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lunedì 26 marzo 2012

Benedetto XVI: "Dio vuole che siamo sempre felici"

Angelus di Papa Benedetto XVI - 25 Marzo 2012

VIAGGIO APOSTOLICO IN MESSICO E NELLA REPUBBLICA DI CUBA
(23-29 MARZO 2012)

BENEDETTO XVI

ANGELUS

León, Parco Expo Bicentenario
V Domenica di Quaresima, 25 marzo 2012

Cari fratelli e sorelle,

nel Vangelo di questa domenica, Gesù parla del chicco di frumento che cade in terra, muore e si moltiplica, rispondendo ad alcuni greci che si avvicinano all’apostolo Filippo per chiedergli: “Vogliamo vedere Gesù” (Gv 12,21). Noi oggi invochiamo Maria Santissima e la supplichiamo: “Mostraci Gesù”.

Nel recitare ora l’Angelus ricordando l’Annunciazione del Signore, anche i nostri occhi si dirigono spiritualmente fino al colle del Tepeyac, al luogo dove la Madre di Dio, sotto il titolo di “la sempre vergine santa Maria di Guadalupe”, è onorata con fervore da secoli, quale segno di riconciliazione e della infinita bontà di Dio per il mondo.

I miei Predecessori sulla Cattedra di san Pietro la onorarono con titoli speciali come Signora del Messico, Celeste Patrona dell’America Latina, Madre e Imperatrice di questo Continente. I suoi fedeli figli, a loro volta, che sperimentano il suo aiuto, la invocano, pieni di fiducia, con nomi affettuosi e familiari come Rosa del Messico, Signora del Cielo, Vergine “Morena”, Madre del Tepeyac, Nobile “Indita”.

Cari fratelli, non dimenticate che la vera devozione alla Vergine Maria ci avvicina sempre a Gesù, e “non consiste né in uno sterile e passeggero sentimentalismo, né in una certa qual vaga credulità, ma procede dalla fede vera, dalla quale siamo portati a riconoscere la preminenza della Madre di Dio, e siamo spinti al filiale amore verso la Madre nostra e all'imitazione delle sue virtù”(Lumen gentium, 67).

Amarla significa impegnarsi ad ascoltare il suo Figlio; venerare la Guadalupana significa vivere secondo le parole del frutto benedetto del suo seno.

In questi momenti in cui tante famiglie si ritrovano divise e costrette all’emigrazione, molte soffrono a causa della povertà, della corruzione, della violenza domestica, del narcotraffico, della crisi di valori o della criminalità, rivolgiamoci a Maria alla ricerca di conforto, vigore e speranza. E’ la Madre del vero Dio, che invita a rimanere con la fede e la carità sotto la sua ombra, per superare così ogni male e instaurare una società più giusta e solidale.

Con questi sentimenti, desidero porre nuovamente sotto il dolce sguardo di Nostra Signora di Guadalupe questo Paese e tutta l’America Latina e i Caraibi. Affido ciascuno dei suoi figli alla Stella della prima e della nuova evangelizzazione, che ha animato con il suo amore materno la storia cristiana di queste terre, dando caratteristiche particolari ai grandi avvenimenti della loro storia, alle loro iniziative comunitarie e sociali, alla vita familiare, alla devozione personale e alla Misiòn continental che ora si sta svolgendo in queste nobili terre. In tempi di prova e dolore, Ella è stata invocata da tanti martiri che, al grido “Viva Cristo Re e Maria di Guadalupe”, hanno dato una perenne testimonianza di fedeltà al Vangelo e di dedizione alla Chiesa. Supplico ora che la sua presenza in questa cara Nazione continui a richiamare al rispetto, alla difesa e alla promozione della vita umana e al consolidamento della fraternità, evitando l’inutile vendetta ed allontanando l’odio che divide. Santa Maria di Guadalupe ci benedica e ci ottenga, per sua intercessione, abbondanti grazie dal Cielo.

© Copyright 2012 - Libreria Editrice Vaticana

domenica 25 marzo 2012

Video Vangelo: V Domenica di Quaresima

Chi vogliamo vedere?

5^ Domenica di Quaresima
(Gv. 12, 20-33) 

Che simpatici questi Greci! Erano degli stranieri saliti a Gerusalemme per la festa di Pasqua. La venuta del Maestro non era passata inosservata per nessuno: anche questi Greci, giunti nella città santa per celebrare la Pasqua erano rimasti colpiti dalla sua grande popolarità e avevano detto a Filippo che volevano vedere Gesù.
Filippo l’aveva poi detto ad Andrea ed entrambi erano andati a dirlo al Signore

• Sappiamo comunicare?

Bello questo intreccio comunicativo tra i Greci, Filippo, Andrea e Gesù. Vedete com’è importante la comunicazione? Da lì procede l’incontro e la conoscenza delle persone. Ma perché si rivolgono a Filippo e questi ad Andrea? Perché erano gli unici, tra i discepoli, ad avere un nome greco; gli altri avevano tutti nomi ebraici. Visto che Filippo era di Betsaida, probabilmente conosceva il greco, perché Betsaida era una delle dieci città della Decapoli, cioè quelle città della Palestina dove si parlava il greco e si seguivano usanze elleniste, essendo sotto l’influenza e la cultura greca.
Ciò che mi colpisce di più è proprio questa richiesta “Vogliamo vedere Gesù!” Ecco il punto! Lo vogliamo veramente vedere noi, i greci di oggi, cioè quelli che non sono nati ebrei? Oppure vogliamo vedere di tutto e ci sentiamo attirati da tutto fuorché da Gesù? Non è una domanda scontata, sapete! Il punto cruciale della domanda non è la seconda parte , ma la prima. Gesù è sempre lì che aspetta, ma noi lo vogliamo veramente vedere? Vedere Gesù è un conto: VOLERLO vedere è un altro. Vedere, lo vedevano anche scribi e farisei, ma di lui non ne vollero sapere…

• Da che parte guardiamo?

Ma speriamo che tutti noi – almeno quanti leggiamo queste righe – abbiamo veramente questo desiderio di vedere Gesù. Ammesso questo dobbiamo però chiederci da che parte dobbiamo guardare per vederlo; e se vogliamo veramente guardare da quella parte. Perché la parte giusta è quella della Croce. “Quando sarò innalzato attirerò tutti a me”. Alzi la mano chi vuole guardare per di là! Se guardiamo da tutt’altra parte, non lo vediamo. Credo dunque che la difficoltà stia proprio qui: vogliamo vedere Gesù, ma nessuno vuole guardare da quella parte. Perdere la propria vita, morire come un chicco di grano nelle profondità della terra per portare frutto, trovare la gioia nella rinuncia, ecco una logica che il mondo non conosce e l’uomo carnale non capisce! Per costui portare frutto significa avere successo, sfondare, brillare, conquistare, dominare ecc. Ma Gesù ci dà alcune dritte che sono diametralmente all’opposto!
Questa è la sezione finale della sua vita pubblica: la sua esistenza sta volgendo al termine.
Termine drammatico e molto temuto dal Signore: “Ora l’anima mia è turbata; e che devo dire? Padre salvami da quest’ora? Ma per questo sono giunto a quest’ora! Padre glorifica il tuo nome” .

• La voce del PADRE

Venne allora una voce dal Cielo: “L’ho glorificato e di nuovo lo glorificherò”. Vi rendete conto? UDIRONO LA VOCE DEL PADRE! Non vorreste anche voi udire la voce del Padre? I Giudei la sentirono, ma non capirono che era LUI, credevano fosse un tuono… Eppure Gesù precisò: “questa voce non è venuta per me, ma per voi”. Per loro dunque! Ma anche per noi! Lui lo sapeva benissimo che la strada regale era quella della croce e del morire come un chicco di grano; siamo noi che non lo sappiamo, o non lo vogliamo sapere. E sì che Gesù, con le folle che gli correvano dietro avrebbe potuto conquistare il mondo seguendo la via facile, ma va da tutt’altra parte. E solo dopo aver preso quell’altra strada, si ode la voce dal cielo. “L’ho glorificato e ancora lo glorificherò”. Dio in persona parla e ratifica la decisione di Gesù dicendo che ha preso la giusta direzione. Ora tocca a noi prendere la strada giusta. E dopo sentiremo anche noi la voce del Padre.

Wilma Chasseur

venerdì 23 marzo 2012

Elvira - Figlia spirituale di Padre Pio - XXVI

Continuiamo a scoprire la figura di Elvira, figlia spirituale di San Pio da Pietrelcina; nell'appuntamento odierno l'attenzione è ancora incentrata su Elvira e il suo cenacolo:

CAPITOLO V
IL CENACOLO DELLA S.S. TRINITÀ

I GIOVANI

Per alcune di queste ragazze l'inserimento nel Cenacolo è avvenuto dopo una lunga maturazione. Una di loro racconta: "Quando anche per me accadde l'inevitabile e l'infanzia cominciò a lasciare il posto all’adolescenza, il mio cristianesimo divenne lentamente sempre più superficiale e la mia regolare partecipazione alle Messe domenicali assunse il carattere di una mera formalità. In un certo senso ero cristiana solo per tradizione ed anche se spesso sentivo l’esigenza di vivere il mio cattolicesimo in un modo più profondo e più coerente, non trovavo attorno a me chi mi aiutasse a farlo. Non riuscivo ad accettare le posizioni di certi gruppi che trasformavano Dio solo in un fatto politico o in un impegno sociale.

No, Dio non era questo, o per lo meno non era solo questo, ma allora chi era? Il Dio a cui donarsi, per cui sacrificarsi, il Dio d amore che avevo conosciuto ed amato durante la mia infanzia, dunque non esisteva?

Vennero le crisi esistenziali. Chi ero? Dove andavo? Perché vivevo? Giorni di dolore orgogliosamente taciuti a tutti, notti agitate di pianto in cui i peggiori pensieri mi passarono per la mente. Non ho conosciuto un momento più drammatico di quello, ma Iddio ebbe pietà di me, della mia confusione e mi venne in aiuto tramite una donna che frequentava un Gruppo di Preghiera denominato "Il Cenacolo". Per quello che questa donna mi disse, il nodo che si era formato nella mia anima si sciolse e mi ritrovai a piangere ai piedi della croce che c'è nella mia stanza, recitando il Rosario.

Nonostante questo, però, non pensavo di entrare a far parte del Cenacolo. Mi limitavo ad unirmi spiritualmente in preghiera con le anime di quelle persone che in gran parte non conoscevo, ma che ammiravo per la testimonianza di vero cristianesimo che davano con il loro esempio. Forse non volevo neppure entrare a farne parte perché, nonostante il cambia­mento che stava avvenendo in me, continuavo a sentire come molto scomodo, per la mia pigrizia e per la mia vigliaccheria, vivere con completa coerenza la vita del Cenacolo, senza so­prattutto quel rispetto umano in cui io mi crogiolavo molto comodamente; e tuttavia era proprio quella fermezza, quella chiarezza che mi attirava.

