può saziare. Anche l’uomo del terzo millennio desidera una vita autentica e piena, ha bisogno di verità, di libertà profonda, di amore gratuito. Anche nei deserti del mondo secolarizzato, l’anima dell’uomo ha sete di Dio, del Dio vivente».

Benedetto XVI ha citato a tal proposito l’enciclica Redemptoris missio del suo predecessore. «La missione di Cristo redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento». Anzi, «uno sguardo d’insieme all’umanità dimostra che tale missione è ancora agli inizi e che dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio». Vi sono regioni del mondo, ha quindi aggiunto papa Ratzinger, «che ancora attendono una prima evangelizzazione; altre che l’hanno ricevuta, ma necessitano di un lavoro più approfondito; altre ancora in cui il Vangelo ha messo da lungo tempo radici, dando luogo ad una vera tradizione cristiana, ma dove negli ultimi secoli - con dinamiche complesse - il processo di secolarizzazione ha prodotto una grave crisi del senso della fede cristiana e dell’appartenenza alla Chiesa». Ecco perciò l’idea del nuovo dicastero.

Si tratta, come si evince dalle stesse parole del Papa, di un segno di speranza. Benedetto XVI ha infatti voluto ribadire ciò che già aveva affermato all’inizio del suo ministero petrino. «La Chiesa è giovane, aperta al futuro». «E lo ripeto oggi, vicino al sepolcro di san Paolo – ha aggiunto –. La Chiesa è nel mondo un’immensa forza rinnovatrice, non certo per le sue forze, ma per la forza del Vangelo, in cui soffia lo Spirito Santo di Dio, il Dio creatore e redentore del mondo».

È vero che «le sfide dell’epoca attuale sono certamente al di sopra delle capacità umane: lo sono le sfide storiche e sociali, e a maggior ragione quelle spirituali». Ma è altrettanto vero che proprio Gesù, ha fatto notare il Pontefice, «aveva loro dimostrato che con la fede in Dio nulla è impossibile, e che pochi pani e pesci, benedetti e condivisi, potevano sfamare tutti».

Benedetto XVI ha quindi fatto riferimento ai due Papi grandi missionari che lo hanno preceduto. Paolo VI raccolse «il grande anelito conciliare all’evangelizzazione del mondo contemporaneo». Giovanni Paolo II «ha rappresentato "al vivo" la natura missionaria della Chiesa, con i viaggi apostolici e con l’insistenza del suo Magistero sull’urgenza di una nuova evangelizzazione».

Il Papa è giunto a San Paolo fuori le Mura intorno alle 18 di ieri, accolto da monsignor Francesco Monterisi, arciprete della Basilica e dal Padre Abate di San Paolo, dom Edmund Power. Entrato in Basilica dal quadriportico, il Papa, accompagnato processionalmente dai monaci benedettini, prima dell’inizio dei Vespri è sceso alla Confessione per venerare il sepolcro dell’Apostolo Paolo. Era presente la delegazione del Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, inviata da Bartolomeo I per la festa dei santi Pietro e Paolo. Nel salutarli, il Papa ha ha auspicato che si possa «proseguire con impegno la ricerca della piena unità tra i cristiani».""

Mimmo Muolo

martedì 29 giugno 2010

Santi Pietro e Paolo (Giovanni Paolo TV)

Omelia del Santo Padre nella Solennità dei SS. Pietro e Paolo


CAPPELLA PAPALE NELLA
SOLENNITÀ DEI SANTI APOSTOLI PIETRO E PAOLO

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Basilica Vaticana
Martedì, 29 giugno 2010


Cari fratelli e sorelle!

I testi biblici di questa Liturgia eucaristica della solennità dei santi Apostoli Pietro e Paolo, nella loro grande ricchezza, mettono in risalto un tema che si potrebbe riassumere così: Dio è vicino ai suoi fedeli servitori e li libera da ogni male, e libera la Chiesa dalle potenze negative. E’ il tema della libertà della Chiesa, che presenta un aspetto storico e un altro più profondamente spirituale.

Questa tematica attraversa tutta l’odierna Liturgia della Parola. La prima e la seconda Lettura parlano, rispettivamente, di san Pietro e di san Paolo sottolineando proprio l’azione liberatrice di Dio nei loro confronti. Specialmente il testo degli Atti degli Apostoli descrive con abbondanza di particolari l’intervento dell’angelo del Signore, che scioglie Pietro dalle catene e lo conduce fuori dal carcere di Gerusalemme, dove lo aveva fatto rinchiudere, sotto stretta sorveglianza, il re Erode (cfr At 12,1-11). Paolo, invece, scrivendo a Timoteo quando ormai sente vicina la fine della vita terrena, ne fa un bilancio consuntivo da cui emerge che il Signore gli è stato sempre vicino, lo ha liberato da tanti pericoli e ancora lo libererà introducendolo nel suo Regno eterno (cfr 2 Tm 4, 6-8.17-18). Il tema è rafforzato dal Salmo responsoriale (Sal 33), e trova un particolare sviluppo anche nel brano evangelico della confessione di Pietro, là dove Cristo promette che le potenze degli inferi non prevarranno sulla sua Chiesa (cfr Mt 16,18).

Osservando bene si nota, riguardo a questa tematica, una certa progressione. Nella prima Lettura viene narrato un episodio specifico che mostra l’intervento del Signore per liberare Pietro dalla prigione; nella seconda Paolo, sulla base della sua straordinaria esperienza apostolica, si dice convinto che il Signore, che già lo ha liberato “dalla bocca del leone”, lo libererà “da ogni male” aprendogli le porte del Cielo; nel Vangelo invece non si parla più dei singoli Apostoli, ma della Chiesa nel suo insieme e della sua sicurezza rispetto alle forze del male, intese in senso ampio e profondo. In tal modo vediamo che la promessa di Gesù – “le potenze degli inferi non prevarranno” sulla Chiesa – comprende sì le esperienze storiche di persecuzione subite da Pietro e da Paolo e dagli altri testimoni del Vangelo, ma va oltre, volendo assicurare la protezione soprattutto contro le minacce di ordine spirituale; secondo quanto Paolo stesso scrive nella Lettera agli Efesini: “La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti” (Ef 6,12).

In effetti, se pensiamo ai due millenni di storia della Chiesa, possiamo osservare che – come aveva preannunciato il Signore Gesù (cfr Mt 10,16-33) – non sono mai mancate per i cristiani le prove, che in alcuni periodi e luoghi hanno assunto il carattere di vere e proprie persecuzioni. Queste, però, malgrado le sofferenze che provocano, non costituiscono il pericolo più grave per la Chiesa. Il danno maggiore, infatti, essa lo subisce da ciò che inquina la fede e la vita cristiana dei suoi membri e delle sue comunità, intaccando l’integrità del Corpo mistico, indebolendo la sua capacità di profezia e di testimonianza, appannando la bellezza del suo volto. Questa realtà è attestata già dall’epistolario paolino. La Prima Lettera ai Corinzi, ad esempio, risponde proprio ad alcuni problemi di divisioni, di incoerenze, di infedeltà al Vangelo che minacciano seriamente la Chiesa. Ma anche la Seconda Lettera a Timoteo – di cui abbiamo ascoltato un brano – parla dei pericoli degli “ultimi tempi”, identificandoli con atteggiamenti negativi che appartengono al mondo e che possono contagiare la comunità cristiana: egoismo, vanità, orgoglio, attaccamento al denaro, eccetera (cfr 3,1-5). La conclusione dell’Apostolo è rassicurante: gli uomini che operano il male – scrive – “non andranno molto lontano, perché la loro stoltezza sarà manifesta a tutti” (3,9). Vi è dunque una garanzia di libertà assicurata da Dio alla Chiesa, libertà sia dai lacci materiali che cercano di impedirne o coartarne la missione, sia dai mali spirituali e morali, che possono intaccarne l’autenticità e la credibilità.

Il tema della libertà della Chiesa, garantita da Cristo a Pietro, ha anche una specifica attinenza con il rito dell’imposizione del Pallio, che oggi rinnoviamo per trentotto Arcivescovi Metropoliti, ai quali rivolgo il mio più cordiale saluto, estendendolo con affetto a quanti hanno voluto accompagnarli in questo pellegrinaggio. La comunione con Pietro e i suoi successori, infatti, è garanzia di libertà per i Pastori della Chiesa e per le stesse Comunità loro affidate. Lo è su entrambi i piani messi in luce nelle riflessioni precedenti. Sul piano storico, l’unione con la Sede Apostolica assicura alle Chiese particolari e alle Conferenze Episcopali la libertà rispetto a poteri locali, nazionali o sovranazionali, che possono in certi casi ostacolare la missione della Chiesa. Inoltre, e più essenzialmente, il ministero petrino è garanzia di libertà nel senso della piena adesione alla verità, all’autentica tradizione, così che il Popolo di Dio sia preservato da errori concernenti la fede e la morale. Il fatto dunque che, ogni anno, i nuovi Metropoliti vengano a Roma a ricevere il Pallio dalle mani del Papa va compreso nel suo significato proprio, come gesto di comunione, e il tema della libertà della Chiesa ce ne offre una chiave di lettura particolarmente importante. Questo appare evidente nel caso di Chiese segnate da persecuzioni, oppure sottoposte a ingerenze politiche o ad altre dure prove. Ma ciò non è meno rilevante nel caso di Comunità che patiscono l’influenza di dottrine fuorvianti, o di tendenze ideologiche e pratiche contrarie al Vangelo. Il Pallio dunque diventa, in questo senso, un pegno di libertà, analogamente al “giogo” di Gesù, che Egli invita a prendere, ciascuno sulle proprie spalle (cfr Mt 11,29-30). Come il comandamento di Cristo – pur esigente – è “dolce e leggero” e, invece di pesare su chi lo porta, lo solleva, così il vincolo con la Sede Apostolica – pur impegnativo – sostiene il Pastore e la porzione di Chiesa affidata alle sue cure, rendendoli più liberi e più forti.

Un’ultima indicazione vorrei trarre dalla Parola di Dio, in particolare dalla promessa di Cristo che le potenze degli inferi non prevarranno sulla sua Chiesa. Queste parole possono avere anche una significativa valenza ecumenica, dal momento che, come accennavo poc’anzi, uno degli effetti tipici dell’azione del Maligno è proprio la divisione all’interno della Comunità ecclesiale. Le divisioni, infatti, sono sintomi della forza del peccato, che continua ad agire nei membri della Chiesa anche dopo la redenzione. Ma la parola di Cristo è chiara: “Non praevalebunt – non prevarranno” (Mt 16,18). L’unità della Chiesa è radicata nella sua unione con Cristo, e la causa della piena unità dei cristiani – sempre da ricercare e da rinnovare, di generazione in generazione – è pure sostenuta dalla sua preghiera e dalla sua promessa. Nella lotta contro lo spirito del male, Dio ci ha donato in Gesù l’“Avvocato” difensore, e, dopo la sua Pasqua, “un altro Paraclito” (cfr Gv 14,16), lo Spirito Santo, che rimane con noi per sempre e conduce la Chiesa verso la pienezza della verità (cfr Gv 14,16; 16,13), che è anche la pienezza della carità e dell’unità. Con questi sentimenti di fiduciosa speranza, sono lieto di salutare la Delegazione del Patriarcato di Costantinopoli, che, secondo la bella consuetudine delle visite reciproche, partecipa alle celebrazioni dei Santi Patroni di Roma. Insieme rendiamo grazie a Dio per i progressi nelle relazioni ecumeniche tra cattolici ed ortodossi, e rinnoviamo l’impegno di corrispondere generosamente alla grazia di Dio, che ci conduce alla piena comunione.

