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mercoledì 11 aprile 2012

La Summa Teologica - Sessantesima parte

Torna l'appuntamento di approfondimento della Summa Teologica di San Tommaso d'Aquino, un'opera che diede un fondamento scientifico, filosofico e teologico alla dottrina cristiana. Continuiamo a scoprire la parte dedicata al Trattato relativo all'essenza di Dio, e continuiamo a soffermarci sulla nostra conoscenza di Dio:

Prima parte
Trattato relativo all'essenza di Dio

La nostra conoscenza di Dio > Se tra coloro che vedono l'essenza di Dio uno veda più perfettamente di un altro

Prima parte
Questione 12
Articolo 6



SEMBRA che tra coloro che vedono l'essenza di Dio uno non veda più perfettamente di un altro. Infatti:
1. Sta scritto: "vedremo Dio così come egli è". Ora, Dio ha un solo modo di essere e quindi sarà visto da tutti alla stessa maniera. Perciò non più o meno perfettamente.

2. S. Agostino dice che uno non può intellettualmente intendere una cosa più di un altro. Ora, tutti coloro che vedono Dio per essenza, intendono intellettualmente l'essenza divina perché si è dimostrato che Dio si vede con l'intelligenza e non col senso. Dunque tra quelli che vedono l'essenza divina uno non vede più chiaramente dell'altro.

3. Che una cosa sia vista più perfettamente da uno che da un altro può accadere per due versi: o per parte dell'oggetto visibile, o per parte della capacità conoscitiva di chi vede. (Può accadere) per parte dell'oggetto se esso è più perfettamente in colui che vede, in quanto cioè vi imprime una immagine più perfetta. Ma qui non è il caso: perché Dio è presente all'intelligenza che vede la sua essenza non con una immagine, ma con la sua stessa essenza. Resta, dunque, che se uno vede più perfettamente di un altro, si deve a differenze di capacità intellettiva. E così la conseguenza sarebbe che chi possiede una potenza intellettiva naturalmente più elevata, vedrebbe (Dio) più chiaramente. Il che è falso essendo promessa agli uomini, riguardo alla beatitudine, l'uguaglianza con gli angeli.

IN CONTRARlO: La vita eterna consiste nella visione di Dio, secondo l'espressione evangelica: "la vita eterna consiste nel conoscere te solo vero Dio". Dunque, se tutti vedono ugualmente l'essenza di Dio, nella vita eterna tutti saranno uguali. Mentre invece l'Apostolo asserisce tutto il contrario: "un astro è differente da un altro nello splendore".

RISPONDO: Tra coloro che vedranno Dio per essenza, uno lo vedrà più perfettamente dell'altro. Ciò però non sarà a motivo di una immagine di Dio più perfetta in uno che nell'altro, perché tale visione non si compirà mediante una qualche immagine, come si è già detto. Ma avverrà perché l'intelletto dell'uno avrà una capacità o potenza maggiore dell'altro a vedere Dio. La facoltà poi di vedere Dio non appartiene all'intelletto creato in forza della sua natura, bensì per il lume di gloria, il quale, come abbiamo detto sopra, pone l'intelletto in uno stato di deiformità. Cosicché l'intelletto, il quale partecipi maggiormente di questo lume di gloria, vedrà più perfettamente Dio. Parteciperà poi più largamente di questo lume di gloria, colui che ha un grado superiore di carità, perché dove si ha maggiore carità, ivi si trova maggiore desiderio; e il desiderio rende, in certo modo, colui che desidera più atto e più pronto a ricevere l'oggetto desiderato. E perciò colui che avrà maggiore carità, vedrà più perfettamente Dio e sarà più felice.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Quando si dice: "vedremo Dio come egli è", quell'avverbio come determina il modo della visione da parte dell'oggetto visto; cosicché questo è il senso: "vedremo che egli è così come è", perché noi vedremo che il suo stesso essere è la sua essenza. Ma non determina il modo della visione da parte del soggetto che vede, nel senso che il nostro modo di vedere sarà così perfetto, come in Dio è perfetto il modo di essere.

2. E con ciò resta sciolta anche la seconda difficoltà. Quando infatti si dice che uno non intende meglio di un altro una medesima cosa, siamo nella verità se ci si riferisce al modo di essere della cosa intesa; perché chiunque apprende una cosa diversamente da quello che è, non la conosce secondo verità. Non però se ci si riferisce al modo dell'intendere, perché l'intendere dell'uno è più perfetto dell'intendere dell'altro.

3. La diversità del vedere non dipenderà dall'oggetto, perché a tutti sarà offerto il medesimo oggetto, cioè l'essenza di Dio: e neppure dalla diversa partecipazione dell'oggetto a motivo di differenti rappresentazioni, ma dalla diversa capacità non già naturale bensì (soprannaturale o) gloriosa dell'intelligenza, come si è detto.

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