In definitiva non fui io a scegliere, ma fu il cielo a disporre una serie di coincidenze che mi convinsero ad iniziare a frequentare il Cenacolo. Ora non ci sono parole per dire quanto mi sia stato dato in serenità e pace. "

Un'altra ragazza candidamente confessa: "Io ne sapevo poco di Dio, o è più esatto dire che i divertimenti, le attrazioni, le esperienze mondane mi interessavano molto di più e cercavo in tutto e per tutto di assomigliare il più possibile alle mie compagne. Andavo la domenica alla Messa, ma con molta indifferenza e senza riflettere. Quando misi piede nel Cenacolo mi colpì subito quell’atmosfera tutta particolare, mi fece molta impressione il fervore con cui pregavano quelle persone, persone di tutte le età, molte delle quali avevano un volto da cui traspariva tanta serenità e tanta pace.

Nonostante questo la mia conversione vera non avvenne all'istante, ma gradualmente, giorno per giorno. Cominciai col sentire una certa ripugnanza per le cose che fino allora avevo fatto, per i luoghi che fino allora avevo frequentato in compagnia di tante mie amiche e a poco a poco mi misi a tralasciarli, sentendomi sempre più attratta a frequentare quelle persone, a respirare quell’aria sana di preghiere che mi dava tanta pace interiore.

Da allora sono passati cinque anni ed ora vorrei che tutti scoprissero, come me, che la vera gioia non è un tesoro da cercare nel mondo, ma è un tesoro che è dentro di noi e che solo l’unione con Dio ci aiuta a scoprire. "

Consapevoli del dono grande che hanno ricevuto con questa chiamata, le ragazze non possono non guardare indietro ai mille pericoli che si sono lasciate alle spalle e non trarre le loro conclusioni: "Se non ci fosse stata Mamma Elvira ad insegnarci questa strada, chissà dove saremmo ora! Ci saremmo sicuramente perse, come tante altre ragazze che non hanno avuto la grazia di conoscere il Cenacolo!"

Questi giovani avvertono la vastità della loro chiamata e l'importanza di restare uniti. Si è instaurato fra loro uno straordinario rapporto di affetto fraterno, di stima, di reciproco rispetto, di vicendevole aiuto. Hanno scoperto cos'è l'amicizia vera.

"Qua dove sono io - scrive da Milano una di loro - sembra un mondo diverso. C'è quasi aria di ostilità ... Prima di farti un’amica vera, ma vera sul serio, ne passa del tempo! Qua di amici veri non ce ne sono. Alla minima cosa storta ti tradiscono subito e poi, appena le acque si sono calmate, tornano a guardarti in faccia come se nulla fosse successo. Di questi cambiamenti ne ho visti molti e mi hanno fatto molto male. Quante volte ho desiderato di essere là, nel Cenacolo, in mezzo ai miei amici veri!"

Non mancano certo, per i giovani del Cenacolo, momenti di sana allegria e giornate di svago. Particolarmente gradite sono quelle dei Pellegrinaggi che cominciano con la stagione primaverile e si protraggono per tutta l'estate. Hanno come meta i celebri Santuari Mariani disseminati per l'Italia o le Basiliche romane, con particolare attenzione per la Scala Santa, o la Porziuncola e il sacro monte di "LA VERNA" È bello avere per tutta la giornata la compagnia di Mamma Elvira che ha per tutti frasi scherzose e delicate attenzioni materne. Si prega, si canta, si gioca, si torna alla sera con tanta gioia nel cuore!

Questi giovani amano molto il canto e hanno dato vita a una apprezzata "schola cantorum".

Non li abbandona un istante la protezione della Madonna alla quale, ogni anno, nel corso di una commovente e solenne cerimonia, rinnovano la loro Consacrazione lasciandole pieno diritto di disporre di loro a suo piacimento, per la maggior gloria di Dio.

Maria Santissima è là, con le braccia aperte, ad attendere quanti altri volessero affidarsi a Lei in un desiderio di elevazione e di rinnovamento. I giovani sono la pupilla dei suoi occhi e ne vuole tanti, ne vuole a schiere immense.

A voi, giovani, raccogliere questo invito materno che è anche un grido di guerra, guerra a tutto il male che c'è nel mondo, in ogni sua forma, poiché saranno i giovani, con la generosa donazione di se stessi all'Immacolata Sposa dello Spirito Santo, coloro che salveranno questa povera umanità oramai votata al suicidio. La Vergine li aspetta per essere la loro Condottiera "bella come la luna, fulgida come il sole, terribile come esercito schierato".

Allora, come cantano i ragazzi del Cenacolo,

"Con l'arma potente del santo Rosario

il capo al serpente Maria schiaccerà

e il Regno di Cristo su tutta la terra cessata ogni guerra radioso verrà."

mercoledì 21 marzo 2012

La Summa Teologica - Cinquantanovesima parte

Torna l'appuntamento di approfondimento della Summa Teologica di San Tommaso d'Aquino, un'opera che diede un fondamento scientifico, filosofico e teologico alla dottrina cristiana. Continuiamo a scoprire la parte dedicata al Trattato relativo all'essenza di Dio, e continuiamo a soffermarci sulla nostra conoscenza di Dio:

Prima parte
Trattato relativo all'essenza di Dio

La nostra conoscenza di Dio > Se l'intelletto creato per vedere l'essenza di Dio abbisogni di un qualche lume creato

Prima parte
Questione 12
Articolo 5



SEMBRA che l'intelletto creato per vedere l'essenza di Dio non abbisogni di un qualche lume creato. Infatti:
1. Nelle cose sensibili ciò che di suo è luminoso non abbisogna di altro lume per essere visto: quindi neppure in quelle intellettuali. Ora, Dio è luce intellettuale. Dunque non è visto per mezzo di una luce creata.

2. Vedere Dio attraverso un mezzo, non è vederlo per essenza. Ma se lo vediamo con un lume creato lo vediamo attraverso un mezzo. Quindi non lo si vede per essenza.

3. Niente impedisce che ciò che è creato sia naturale ad una qualche creatura. Se dunque l'essenza di Dio è vista mediante un lume creato, un tal lume potrà essere naturale a qualche creatura. E così quella creatura per vedere Dio non abbisognerà di alcun altro lume: ciò che è impossibile. Non è dunque necessario che ogni creatura per vedere l'essenza di Dio abbia una luce supplementare.

IN CONTRARIO: Nei Salmi sta scritto: "nella tua luce noi vedremo la luce".

RISPONDO: Tutto ciò che viene elevato a qualche cosa che supera la sua natura, ha bisogno d'esservi disposto con una disposizione superiore a questa natura: come l'aria, per prendere la forma del fuoco, deve esservi disposta con una disposizione connaturale a tale forma. Ora, quando un intelletto creato vede Dio per essenza, la stessa essenza di Dio diventa la forma intelligibile dell'intelletto. Quindi bisogna che gli si aggiunga una disposizione soprannaturale perché possa elevarsi a tanta sublimità. Siccome dunque la potenza naturale dell'intelletto creato è insufficiente a vedere l'essenza di Dio, come si è dimostrato, è necessario che per grazia divina gli venga accresciuta la capacità d'intendere. E questo accrescimento di potenza intellettiva la chiamiamo illuminazione dell'intelletto; come lo stesso intelligibile si chiama lume o luce. E questa è la luce della quale si dice: "la gloria di Dio l'ha illuminata", cioè la società dei beati contemplatori di Dio. In forza di questa luce i beati diventano deiformi, cioè simili a Dio, secondo il detto della Sacra Scrittura: "quando (Dio) si manifesterà, saremo simili a lui, perché lo vedremo come egli è".

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Il lume creato è necessario per vedere l'essenza di Dio, non nel senso che per questa luce diventi intelligibile l'essenza di Dio, la quale è intelligibile di per sé; ma perché l'intelletto diventa capace d'intendere al modo stesso che ogni altra facoltà per una disposizione abituale diventa più valida a compiere il suo atto. Così anche la luce corporale è necessaria per vedere gli oggetti, in quanto rende il mezzo trasparente in atto, per poter essere mosso dal colore.

2. Un tal lume non si richiede per vedere l'essenza di Dio come una immagine nella quale si debba vedere Dio; ma quale perfezionamento dell'intelletto, per corroborarlo a tale visione. E perciò si può dire che non è un mezzo nel quale si veda Dio; ma un mezzo in forza del quale è visto. E ciò non toglie l'immediatezza della visione di Dio.

3. Una disposizione alla forma del fuoco non può essere naturale se non a ciò che ha effettivamente la forma del fuoco. Quindi il lume di gloria non può essere naturale alla creatura se non nel caso che tale creatura fosse di natura divina, il che è assurdo. Infatti solo per tale lume la creatura razionale diventa deiforme, come si è detto.

martedì 20 marzo 2012

Riscoprire i Santi - San Giovanni Nepomuceno

Torna l'appuntamento settimanale, volto alla scoperta dei nostri cari Santi! Oggi la Chiesa Cattolica celebra San Giovanni Nepomuceno Sacerdote e martire:

Il suo culto dovrebbe tornare in auge, visti i sempre maggiori rischi di alluvioni ed esondazioni che minacciano il nostro territorio. Ma lui, Giovanni di Nepomuk, che di ponti acque ed alluvioni varie da sempre è il protettore, emerge dalle nebbie della storia in contorni un po’ sfocati al punto che nei primi decenni del secolo scorso ne fu messa in dubbio addirittura l’esistenza e pertanto numerose sue statue sono state abbattute o rimosse. Cominciamo subito dalla tradizione più antica, messa in dubbio specialmente in ambito protestante, in cui si parla dell’eroismo di un certo “Magister Jan”, originario di Nepomuk in Boemia, che pur di non tradire il segreto della confessione viene gettato vivo nella Moldava, morendovi per affogamento. Protagonisti di questo macabro fatto di cronaca nera che si tinge di martirio, oltre al già citato prete Giovanni, c’è naturalmente un re corrotto e vizioso, non a caso ribattezzato il “re fannullone”, quasi a confermare che l’ozio è davvero il padre dei vizi. E poiché, sempre per rimanere nell’ambito della sapienza popolare, “chi ha il difetto ha il sospetto”, ritiene che viziosi al pari di lui debbano essere tutti, a cominciare dalla regina sua moglie, da lui quotidianamente tradita con le cortigiane di turno e dalla quale ovviamente pretende una fedeltà adamantina. E tale è davvero questa povera regina, che nella fede ha cercato conforto alla sua disastrata situazione coniugale, trascorrendo ore intere in preghiera e accostandosi spesso alla confessione dal prete Giovanni, ottimo predicatore e famoso direttore di coscienze. Nella mente malata di re Venceslao si è introdotto intanto anche il tarlo della gelosia, che prima gli fa immaginare una tresca della moglie con il confessore e poi l’esistenza di un amante di cui il prete non può non essere a conoscenza. Crede di averne conferma il giorno in cui questi lo svergogna nel bel mezzo di un pranzo luculliano, davanti ad illustri ospiti, perché lo ha sentito ordinare, forse per scherzo, certamente con dubbio gusto, di far arrostire il cuoco che non ha fatto cuocere bene l’arrosto. Il prete Giovanni, che sa fin troppo bene di cosa sia capace la testa matta del re, gli urla in faccia i suoi doveri di sovrano e di cristiano. Re Venceslao se la lega al dito e giura a se stesso di fargliela pagare; così un giorno, prima con le buone, poi con le minacce, gli ordina di raccontare per filo e per segno cosa la regina gli ha detto in confessione, nella speranza di sapere così finalmente qualcosa sulle di lei presunte vicende amorose. Non ha però fatto i conti con la ferma volontà e l’eroismo del prete Giovanni, che fermamente convinto dell’inviolabilità della confessione gli oppone un netto rifiuto. Il re si vendica così di questo e dell’altro “sgarbo” facendolo gettare di notte nel fiume, il 20 marzo 1393; oggi ancora si indica il posto esatto del ponte da dove sarebbe stato gettato e la gente qui passando si toglie il cappello, perché quel prete è stato subito venerato come martire e, per via della morte che ha fatto, lo invocano contro tutti i danni e i pericoli che possono venire dall’acqua. All’epoca della Controriforma, poi, i Gesuiti ne propagandano il culto in polemica con la teologia protestante che rifiuta il carattere sacramentale della confessione, e così Giovanni da Nepomuk (o Nepomuceno) diventa il “martire del confessionale”. Sarà per questo motivo, o forse piuttosto perché le cronache si sono intrecciate e confuse, che compare un altro (o sempre il medesimo?) prete Giovanni, sempre di Nepomuk, intelligente, culturalmente ben equipaggiato, benvoluto dall’arcivescovo di Praga che lo vuole suo vicario. Sullo sfondo sempre il medesimo re Venceslao, che secondo questa tradizione, oltre che vizioso e corrotto, si dimostra anche usurpatore dei diritti della Chiesa. Per i suoi intrighi politici vorrebbe trasformare un’abbazia in sede vescovile da assegnare a persona di suo gradimento, ma anche in questo caso si scontra con l’intransigente volontà di Giovanni, che non gli cede neanche sotto le torture e che per questo viene gettato nel fiume il 16 maggio 1383. Certamente meno suggestiva della prima, anche questa tradizione conferma in ogni caso la resistenza del prete Giovanni allo strapotere del re e nulla, almeno in teoria, vieterebbe che, di entrambe potrebbe essere stato protagonista l’unico eroico prete. Perché da un prete che, per non tradire la confessione, si lascia anche ammazzare ci si può aspettare di tutto.