Cari amici, saluto cordialmente ciascuno di voi: Signori Cardinali, Fratelli nell’Episcopato, Signori Ambasciatori e Autorità civili, in particolare il Sindaco di Roma, sacerdoti, religiosi e fedeli laici. Vi ringrazio per la vostra presenza. I santi Apostoli Pietro e Paolo vi ottengano di amare sempre più la santa Chiesa, corpo mistico di Cristo Signore e messaggera di unità e di pace per tutti gli uomini. Vi ottengano anche di offrire con letizia per la sua santità e la sua missione le fatiche e le sofferenze sopportate per la fedeltà al Vangelo. La Vergine Maria, Regina degli Apostoli e Madre della Chiesa, vegli sempre su di voi, in particolare sul ministero degli Arcivescovi Metropoliti. Col suo celeste aiuto possiate vivere e agire sempre in quella libertà, che Cristo ci ha guadagnato. Amen.


 

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

lunedì 28 giugno 2010

Riflessione sul Vangelo XIII Domenica ordinario (C)

L'Angelus del Santo Padre - 27 Giugno 2010

 
BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 27 giugno 2010



 Cari fratelli e sorelle! 

Le letture bibliche della santa Messa di questa domenica mi danno l’opportunità di riprendere il tema della chiamata di Cristo e delle sue esigenze, tema sul quale mi sono soffermato anche una settimana fa, in occasione delle Ordinazioni dei nuovi presbiteri della Diocesi di Roma. In effetti, chi ha la fortuna di conoscere un giovane o una ragazza che lascia la famiglia di origine, gli studi o il lavoro per consacrarsi a Dio, sa bene di che cosa si tratta, perché ha davanti un esempio vivente di risposta radicale alla vocazione divina. E’ questa una delle esperienze più belle che si fanno nella Chiesa: vedere, toccare con mano l’azione del Signore nella vita delle persone; sperimentare che Dio non è un’entità astratta, ma una Realtà così grande e forte da riempire in modo sovrabbondante il cuore dell’uomo, una Persona vivente e vicina, che ci ama e chiede di essere amata.

L’evangelista Luca ci presenta Gesù che, mentre cammina per la strada, diretto a Gerusalemme, incontra alcuni uomini, probabilmente giovani, i quali promettono di seguirlo dovunque vada. Con costoro Egli si mostra molto esigente, avvertendoli che “il Figlio dell’uomo – cioè Lui, il Messia – non ha dove posare il capo”, vale a dire non ha una propria dimora stabile, e che chi sceglie di lavorare con Lui nel campo di Dio non può più tirarsi indietro (cfr Lc 9,57-58.61-62). Ad un altro invece Cristo stesso dice: “Seguimi”, chiedendogli un taglio netto dei legami familiari (cfr Lc 9,59-60). Queste esigenze possono apparire troppo dure, ma in realtà esprimono la novità e la priorità assoluta del Regno di Dio che si fa presente nella Persona stessa di Gesù Cristo. In ultima analisi, si tratta di quella radicalità che è dovuta all’Amore di Dio, al quale Gesù stesso per primo obbedisce. Chi rinuncia a tutto, persino a se stesso, per seguire Gesù, entra in una nuova dimensione della libertà, che san Paolo definisce “camminare secondo lo Spirito” (cfr Gal 5,16). “Cristo ci ha liberati per la libertà!” – scrive l’Apostolo – e spiega che questa nuova forma di libertà acquistataci da Cristo consiste nell’essere “a servizio gli uni degli altri” (Gal 5,1.13). Libertà e amore coincidono! Al contrario, obbedire al proprio egoismo conduce a rivalità e conflitti.

Cari amici, volge ormai al termine il mese di giugno, caratterizzato dalla devozione al Sacro Cuore di Cristo. Proprio nella festa del Sacro Cuore abbiamo rinnovato con i sacerdoti del mondo intero il nostro impegno di santificazione. Oggi vorrei invitare tutti a contemplare il mistero del Cuore divino-umano del Signore Gesù, per attingere alla fonte stessa dell’Amore di Dio. Chi fissa lo sguardo su quel Cuore trafitto e sempre aperto per amore nostro, sente la verità di questa invocazione: “Sei tu, Signore, l’unico mio bene” (Salmo resp.), ed è pronto a lasciare tutto per seguire il Signore. O Maria, che hai corrisposto senza riserve alla divina chiamata, prega per noi!

Dopo l'Angelus

Stamani, in Libano, è stato proclamato Beato Estéphan Nehmé, al secolo Joseph, religioso dell’Ordine Libanese Maronita, vissuto in Libano tra la fine dell’Ottocento e la prima metà del Novecento. Mi rallegro di cuore con i fratelli e le sorelle libanesi, e li affido con grande affetto alla protezione del nuovo Beato.

In questa domenica che precede la solennità dei Santi Pietro e Paolo, ricorre in Italia e in altri Paesi la Giornata della Carità del Papa. Esprimo la mia viva gratitudine a quanti, con la preghiera e le offerte, sostengono l’azione apostolica e caritativa del Successore di Pietro e favore della Chiesa universale e di tanti fratelli vicini e lontani.

[Saluti in varie lingue: Saludo con afecto a los peregrinos de lengua española, presentes en esta oración mariana, y a todos los que se unen a ella a través de la radio o la televisión. En el evangelio proclamado este domingo, se nos muestra un verdadero programa de vida cristiana y Jesús mismo nos invita a un seguimiento más radical de su Persona, basado en el amor y el servicio. De la mano de la Santísima Virgen María, supliquemos la gracia de entender cada día más esta paradoja evangélica: que sólo el que pierde la vida por Cristo, la gana realmente. Muchas gracias y feliz domingo.]

 Rivolgo infine un saluto cordiale ai pellegrini di lingua italiana, in particolare al gruppo AVIS di Sant’Anna d’Alfaedo, presso Verona. A tutti auguro una buona domenica.

© Copyright 2010 - Libreria Editrice Vaticana

domenica 27 giugno 2010

Video Vangelo: XIII Domenica ordinario (C)

Come lampade ardenti


III tempo ordinario


“Mentre si stavano compiendo i giorni in cui Gesù sarebbe stato tolto dal mondo...” così inizia il Vangelo di oggi che ci dice che anche Gesù ha avuto un tempo ben preciso entro il quale svolgere la Sua missione. Un tempo che durò 33 anni e si concluse con l’Ascensione al Cielo. Il termine della Sua vita sulla Terra, non è stata la morte e nemmeno la Risurrezione, ma l’Ascensione. Solo allora la Sua missione è veramente e totalmente compiuta e Gesù esce dalla scena di questo mondo come Signore e padrone assoluto della sua vita. Non schiacciato dalla morte, non rinchiuso nel sepolcro, ma detentore Lui stesso del suo destino. Non esce da questa vita morto, come accadrà a tutti noi, ma vivo. Anzi è il VIVENTE che si eleva in alto per forza propria ed esce così da questa condizione temporale per entrare in quella eterna, con il proprio corpo. E’ quella la partenza definitiva di Gesù, non solo dal tempo, ma anche dallo spazio.

• 1) Tempo fissato ad ognuno

Ciò che mi colpisce in questo brano è che sulla vita di Gesù -come su quella di ognuno di noi- c’è un progetto preciso di DIO, fissato nel tempo e nello spazio, i cui limiti sono fissati da tutta l’eternità e sono invalicabili. Qui vediamo il compiersi dei giorni di Gesù e anche per ognuno di noi ci sarà un compimento dei nostri giorni, e nessuno potrà aggiungervi neanche un secondo. L’ora stabilita dal Padre, scoccherà con precisione assoluta. A ognuno è stato fissato un tempo e uno spazio entro cui svolgere il proprio compito e corrispondere alla volontà di DIO, finito il quale non ci sarà nessuna possibilità di ricominciare. Tutto si gioca qui ed ora. La reincarnazione non esiste per nessuno, neanche e tanto meno per coloro che ci credono (e anche tanti cristiani simpatizzano per questa teoria). E’ solo un modo per evadere dalla responsabilità e dalla presa di coscienza che la nostra vita ha una densità incredibile e una portata eterna.

• 2) Ora o mai più

Dobbiamo deciderci per DIO, qui ed ora; dobbiamo prendere la strada giusta adesso perché non ci sarà un’altra vita per farlo. Dobbiamo rispondere oggi alle esigenze della chiamata, e i testi di oggi ci dimostrano quanto siano reali, impegnative e difficili queste esigenze! Ed anche personali, dove ognuno deve impegnarsi in prima persona. Altro che quel che si dice oggi, che il Vangelo consisterebbe solo nella costruzione di un mondo migliore, senza scelte personali e a volte laceranti da fare, in risposta ad un Amore assoluto che non ammette esitazioni, ripensamenti, doppie appartenenze e inutili guardarsi indietro. Dio dà tutto, ma chiede anche tutto, soprattutto chiede fiducia incrollabile in Lui, e in Lui solo, senza “ posare il capo” in altre sicurezze. Dio chiede tutto, ma non prende tutto. Ad Abramo aveva chiesto il figlio e poi gliel’ha lasciato. Ma gliel’ha lasciato quando ha visto che era disposto a darglielo. Dio ci chiede questi salti nel vuoto, che sono poi salti in Lui, ma se rifiutiamo il salto nel vuoto non sapremo mai che in fondo c’era Lui ad aspettarci e non il vuoto.

• 3) Gli acrobati dello spirito

I Santi sono veri e propri acrobati dello spirito perché sono quelli che hanno trovato il loro punto d’appoggio nel soffitto e non più sul pavimento; hanno realizzato il rovesciamento totale di prospettiva e d’equilibrio e si aspettano tutto dall’Alto. Ma così hanno fatto l’esperienza di una pienezza di vita incredibile, perché era la stessa vita di Dio che fluiva in loro. Ma anche noi,nel nostro piccolo, se siamo fedeli al Signore, possiamo uscire dal grigiore di un’esistenza mediocre e insipida, per diventare piccole lampade ardenti e irradianti luce e calore tutt’intorno.

Wilma Chasseur


 Gesù ci dice: "Seguimi": noi lo vogliamo seguire, per raggiungerlo lassù?

sabato 26 giugno 2010

No alla pedofilia

Giornata contro la pedofilia

Si celebra una festa disgustosa chiamata giornata dell'orgoglio pedofilo. E' una giornata in cui gli orchi accenderanno una candela blu  e ci sarà una protesta per i pedofili in carcere. Capite bene che noi non potevamo rimanere con le mani in mano e quindi abbiamo istituito, oggi 26 Giugno 2010, la Giornata contro la pedofilia e ogni sua derivazione. In risposta abbiamo già inserito nella home page del sito, un icona diffusa dal un gruppo sorto su Facebook in risposta a questa orrenda giornata: "Soffia spegni chi spegne".  Se volete e potete  pubblicatela sui vostri profili, sui vostri blog, sui vostri siti e ovunque possibile. La pedofilia è una delle forme più perverse e abominevoli della sessualità: i bambini vengono violentati e la loro innocenza viene annientata. Abbiamo assistito a testimonianze che ci hanno fatto letteralmente vomitare ed è un crimine orrendo celebrare questi fatti. Noi della Vigna del Signore, abbiamo creato in seguito al dilagare arrogante della pedofilia  una nuova sezione che si affianca alla sezione “Salviamo i bambini” per contrastare questo che è uno dei mali più distruttivi del nostro tempo. Sono migliaia i casi di abusi su minori e non possiamo più tacere davanti a tanta crudeltà. Questa sezione ha l'obiettivo di promuovere la lotta alla pedofilia, aiutando a denunciare i reati di pedo-pornografia online e incoraggiando quanti sono vittime di abusi a rivolgersi alle autorità competenti. Se involontariamente vi siete imbattuti in una pagina contenente materiale pedo-pornografico, non esitate a segnalare o a denunciare alla Polizia Postale. Potete farlo cliccando sul seguente collegamento:

Non abbiate timore, pensate invece quanti innocenti con il vostro aiuto salverete. Gesù tiene conto di tutto e si ricorderà anche della vostra azione a favore del bene e in difesa del più debole.

