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domenica 6 giugno 2010

Prendete e mangiate


CORPUS DOMINI


Tra la festa della Santissima Trinità e quella del sacro Cuore di Gesù, la Chiesa pone quella del Suo Corpo che si fa pane e si dona a noi: alimento per eccellenza e alimento di vita eterna. L’Eucarestia è “il sacramento della vita e della morte del Signore” (P. Cantalamessa). Infatti il suo sangue versato è per eccellenza il calice della salvezza e il suo corpo è straordinario farmaco d’immortalità.
“Essendo eterno ed incorruttibile Tu rendi incorruttibili quelli che mangiano Te, e li porti all’eternità con la smisurata efficacia che ti è naturale” ( Filocalia). L’uomo è ciò che mangia, diceva Feuerbach, un ateo che intendeva dire che nell’uomo non c’è altro che materia, ma così, senza volerlo, ha dato una definizione esattissima dell’Eucarestia confermando -senza saperlo- ciò che aveva già detto San Leone Magno: ”La partecipazione all’Eucarestia, tende a farci diventare ciò che mangiamo”.
Gesù nell’Eucaristia è presente non come una cosa, ma come una Persona, cioè come un Io che si comunica al nostro io, quindi c’è comunione di persone, incontriamo veramente Qualcuno.

• 1) Tutti mendicanti

Quando andiamo alla Comunione tendendo la mano per ricevere il Signore della vita, siamo come dei mendicanti che tendono la mano per chiedere la carità del Pane di vita eterna, siamo il povero che tutto riceve, anzi riceve il Tutto: una carica esplosiva straordinaria, un fuoco ardente e incendiante. Eppure non bruciamo e non sentiamo la scossa! Non è normale non sentire che il fuoco brucia, e che la corrente dà la scossa. Siamo troppo protetti dall’irruzione di Dio. C’è troppo isolante in noi, cioè troppa indifferenza, troppo poca consapevolezza di CHI stiamo per ricevere, troppa sterpaglia e rovi (= gli affanni a gli affari del mondo e le preoccupazioni della vita) che ci impediscono di essere raggiunti da questa forza ad altissima tensione che ci attraversa. Il Cristo si riversa in noi come una forza e un liquore inebriante che dovrebbe trasformaci totalmente, e noi non ce ne accorgiamo neanche, rimaniamo tali e quali con le nostre tristezze e pesantezze, invece di fare l’esperienza dell’ebbrezza dello Spirito. Dobbiamo chiedere la grazia di ridiventare normali: di
sentire il fuoco bruciare e la scossa scuotere!

• 2) Noi, le piccole ostie

Nella Consacrazione, il sacerdote consacra tante piccole ostie assieme a quella grande, fatte di pane azzimo, cioè non fermentato perché senza lievito. Le piccole ostie siamo noi e dobbiamo diventare anche noi pani azzimi, cioè senza lievito di malizia, di vanagloria e di tutto quello che fermenta e fa gonfiare smisuratamente il nostro io che accaparra tutto e ci impedisce di essere attenti al Tu che riceviamo nell’ostia consacrata. E ci impedisce di sentire la scossa. Il culto eucaristico poi, non si esaurisce nella Comunione, ma c’è anche l’adorazione a Gesù presente nel Tabernacolo. Ultimamente questo aspetto è stato un po’ dimenticato, o perlomeno sottaciuto e va rivalutato. E’ infatti un bellissimo gesto quello di andare a salutare Gesù presente
nel tabernacolo, ogni volta che passiamo davanti ad una chiesa o fare la l’adorazione ogni volta che
ne abbiamo l’opportunità. E’ come esporsi ai raggi potentissimi del nostro Sole divino.

• 3) Gesù mendicante?

Nella Comunione e nella S. Messa, siamo noi i mendicanti della Parola e del Pane, ma nel Tabernacolo il mendicante è Gesù che ci dice: c’è qualcuno che si ricorda che Io sono qui veramente presente e in attesa che qualcuno bussi alla mia porticina per riversare su di lui un oceano di luce e di amore? E dopo saremo anche noi come piccoli Soli, come dice Dionigi l’Areopagita, che prima si sono riempiti di splendore irradiato e poi lo trasmettono agli altri.

Wilma Chasseur

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