 Autore: Gianpiero Pettiti

lunedì 19 marzo 2012

Benedetto XVI: Quaresima tempo di conversione

Angelus di Papa Benedetto XVI - 18 Marzo 2012

BENEDETTO XVI

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 18 marzo 2012

Cari fratelli e sorelle!

Nel nostro itinerario verso la Pasqua, siamo giunti alla quarta domenica di Quaresima. E’ un cammino con Gesù attraverso il «deserto», cioè un tempo in cui ascoltare maggiormente la voce di Dio e anche smascherare le tentazioni che parlano dentro di noi. All’orizzonte di questo deserto si profila la Croce. Gesù sa che essa è il culmine della sua missione: in effetti, la Croce di Cristo è il vertice dell’amore, che ci dona la salvezza. Lo dice Lui stesso nel Vangelo di oggi: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3,14-15). Il riferimento è all’episodio in cui, durante l’esodo dall’Egitto, gli ebrei furono attaccati da serpenti velenosi, e molti morirono; allora Dio comandò a Mosè di fare un serpente di bronzo e metterlo sopra un’asta: se uno veniva morso dai serpenti, guardando il serpente di bronzo, veniva guarito (cfr Nm 21,4-9). Anche Gesù sarà innalzato sulla Croce, perché chiunque è in pericolo di morte a causa del peccato, rivolgendosi con fede a Lui, che è morto per noi, sia salvato. «Dio infatti – scrive san Giovanni – non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui» (Gv 3,17).

Commenta sant’Agostino: «Il medico, per quanto dipende da lui, viene per guarire il malato. Se uno non sta alle prescrizioni del medico, si rovina da solo. Il Salvatore è venuto nel mondo … Se tu non vuoi essere salvato da lui, ti giudicherai da te stesso» (Sul Vangelo di Giovanni, 12, 12: PL 35, 1190). Dunque, se infinito è l’amore misericordioso di Dio, che è arrivato al punto di dare il suo unico Figlio in riscatto della nostra vita, grande è anche la nostra responsabilità: ciascuno, infatti, deve riconoscere di essere malato, per poter essere guarito; ciascuno deve confessare il proprio peccato, perché il perdono di Dio, già donato sulla Croce, possa avere effetto nel suo cuore e nella sua vita. Scrive ancora sant’Agostino: «Dio condanna i tuoi peccati; e se anche tu li condanni, ti unisci a Dio … Quando comincia a dispiacerti ciò che hai fatto, allora cominciano le tue opere buone, perché condanni le tue opere cattive. Le opere buone cominciano con il riconoscimento delle opere cattive» (ibid., 13: PL 35, 1191). A volte l’uomo ama più le tenebre che la luce, perché è attaccato ai suoi peccati. Ma è solo aprendosi alla luce, è solo confessando sinceramente le proprie colpe a Dio, che si trova la vera pace e la vera gioia. E’ importante allora accostarsi con regolarità al Sacramento della Penitenza, in particolare in Quaresima, per ricevere il perdono del Signore e intensificare il nostro cammino di conversione.

Cari amici, domani celebreremo la festa solenne di san Giuseppe. Ringrazio di cuore tutti coloro che avranno per me un ricordo nella preghiera, nel giorno del mio onomastico. In particolare, vi chiedo di pregare per il viaggio apostolico in Messico e Cuba, che compirò a partire da venerdì prossimo. Affidiamolo all’intercessione della Beata Vergine Maria, tanto amata e venerata in questi due Paesi che mi accingo a visitare.

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,

Ieri si è concluso, a Marsiglia, il VI Forum mondiale dell’acqua, e giovedì prossimo si celebrerà la Giornata mondiale dell’acqua, che quest’anno sottolinea il fondamentale legame di tale preziosa e limitata risorsa con la sicurezza alimentare. Auspico che queste iniziative contribuiscano a garantire per tutti un accesso equo, sicuro e adeguato all’acqua, promuovendo così i diritti alla vita e alla nutrizione di ogni essere umano e un uso responsabile e solidale dei beni della terra, a beneficio delle generazioni presenti e future.

Que ce temps du Carême, chers pèlerins francophones, nous donne de recentrer toute notre vie sur le Christ, qui a pris sur Lui nos souffrances et nos peines. Je Lui confie la douleur des parents belges qui, à cause de l’accident tragique en Suisse, ont perdu leur enfant, et celle de ceux qui se sont vus privés d’un proche. Je les assure de ma proximité et de ma prière. Demain, nous célèbrerons la fête de Saint-Joseph : puisse le Seigneur, par l’intercession de mon saint patron de baptême, me donner la force de confirmer mes frères et sœurs dans la foi ! Comme Saint Joseph, ne craignez pas de prendre Marie chez vous, qu’elle vous montre son Fils, le Christ notre Sauveur ! Que Dieu vous bénisse !

I greet the English-speaking pilgrims and visitors present for today’s Angelus. This Sunday, we reach the mid-way point of our Lenten journey. As we continue on our way, we keep our eyes fixed upon our goal, when we will accompany our Lord on the path to Calvary, so as to rise with him to new life. May Christ, the light of the world, shine upon you and fill you with his blessings!

Herzlich heiße ich alle deutschsprachigen Brüder und Schwestern willkommen, besonders die Pilger aus Bocholt. Am heutigen vierten Fastensonntag, dem Sonntag Lætare, strahlt schon etwas von der österlichen Freude auf. So sagt uns der heilige Paulus in der zweiten Lesung: „Gott hat uns mit Christus auferweckt und uns zusammen mit ihm einen Platz im Himmel gegeben“ (Eph 2,6). In dieser Zuversicht wollen wir die Botschaft der Erlösung in Jesus Christus zu unseren Mitmenschen bringen. An diesem Freitag darf ich selber als Pilger der Hoffnung nach Mexiko und Kuba aufbrechen, und ich bitte euch, diese Apostolische Reise mit eurem Gebet zu begleiten. Der Herr schenke euch allen seine Gnade.

Saludo a los peregrinos de lengua española, en particular al grupo del Pontificio Colegio Mexicano, de Roma, así como a los fieles provenientes de Tarragona, Ferrol y Madrid, y los exhorto a dirigir su mirada a Jesucristo, que levantado como estandarte en medio del mundo, es causa de salvación para el género humano. Al mismo tiempo, suplico oraciones por mi próximo Viaje apostólico a México y Cuba, donde tendré la dicha de ir dentro de unos días para confirmar en la fe a los cristianos de esas amadas naciones y de toda Latinoamérica. Invito a todos a acompañarme con su cercanía espiritual, para que en esta visita pastoral se cosechen abundantes frutos de vida cristiana y renovación eclesial, que contribuyan al auténtico progreso de esos pueblos. Encomiendo esta peregrinación a la Santísima Virgen María, que en aquellas benditas tierras recibe los nombres entrañables de Guadalupe y la Caridad. Feliz Domingo.

Srdačno pozdravljam i blagoslivljam hrvatske hodočasnike, a osobito nastavnike i učenike Gimnazije i strukovne škole Jurja Dobrile iz Pazina. Dragi prijatelji, nebeski Otac, bogat milosrđem, dao nam je svoga Sina da Ga slijedimo i da se spasimo. Ne bojte se ljubiti Ga i vjerovati Mu! Hvaljen Isus i Marija!

[Saluto di cuore e benedico tutti i pellegrini Croati, particolarmente i professori e gli studenti del Ginnasio e della Scuola d’avviamento professionale Juraj Dobrila di Pazin. Cari amici, il Padre celeste, ricco di misericordia, ci ha dato Suo Figlio affinché Lo seguiamo e ci salviamo. Non abbiate paura di amarLo e di credere in Lui! Siano lodati Gesù e Maria!]

S láskou pozdravujem slovenských pútnikov, osobitne z Farnosti svätého Michala v Stanči a z Úpora. Bratia a sestry, Pôstne obdobie nás pobáda, aby sme uznali v Ježišovi Kristovi našu najväčšiu nádej. Pozývam vás, aby ste boli vo svete vernými svedkami jeho Radostnej zvesti o vykúpení. Zo srdca vás žehnám. Sláva Isusu Christu!
[Saluto con affetto i pellegrini slovacchi, particolarmente quelli provenienti dalla Parrocchia di San Michele di Stanča e di Úpor.. Fratelli e sorelle, il Tempo della Quaresima ci esorta a riconoscere Gesù Cristo come nostra suprema speranza. Vi invito ad essere nel mondo testimoni fedeli della Buona Novella della redenzione. Di cuore vi benedico. Sia lodato Gesù Cristo!]