“Ogni volta che avete fatto del bene a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me”. Mt 25,31-40.

Anche denunciando i pedofili e la pedo-pornografia è un fare del bene a questi fratelli più piccoli perché più la pedofilia sarà sgominata, meno violenze si avranno e più saranno gli innocenti risparmiati da questo atroce male. Ma allo stesso tempo chiunque farà del male a uno solo di questi fratelli più piccoli lo avrà fatto a Gesù.
Non basta chiudere gli occhi e la pagina web incriminata per stare bene con la propria coscienza. Occorre fare di più per il bene di questi fratelli più piccoli che Gesù ci ha affidati ed è nostro compito salvaguardarli. Abbiate il coraggio di denunciare gli orchi, non abbiate paura perché satana si serve di essa per ostacolare il bene e la giustizia. Non a parole i figli di Dio agiscono, ma con i fatti. Noi siamo figli di Dio, agiamo.

E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me. Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare. Guai al mondo per gli scandali! E' inevitabile che avvengano scandali, ma guai all'uomo per colpa del quale avviene lo scandalo!  Se la tua mano o il tuo piede ti è occasione di scandalo, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita monco o zoppo, che avere due mani o due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno. E se il tuo occhio ti è occasione di scandalo, cavalo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita con un occhio solo, che avere due occhi ed essere gettato nella Geenna del fuoco.

Guardatevi dal disprezzare uno solo di questi piccoli, perché vi dico che i loro angeli nel cielo vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. E' venuto infatti il Figlio dell'uomo a salvare ciò che era perduto). Mt 18,5-10.
 Il pedofilo ha il nemico più potente che lo condanna: Dio. Gesù dice: “Guai a chi scandalizza uno solo di questi piccoli”. E saranno veri guai, i più atroci guai che l’uomo abbia mai conosciuto e che nemmeno con tutte le forze della propria mente può immaginarne l’intensità.


Se sei tra i fruitori di materiale pornografico, fermati! Potresti desiderare più della comune pornografia. Fermati perché tu non diventi un orco nemico di Dio e meritevole dei “guai” promessi da Gesù a tutti coloro che scandalizzano uno solo di questi fratelli più piccoli. Confidiamo in Gesù perché dia forza e coraggio a quanti sono vittima dell’orrore della pedofilia.

NO oggi e sempre alla pedofilia.

Sì oggi e sempre alla tutela dei minori.

venerdì 25 giugno 2010

Salmo 8 - Se guardo il celo, la luna e le stelle

Salmo 8 - Potenza del nome divino


Come saprete, l'appuntamento con il salmo è il Sabato (il Sabato dei Salmi): eccezionalmente questa settimana anticipiamo l'appuntamento perchè domani la Vigna dedica l'intera giornata alla lotta contro la pedofilia per combattere la giornata dell'orgoglio pedofilo che si svolge proprio domani, una vergogna che vogliamo denunciare e combattere anche nel nostro piccolo.  

 Salmo 8

[1]Al maestro di coro. Sul canto: «I Torchi...».
Salmo. Di Davide.

[2]O Signore, nostro Dio,
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra:
sopra i cieli si innalza la tua magnificenza.
[3]Con la bocca dei bimbi e dei lattanti
affermi la tua potenza contro i tuoi avversari,
per ridurre al silenzio nemici e ribelli.

[4]Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
[5]che cosa è l'uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell'uomo perché te ne curi?

[6]Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato:
[7]gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi;
[8]tutti i greggi e gli armenti,
tutte le bestie della campagna;
[9]Gli uccelli del cielo e i pesci del mare,
che percorrono le vie del mare.

[10]O Signore, nostro Dio, 
quanto è grande il tuo nome su tutta la terra.

  
Commento 

Il Signore parla attraverso gli umili, a loro dona sapienza di spirito. Non a caso Gesù benedisse il Padre perché rivela le cose del cielo ai piccoli e le tiene nascoste ai sapienti della Terra. Dio ha bisogno di uomini che si facciano piccoli. Il Suo è un Regno di Giustizia. Chi vive nella superbia non può essere un uomo giusto; La superbia non è parte della Giustizia. Il Signore ha bisogno di uomini giusti quindi piccoli per estendere il Suo Regno sulla Terra. Noi spesso dimentichiamo quanto amore ha il Signore per noi uomini. Quale grande dono Egli ci ha fatto: Ci ha creato a Sua immagine e resi Suoi figli. Siamo davvero dei privilegiati. Siamo le uniche creature al mondo e probabilmente nell'intero universo ad avere le sembianze di Dio. A quale altro essere
il Signore ha fatto un dono così grande? Dobbiamo veramente sentirci amati perché lo siamo realmente! Forse noi dimentichiamo chi è Dio.. se ce ne rendessimo conto allora ci sentiremmo davvero dei miserabili
indegni per avere ricevuto un dono così grande, quello della Sua immagine e somiglianza. Dobbiamo esserGli grati anche per questo.  Ma oltre alle sembianze Egli ci chiama ad essere partecipi della Sua vita immortale:
Vuole donarci la vita eterna perché ci ritiene effettivamente Suoi figli! E lo siamo davvero! Che grande povertà ha dentro l'uomo moderno... vive la vita come fosse un gioco da quattro soldi... Non si rende conto dei
grandissimi e ineffabili doni che il Signore gli ha fatto... Sta perdendo il vero senso della vita, non sa più dove sbattere la testa per trovarlo. Lo cerca ovunque tranne che in Dio. Soltanto in Lui riscopriamo il vero
significato dell'esistenza. Molti esseri umani non sanno quasi più cosa è la dignità. Vendono i loro corpi nelle impurità, il loro modo di vivere è diventato una vera monnezza. E' proprio il caso di utilizzare un
termine così sciatto. Apriamo gli occhi e la mente dell'anima! Iniziamo a riflettere sul significato reale della vita. Cerchiamo Dio innanzitutto! Se solo sapessimo con che amore Egli ci ama, moriremmo per la nostra
indegnità, per l'impossibilità di ricambiare un amore così grande. Eppure Lui ci ama nonostante la nostra freddezza, ci ama anche se possiamo dargli soltanto una briciola di amore. 
 
Il Signore ci ha affidati la Terra, sotto ai nostri piedi ha messo tutte le cose di questo mondo, non di certo per calpestarle ma per custodirle. Dobbiamo amare Dio con tutte le nostre forze possibili. E sono sicuro che lo faremmo se solo ci sforzassimo di capire l'amore di Dio per noi. Sia la santità la nostra vocazione più grande poiché essere santi vuol dire amare, rispettare, seguire, servire e adorare il Signore. E' davvero grande il nome del Signore sopra tutta la Terra.
 
 

giovedì 24 giugno 2010

Giovanni Battista

Udienza Generale del Santo Padre - 23 Giugno 2010







BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 23 giugno 2010


San Tommaso d'Aquino (3)

Cari fratelli e sorelle,

vorrei oggi completare, con una terza parte, le mie catechesi su san Tommaso d’Aquino. Anche a più di settecento anni dopo la sua morte, possiamo imparare molto da lui. Lo ricordava anche il mio Predecessore, il Papa Paolo VI, che, in un discorso tenuto a Fossanova il 14 settembre 1974, in occasione del settimo centenario della morte di san Tommaso, si domandava: “Maestro Tommaso, quale lezione ci puoi dare?”. E rispondeva così: “la fiducia nella verità del pensiero religioso cattolico, quale da lui fu difeso, esposto, aperto alla capacità conoscitiva della mente umana” (Insegnamenti di Paolo VI, XII [1974], pp. 833-834). E, nello stesso giorno, ad Aquino, riferendosi sempre a san Tommaso, affermava: “tutti, quanti siamo figli fedeli della Chiesa possiamo e dobbiamo, almeno in qualche misura, essere suoi discepoli!” (Ibid., p. 836).

Mettiamoci dunque anche noi alla scuola di san Tommaso e del suo capolavoro, la Summa Theologiae. Essa è rimasta incompiuta, e tuttavia è un’opera monumentale: contiene 512 questioni e 2669 articoli. Si tratta di un ragionamento serrato, in cui l’applicazione dell’intelligenza umana ai misteri della fede procede con chiarezza e profondità, intrecciando domande e risposte, nelle quali san Tommaso approfondisce l’insegnamento che viene dalla Sacra Scrittura e dai Padri della Chiesa, soprattutto da sant’Agostino. In questa riflessione, nell’incontro con vere domande del suo tempo, che sono anche spesso domande nostre, san Tommaso, utilizzando anche il metodo e il pensiero dei filosofi antichi, in particolare di Aristotele, arriva così a formulazioni precise, lucide e pertinenti delle verità di fede, dove la verità è dono della fede, risplende e diventa accessibile per noi, per la nostra riflessione. Tale sforzo, però, della mente umana – ricorda l’Aquinate con la sua stessa vita – è sempre illuminato dalla preghiera, dalla luce che viene dall’Alto. Solo chi vive con Dio e con i misteri può anche capire che cosa essi dicono.

Nella Summa di Teologia, san Tommaso parte dal fatto che ci sono tre diversi modi dell’essere e dell'essenza di Dio: Dio esiste in se stesso, è il principio e la fine di tutte le cose, per cui tutte le creature procedono e dipendono da Lui; poi Dio è presente attraverso la sua Grazia nella vita e nell’attività del cristiano, dei santi; infine, Dio è presente in modo del tutto speciale nella Persona di Cristo unito qui realmente con l'uomo Gesù, e operante nei Sacramenti, che scaturiscono dalla sua opera redentrice. Perciò, la struttura di questa monumentale opera (cfr. Jean-Pierre Torrell, La «Summa» di San Tommaso, Milano 2003, pp. 29-75), una ricerca con “sguardo teologico” della pienezza di Dio (cfr. Summa Theologiae, Ia, q. 1, a. 7), è articolata in tre parti, ed è illustrata dallo stesso Doctor Communis – san Tommaso - con queste parole: “Lo scopo principale della sacra dottrina è quello di far conoscere Dio, e non soltanto in se stesso, ma anche in quanto è principio e fine delle cose, e specialmente della creatura ragionevole. Nell’intento di esporre questa dottrina, noi tratteremo per primo di Dio; per secondo del movimento della creatura verso Dio; e per terzo del Cristo, il quale, in quanto uomo, è per noi via per ascendere a Dio” (Ibid., I, q. 2). È un circolo: Dio in se stesso, che esce da se stesso e ci prende per mano, così che con Cristo ritorniamo a Dio, siamo uniti a Dio, e Dio sarà tutto in tutti.