Serdeczne pozdrowienie kieruję do wszystkich Polaków. Słowa łączności przekazuję uczestnikom Zjazdu Gnieźnieńskiego, obradującym w historycznej stolicy Polski. Niech będzie on dla Europy przypomnieniem o jej chrześcijańskich korzeniach i o potrzebie budowania społeczeństwa obywatelskiego w oparciu o wartości ewangeliczne. Owoce Zjazdu zawierzam św. Józefowi, Patronowi Kościoła Powszechnego i św. Wojciechowi, Patronowi Polski. Proszę wszystkich o modlitwę w intencji mojej podróży do Meksyku i na Kubę. Życzę wam dobrej niedzieli i z serca błogosławię.
[Rivolgo il mio cordiale saluto a tutti i Polacchi. Esprimo la mia vicinanza ai partecipanti al Convegno si sta svolgendo a Gniezno, storica capitale della Polonia. Il suddetto Convegno sia per l’Europa memoria delle sue radici cristiane e della necessità di costruire una società civile fondandosi sui valori evangelici. Affido i frutti del Convegno a San Giuseppe, Patrono della Chiesa Universale, e a Sant’Adalberto, Patrono della Polonia. A tutti chiedo la preghiera per il mio viaggio in Messico e a Cuba. Vi auguro una buona domenica e vi benedico di cuore.]

Saluto infine con affetto i pellegrini di lingua italiana, in particolare i fedeli provenienti da Assisi, Piacenza, Porto Azzurro e dalla diocesi di Concordia-Pordenone, e i cresimandi del Vicariato Mugello Est. Saluto i lavoratori dell’Alcoa di Portovesme, assicurando ad essi e alle rispettive famiglie la mia preghiera e la mia vicinanza ed auspicando che la loro difficile situazione, come altre simili, possa avere un’adeguata soluzione. A tutti auguro una buona domenica e una buona settimana.

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domenica 18 marzo 2012

Video Vangelo: IV Domenica di Quaresima

La colonna di fuoco

IV Domenica di Quaresima
(Gv 3,14-21) 

Il Vangelo di oggi ruota attorno a tre temi dominanti: la vita eterna, la fede, il giudizio.
“Così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque CREDE IN LUI, NON MUOIA, MA ABBIA LA VITA ETERNA”.


• La vita eterna

Se andassimo in giro con tanto di microfono a fare un sondaggio su cos’è la vita eterna, che risposta riceveremmo? Sicuramente che è la vita che inizia dopo la morte. E invece cosa dice l’evangelista Giovanni? “La vita eterna è conoscere Te, l’unico vero Dio e Colui che hai mandato, Gesù Cristo”. Ecco una notizia sconvolgente, che sconvolge cioè il nostro modo di pensare perché se la vita eterna consiste nel conoscere, significa che essa inizia alla nostra nascita, quando cioè iniziamo a conoscere, mentre la morte è proprio il momento in cui… perdiamo conoscenza!
Dio, dandoci l’essere, ci dà implicitamente anche la capacità di conoscere che diventerà perfetta nell’età adulta, ma ognuno di noi la riceve in potenza già alla nascita. L’adulto avrà una conoscenza più perfetta di quella del bambino, ma ad ognuno Dio dà la capacità di conoscere non solo la realtà che lo circonda, ma soprattutto di conoscere Lui, l’unico vero Dio e l’unica luce che illumina ogni uomo.. “Venne nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo”. Non solo l’uomo che è cattolico, prega, va in chiesa, ma OGNI uomo. Quindi tutti la riceviamo. Anche il selvaggio della tribù più sperduta, ha ricevuto la luce della coscienza che gli fa distinguere il bene dal male. Perciò dal momento in cui iniziamo ad esistere cominciamo anche ad essere capaci di conoscere, oltre alla realtà che ci circonda anche Dio e iniziamo così a vivere la vita eterna fin da quaggiù.

• La fede

Fin dal battesimo riceviamo in noi la vita di grazia che non è altro che il germe della gloria, quindi nella misura in cui viviamo in grazia, viviamo la stessa realtà della gloria, benché in germe, la cui pienezza sarà raggiunta quando vedremo Dio faccia a faccia
Ma non basta conoscere, bisogna anche credere “chiunque crede in Lui, ha la vita eterna”. Se la vita eterna è la realtà più grande, la fede è l’opera più grande e adeguata ad essa. La fede è il tesoro più prezioso che abbiamo perché ci apre gli orizzonti sconfinati dello spirito; e il mondo la perde con estrema facilità per correre dietro a miraggi traditori e chimere ingannatrici.
La fede ci fa entrare nel mondo di Dio, ci dà la forza stessa di Dio, illumina le nostre notti, è la colonna di fuoco che dà senso al nostro vivere e luce al nostro andare. Senza la fede la vita diventa una notte tenebrosa senza senso e senza sbocco, se non nel buco nero e vertiginoso dell’eterno nulla. In qualsiasi prova e traversia della vita l’unica domanda che dobbiamo farci è se in quella prova abbiamo conservato la fede. Se possiamo rispondere di sì, non abbiamo perso niente anche se avessimo perso tutto. Non c’è peggior catastrofe che perdere la fede: tutte le altre sono niente in confronto perché non metteranno mai a rischio il nostro destino eterno, mentre se perdiamo la fede, la nostra vita che era destinata ad un’esplosione di gloria, finirà in un’estinzione tenebrosa.

• Il giudizio

“Dio ha mandato il Figlio NON per giudicare il mondo ma perché IL MONDO SI SALVI PER MEZZO DI LUI; chi crede in Lui non è condannato”. Ecco il giudizio! E’ la fede stessa che lo stabilisce: “chi crede, non va incontro al giudizio, ma è passato dalla morte alla vita”. Chi ha fede passa dunque sempre dalla morte alla vita. Chiediamo questa colonna di fuoco non solo per la salvezza eterna ma anche per vivere meglio la nostra vita quaggiù. E diverremo colonne pure noi.

Wilma Chasseur

venerdì 16 marzo 2012

Elvira - Figlia spirituale di Padre Pio - XXV

Continuiamo a scoprire la figura di Elvira, figlia spirituale di San Pio da Pietrelcina; nell'appuntamento odierno l'attenzione è ancora incentrata su Elvira e il suo cenacolo:

CAPITOLO V
IL CENACOLO DELLA S.S. TRINITÀ

I GIOVANI

Tra i frequentatori del Cenacolo un discorso a parte meritano i giovani, perché ne sono la parte eletta. Elvira li ama di un appassionato amore materno, perciò parla con loro, li guida, li segue con un premura, con una generosità, con una competenza come neanche un bravo sacerdote potrebbe fare. Entra nelle più intime fibre delle loro coscienze e ne dirige tutti i sentimenti verso l'ideale supremo. "Li voglio tutti santi!" Dice spesso e si prodiga fino all'inverosimile per far morire in loro il vecchio Adamo e spogliarli delle cattive inclinazioni e di ogni attaccamento nocivo. Lei avverte i mille ostacoli che si frappongono alla loro santificazione, ostacoli mossi dal nemico delle anime, ma anche dalle tante piccole resistenze che essi possono opporre alla volontà di Dio e, sentendo il peso della loro umanità, sospira: "Signore, quando non avranno più debolezze...?"

Il suo insegnamento è fatto non tanto di precetti e di massime, quanto di esempi, poiché in tutte le cose le piace di andare al concreto, di far toccare con mano che quello che il Signore vuole, si può fare. Memore di quanto diceva Padre Pio che asseriva essere la meditazione la chiave del progresso della propria conoscenza e di quella di Dio, Mamma Elvira stimola i suoi giovani alla meditazione quotidiana come a uno dei cardini più importanti del nostro edificio spirituale. Col suo esempio li educa alla preghiera e alla fiducia incrollabile nella forza della preghiera, li educa alla tenacia nel bene senza tentennamenti e senza ombra di rispetto umano. Li spinge a frequentare assiduamente i Sacramenti con particolare attenzione a quello della Penitenza e insegna loro quanto sia importante lottare per riportare vittoria. Sa prenderli uno per uno con delicatezza sapiente per educarli alla purezza. E pronta a sostenerli quando stanno per cadere, a rialzarli quando sono caduti, a rimproverarli quando ve ne sia bisogno, per farli ripartire ogni volta con rinnovato slancio. Raccomanda loro di accostarsi alla S. Comunione con cuore umile, sincero, devoto, sapendo che quello è il momento più importante di tutta la giornata e li esorta a viverlo come se fosse ogni volta la prima Comunione e l'ultima della loro vita.

I giovani del Cenacolo accettano di lasciarsi plasmare per diventare dei portatori di Cristo. Sanno che se sapranno assimilare il prezioso patrimonio spirituale che Mamma Elvira sa loro trasmettere, potranno a loro volta conquistare altri giovani, sottrarli alla schiavitù del demonio e delle passioni e trasformare anche loro in banditori di verità e di luce evangelica.

Nel Cenacolo questi giovani hanno trovato tutto ciò a cui inconsciamente anelavano. Qui, aprendo il cuore alle eterne realtà dello Spirito, si sono staccati dalle cose del mondo e, riguardando alla loro vita passata, si avvedono quanto futile e deludente fosse tutto ciò che prima facevano quando, come tanti altri ragazzi, erano "vaganti nel deserto del mondo, senza una meta, senza uno scopo, sempre in cerca di quella felicità che il mondo non può dare". Ora essi, vivendo nella grazia di Dio, sanno compiere i loro doveri in modo molto positivo, sia in seno alla propria famiglia, come in mezzo alla società. La corona del Rosario è la loro arma nel duro combattimento quotidiano.

Accanto ai giovani sono le ragazze. Hanno capito quanto sia proficuo lasciare le frivolezze e gli interessi mondani per guadagnarsi il cielo e non hanno desideri di evasione, anche se la rinuncia, per qualcuna di loro, è stata all'inizio dolorosa.

"Ho sofferto molto - confesserà una di esse - perché il mondo al quale ero sempre appartenuta mi teneva legata e il nuovo mondo mi attirava in un modo irresistibile. Ho fatto la mia scelta; ho lasciato tutto quello che avevo e ho cominciato una nuova vita. Ed ora sono felice. A volte mi chiedo come sarebbe la mia vita se non avessi conosciuto questa comunità che ora per me è la cosa più importante, perché, quando si è lì, ci si sente veramente trasformati. "

giovedì 15 marzo 2012

Benedetto XVI: "La vita richiede scelte inderogabili".

Udienza Generale di Papa Benedetto XVI - 14 Marzo 2012

BENEDETTO XVI
UDIENZA GENERALE
Piazza San Pietro
Mercoledì, 14 marzo 2012


 Cari fratelli e sorelle,
con la Catechesi di oggi vorrei iniziare a parlare della preghiera negli Atti degli Apostoli e nelle Lettere di san Paolo. San Luca ci ha consegnato, come sappiamo, uno dei quattro Vangeli, dedicato alla vita terrena di Gesù, ma ci ha lasciato anche quello che è stato definito il primo libro sulla storia della Chiesa, cioè gli Atti degli Apostoli. In entrambi questi libri, uno degli elementi ricorrenti è proprio la preghiera, da quella di Gesù a quella di Maria, dei discepoli, delle donne e della comunità cristiana. Il cammino iniziale della Chiesa è ritmato anzitutto dall’azione dello Spirito Santo, che trasforma gli Apostoli in testimoni del Risorto sino all’effusione del sangue, e dalla rapida diffusione della Parola di Dio verso Oriente e Occidente. Tuttavia, prima che l’annuncio del Vangelo si diffonda, Luca riporta l’episodio dell’Ascensione del Risorto (cfr At 1,6-9). Ai discepoli il Signore consegna il programma della loro esistenza votata all’evangelizzazione e dice: «Riceverete la forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e di me sarete testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea, e la Samaria e fino ai confini della terra» (At 1,8). A Gerusalemme gli Apostoli, rimasti in Undici per il tradimento di Giuda Iscariota, sono riuniti in casa per pregare, ed è proprio nella preghiera che aspettano il dono promesso da Cristo Risorto, lo Spirito Santo.
In questo contesto di attesa, tra l’Ascensione e la Pentecoste, san Luca menziona per l’ultima volta Maria, la Madre di Gesù, e i suoi familiari (v. 14). A Maria ha dedicato gli inizi del suo Vangelo, dall’annuncio dell’Angelo alla nascita e all’infanzia del Figlio di Dio fattosi uomo. Con Maria inizia la vita terrena di Gesù e con Maria iniziano anche i primi passi della Chiesa; in entrambi i momenti il clima è quello dell’ascolto di Dio, del raccoglimento. Oggi, pertanto, vorrei soffermarmi su questa presenza orante della Vergine nel gruppo dei discepoli che saranno la prima Chiesa nascente. Maria ha seguito con discrezione tutto il cammino di suo Figlio durante la vita pubblica fino ai piedi della croce, e ora continua a seguire, con una preghiera silenziosa, il cammino della Chiesa. Nell’Annunciazione, nella casa di Nazaret, Maria riceve l’Angelo di Dio, è attenta alle sue parole, le accoglie e risponde al progetto divino, manifestando la sua piena disponibilità: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua volontà» (cfr Lc 1,38). Maria, proprio per l’atteggiamento interiore di ascolto, è capace di leggere la propria storia, riconoscendo con umiltà che è il Signore ad agire. In visita alla parente Elisabetta, Ella prorompe in una preghiera di lode e di gioia, di celebrazione della grazia divina, che ha colmato il suo cuore e la sua vita, rendendola Madre del Signore (cfr Lc 1,46-55). Lode, ringraziamento, gioia: nel cantico del Magnificat, Maria non guarda solo a ciò che Dio ha operato in Lei, ma anche a ciò che ha compiuto e compie continuamente nella storia. Sant’Ambrogio, in un celebre commento al Magnificat, invita ad avere lo stesso spirito nella preghiera e scrive: «Sia in ciascuno l’anima di Maria per magnificare il Signore; sia in ciascuno lo spirito di Maria per esultare in Dio» (Expositio Evangelii secundum Lucam 2, 26: PL 15, 1561).
Anche nel Cenacolo, a Gerusalemme, nella «stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi» i discepoli di Gesù (cfr At 1,13), in un clima di ascolto e di preghiera, Ella è presente, prima che si spalanchino le porte ed essi inizino ad annunciare Cristo Signore a tutti i popoli, insegnando ad osservare tutto ciò che Egli aveva comandato (cfr Mt 28,19-20). Le tappe del cammino di Maria, dalla casa di Nazaret a quella di Gerusalemme, attraverso la Croce dove il Figlio le affida l’apostolo Giovanni, sono segnate dalla capacità di mantenere un perseverante clima di raccoglimento, per meditare ogni avvenimento nel silenzio del suo cuore, davanti a Dio (cfr Lc 2,19-51) e nella meditazione davanti a Dio anche comprenderne la volontà di Dio e divenire capaci di accettarla interiormente. La presenza della Madre di Dio con gli Undici, dopo l’Ascensione, non è allora una semplice annotazione storica di una cosa del passato, ma assume un significato di grande valore, perché con loro Ella condivide ciò che vi è di più prezioso: la memoria viva di Gesù, nella preghiera; condivide questa missione di Gesù: conservare la memoria di Gesù e così conservare la sua presenza.
L’ultimo accenno a Maria nei due scritti di san Luca è collocato nel giorno di sabato: il giorno del riposo di Dio dopo la Creazione, il giorno del silenzio dopo la Morte di Gesù e dell’attesa della sua Risurrezione. Ed è su questo episodio che si radica la tradizione di Santa Maria in Sabato. Tra l’Ascensione del Risorto e la prima Pentecoste cristiana, gli Apostoli e la Chiesa si radunano con Maria per attendere con Lei il dono dello Spirito Santo, senza il quale non si può diventare testimoni. Lei che l’ha già ricevuto per generare il Verbo incarnato, condivide con tutta la Chiesa l’attesa dello stesso dono, perché nel cuore di ogni credente «sia formato Cristo» (cfr Gal 4,19). Se non c’è Chiesa senza Pentecoste, non c’è neanche Pentecoste senza la Madre di Gesù, perché Lei ha vissuto in modo unico ciò che la Chiesa sperimenta ogni giorno sotto l’azione dello Spirito Santo. San Cromazio di Aquileia commenta così l’annotazione degli Atti degli Apostoli: «Si radunò dunque la Chiesa nella stanza al piano superiore insieme a Maria, la Madre di Gesù, e insieme ai suoi fratelli. Non si può dunque parlare di Chiesa se non è presente Maria, Madre del Signore… La Chiesa di Cristo è là dove viene predicata l’Incarnazione di Cristo dalla Vergine, e, dove predicano gli apostoli, che sono fratelli del Signore, là si ascolta il Vangelo » (Sermo 30,1: SC 164, 135).
Il Concilio Vaticano II ha voluto sottolineare in modo particolare questo legame che si manifesta visibilmente nel pregare insieme di Maria e degli Apostoli, nello stesso luogo, in attesa dello Spirito Santo. La Costituzione dogmatica Lumen gentium afferma: «Essendo piaciuto a Dio di non manifestare apertamente il mistero della salvezza umana prima di effondere lo Spirito promesso da Cristo, vediamo gli apostoli prima del giorno della Pentecoste “perseveranti d’un sol cuore nella preghiera con le donne e Maria madre di Gesù e i suoi fratelli” (At 1,14); e vediamo anche Maria implorare con le sue preghiere il dono dello Spirito che all'Annunciazione l’aveva presa sotto la sua ombra» (n. 59). Il posto privilegiato di Maria è la Chiesa, dove è «riconosciuta quale sovreminente e del tutto singolare membro…, figura ed eccellentissimo modello per essa nella fede e nella carità» (ibid., n. 53).
Venerare la Madre di Gesù nella Chiesa significa allora imparare da Lei ad essere comunità che prega: è questa una delle note essenziali della prima descrizione della comunità cristiana delineata negli Atti degli Apostoli (cfr 2,42). Spesso la preghiera è dettata da situazioni di difficoltà, da problemi personali che portano a rivolgersi al Signore per avere luce, conforto e aiuto. Maria invita ad aprire le dimensioni della preghiera, a rivolgersi a Dio non solamente nel bisogno e non solo per se stessi, ma in modo unanime, perseverante, fedele, con un «cuore solo e un’anima sola» (cfr At 4,32).
Cari amici, la vita umana attraversa diverse fasi di passaggio, spesso difficili e impegnative, che richiedono scelte inderogabili, rinunce e sacrifici. La Madre di Gesù è stata posta dal Signore in momenti decisivi della storia della salvezza e ha saputo rispondere sempre con piena disponibilità, frutto di un legame profondo con Dio maturato nella preghiera assidua e intensa. Tra il venerdì della Passione e la domenica della Risurrezione, a Lei è stato affidato il discepolo prediletto e con lui tutta la comunità dei discepoli (cfr Gv 19,26). Tra l’Ascensione e la Pentecoste, Ella si trova con e nella Chiesa in preghiera (cfr At 1,14). Madre di Dio e Madre della Chiesa, Maria esercita questa sua maternità sino alla fine della storia. Affidiamo a Lei ogni fase di passaggio della nostra esistenza personale ed ecclesiale, non ultima quella del nostro transito finale. Maria ci insegna la necessità della preghiera e ci indica come solo con un legame costante, intimo, pieno di amore con suo Figlio possiamo uscire dalla «nostra casa», da noi stessi, con coraggio, per raggiungere i confini del mondo e annunciare ovunque il Signore Gesù, Salvatore del mondo. Grazie.