La prima parte della Summa Theologiae indaga dunque su Dio in se stesso, sul mistero della Trinità e sull’attività creatrice di Dio. In questa parte troviamo anche una profonda riflessione sulla realtà autentica dell’essere umano in quanto uscito dalle mani creatrici di Dio, frutto del suo amore. Da una parte siamo un essere creato, dipendente, non veniamo da noi stessi; ma, dall’altra, abbiamo una vera autonomia, così che siamo non solo qualcosa di apparente — come dicono alcuni filosofi platonici — ma una realtà voluta da Dio come tale, e con valore in se stessa.

Nella seconda parte san Tommaso considera l’uomo, spinto dalla Grazia, nella sua aspirazione a conoscere e ad amare Dio per essere felice nel tempo e nell’eternità. Per prima cosa, l’Autore presenta i principi teologici dell’agire morale, studiando come, nella libera scelta dell’uomo di compiere atti buoni, si integrano la ragione, la volontà e le passioni, a cui si aggiunge la forza che dona la Grazia di Dio attraverso le virtù e i doni dello Spirito Santo, come pure l’aiuto che viene offerto anche dalla legge morale. Quindi l'essere umano è un essere dinamico che cerca se stesso, cerca di divenire se stesso e cerca, in questo senso, di compiere atti che lo costruiscono, lo fanno veramente uomo; e qui entra la legge morale, entra la Grazia e la propria ragione, la volontà e le passioni. Su questo fondamento san Tommaso delinea la fisionomia dell’uomo che vive secondo lo Spirito e che diventa, così, un’icona di Dio. Qui l’Aquinate si sofferma a studiare le tre virtù teologali - fede, speranza e carità -, seguite dall’esame acuto di più di cinquanta virtù morali, organizzate attorno alle quattro virtù cardinali - la prudenza, la giustizia, la temperanza e la fortezza. Termina poi con la riflessione sulle diverse vocazioni nella Chiesa.

Nella terza parte della Summa, san Tommaso studia il Mistero di Cristo - la via e la verità - per mezzo del quale noi possiamo ricongiungerci a Dio Padre. In questa sezione scrive pagine pressoché insuperate sul Mistero dell’Incarnazione e della Passione di Gesù, aggiungendo poi un’ampia trattazione sui sette Sacramenti, perché in essi il Verbo divino incarnato estende i benefici dell’Incarnazione per la nostra salvezza, per il nostro cammino di fede verso Dio e la vita eterna, rimane materialmente quasi presente con le realtà della creazione, ci tocca così nell'intimo.

Parlando dei Sacramenti, san Tommaso si sofferma in modo particolare sul Mistero dell’Eucaristia, per il quale ebbe una grandissima devozione, al punto che, secondo gli antichi biografi, era solito accostare il suo capo al Tabernacolo, come per sentire palpitare il Cuore divino e umano di Gesù. In una sua opera di commento alla Scrittura, san Tommaso ci aiuta a capire l’eccellenza del Sacramento dell’Eucaristia, quando scrive: “Essendo l’Eucaristia il sacramento della Passione di nostro Signore, contiene in sé Gesù Cristo che patì per noi. Pertanto tutto ciò che è effetto della Passione di nostro Signore, è anche effetto di questo sacramento, non essendo esso altro che l’applicazione in noi della Passione del Signore” (In Ioannem, c.6, lect. 6, n. 963). Comprendiamo bene perché san Tommaso e altri santi abbiano celebrato la Santa Messa versando lacrime di compassione per il Signore, che si offre in sacrificio per noi, lacrime di gioia e di gratitudine.

Cari fratelli e sorelle, alla scuola dei santi, innamoriamoci di questo Sacramento! Partecipiamo alla Santa Messa con raccoglimento, per ottenerne i frutti spirituali, nutriamoci del Corpo e del Sangue del Signore, per essere incessantemente alimentati dalla Grazia divina! Intratteniamoci volentieri e frequentemente, a tu per tu, in compagnia del Santissimo Sacramento!

Quanto san Tommaso ha illustrato con rigore scientifico nelle sue opere teologiche maggiori, come appunto la Summa Theologiae, anche la Summa contra Gentiles è stato esposto anche nella sua predicazione, rivolta agli studenti e ai fedeli. Nel 1273, un anno prima della sua morte, durante l’intera Quaresima, egli tenne delle prediche nella chiesa di San Domenico Maggiore a Napoli. Il contenuto di quei sermoni è stato raccolto e conservato: sono gli Opuscoli in cui egli spiega il Simbolo degli Apostoli, interpreta la preghiera del Padre Nostro, illustra il Decalogo e commenta l’Ave Maria. Il contenuto della predicazione del Doctor Angelicus corrisponde quasi del tutto alla struttura del Catechismo della Chiesa Cattolica. Infatti, nella catechesi e nella predicazione, in un tempo come il nostro di rinnovato impegno per l’evangelizzazione, non dovrebbero mai mancare questi argomenti fondamentali: ciò che noi crediamo, ed ecco il Simbolo della fede; ciò che noi preghiamo, ed ecco il Padre Nostro e l’Ave Maria; e ciò che noi viviamo come ci insegna la Rivelazione biblica, ed ecco la legge dell’amore di Dio e del prossimo e i Dieci Comandamenti, come esplicazione di questo mandato dell'amore.

Vorrei proporre qualche esempio del contenuto, semplice, essenziale e convincente, dell’insegnamento di san Tommaso. Nel suo Opuscolo sul Simbolo degli Apostoli egli spiega il valore della fede. Per mezzo di essa, dice, l’anima si unisce a Dio, e si produce come un germoglio di vita eterna; la vita riceve un orientamento sicuro, e noi superiamo agevolmente le tentazioni. A chi obietta che la fede è una stoltezza, perché fa credere in qualcosa che non cade sotto l’esperienza dei sensi, san Tommaso offre una risposta molto articolata, e ricorda che questo è un dubbio inconsistente, perché l’intelligenza umana è limitata e non può conoscere tutto. Solo nel caso in cui noi potessimo conoscere perfettamente tutte le cose visibili e invisibili, allora sarebbe un’autentica stoltezza accettare delle verità per pura fede. Del resto, è impossibile vivere, osserva san Tommaso, senza fidarsi dell’esperienza altrui, là dove la personale conoscenza non arriva. È ragionevole dunque prestare fede a Dio che si rivela e alla testimonianza degli Apostoli: essi erano pochi, semplici e poveri, affranti a motivo della Crocifissione del loro Maestro; eppure molte persone sapienti, nobili e ricche si sono convertite in poco tempo all’ascolto della loro predicazione. Si tratta, in effetti, di un fenomeno storicamente prodigioso, a cui difficilmente si può dare altra ragionevole risposta, se non quella dell’incontro degli Apostoli con il Signore Risorto.

Commentando l’articolo del Simbolo sull’Incarnazione del Verbo divino, san Tommaso fa alcune considerazioni. Afferma che la fede cristiana, considerando il mistero dell’Incarnazione, viene ad essere rafforzata; la speranza si eleva più fiduciosa, al pensiero che il Figlio di Dio è venuto tra noi, come uno di noi, per comunicare agli uomini la propria divinità; la carità è ravvivata, perché non vi è segno più evidente dell’amore di Dio per noi, quanto vedere il Creatore dell’universo farsi egli stesso creatura, uno di noi. Infine, considerando il mistero dell’Incarnazione di Dio, sentiamo infiammarsi il nostro desiderio di raggiungere Cristo nella gloria. Adoperando un semplice ed efficace paragone, san Tommaso osserva: “Se il fratello di un re stesse lontano, certo bramerebbe di potergli vivere accanto. Ebbene, Cristo ci è fratello: dobbiamo quindi desiderare la sua compagnia, diventare un solo cuore con lui” (Opuscoli teologico-spirituali, Roma 1976, p. 64).

Presentando la preghiera del Padre Nostro, san Tommaso mostra che essa è in sé perfetta, avendo tutte e cinque le caratteristiche che un’orazione ben fatta dovrebbe possedere: fiducioso e tranquillo abbandono; convenienza del suo contenuto, perché – osserva san Tommaso – “è assai difficile saper esattamente cosa sia opportuno chiedere e cosa no, dal momento che siamo in difficoltà di fronte alla selezione dei desideri” (Ibid., p. 120); e poi ordine appropriato delle richieste, fervore di carità e sincerità dell’umiltà.

San Tommaso è stato, come tutti i santi, un grande devoto della Madonna. L’ha definita con un appellativo stupendo: Triclinium totius Trinitatis, triclinio, cioè luogo dove la Trinità trova il suo riposo, perché, a motivo dell’Incarnazione, in nessuna creatura, come in Lei, le tre divine Persone inabitano e provano delizia e gioia a vivere nella sua anima piena di Grazia. Per la sua intercessione possiamo ottenere ogni aiuto.

Con una preghiera, che tradizionalmente viene attribuita a san Tommaso e che, in ogni caso, riflette gli elementi della sua profonda devozione mariana, anche noi diciamo: “O beatissima e dolcissima Vergine Maria, Madre di Dio..., io affido al tuo cuore misericordioso tutta la mia vita... Ottienimi, o mia dolcissima Signora, carità vera, con la quale possa amare con tutto il cuore il tuo santissimo Figlio e te, dopo di lui, sopra tutte le cose, e il prossimo in Dio e per Dio”.

[Saluti in varie lingue: Saludo a los grupos de lengua española, en particular a los miembros de la Asociación pública de Fieles “Hogar de la Madre”, así como a los demás fieles provenientes de España, México y otros países latinoamericanos. Os invito a todos, a imitación de Santo Tomás de Aquino, a profundizar, mediante el estudio y la oración, en los grandes misterios de la fe. Muchas gracias.]

 * * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli della parrocchia di San Gavino Martire, in Camposanto; i militari del 37° Stormo dell’Aeronautica, di Trapani; gli esponenti dell’Associazione “Orizzonte Malati”. Tutti ringrazio per questa visita e, mentre vi esorto a rinnovare propositi di generosa testimonianza cristiana, invoco su ciascuno la continua assistenza del Signore.

Saluto, ora, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Oggi ricorre la memoria liturgica di san Giuseppe Cafasso e il 150° anniversario della sua morte. L’esempio di questa attraente figura di sacerdote esemplare, cui vorrei dedicare la prossima catechesi del Mercoledì, aiuti voi, cari giovani, a sperimentare personalmente la forza liberatrice dell'amore di Cristo, che rinnova profondamente la vita dell'uomo; sostenga voi, cari malati, ad offrire le vostre sofferenze per la conversione di chi è prigioniero del male; incoraggi voi, cari sposi novelli, ad essere segno della fedeltà di Dio anche con il perdono reciproco, motivato dall'amore.