Saluti:
Je salue avec joie les pèlerins francophones, en particulier l’Association des paralysés de France. Marie nous enseigne la nécessité de la prière. Seul un lien constant et plein d’amour avec son Fils, peut nous aider à l’annoncer partout comme le Sauveur du monde. Apprenons d’elle, durant ce Carême, à prier avec toute l’Église d’un seul cœur. Avec ma bénédiction !
I offer a warm welcome to the students of the United States Naval Academy. My greeting also goes to the many parish and school groups present. I thank the choirs for their praise of God in song. Upon all the English-speaking pilgrims and visitors, including those from Great Britain, Ireland, Norway, Indonesia, Japan, Canada and the United States, I invoke God’s blessings of joy and peace.
Mit Freude heiße ich alle Pilger und Gäste aus den Ländern deutscher Sprache willkommen. Maria wird uns von Lukas vor allem als die große Betende dargestellt. Durch das Hören auf den Herrn und das Beten war sie bereit, Mutter Gottes und Mutter der Kirche zu werden. Ihre Mutterschaft übt sie bis ans Ende der Zeiten aus, und ihr dürfen wir unser Leben anvertrauen. Von Maria können wir das Beten lernen, können wir neu lernen, aus der inneren Verbindung mit Gott zu leben. Der Heilige Geist mache euch alle froh und stark im Glauben. Danke.
Saludo cordialmente a los peregrinos de lengua española, en particular al grupo de la diócesis de León, con su Obispo Monseñor Julián López, así como a los demás grupos venidos de España, México y otros países latinoamericanos. Que siguiendo el ejemplo de María, sepamos dedicar más tiempo a la oración personal y comunitaria, especialmente en este tiempo de cuaresma, en el que a través de la penitencia y la limosna nos disponemos a acompañar a Jesús más de cerca. Muchas gracias.
Amados peregrinos de língua portuguesa, especialmente os grupos paroquiais de São José e Cosminho, sede bem-vindos! Que esta peregrinação ao túmulo dos Apóstolos fortaleça, nos vossos corações, o sentir e o viver em Igreja, sob o terno olhar da Virgem Mãe! Com Ela, aprendei a ler os sinais de Deus na História, para serdes construtores duma nova humanidade. Como encorajamento e penhor de graças, dou-vos a minha Bênção.
Saluto in lingua polacca:
Serdecznie pozdrawiam obecnych tu Polaków. „Zmiłuj się nade mną, Boże, w swojej łaskawości, w ogromie swego miłosierdzia wymaż moją nieprawość!” (Ps 51 [50], 1). Niech to wielkopostne błaganie, które Kościół zanosi do Boga słowami pokutnego Psalmu będzie dla nas przedmiotem rekolekcyjnych przemyśleń i wezwaniem do nawrócenia. Maryi, Matce Zbawiciela, polecajmy w wytrwałej modlitwie wszelkie trudności, zmartwienia i pragnienie przemiany życia. Wam tu obecnym i waszym bliskim z serca błogosławię.
Traduzione italiana:
Saluto cordialmente tutti i Polacchi qui presenti. “Pietà di me, o Dio, nel tuo amore; nella tua grande misericordia cancella la mia iniquità” (Sal 51 [50], 1). Questa implorazione quaresimale che la Chiesa innalza a Dio con il Salmo di pentimento sia per noi oggetto di riflessione durante gli esercizi spirituali e chiamata alla conversione. Nella perseverante preghiera raccomandiamo a Maria, Madre del Salvatore, ogni difficoltà, ogni angoscia e il desiderio di cambiare la vita. Benedico di cuore voi qui presenti e i vostri cari.
Saluto in lingua ceca:
Srdečně zdravím všechny přítomné z České republiky, zejména studenty Obchodní akademie Písek a Gymnázia Strakonice. Ať vaše pouť k hrobům apoštolů a setkání s tradicí Věčného Města posílí v této příhodné postní době vaši víru a stane se zdrojem duchovního růstu. Všem vám žehnám.
Traduzione italiana:
Saluto cordialmente i presenti della Repubblica Ceca, in particolare gli studenti dell’Accademia Commerciale di Pissek e del Ginnasio “Strakonize” . Il vostro pellegrinaggio alle Tombe degli Apostoli, in questo tempo favorevole della Quaresima, e l’incontro con la tradizione della Città Eterna rafforzino la vostra fede e diventino fonte di crescita spirituale. A tutti voi la mia benedizione!
Saluto in lingua croata:
S radošću pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a osobito vjernike iz župe Majke Božje Fatimske iz Orehovice.
Dragi prijatelji, obratiti se znači čitavim bićem zavoljeti svoga Stvoritelja. Ne bojte se otvoriti svoje srce Isusu i s njime podijeliti svoje radosti i teškoće. Hvaljen Isus i Marija!
Traduzione italiana:
Saluto con gioia tutti i pellegrini croati, particolarmente i fedeli della parrocchia della Madre di Dio di Fatima a Orehovica. Cari amici, convertirsi significa amare il Creatore con tutto il proprio essere. Non abbiate paura di aprire il vostro cuore a Gesù e condividere con Lui le gioie e le difficoltà. Siano lodati Gesù e Maria!
Saluto in lingua ungherese:
Isten hozta a magyar zarándokokat! Szeretettel köszöntelek Benneteket, különösen is a miskolci jezsuita gimnázium csoportját és azokat, akik Budapestről és Sopronból érkeztek.
Nagyböjt legyen a lelki megújulás időszaka. Kérjük az Urat, adja meg az igazi megtérést és Krisztus szeretetét. Ezt kívánva szívből adom áldásomat nektek és szeretteiteknek.
Dicsértessék a Jézus Krisztus!
Traduzione italiana:
Un saluto cordiale ai fedeli di lingua ungherese, specialmente al gruppo del liceo dei gesuiti a Miskolc ed a coloro che sono arrivati da Budapest e da Sopron.
Cari amici, il tempo di Quaresima è un’occasione di rinnovamento spirituale. Chiediamo al Signore una vera conversione e l’amore profondo a Cristo. Con questi voti benedico di cuore voi e i vostri cari.
Sia lodato Gesù Cristo!
* * *
Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare saluto la delegazione di ritorno da Malta con la “fiaccola benedettina della pace” accompagnata dall’Arcivescovo di Spoleto-Norcia, Mons. Renato Boccardo, e dagli Abati di Montecassino e Subiaco, Dom Pietro Vittorelli e Dom Mauro Meacci. Saluto con affetto i numerosi gruppi parrocchiali, in particolare i fedeli di Alba Fucens e di Mercogliano, convenuti per la benedizione della statua di San Guglielmo, Patrono dell’Irpinia, con il Vescovo di Avellino, Mons. Francesco Marino, e l’Abate di Montevergine Dom Beda Paluzzi. Saluto inoltre le associazioni, le scolaresche, in particolare le Scuole del Regnum Christi e l’Istituto Champagnat di Genova e i seminaristi di Oristano, insieme al Vescovo Mons. Ignazio Sanna, che festeggiano il terzo centenario del Seminario Arcivescovile.
Rivolgo infine un affettuoso pensiero ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. Il prezioso tempo quaresimale sia di stimolo a voi, cari giovani, per riscoprire l’importanza della fede; aiuti voi, cari ammalati, ad unire le vostre sofferenze alla croce di Cristo per la costruzione della civiltà dell’amore; accresca in voi, cari sposi novelli, il senso della presenza di Dio nella vostra nuova famiglia.

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mercoledì 14 marzo 2012

La Summa Teologica - Cinquantottesima parte

Torna l'appuntamento di approfondimento della Summa Teologica di San Tommaso d'Aquino, un'opera che diede un fondamento scientifico, filosofico e teologico alla dottrina cristiana. Continuiamo a scoprire la parte dedicata al Trattato relativo all'essenza di Dio, e continuiamo a soffermarci sulla nostra conoscenza di Dio:

Prima parte
Trattato relativo all'essenza di Dio

La nostra conoscenza di Dio > Se un intelletto creato possa con le sue forze naturali vedere l'essenza divina

Prima parte
Questione 12
Articolo 4

SEMBRA che un intelletto creato possa, con le sue forze naturali, vedere l'essenza divina. Infatti:
 1. Dionigi dice che l'angelo è "uno specchio puro, nitidissimo, che accoglie in sé, se è lecito dir così, tutta la bellezza di Dio". Ora, un oggetto (riflesso nello specchio) è visto appena visto lo specchio. Ma siccome l'angelo conosce naturalmente se stesso, sembra evidente che con le sue forze naturali intenda anche l'essenza divina.

 2. Un oggetto di per sé visibilissimo può diventare per noi meno visibile a causa della debolezza della nostra vista sia corporale che intellettuale. Ma l'intelletto dell'angelo non soffre di alcuna debolezza. Siccome dunque Dio in se stesso è quanto mai intelligibile, sembra evidente che lo sia anche per l'angelo. Conseguentemente se gli altri intelligibili li conosce con le sue forze naturali, con più ragione dovrà conoscere Dio.

 3. Il senso corporeo non può assurgere alla conoscenza della sostanza incorporea, perché oltrepassa la sua natura. Quindi, se vedere Dio nella sua essenza eccedesse la natura di ogni intelligenza creata, ne verrebbe che nessun intelletto creato potrebbe giungere alla visione di Dio: il che è erroneo, come appare da quanto è stato già detto. Sembra chiaro dunque che per l'intelletto creato sia cosa naturale vedere l'essenza divina.
 

IN CONTRARIO: S. Paolo dice: "Il grazioso dono di Dio è la vita eterna". Ora, la vita eterna consiste nella visione della divina essenza, secondo il detto del Signore: "la vita eterna consiste nel conoscere te solo vero Dio", ecc. Dunque vedere l'essenza di Dio appartiene all'intelletto creato per grazia, e non per natura.


RISPONDO: È impossibile per un intelletto creato vedere con le sue forze naturali l'essenza di Dio. Infatti la conoscenza avviene per il fatto che il conosciuto viene ad essere nel conoscente. Il conosciuto poi è nel soggetto conoscente secondo il modo di esso conoscente. Quindi la conoscenza in ogni soggetto conoscitivo è conforme al modo della sua propria natura. Se dunque il modo di essere di una cosa conosciuta eccede il modo di essere della natura del conoscente, è necessario che la cognizione di tale cosa trascenda la natura di tale conoscente.
 Ora, molti sono i modi di essere delle cose. Alcune sono tali che la loro natura non ha l'essere che in questa o quella materia individuale: e tali sono tutti gli enti corporei. Ve ne sono poi di quelle le cui nature (o essenze) sono per sé sussistenti, fuori d'ogni materia, le quali tuttavia non sono il loro essere, ma sono nature che hanno l'essere; e tali sono le sostanze incorporee, chiamate angeli. Soltanto a Dio invece appartiene di essere in maniera tale che egli sia il suo stesso essere sussistente.
 A noi dunque è connaturale conoscere quelle cose che non hanno l'essere se non nella materia individuale; perché l'anima nostra, con la quale intendiamo, è anch'essa forma di una materia. Quest'anima, tuttavia, ha una duplice potenza conoscitiva. Una è atto d'un organo corporeo. E ad essa è connaturale conoscere le cose secondo che sono nella materia individuale: cosicché il senso non conosce che i singolari. L'altra potenza conoscitiva dell'anima è l'intelletto, il quale non è atto (o funzione) di alcun organo corporeo. Perciò mediante l'intelletto ci è connaturale conoscere nature (o essenze) le quali, veramente, non hanno l'essere che nella materia individuale; tuttavia non (sono percepite da noi) in quanto esistenti nella materia, ma in quanto ne sono astratte dall'intelletto che le considera. Cosicché noi possiamo conoscere intellettualmente tali cose con una conoscenza universale: il che supera la capacità del senso. - All'intelletto angelico poi è connaturale conoscere le nature esistenti fuori della materia. Ciò supera la naturale capacità dell'intelletto dell'anima umana nello stato della vita presente, durante il quale è unita al corpo.
 Resta dunque che il conoscere l'essere sussistente sia connaturale al solo intelletto divino e che per ciò supera il potere naturale di ogni intelletto creato, perché nessuna creatura è il suo proprio essere, ma ha un essere partecipato. Non può dunque l'intelletto creato vedere Dio per essenza se non in quanto Dio si unisce con la sua grazia all'intelletto creato come oggetto di conoscenza.

 SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. All'angelo è connaturale questo modo di conoscere Dio, cioè conoscerlo attraverso la somiglianza di lui che risplende nello stesso angelo. Ma conoscere Dio attraverso una immagine creata, non è conoscere l'essenza di Dio, come abbiamo dimostrato sopra. Quindi non segue che l'angelo possa con le sue forze naturali conoscere l'essenza di Dio.

 2. L'intelletto dell'angelo è senza difetto, se si prende "difetto" in senso privativo, quasi che l'angelo manchi di quel che deve avere. Ma se si prende negativamente, allora ogni creatura, di fronte a Dio, è difettosa non avendo quella eccellenza che si trova in Dio. 

domenica 11 marzo 2012

Video Vangelo: III Quaresima B 2012

Cosa buttar fuori dal nostro cuore?

3^ Domenica di Quaresima
(Gv. 2,13-25) 

“Via di qua! Tutti fuori!” Ma è proprio Gesù che parla così? E’ Lui in persona! Ma perché questa volta s’ indigna così tanto? Perché essendo salito a Gerusalemme per la Pasqua dei Giudei, va al tempio (in chiesa diremmo noi) per pregare, ma vede che lì vi fanno di tutto fuorché pregare: c’è chi vende, chi compra, chi cambia soldi. E Lui che è il Figlio, non sopporta che si trasformi in mercato la casa del Padre. La cacciata dei venditori dal tempio è narrata anche dagli altri evangelisti, segno che non fu un fatto marginale e secondario della vita di Gesù, ma un insegnamento importante su quale debba essere il comportamento nella casa del Padre.