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mercoledì 23 giugno 2010

Pescatori di uomini

Inno alla Carità di San Paolo

Diamo voce alle crisi dimenticate

Tre anni fa, era il 26 giugno, Mirka Brzezinski, stava conducendo "Morning Joe", un programma della Msnbc, celebre rete statunitense. Ad un certo punto, tutti si accorsero che la bella e famosa anchorwomen non stava più leggendo sul "gobbo". Cominciò infatti a protestare dicendo che la notizia sulla scarcerazione di Paris Hilton non l'avrebbe letta. Urlò che era inaccettabile che la scaletta del Tg la prevedesse d'apertura, addirittura prima di quella sulla rottura clamorosa dei rapporti fra un senatore repubblicano e Gorge W. Bush, a proposito della guerra in Iraq. Finì sui giornali e le tv di tutto il mondo, anche se in molti pensarono - forse non a torto - che si trattò solo di una furba messa in scena. L'episodio, tuttavia, mise comunque in evidenza un problema: che il sistema globale dell'informazione sembra sempre più narcotizzato e vittima di meccanismi che cancellano palesi priorità e sconvolgono gerarchie di valori. Tutto in ossequio ad un'audience, tenuta sotto controllo dai potenti "sensori" della pubblicità.  FONTE

Oggi portiamo alla ribalta una denuncia contro l'informazione globale. ciò che avete letto è un estratto di un articolo di Repubblica che ha posto in evidenza il rapporto dei Medici Senza Frontiere, il quale rende visibili un dato inquietante: "le notizie sulle crisi umanitarie nel 2009 sono state il 6% del totale". Dal rapporto emerge che i TG danno più spazio ai saldi e al gossip piuttosto che alle emergenze umanitarie come la fame, la sete e la guerra. Questo è inquietante perchè bisognerebbe invece dar voce a coloro che purtroppo non ne hanno (perché non possono) e che vivono situazioni drammatiche che meriterebbero sicuramente la nostra attenzione. Ormai queste crisi vengono viste come "normali", soprattutto se accadono in territori africani e questo significa che non fa più notizia. I massacri, le malattie, la fame sempre più estesa, non fanno più notizia! Questa è la cosa più vergognosa perchè ormai c'è un clima di narcotizzazione dello spettatore/cittadino. Non è un segreto che viviamo in una società che tende a nascondere sotto il tappeto i problemi ed ad evidenziare le cose frivole e banali: anche in Italia, basta vedere un TG per rendersi conto di quante stupidaggini vengono messe in evidenza e al riguardo ci fu un giornalista italiano (Marco Travaglio, ndr) che riassunse la maggior parte dei titoli più banali e frivoli dati dai TG in determinate situazioni. Ecco perchè noi scendiamo in campo per dare voce alle testimonianze che giungono dai Medici Senza Frontiere perchè nel nostro piccolo, non vogliamo lasciarli soli e abbandonati all'oscurantismo dei media nazionali ed internazionali. E' poca cosa, ma almeno possiamo andare a dormire con la coscienza apposto, sapendo di aver contribuito a diffondere quell'informazione che viene ripetutamente oscurata o sottovalutata e preferita da altre notizie. Questo serve anche da ringraziamento per quanto fatto in quei paesi e per aver dimostrato che l'uomo può essere mosso anche da spirito caritatevole e non solo dal denaro, come molti pensano. Quanto segue è una testimonianza (datata Ottobre 2009) tratta dal sito ufficiale delle crisi dimenticate che presenta la sfida quotidiana di MSF nello Yemen:

Per settimane lo Yemen settentrionale è stato teatro di combattimenti incessanti. Da settembre 2007 Medici Senza Frontiere lavora nel governatorato di Saada, nord Yemen. L’équipe di MSF garantisce cure mediche alla popolazione vittima della “Sesta Guerra”, la più violenta delle offensive che dal 2004 vede contrapposti il governo e il gruppo d’opposizione Al Houthi. Andrés Romero, capo missione di MSF a Sana’a, spiega come è cambiato il lavoro di MSF.

Quali cambiamenti hanno subito le attività di MSF nel nord dello Yemen?

MSF sostiene due ospedali del Ministero della Sanità a Shara’a, nel distretto di Razeh, e ad Al Talh, nel distretto di Saher. In entrambi gli ospedali, le nostre équipe forniscono assistenza medica gratuita, garantendo le cure di base ma anche il pronto soccorso, i ricoveri e il servizio di ginecologia-ostetricia. Ad Al-Talh, in caso di emergenza, viene attivato anche il servizio di chirurgia. Nelle vicine città di Razeh e Al-Talh, MSF supporta i centri sanitari del Ministero offrendo visite generali e anche specialistiche. Dopo l’inizio della cosiddetta “Sesta Guerra” nell’agosto 2009, MSF ha cominciato anche a fornire assistenza medica ai profughi interni dell’area di Mandabah, situata nel nord del governatorato di Saada. È stato messo a punto un sistema di approvvigionamento idrico per rifornire di acqua potabile circa 250 famiglie. Nel corso degli ultimi due mesi di pesante combattimento, gestire tutte queste attività è diventato estremamente complesso, nonostante le assicurazioni fornite da entrambe le parti in conflitto. Siamo stati costretti a sospendere temporaneamente il servizio di chirurgia ad Al Talh e a ridurre il sostegno portato alle strutture sanitarie di base. Inoltre abbiamo dovuto ritardare l’avvio delle attività mediche nell’area di Mandabah. Continuiamo tuttavia a garantire visite mediche e ricoveri presso Razeh, e le nostre équipe mediche hanno preso in carico circa 560 emergenze al mese.


Di cosa hanno più urgentemente bisogno, a suo parere, le persone che abitano nel governatore di Saada?

Lo stato di guerra permanente ha costretto grandi masse di persone a fuggire in cerca di rifugio, ma sempre all’interno del proprio governatorato o verso le aree limitrofe. Non possiamo dire con precisione assoluta quanti siano i profughi interni, dal momento che le squadre di soccorso e le associazioni umanitarie devono superare grandissimi ostacoli prima di riuscire ad arrivare in tutte le aree del governatorato. Tuttavia, stando alle Nazioni Unite, sarebbero circa 60.000 le persone costrette a scappare dai propri villaggi per rifugiarsi nei governatorati di Saada, Amran e Hajia. Inoltre, molte famiglie sono ancora in viaggio, costrette a vagare da un posto all’altro incalzate dalla paura. Per esempio, nell’area a nord del governatorato alcune famiglie si sono spostate da Dahyan a Jesnem, poi da Jesmen a Baqim, infine da Baqim a Mandabah. P
roprio a Mandabah le nostre équipe si sono trovate di fronte a circa 3.000 persone costrette per lo più a vivere in precarie condizioni di vita, con scarse possibilità di approvvigionamento idrico e prive di beni di prima necessità come coperte e materiali per cucinare. Anche procurarsi il cibo è un problema, visto che le difficoltà di trasporto e commercio hanno fatto lievitare il prezzo delle merci di quattro volte. Mentre le altre associazioni si stanno organizzando per risolvere le questioni dell’approvvigionamento alimentare, MSF concentra i suoi sforzi nel tentativo di fornire assistenza medica alla popolazione di questa area. All’interno del governatorato riuscire a garantire assistenza sanitaria è senz’altro una questione della massima urgenza, dal momento che la gran parte delle strutture sanitarie è ferma e raggiungere le poche ancora funzionanti è un’impresa. Difficile stabilire quante siano le vittime tra i civili: all’ospedale di Al Talh, tra l’11 agosto e il 22 settembre, MSF ha eseguito 195 interventi chirurgici, di cui 135 per ferite di guerra. Poi, il servizio di chirurgia presso questo ospedale è stato interrotto. MSF sta lavorando con il Ministero della Sanità yemenita al fine di riattivarlo al più presto possibile.

Come è riuscita MSF a proseguire nelle sue attività nonostante il clima di estrema insicurezza?

 

Si è trattato di una sfida quotidiana, dovendo fronteggiare un gran numero di problemi, in primo luogo quelli relativi al clima di insicurezza e all’assenza di un valido sistema di comunicazioni. Non si poteva contare né sui telefoni di terra né sui cellulari. Le strade che collegano il governatorato di Saada con il resto del paese erano state bloccate. Gli operatori dello staff yemenita di MSF hanno spesso continuato a lavorare negli ospedali senza poter comunicare con le proprie famiglie. MSF ha risposto alla sfida preoccupandosi di inviare, attraverso l’Arabia Saudita, attrezzature mediche e risorse umane, in particolar modo un’équipe chirurgica, e cercando di seguire costantemente l’evolvere della situazione. Tutte le parti coinvolte nel conflitto riconoscono a MSF il suo status di attore neutrale e imparziale, per questo abbiamo sempre prestato assistenza medica a chiunque ne avesse bisogno, compresi i feriti di guerra, senza fare distinzioni tra una parte politica o l’altra. Tra gennaio e luglio 2009, nel governatorato di Saada, le équipe di MSF hanno assolto 30.000 consulti medici, di cui 8.000 casi di emergenza e 1.450 ricoveri. MSF ha inoltre eseguito 720 operazioni chirurgiche, di cui circa 100 a favore di feriti di guerra.    


 

martedì 22 giugno 2010

Il Regno di Dio

Cristiani si... cristiani no...

Oggi vi forniamo, grazie alla segnalazione del nostro caro amico Daniele (noto ai più come thevandeano), dati presi dal sito dell'Unione Cristiani Cattolici Razionali UCCR:

Nuove proiezioni: nel 2050 i cristiani al 35% e gli agnostici in calo al 6%.
In Aumento numero credenti, cristiani, cattolici, Numeri credenti e cattolici nel mondo on 16 giugno 2010 at 14:47

I cristiani oggi sono 2,3 miliardi di persone e nel 2050, assieme ai musulmani rappresenteranno i due terzi della popolazione mondiale. Ma per approfondire meglio il tutto, è nato l'Atlante del cristianesimo globale, il primo atlante che incrociando i dati di 200 diversi studi, prova ad analizzare i trend sul cristianesimo e le religioni nelle diverse aree del mondo. Il volume è il frutto del lavoro di un gruppo di studiosi, coordinati dal sociologo americano Todd Johnson e dal teologo scozzese Kenneth Ross ed è stato aperto un sito internet apposito. Su Avvenire potete trovare i dettagli, qui riportiamo solo i dati più significativi: il cristianesimo è professato oggi dal 33,2% della popolazione mondiale, abbondantemente al primo posto tra le religioni e presente in tutti i Paesi del mondo. Nel 2050, stimando una popolazione complessiva di circa 9,2 miliardi di persone (2 miliardi e mezzo in più rispetto a quella attuale), per i cristiani è prevista una crescita: saremo 3,2 miliardi, cioè il 35% del mondo. L'altra proiezione interessante è il crollo dell'agnosticismo: in termini percentuali passerebbe dal 9,3 al 6,1 per cento, con un calo dei non credenti anche in valore assoluto (a conferma che -- ridimensionata la sbornia post-illuminista -- il XXI secolo sarà il secolo delle religioni). Oggi i cattolici sono il gruppo maggioritario: 1,15 miliardi, cioè il 16,7% della popolazione mondiale e sono il 50,4% del totale dei cristiani.


Questi sono i dati numerici, dati sicuramente confortanti che dimostrano l'universalità del messaggio evangelico: Gesù ha davvero raggiunto gli estremi confini della terra! Ma ovviamente si tratta pur sempre di dati numerici e la realtà non è certo una delle migliori perchè l'ateismo sembra prender molto più spazio di quanto questi dati in realtà dimostrano: e sapete perchè? Perchè la maggior parte di coloro che si dichiarano ancora oggi cristiani, in realtà sono più vuoti degli atei! Sì, il cancro di oggi è il diluismo della fede che viene pronunciata a parole, ma non nei fatti: Gesù sarebbe contento di questo? Di vedere un mondo che si dichiara cattolico, ma che nei fatti si comporta come ateo? Non lasciamoci traviare dai numeri, ma pensiamo alla qualità della fede che è cosa più importante. E pensiamo anche che all'interno di questo numero, vi sono anche molte pecorelle smarrite che andrebbero recuperate e per farlo bisogna evangelizzare sempre e senza timore: dire la verità così come è, anche se dura e a volte inaccettabile. I Santi di Dio, i profeti e gli evangelizzatori hanno sempre fatto così: non hanno mai parlato con buonismo, ma hanno severamente rimproverato e non perchè si sentivano superiori, ma perchè conoscevano la Verità che era stata loro rivelata e quella Verità è il Vangelo. Oggi tendiamo ad adattare il Vangelo alle nostre esigenze e chi compie questo è lontano dalla Verità e per questo va severamente rimproverato. Ma non perchè siamo superiori, ma perchè il Vangelo è eterno, immutabile, non adattabile e non pieghevole alle esigenze umane: chi pensa il contrario è di per sè lontano dalla Verità e per questo va rimproverato in modo che veda l'errore del suo pensiero "umano".

Sono tempi difficili dove la fede è appesa ad un filo nonostante il numero di coloro che si professano cristiani: anche Maria, nelle apparizioni, ha sempre posto l'attenzione su questo dato preoccupante, esortandoci ad eseguire e compiere la Volontà di Dio nei fatti altrimenti non ci saremmo potuti salvare. L'inganno del secolo è far credere che la salvezza ci spetti a prescindere perchè tanto saremo perdonati. Il Paradiso è lontano per chi pensa che sia vicino ed è vicino per chi pensa che sia lontano.

Nel vangelo di oggi, cosa dice Gesù? Egli dice: «Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano!».

Quindi, apprendiamo con ottimismo che vi è un numero considerevole di cristiani, ma allo stesso tempo, prendiamo la notizia con le molle perchè ci teniamo più alla qualità che al numero apparente: ci teniamo che il cristiano sia tale non a parole, ma con il cuore e con le opere, così come vuole Gesù! Pace a voi!


La Via che conduce al Regno di Dio

lunedì 21 giugno 2010

Riflessione sul Vangelo XII Domenica ordinario (C)

L'Angelus del Santo Padre Benedetto XVI - 20 Giugno 2010

BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 20 giugno 2010





Cari fratelli e sorelle!

Questa mattina nella Basilica di San Pietro ho conferito l’ordine presbiterale a quattordici diaconi della Diocesi di Roma - per questo sono in ritardo per l'Angelus. Il sacramento dell’Ordine manifesta, da parte di Dio, la sua premurosa vicinanza agli uomini e, da parte di chi lo riceve, la piena disponibilità a diventare strumento di questa vicinanza, con un amore radicale a Cristo e alla Chiesa. Nel Vangelo dell’odierna domenica, il Signore domanda ai suoi Discepoli: «Ma voi, chi dite che io sia?» (Lc 9,20). A questo interrogativo l’apostolo Pietro risponde prontamente: «Tu sei il Cristo di Dio, il Messia di Dio» (cfr Iibid.), superando, così, tutte le opinioni terrene che ritenevano Gesù uno dei profeti. Secondo sant’Ambrogio, con questa professione di fede, Pietro «ha abbracciato insieme tutte le cose, perché ha espresso la natura e il nome» del Messia (Exp. in Lucam VI, 93, CCL 14, 207). E Gesù, di fronte a questa professione di fede rinnova a Pietro e agli altri discepoli l’invito a seguirlo sulla strada impegnativa dell’amore fino alla Croce. Anche a noi, che possiamo conoscere il Signore mediante la fede nella sua Parola e nei Sacramenti, Gesù rivolge la proposta di seguirlo ogni giorno e anche a noi ricorda che per essere suoi discepoli è necessario appropriarci del potere della sua Croce, vertice dei nostri beni e corona della nostra speranza.

San Massimo il Confessore osserva che «il segno distintivo del potere del nostro Signore Gesù Cristo è la croce, che egli ha portato sulle spalle» (Ambiguum 32, PG 91, 1284 C). Infatti, «a tutti diceva: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua"» (Lc 9,23). Prendere la croce significa impegnarsi per sconfiggere il peccato che intralcia il cammino verso Dio, accogliere quotidianamente la volontà del Signore, accrescere la fede soprattutto dinanzi ai problemi, alle difficoltà, alla sofferenza. La santa carmelitana Edith Stein ce lo ha testimoniato in un tempo di persecuzione. Scriveva così dal Carmelo di Colonia nel 1938: «Oggi capisco … che cosa voglia dire essere sposa del Signore nel segno della croce, benché per intero non lo si comprenderà mai, giacché è un mistero… Più si fa buio intorno a noi e più dobbiamo aprire il cuore alla luce che viene dall’alto». (La scelta di Dio. Lettere (1917-1942), Roma 1973, 132-133). Anche nell’epoca attuale molti sono i cristiani nel mondo che, animati dall’amore per Dio, assumono ogni giorno la croce, sia quella delle prove quotidiane, sia quella procurata dalla barbarie umana, che talvolta richiede il coraggio dell’estremo sacrificio. Il Signore doni a ciascuno di noi di riporre sempre la nostra solida speranza in Lui, certi che, seguendolo portando la nostra croce, giungeremo con Lui alla luce della Risurrezione.

Affidiamo alla materna protezione della Vergine Maria i nuovi sacerdoti oggi ordinati che si aggiungono alla schiera di quanti il Signore ha chiamato per nome: siano sempre fedeli discepoli, coraggiosi annunciatori della Parola di Dio e amministratori dei suoi Doni di salvezza.

Dopo l'Angelus

Desidero rivolgere un pressante appello perché la pace e la sicurezza siano presto ristabilite nel Kyrgyzstan meridionale, in seguito ai gravi scontri verificatisi nei giorni scorsi. Ai parenti delle vittime e a quanti soffrono per questa tragedia esprimo la mia commossa vicinanza ed assicuro la mia preghiera. Invito, inoltre, tutte le comunità etniche del Paese a rinunziare a qualsiasi provocazione o violenza e chiedo alla comunità internazionale di adoperarsi perché gli aiuti umanitari possano raggiungere prontamente le popolazioni colpite.

Oggi l’Organizzazione delle Nazioni Unite celebra la Giornata Mondiale del Rifugiato, per richiamare l’attenzione ai problemi di quanti hanno lasciato forzatamente la propria terra e le consuetudini familiari, giungendo in ambienti che, spesso, sono profondamente diversi. I rifugiati desiderano trovare accoglienza ed essere riconosciuti nella loro dignità e nei loro diritti fondamentali; in pari tempo, intendono offrire il loro contributo alla società che li accoglie. Preghiamo perché, in una giusta reciprocità, si risponda in modo adeguato a tale aspettativa ed essi mostrino il rispetto che nutrono per l’identità delle comunità che li ricevono.

[ Saluti in varie lingue - Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española que se unen a esta plegaria mariana, también a través de la radio y la televisión. La liturgia de hoy nos llega con la pregunta de Jesús a sus discípulos: ¿Quién decís que soy yo? A ella se puede dar una respuesta acertada sólo tras haberla aprendido de Él, escuchando su palabra, imitando su vida, encontrándolo personalmente en los sacramentos y en la oración. Que la Virgen María nos ayude en esta apasionante búsqueda para descubrir a quien es nuestra alegría y nuestra salvación. Feliz Domingo.]


Saluto infine i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli delle parrocchie Santa Paola Romana in Roma, SS.mo Redentore in Casette d’Ete, Santa Maria Assunta e San Bartolomeo in Frassinelle Polesine; come pure agli automobilisti del Ferrari Club Italia. A tutti auguro una buona domenica.

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domenica 20 giugno 2010

Video Vangelo: XII Domenica ordinario (C)

L'unica domanda



XII domenica tempo ordinario


In questa domenica il Vangelo ci invita ad interrogarci sull’identità di Gesù . “Chi sono io secondo la gente (…). E voi chi dite che io sia”. Come dovettero farlo i suoi contemporanei, così continuarono a farlo tutti coloro che vennero in seguito. E i secoli continuano ad interrogarsi su quel personaggio –l’unico– che è uomo e Dio allo stesso tempo. E non smetteranno mai… Questa domanda risuonerà fino alla consumazione del tempo e della memoria.

• 1) Perché questa domanda?

Perché Gesù fa questa domanda? Non certo per fare un sondaggio d’opinione: Egli sa benissimo cosa c’è nel cuore della gente. Probabilmente lo fa per far comprendere quanto sia importante conoscere la sua vera identità e suscitare la risposta dei discepoli. Voi, chi dite che io sia? Voi che mi avete conosciuto da vicino, avete condiviso la mia vita giorno e notte, dopo aver lasciato casa, barca e padre…
Sappiamo che la persona di questo Maestro, interpellava ogni categoria di persone; dai notabili alla gente del popolo. Ognuno si pronunciava a modo suo: i capi del popolo davano la loro risposta, la gente un’ altra risposta e i discepoli ancora un’altra.
Chi era Gesù per i capi del popolo?

• 2) Perché si scandalizzavano?

Per gli anziani del popolo, sommi sacerdoti, scribi e farisei era un continuo stupirsi ed anche scandalizzarsi: ma chi è mai costui che mangia con i pubblicani e i peccatori, non osserva il riposo sabbatico, non digiuna con i suoi discepoli? Ma anche: chi è mai costui che rimette i peccati, sgrida il vento e la tempesta e questi obbediscono, fa retrocedere la morte, guarisce malati e libera indemoniati? Lo osservavano giorno e notte con la lente di ingrandimento e attraverso il filtro della legge che conoscevano nei minimi dettagli.
Ma Gesù non l’hanno riconosciuto e tanto meno accettato. Eppure erano religiosi, osservanti, praticanti fino ai minimi dettagli i 613 precetti della Torah; non erano perciò né atei, né agnostici, ma di Gesù non ne vollero sapere.
Chi era Gesù per la folla? Certamente un grande profeta, ma non riuscivano a scorgere altro. La gente non era apertamente ostile a Gesù. Anzi accorreva in massa ad ascoltarlo, ma interessavano più i benefici che ne potevano ottenere che non la sua persona. Evidentemente la folla non aveva capito il mistero della persona di

Gesù.

• 3) E per noi discepoli di oggi, chi è Gesù?

Chi era Gesù per i discepoli? Era il loro Maestro e Signore per il quale avevano lasciato casa, barca, padre, per seguirlo, ma erano ben lungi dall’averne capito il mistero. Si aspettavano ancora un Messia temporale, un liberatore d’Israele e la loro fede messianica doveva essere purificata da queste attese umane. Ma questa volta Pietro dà una stupenda risposta (“Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente”) che lo fa definire beato da Gesù stesso: “Beato te Simone, perché né la carne, né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli”. Ma nello stesso tempo asserisce che non ci sarebbe mai arrivato da solo, se il Padre non gliel’avesse suggerito…
E per ognuno di noi, chi è Gesù Cristo? Il Salvatore, l’amico, il fratello, Colui che è presente nella nostra vita, ogni giorno, o un personaggio qualunque vissuto duemila anni fa e niente più? E’ vivo oggi o appartiene al passato? Dalla risposta che daremo a questa domanda dipenderà il nostro cammino quaggiù e il nostro destino eterno.

Wilma Chasseur


Il Cristo di Dio

sabato 19 giugno 2010

Salmo 7

Il Sabato dei Salmi - Salmo 7 - Preghiera del giusto perseguitato


[1]Lamento che Davide rivolse al Signore
per le parole di Cus il Beniaminita.