• Quando il FIGLIO s’indigna…

Qui vediamo un Gesù che rivela tutta la sua imponenza e sovrana autorità che gli viene dal suo essere Figlio di Dio. E difende la casa del PADRE. E si indigna!
Questo atteggiamento l’avevamo già visto l’anno scorso, meditando il capitolo 23 di Matteo – il famoso capitolo dei “guai” – quando stanco degli attacchi e contrattacchi di farisei, sadducei e scribi che non la finivano di metterlo alla prova, Gesù si era preso una rivincita alla grande. Allora aveva stigmatizzato il loro agire, stilando loro una terribile carta d’identità. “Guai a voi scribi e farisei ipocriti che chiudete il regno dei cieli in faccia agli uomini e così non vi entrate neppure voi e fate proseliti per poi renderli figli dell’inferno”. Di che rimanere tramortiti! Anche oggi abbiamo una scena del genere. “Fatta una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori dal tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi e ai venditori di colombe disse: “ Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato”.

• Fraintendimenti

Ecco la pedagogia di Gesù: insegnare con i gesti e i fatti più che con le parole; questi gridano molto più forte! Ogni suo gesto è un insegnamento: Qui fa valere i diritti del Padre e li difende con forza e autorità divine: guai trasformare la casa del Padre in un luogo di mercato! Allora i Giudei si arrabbiano: “Quale segno ci mostri per fare queste cose? Rispose Gesù: distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”.
Gesù mette in discussione l’istituzione più sacra ed intoccabile della tradizione rabbinica: il tempio di Gerusalemme. E mette sotto accusa il loro modo di interpretare il rapporto con quel luogo sacro.
Il gesto di Gesù è chiaramente provocatorio e scatena l’opposizione dei Giudei che cadono, ancora una volta, in un colossale fraintendimento. Ma, mi chiedo io, lo facevano apposta a fraintendere sempre e a fraintendere tutto perché faceva loro comodo e permetteva loro di non convertirsi mai? Il tempio di cui parla Gesù è il suo corpo, non l’altro fatto di pietra.

• Il nostro cuore: piazza di mercato?

Gesù qui si identifica con il tempio: “ Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere”.
Ecco qual è il vero luogo del culto, il santuario della presenza di Dio e luogo dell’incontro con Lui: la persona di Gesù. E visto che Dio vuole abitare nel cuore di ognuno, il primo luogo del culto è il cuore dell’uomo. Dio va cercato lì. “Ti cercavo fuori, ma tu eri dentro di me”, diceva già sant’Agostino. Non è tanto il luogo o le osservanze esteriori che realizzano le condizioni per incontrare Dio, quanto le disposizioni del cuore. Allora chiediamoci: cosa c’è oggi in questo nostro cuore? Se venisse Gesù in persona cosa butterebbe fuori? Troverebbe che anche questo è più un luogo di mercato che di preghiera? Chiediamogli la grazia di saper fare quel repulisti che, ora, tocca a noi fare, per rendere il nostro cuore vero luogo di preghiera e di incontro con il Padre.

Wilma Chasseur

venerdì 9 marzo 2012

Elvira - Figlia spirituale di Padre Pio - XXIV

Continuiamo a scoprire la figura di Elvira, figlia spirituale di San Pio da Pietrelcina; nell'appuntamento odierno l'attenzione è ancora incentrata su Elvira e il suo cenacolo:

CAPITOLO V
IL CENACOLO DELLA S.S. TRINITÀ

MAMMA E MAESTRA

Elvira sente fortemente la responsabilità che hanno i genitori verso i loro figli e insegna ai giovani sposi che il loro primo dovere è quello di instillare, fin dalla prima età, nelle menti vergini dei loro bambini, le prime idee, i primi semi della fede e della pietà. E, a mano a mano che i figli crescono e si sviluppano nell'intelligenza, devono guidarli verso le verità fondamentali della Religione e incamminarli sulla via dei divini precetti, correggendoli ogni volta che ve ne sia bisogno, con fermezza e senza cedimenti. È categorica nell'affermare che, non adempiendo a questo dovere, i genitori tradiscono la loro missione e si rendono gravemente colpevoli in faccia a Dio. Poi sarà inutile piangere quando si vedranno i figli avviati verso la loro rovina...

Parole sante che tutti i genitori dovrebbero meditare in questi momenti tremendi in cui tanti di essi, stornati da mille interessi, sembrano ignorare che, se i figli prendono brutte strade, è perché non è stato spezzato loro, oltre al pane per il corpo, anche il pane spirituale dell'istruzione religiosa.

Come ogni creatura che nasce viene consacrata alla Madonna, così anche ogni fratello che parte per la casa del Padre, viene affidato alla protezione di lei.

Quando qualcuno dei suoi ammalati si approssima alla morte, Mamma Elvira legge per lui, sul suo libro degli "Ultimi Conforti" le preghiere che gli raccomandano l'anima a Dio e, prima che egli chiuda gli occhi per sempre, si porta al suo capezzale per consolarlo e ridestargli la fiducia nella Mamma del cielo che non abbandona mai i suoi figli nel punto della morte.

Particolarmente significativa è, a questo riguardo, la testimonianza di Suor Maria Tarcisia Cremonini, dell'Istituto S. Onofrio di Rimini, che morirà di cancro il 26 settembre del 1975.

Ne riportiamo solo una parte: "Voglio dire che sono molto grata alla Madonna di aver conosciuto il Cenacolo. Così l'ho conosciuto: ho visto queste care creature venire nella nostra Chiesa e pregare con tanta devozione. Mi attirarono tanto; sentii proprio che cera Dio in loro. Mi avvicinai e chiesi loro di pregare con me per ottenermi rassegnazione nella malattia e abbandono alla volontà di Dio.

Io ero già molto malata, facevo fatica a camminare, mi trascinavo, però sentivo il desiderio di andare a pregare con loro e un giorno andai in casa della signora Elvira. Non mi ricordo quante altre volte vi potei andare, purtroppo non molte. Ne tanto felice. Poi andai al Cenacolo e ne fui tanto felice. Ora io chiedo alla Madonna che, nella sua infinita bontà, ascolti le preghiere che si fanno per me nel Cenacolo, perché io possa ottenere un perfetto abbandono.

Mero messa a dire: `Madonnina, fa presto, vieni a prendermi! E forse era viltà. Non cera solo il desiderio di andare ad immergermi in Dio Trinità, di vedere Gesù Redentore nel suo splendore e nella sua gloria, Maria nella sua bellezza e nella sua grandezza... C’era anche la stanchezza del patire. Ma ora ho promesso: non farò più fretta. Il più completo abbandono! Però, miei cari fratelli e sorelle del Cenacolo, aiutatemi voi! E quando saprete che sarà l ora, il minuto (e spero che sarà così, nel mio letto) venite a pregare, a dire il Rosario.

Avevo osato desiderare, non so perché, che il mio funerale fosse fatto di mattina presto, quando tutti dormono, coi Sacerdoti, con poche Suore, ma se questo non mi è concesso sia fatta la volontà di Dio. Però io desidero tanto il Cenacolo dietro, vicino alla mia bara, a dire il Rosario! Che accanto alla mia bara non si dicano parole inutili ... Recitate il Rosario, il Rosario, il Rosario in continuazione. E si dia a Maria, si offra a Maria, Mediatrice Universale, non solo a mio suffragio, che ne avrò bisogno, ma perché distribuisca Lei, come crede bene Lei, per il bene di tutti.

Ecco, io vi ringrazio molto, miei cari fratelli e sorelle del Cenacolo e vi amo tanto e se la Madonna, nella sua infinita bontà, mi accoglie tra le sue braccia (e io lo spero.) le chiederò

di venire con voi al Cenacolo, anche se invisibile e silenziosa. Io credo con tutta l’ anima alla Comunione dei Santi, questa ricchezza infinita che è Gesù Salvatore, Maria Corredentrice del genere umano e Mediatrice Universale e tutto il bene dei buoni, tutto il bene che è una ricchezza infinita! Quando la vedremo in cielo la Comunione dei Santi, che meraviglie vedremo! Ci siete anche voi, miei cari del Cenacolo benedetto, in questa Comunione dei Santi, con tutte le vostre preghiere di cui sento un bene grande. Ve ne sono grata e ve lo ricambierò con tutta l’anima. Adesso come so e posso, dopo... dopo... attingendo alla materna bontà di Maria, Attingendo ... attingendo...

Sono grata alla Madonna di tutto, non si ama mai la Madonna abbastanza. Mai la si ringrazia abbastanza! Dobbiamo aver fiducia nella sua mediazione Universale! Ci vedremo in Paradiso per la sua materna bontà. Oh, bello! Ci vedremo in Paradiso per la sua materna bontà. »

Naturalmente Suor Tarcisia è viva nel cuore di Mamma Elvira, come lo sono tutti i defunti del Cenacolo. Di tutti ella ha segnato la data di morte nel suo vecchio libro di meditazioni quotidiane e quel giorno non manca di pregare per loro. Ogni tanto fa celebrare una Messa per qualcuno di essi. Li ricorda spesso teneramente.

Elvira - Figlia spirituale di Padre Pio - XXIV

Continuiamo a scoprire la figura di Elvira, figlia spirituale di San Pio da Pietrelcina; nell'appuntamento odierno l'attenzione è ancora incentrata su Elvira e il suo cenacolo:

CAPITOLO V
IL CENACOLO DELLA S.S. TRINITÀ

MAMMA E MAESTRA

Elvira sente fortemente la responsabilità che hanno i genitori verso i loro figli e insegna ai giovani sposi che il loro primo dovere è quello di instillare, fin dalla prima età, nelle menti vergini dei loro bambini, le prime idee, i primi semi della fede e della pietà. E, a mano a mano che i figli crescono e si sviluppano nell'intelligenza, devono guidarli verso le verità fondamentali della Religione e incamminarli sulla via dei divini precetti, correggendoli ogni volta che ve ne sia bisogno, con fermezza e senza cedimenti. È categorica nell'affermare che, non adempiendo a questo dovere, i genitori tradiscono la loro missione e si rendono gravemente colpevoli in faccia a Dio. Poi sarà inutile piangere quando si vedranno i figli avviati verso la loro rovina...

Parole sante che tutti i genitori dovrebbero meditare in questi momenti tremendi in cui tanti di essi, stornati da mille interessi, sembrano ignorare che, se i figli prendono brutte strade, è perché non è stato spezzato loro, oltre al pane per il corpo, anche il pane spirituale dell'istruzione religiosa.

Come ogni creatura che nasce viene consacrata alla Madonna, così anche ogni fratello che parte per la casa del Padre, viene affidato alla protezione di lei.

Quando qualcuno dei suoi ammalati si approssima alla morte, Mamma Elvira legge per lui, sul suo libro degli "Ultimi Conforti" le preghiere che gli raccomandano l'anima a Dio e, prima che egli chiuda gli occhi per sempre, si porta al suo capezzale per consolarlo e ridestargli la fiducia nella Mamma del cielo che non abbandona mai i suoi figli nel punto della morte.

Particolarmente significativa è, a questo riguardo, la testimonianza di Suor Maria Tarcisia Cremonini, dell'Istituto S. Onofrio di Rimini, che morirà di cancro il 26 settembre del 1975.