[2]Signore, mio Dio, in te mi rifugio:
salvami e liberami da chi mi perseguita,
[3]perché non mi sbrani come un leone,
non mi sbrani senza che alcuno mi salvi.

[4]Signore mio Dio, se così ho agito:
se c'è iniquità sulle mie mani,
[5]se ho ripagato il mio amico con il male,
se a torto ho spogliato i miei avversari,
[6]il nemico m'insegua e mi raggiunga,
calpesti a terra la mia vita
e trascini nella polvere il mio onore.

[7]Sorgi, Signore, nel tuo sdegno,
levati contro il furore dei nemici,
alzati per il giudizio che hai stabilito.
[8]L'assemblea dei popoli ti circondi:
dall'alto volgiti contro di essa.
[9]Il Signore decide la causa dei popoli:
giudicami, Signore, secondo la mia giustizia,
secondo la mia innocenza, o Altissimo.
[10]Poni fine al male degli empi;
rafforza l'uomo retto,
tu che provi mente e cuore, Dio giusto.

[11]La mia difesa è nel Signore,
egli salva i retti di cuore.
[12]Dio è giudice giusto,
ogni giorno si accende il suo sdegno.
[13]Non torna forse ad affilare la spada,
a tendere e puntare il suo arco?
[14]Si prepara strumenti di morte,
arroventa le sue frecce.

[15]Ecco, l'empio produce ingiustizia,
concepisce malizia, partorisce menzogna.
[16]Egli scava un pozzo profondo
e cade nella fossa che ha fatto;
[17]la sua malizia ricade sul suo capo,
la sua violenza gli piomba sulla testa.
[18]Loderò il Signore per la sua giustizia
e canterò il nome di Dio, l'Altissimo.


In questo Salmo, Davide chiede l'aiuto del Signore Dio affinché lo protegga dalle persecuzioni di cui egli è vittima. Tali persecuzioni avvengono per mano di empi che lavorano giorno e notte nel produrre ingiustizia, nel
concupire malizia e nel  partorire menzogna. Questa esortazione di Davide è molto attuale poichè vale anche per noi: pensiamo a quelle volte che chiediamo aiuto a Dio contro le tentazioni: cosa sono le tentazioni se non persecuzioni del maligno? Davide parla di empi e chi è il padre dell'empietà se non satana? Ecco l'analogia con il mondo odierno: noi combattiamo la persecuzione di satana così come Davide combatteva le persecuzioni degli empi che volevano la sua fine.

Davide ha posto la sua difesa nelle mani di Dio che chiama ad essere Giudice nella controversia: egli si affida totalmente alla Giustizia Divina, al punto da esser pronto a pagare le conseguenze se Dio avrà trovato il male nelle sue opere. Davide è un uomo giusto che pone speranza, fiducia e forza nelle mani di Dio conscio che la Sua Giustizia è retta e che il Suo cuore misericordioso. Non pensa lui ad affrontare la persecuzione, ma lascia che sia Dio ad occuparsi degli empi. Prendiamo esempio da questo: a noi che spesso cadiamo nel desiderio della vendetta nei confronti di chi ci fa torto: lasciamo che sia Dio a difenderci e a vendicarci così come sta scritto: "A me la vendetta!". Non perdiamoci in sentimenti di odio e rancore e vendetta, ma affidiamoci, come Davide, al Giudizio Divino, quel Giudizio che già si manifesta durante la vita terrena, ma che avrà la sua piena manifestazione nel Giorno del Giudizio.  E chiudiamo anche noi, con una lode al Signore per la Sua Giustizia retta e inappellabile!


venerdì 18 giugno 2010

CantoGesu: Ave Maria (Giada Nobile)

Maria di Nazareth dalle Rivelazioni di Santa Brigida di Svezia

Ringraziamo la nostra cara Yanisa che ci ha portato a conoscere questa bellissima rivelazione che oggi vogliamo condividere con tutti voi:  


La Vergine Regina del Cielo porta sul capo una corona inestimabile


 Dice il Signore Gesù:

"Io sono il re della gloria; Signore su tutti i signori. Ho creato il cielo, la terra e tutto ciò che contengono: per questo si compia la mia volontà.

Chi ha imparato a seguire la mia volontà è la Madre mia, la quale fin dalla gioventù rinunciò alla sua per amore mio; è per questo che ha detto:"Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto" (Lc 1,38). Maria è come l'oro prezioso che viene adagiato e sagomato sull'incudine, poiché è stata forgiata da ogni sorta di tribolazioni e ha sofferto mille mali durante la mia indicibile Passione. Infatti, quando il mio corpo era spezzato sulla croce dall'intensità del dolore, il suo cuore ne era ferito come se fosse stato trafitto con un ferro che strazia, e avrebbe permesso che fosse lacerato, se solo lo avessi voluto; in verità, si sarebbe opposta alla mia Passione e avrebbe desiderato la mia vita solo se ciò fosse stato conforme alla mia volontà. Così, poiché Ella non mi ha rifiutato nulla quando era sulla terra, Io non voglio rifiutarle nulla ora che è in cielo. Sia fatta la tua volontà, Madre mia!

La Vergine, Regina del cielo, porta sul capo una corona inestimabile. I suoi capelli, luminosi e bellissimi, ricadono sulle spalle. Indossa una tunica d'oro scintillante e un mantello blu come il cielo. Ascolta con attenzione: sto per rivelarti il significato di tutto ciò. La corona indica che la Santa Vergine è Regina, Signora, Madre del Re degli angeli. I capelli sparsi significano che è vergine purissima e assolutamente perfetta. Il suo mantello blu come il cielo denota che per Lei tutte le cose temporali sono morte. La sua tunica d'oro simboleggia che ha provato un amore e una carità ardenti, sia interiormente che esteriormente.

Io ho posto nella sua corona sette gigli, il primo è la sua umiltà; il secondo il timore; il terzo l'obbedienza; il quarto la pazienza; il quinto la serenità; il sesto la dolcezza, poiché dare a chiunque chieda si addice a coloro che sono dolci; il settimo è la misericordia nel bisogno: in qualsiasi necessità si trovino gli uomini, essi si salvano se la invocano.

Io ho posto fra questi sette gigli sette pietre preziose: la prima è la sua eminente virtù, poiché negli spiriti non c'è virtù tale che questa Vergine Santa non abbia in sé in sommo grado; la seconda è una purezza perfetta, poiché questa Regina del cielo è stata così pura che in Lei non c'è mai stata la minima macchia di peccato, e nessun demone è riuscito a trovare in Lei alcuna impurità. Ella è davvero purissima, perché era opportuno che Io, Re della gloria, riposassi unicamente in un vaso purissimo e di prima scelta, al di sopra degli angeli e degli uomini. La terza pietra preziosa è la bellezza, tanto che i santi mi lodano per la bellezza di mia Madre, e si compie così la gioia di tutti gli angeli, di tutti i santi e di tutte le sante. La quarta pietra preziosa della corona è la saggezza della vergine Madre, poiché, essendo adorna di fulgore e di bellezza, Ella è stata colmata e dotata di ogni saggezza da Dio. La quinta è la forza, poiché Maria è così forte attraverso Dio che può mantenere o disperdere tutto ciò che è stato creato. La sesta pietra è il suo sfavillio e la sua luminosità, poiché gli angeli, i cui cocchi sono più chiari della luce, ne sono illuminati; e i demoni, abbacinati dalla sua bellezza, non osano guardare il suo splendore. La settima pietra è la pienezza di ogni dilettazione, di ogni dolcezza spirituale, presente in Lei con tale ricchezza che non c'è gioia che non sia accresciuta dalla sua, né dilettazione che non si completi con la sua vista beata; poiché Maria è stata colmata di grazia al di sopra di tutti i santi, vaso di purezza in cui si trovano ogni dolcezza e ogni bontà.

Io, suo Figlio, ho posto queste pietre fra i gigli che erano sulla corona di mia Madre. Onorate, dunque, la Sposa mia! e lodatela con tutto il cuore, perché Ella è degna di ogni onore e di ogni lode.


giovedì 17 giugno 2010

San Tommaso d'Aquino

Udienza Generale del Santo Padre del 16 Giugno 2010

BENEDETTO XVI 

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 16 giugno 2010

San Tommaso d'Aquino (2)

Cari fratelli e sorelle,

oggi vorrei continuare la presentazione di san Tommaso d’Aquino, un teologo di tale valore che lo studio del suo pensiero è stato esplicitamente raccomandato dal Concilio Vaticano II in due documenti, il decreto Optatam totius, sulla formazione al sacerdozio, e la dichiarazione Gravissimum educationis, che tratta dell’educazione cristiana. Del resto, già nel 1880 il Papa Leone XIII, suo grande estimatore e promotore di studi tomistici, volle dichiarare san Tommaso Patrono delle Scuole e delle Università Cattoliche.

Il motivo principale di questo apprezzamento risiede non solo nel contenuto del suo insegnamento, ma anche nel metodo da lui adottato, soprattutto la sua nuova sintesi e distinzione tra filosofia e teologia. I Padri della Chiesa si trovavano confrontati con diverse filosofie di tipo platonico, nelle quali si presentava una visione completa del mondo e della vita, includendo la questione di Dio e della religione. Nel confronto con queste filosofie, loro stessi avevano elaborato una visione completa della realtà, partendo dalla fede e usando elementi del platonismo, per rispondere alle questioni essenziali degli uomini. Questa visione, basata sulla rivelazione biblica ed elaborata con un platonismo corretto alla luce della fede, essi la chiamavano la "filosofia nostra". La parola "filosofia" non era quindi espressione di un sistema puramente razionale e, come tale, distinto dalla fede, ma indicava una visione complessiva della realtà, costruita nella luce della fede, ma fatta propria e pensata dalla ragione; una visione che, certo, andava oltre le capacità proprie della ragione, ma che, come tale, era anche soddisfacente per essa. Per san Tommaso l'incontro con la filosofia pre-cristiana di Aristotele (morto circa nel 322 a.C.) apriva una prospettiva nuova. La filosofia aristotelica era, ovviamente, una filosofia elaborata senza conoscenza dell’Antico e del Nuovo Testamento, una spiegazione del mondo senza rivelazione, per la sola ragione. E questa razionalità conseguente era convincente. Così la vecchia forma della "filosofia nostra" dei Padri non funzionava più. La relazione tra filosofia e teologia, tra fede e ragione, era da ripensare. Esisteva una "filosofia" completa e convincente in se stessa, una razionalità precedente la fede, e poi la “teologia”, un pensare con la fede e nella fede. La questione pressante era questa: il mondo della razionalità, la filosofia pensata senza Cristo, e il mondo della fede sono compatibili? Oppure si escludono? Non mancavano elementi che affermavano l'incompatibilità tra i due mondi, ma san Tommaso era fermamente convinto della loro compatibilità - anzi che la filosofia elaborata senza conoscenza di Cristo quasi aspettava la luce di Gesù per essere completa. Questa è stata la grande “sorpresa” di san Tommaso, che ha determinato il suo cammino di pensatore. Mostrare questa indipendenza di filosofia e teologia e, nello stesso tempo, la loro reciproca relazionalità è stata la missione storica del grande maestro. E così si capisce che, nel XIX secolo, quando si dichiarava fortemente l'incompatibilità tra ragione moderna e fede, Papa Leone XIII indicò san Tommaso come guida nel dialogo tra l'una e l'altra. Nel suo lavoro teologico, san Tommaso suppone e concretizza questa relazionalità. La fede consolida, integra e illumina il patrimonio di verità che la ragione umana acquisisce. La fiducia che san Tommaso accorda a questi due strumenti della conoscenza – la fede e la ragione – può essere ricondotta alla convinzione che entrambe provengono dall’unica sorgente di ogni verità, il Logos divino, che opera sia nell’ambito della creazione, sia in quello della redenzione.

Insieme con l'accordo tra ragione e fede, si deve riconoscere, d'altra parte, che esse si avvalgono di procedimenti conoscitivi differenti. La ragione accoglie una verità in forza della sua evidenza intrinseca, mediata o immediata; la fede, invece, accetta una verità in base all’autorità della Parola di Dio che si rivela. Scrive san Tommaso al principio della sua Summa Theologiae: “Duplice è l’ordine delle scienze; alcune procedono da principi conosciuti mediante il lume naturale della ragione, come la matematica, la geometria e simili; altre procedono da principi conosciuti mediante una scienza superiore: come la prospettiva procede da principi conosciuti mediante la geometria e la musica da principi conosciuti mediante la matematica. E in questo modo la sacra dottrina (cioè la teologia) è scienza perché procede dai principi conosciuti attraverso il lume di una scienza superiore, cioè la scienza di Dio e dei santi” (I, q. 1, a. 2).

Questa distinzione assicura l’autonomia tanto delle scienze umane, quanto delle scienze teologiche. Essa però non equivale a separazione, ma implica piuttosto una reciproca e vantaggiosa collaborazione. La fede, infatti, protegge la ragione da ogni tentazione di sfiducia nelle proprie capacità, la stimola ad aprirsi a orizzonti sempre più vasti, tiene viva in essa la ricerca dei fondamenti e, quando la ragione stessa si applica alla sfera soprannaturale del rapporto tra Dio e uomo, arricchisce il suo lavoro. Secondo san Tommaso, per esempio, la ragione umana può senz’altro giungere all’affermazione dell’esistenza di un unico Dio, ma solo la fede, che accoglie la Rivelazione divina, è in grado di attingere al mistero dell’Amore di Dio Uno e Trino.

D’altra parte, non è soltanto la fede che aiuta la ragione. Anche la ragione, con i suoi mezzi, può fare qualcosa di importante per la fede, rendendole un triplice servizio che san Tommaso riassume nel proemio del suo commento al De Trinitate di Boezio: “Dimostrare i fondamenti della fede; spiegare mediante similitudini le verità della fede; respingere le obiezioni che si sollevano contro la fede” (q. 2, a. 2). Tutta la storia della teologia è, in fondo, l’esercizio di questo impegno dell’intelligenza, che mostra l’intelligibilità della fede, la sua articolazione e armonia interna, la sua ragionevolezza e la sua capacità di promuovere il bene dell’uomo. La correttezza dei ragionamenti teologici e il loro reale significato conoscitivo si basano sul valore del linguaggio teologico, che è, secondo san Tommaso, principalmente un linguaggio analogico. La distanza tra Dio, il Creatore, e l'essere delle sue creature è infinita; la dissimilitudine è sempre più grande che la similitudine (cfr DS 806). Ciononostante, in tutta la differenza tra Creatore e creatura, esiste un'analogia tra l'essere creato e l'essere del Creatore, che ci permette di parlare con parole umane su Dio.

San Tommaso ha fondato la dottrina dell’analogia, oltre che su argomentazioni squisitamente filosofiche, anche sul fatto che con la Rivelazione Dio stesso ci ha parlato e ci ha, dunque, autorizzato a parlare di Lui. Ritengo importante richiamare questa dottrina. Essa, infatti, ci aiuta a superare alcune obiezioni dell’ateismo contemporaneo, il quale nega che il linguaggio religioso sia fornito di un significato oggettivo, e sostiene invece che abbia solo un valore soggettivo o semplicemente emotivo. Questa obiezione risulta dal fatto che il pensiero positivistico è convinto che l'uomo non conosce l'essere, ma solo le funzioni sperimentabili della realtà. Con san Tommaso e con la grande tradizione filosofica noi siamo convinti, che, in realtà, l'uomo non conosce solo le funzioni, oggetto delle scienze naturali, ma conosce qualcosa dell'essere stesso - per esempio conosce la persona, il Tu dell'altro, e non solo l'aspetto fisico e biologico del suo essere.

Alla luce di questo insegnamento di san Tommaso, la teologia afferma che, per quanto limitato, il linguaggio religioso è dotato di senso - perché tocchiamo l’essere -, come una freccia che si dirige verso la realtà che significa. Questo accordo fondamentale tra ragione umana e fede cristiana è ravvisato in un altro principio basilare del pensiero dell’Aquinate: la Grazia divina non annulla, ma suppone e perfeziona la natura umana. Quest’ultima, infatti, anche dopo il peccato, non è completamente corrotta, ma ferita e indebolita. La Grazia, elargita da Dio e comunicata attraverso il Mistero del Verbo incarnato, è un dono assolutamente gratuito con cui la natura viene guarita, potenziata e aiutata a perseguire il desiderio innato nel cuore di ogni uomo e di ogni donna: la felicità. Tutte le facoltà dell’essere umano vengono purificate, trasformate ed elevate dalla Grazia divina.

Un’importante applicazione di questa relazione tra la natura e la Grazia si ravvisa nella teologia morale di san Tommaso d’Aquino, che risulta di grande attualità. Al centro del suo insegnamento in questo campo, egli pone la legge nuova, che è la legge dello Spirito Santo. Con uno sguardo profondamente evangelico, insiste sul fatto che questa legge è la Grazia dello Spirito Santo data a tutti coloro che credono in Cristo. A tale Grazia si unisce l’insegnamento scritto e orale delle verità dottrinali e morali, trasmesso dalla Chiesa. San Tommaso, sottolineando il ruolo fondamentale, nella vita morale, dell’azione dello Spirito Santo, della Grazia, da cui scaturiscono le virtù teologali e morali, fa comprendere che ogni cristiano può raggiungere le alte prospettive del “Sermone della Montagna” se vive un rapporto autentico di fede in Cristo, se si apre all’azione del suo Santo Spirito. Però – aggiunge l’Aquinate – “anche se la grazia è più efficace della natura, tuttavia la natura è più essenziale per l’uomo” (Summa Theologiae, Ia, q. 29, a. 3), per cui, nella prospettiva morale cristiana, c’è un posto per la ragione, la quale è capace di discernere la legge morale naturale. La ragione può riconoscerla considerando ciò che è bene fare e ciò che è bene evitare per il conseguimento di quella felicità che sta a cuore a ciascuno, e che impone anche una responsabilità verso gli altri, e, dunque, la ricerca del bene comune. In altre parole, le virtù dell’uomo, teologali e morali, sono radicate nella natura umana. La Grazia divina accompagna, sostiene e spinge l’impegno etico ma, di per sé, secondo san Tommaso, tutti gli uomini, credenti e non credenti, sono chiamati a riconoscere le esigenze della natura umana espresse nella legge naturale e ad ispirarsi ad essa nella formulazione delle leggi positive, quelle cioè emanate dalle autorità civili e politiche per regolare la convivenza umana.

Quando la legge naturale e la responsabilità che essa implica sono negate, si apre drammaticamente la via al relativismo etico sul piano individuale e al totalitarismo dello Stato sul piano politico. La difesa dei diritti universali dell’uomo e l’affermazione del valore assoluto della dignità della persona postulano un fondamento. Non è proprio la legge naturale questo fondamento, con i valori non negoziabili che essa indica? Il Venerabile Giovanni Paolo II scriveva nella sua Enciclica Evangelium vitae parole che rimangono di grande attualità: “Urge dunque, per l'avvenire della società e lo sviluppo di una sana democrazia, riscoprire l'esistenza di valori umani e morali essenziali e nativi, che scaturiscono dalla verità stessa dell'essere umano, ed esprimono e tutelano la dignità della persona: valori, pertanto, che nessun individuo, nessuna maggioranza e nessuno Stato potranno mai creare, modificare o distruggere, ma dovranno solo riconoscere, rispettare e promuovere” (n. 71).

In conclusione, Tommaso ci propone un concetto della ragione umana largo e fiducioso: largo perché non è limitato agli spazi della cosiddetta ragione empirico-scientifica, ma aperto a tutto l’essere e quindi anche alle questioni fondamentali e irrinunciabili del vivere umano; e fiducioso perché la ragione umana, soprattutto se accoglie le ispirazioni della fede cristiana, è promotrice di una civiltà che riconosce la dignità della persona, l'intangibilità dei suoi diritti e la cogenza dei suoi doveri. Non sorprende che la dottrina circa la dignità della persona, fondamentale per il riconoscimento dell’inviolabilità dei diritti dell’uomo, sia maturata in ambienti di pensiero che hanno raccolto l’eredità di san Tommaso d’Aquino, il quale aveva un concetto altissimo della creatura umana. La definì, con il suo linguaggio rigorosamente filosofico, come “ciò che di più perfetto si trova in tutta la natura, cioè un soggetto sussistente in una natura razionale” (Summa Theologiae, Ia, q. 29, a. 3).

La profondità del pensiero di san Tommaso d’Aquino sgorga – non dimentichiamolo mai – dalla sua fede viva e dalla sua pietà fervorosa, che esprimeva in preghiere ispirate, come questa in cui chiede a Dio: “Concedimi, ti prego, una volontà che ti cerchi, una sapienza che ti trovi, una vita che ti piaccia, una perseveranza che ti attenda con fiducia e una fiducia che alla fine giunga a possederti”.

[Saluti in varie lingue - Saludo con afecto a los grupos de lengua española, en particular a los peregrinos de la Arquidiócesis de Bogotá, así como a los venidos de España, Nicaragua, Costa Rica, México y otros países latinoamericanos. Os invito a pedir a Dios por los que cultivan las ciencias sagradas para que, tras las huellas de Santo Tomás de Aquino, las estudien con constancia y las enseñen con fidelidad, imitando también el ejemplo de su vida santa. Muchas gracias.]


* * *

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i sacerdoti novelli della diocesi di Brescia assicurando la mia preghiera affinché il loro ministero sia fecondo di preziosi frutti. Saluto il gruppo dei Frati Minori Conventuali provenienti dall’Africa per partecipare al Corso di Formazione Permanente: auspico che l’esempio del Poverello di Assisi conduca ciascuno di loro a conformarsi sempre di più a Cristo Signore. Saluto anche gli Ufficiali ed i militari della Scuola delle Trasmissioni e Informatica dell’Esercito Italiano ed i militari del IX Stormo “Francesco Baracca” di Grazzanise: auguro a tutti loro un proficuo impegno alla luce dei valori umani e cristiani. Rivolgo il mio pensiero ai partecipanti al Torneo Internazionale di Calcio “Memorial Vincenzo Romano” ed auguro di diffondere ovunque il perenne messaggio della solidarietà e della fraterna convivenza.

Saluto, infine, i giovani, i malati e gli sposi novelli. Cari giovani attingete sempre da Cristo presente nell’Eucaristia l’alimento spirituale per avanzare nel cammino della santità; per voi, cari ammalati, Cristo sia il sostegno ed il conforto nella prova e nella sofferenza; e per voi, cari sposi novelli, il sacramento che vi ha radicati in Cristo sia la fonte che alimenta il vostro amore quotidiano.




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