Ne riportiamo solo una parte: "Voglio dire che sono molto grata alla Madonna di aver conosciuto il Cenacolo. Così l'ho conosciuto: ho visto queste care creature venire nella nostra Chiesa e pregare con tanta devozione. Mi attirarono tanto; sentii proprio che cera Dio in loro. Mi avvicinai e chiesi loro di pregare con me per ottenermi rassegnazione nella malattia e abbandono alla volontà di Dio.

Io ero già molto malata, facevo fatica a camminare, mi trascinavo, però sentivo il desiderio di andare a pregare con loro e un giorno andai in casa della signora Elvira. Non mi ricordo quante altre volte vi potei andare, purtroppo non molte. Ne tanto felice. Poi andai al Cenacolo e ne fui tanto felice. Ora io chiedo alla Madonna che, nella sua infinita bontà, ascolti le preghiere che si fanno per me nel Cenacolo, perché io possa ottenere un perfetto abbandono.

Mero messa a dire: `Madonnina, fa presto, vieni a prendermi! E forse era viltà. Non cera solo il desiderio di andare ad immergermi in Dio Trinità, di vedere Gesù Redentore nel suo splendore e nella sua gloria, Maria nella sua bellezza e nella sua grandezza... C’era anche la stanchezza del patire. Ma ora ho promesso: non farò più fretta. Il più completo abbandono! Però, miei cari fratelli e sorelle del Cenacolo, aiutatemi voi! E quando saprete che sarà l ora, il minuto (e spero che sarà così, nel mio letto) venite a pregare, a dire il Rosario.

Avevo osato desiderare, non so perché, che il mio funerale fosse fatto di mattina presto, quando tutti dormono, coi Sacerdoti, con poche Suore, ma se questo non mi è concesso sia fatta la volontà di Dio. Però io desidero tanto il Cenacolo dietro, vicino alla mia bara, a dire il Rosario! Che accanto alla mia bara non si dicano parole inutili ... Recitate il Rosario, il Rosario, il Rosario in continuazione. E si dia a Maria, si offra a Maria, Mediatrice Universale, non solo a mio suffragio, che ne avrò bisogno, ma perché distribuisca Lei, come crede bene Lei, per il bene di tutti.

Ecco, io vi ringrazio molto, miei cari fratelli e sorelle del Cenacolo e vi amo tanto e se la Madonna, nella sua infinita bontà, mi accoglie tra le sue braccia (e io lo spero.) le chiederò

di venire con voi al Cenacolo, anche se invisibile e silenziosa. Io credo con tutta l’ anima alla Comunione dei Santi, questa ricchezza infinita che è Gesù Salvatore, Maria Corredentrice del genere umano e Mediatrice Universale e tutto il bene dei buoni, tutto il bene che è una ricchezza infinita! Quando la vedremo in cielo la Comunione dei Santi, che meraviglie vedremo! Ci siete anche voi, miei cari del Cenacolo benedetto, in questa Comunione dei Santi, con tutte le vostre preghiere di cui sento un bene grande. Ve ne sono grata e ve lo ricambierò con tutta l’anima. Adesso come so e posso, dopo... dopo... attingendo alla materna bontà di Maria, Attingendo ... attingendo...

Sono grata alla Madonna di tutto, non si ama mai la Madonna abbastanza. Mai la si ringrazia abbastanza! Dobbiamo aver fiducia nella sua mediazione Universale! Ci vedremo in Paradiso per la sua materna bontà. Oh, bello! Ci vedremo in Paradiso per la sua materna bontà. »

Naturalmente Suor Tarcisia è viva nel cuore di Mamma Elvira, come lo sono tutti i defunti del Cenacolo. Di tutti ella ha segnato la data di morte nel suo vecchio libro di meditazioni quotidiane e quel giorno non manca di pregare per loro. Ogni tanto fa celebrare una Messa per qualcuno di essi. Li ricorda spesso teneramente.

giovedì 8 marzo 2012

Benedetto XVI: in silenzio per far abitare Dio in noi

Udienza Generale di Papa Benedetto XVI - 07 Marzo 2012

BENEDETTO XVI

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 7 marzo 2012



Preghiera e silenzio: Gesù maestro di preghiera

Cari fratelli e sorelle,

in una serie di catechesi precedenti ho parlato della preghiera di Gesù e non vorrei concludere questa riflessione senza soffermarmi brevemente sul tema del silenzio di Gesù, così importante nel rapporto con Dio.

Nell'Esortazione apostolica postsinodale Verbum Domini, avevo fatto riferimento al ruolo che il silenzio assume nella vita di Gesù, soprattutto sul Golgota: «Qui siamo posti di fronte alla “Parola della croce” (1 Cor 1,18). Il Verbo ammutolisce, diviene silenzio mortale, poiché si è “detto” fino a tacere, non trattenendo nulla di ciò che ci doveva comunicare» (n. 12). Davanti a questo silenzio della croce, san Massimo il Confessore mette sulle labbra della Madre di Dio la seguente espressione: «È senza parola la Parola del Padre, che ha fatto ogni creatura che parla; senza vita sono gli occhi spenti di colui alla cui parola e al cui cenno si muove tutto ciò che ha vita» (La vita di Maria, n. 89: Testi mariani del primo millennio, 2, Roma 1989, p. 253).

La croce di Cristo non mostra solo il silenzio di Gesù come sua ultima parola al Padre, ma rivela anche che Dio parla per mezzo del silenzio: «Il silenzio di Dio, l’esperienza della lontananza dell’Onnipotente e Padre è tappa decisiva nel cammino terreno del Figlio di Dio, Parola incarnata. Appeso al legno della croce, ha lamentato il dolore causatoGli da tale silenzio: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato” (Mc 15,34; Mt 27,46). Procedendo nell’obbedienza fino all’estremo alito di vita, nell’oscurità della morte, Gesù ha invocato il Padre. A Lui si è affidato nel momento del passaggio, attraverso la morte, alla vita eterna: “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (Lc 23,46)» (Esort. ap. postsin. Verbum Domini, 21). L'esperienza di Gesù sulla croce è profondamente rivelatrice della situazione dell’uomo che prega e del culmine dell'orazione: dopo aver ascoltato e riconosciuto la Parola di Dio, dobbiamo misurarci anche con il silenzio di Dio, espressione importante della stessa Parola divina.

La dinamica di parola e silenzio, che segna la preghiera di Gesù in tutta la sua esistenza terrena, soprattutto sulla croce, tocca anche la nostra vita di preghiera in due direzioni.

La prima è quella che riguarda l’accoglienza della Parola di Dio. E' necessario il silenzio interiore ed esteriore perché tale parola possa essere udita. E questo è un punto particolarmente difficile per noi nel nostro tempo. Infatti, la nostra è un’epoca in cui non si favorisce il raccoglimento; anzi a volte si ha l’impressione che ci sia paura a staccarsi, anche per un istante, dal fiume di parole e di immagini che segnano e riempiono le giornate. Per questo nella già menzionata Esortazione Verbum Domini ho ricordato la necessità di educarci al valore del silenzio: «Riscoprire la centralità della Parola di Dio nella vita della Chiesa vuol dire anche riscoprire il senso del raccoglimento e della quiete interiore. La grande tradizione patristica ci insegna che i misteri di Cristo sono legati al silenzio e solo in esso la Parola può trovare dimora in noi, come è accaduto in Maria, inseparabilmente donna della Parola e del silenzio» (n. 21). Questro principio – che senza silenzio non si sente, non si ascolta, non si riceve una parola – vale per la preghiera personale soprattutto, ma anche per le nostre liturgie: per facilitare un ascolto autentico, esse devono essere anche ricche di momenti di silenzio e di accoglienza non verbale. Vale sempre l'osservazione di sant’Agostino: Verbo crescente, verba deficiunt - «Quando il Verbo di Dio cresce, le parole dell'uomo vengono meno» (cfr Sermo 288,5: PL 38,1307; Sermo 120,2: PL 38,677). I Vangeli presentano spesso, soprattutto nelle scelte decisive, Gesù che si ritira tutto solo in un luogo appartato dalle folle e dagli stessi discepoli per pregare nel silenzio e vivere il suo rapporto filiale con Dio. Il silenzio è capace di scavare uno spazio interiore nel profondo di noi stessi, per farvi abitare Dio, perché la sua Parola rimanga in noi, perché l’amore per Lui si radichi nella nostra mente e nel nostro cuore, e animi la nostra vita. Quindi la prima direzione: reimparare il silenzio, l'apertura per l'ascolto, che ci apre all'altro, alla Parola di Dio.

C'è però anche una seconda importante relazione del silenzio con la preghiera. Non c’è, infatti, solo il nostro silenzio per disporci all’ascolto della Parola di Dio; spesso, nella nostra preghiera, ci troviamo di fronte al silenzio di Dio, proviamo quasi un senso di abbandono, ci sembra che Dio non ascolti e non risponda. Ma questo silenzio di Dio, come è avvenuto anche per Gesù, non segna la sua assenza. Il cristiano sa bene che il Signore è presente e ascolta, anche nel buio del dolore, del rifiuto e della solitudine. Gesù rassicura i discepoli e ciascuno di noi che Dio conosce bene le nostre necessità in qualunque momento della nostra vita. Egli insegna ai discepoli: «Pregando, non sprecate parole come i pagani: essi credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno prima ancora che gliele chiediate» (Mt 6,7-8): un cuore attento, silenzioso, aperto è più importante di tante parole. Dio ci conosce nell’intimo, più di noi stessi, e ci ama: e sapere questo deve essere sufficiente. Nella Bibbia l’esperienza di Giobbe è particolarmente significativa al riguardo. Quest’uomo in poco tempo perde tutto: familiari, beni, amici, salute; sembra proprio che l’atteggiamento di Dio verso di lui sia quello dell’abbandono, del silenzio totale. Eppure Giobbe, nel suo rapporto con Dio, parla con Dio, grida a Dio; nella sua preghiera, nonostante tutto, conserva intatta la sua fede e, alla fine, scopre il valore della sua esperienza e del silenzio di Dio. E così alla fine, rivolgendosi al Creatore, conclude: «Io ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno veduto» (Gb 42,5): noi tutti quasi conosciamo Dio solo per sentito dire e quanto più siamo aperti al suo silenzio e al nostro silenzio, tanto più cominciamo a conoscerlo realmente. Questa estrema fiducia che si apre all’incontro profondo con Dio è maturata nel silenzio. San Francesco Saverio pregava dicendo al Signore: io ti amo non perché puoi darmi il paradiso o condannarmi all’inferno, ma perché sei il mio Dio. Ti amo perché Tu sei Tu.

Avviandoci alla conclusione delle riflessioni sulla preghiera di Gesù, tornano alla mente alcuni insegnamenti del Catechismo della Chiesa Cattolica: «L’evento della preghiera ci viene pienamente rivelato nel Verbo che si è fatto carne e dimora in mezzo a noi. Cercare di comprendere la sua preghiera, attraverso ciò che i suoi testimoni ci dicono di essa nel Vangelo, è avvicinarci al santo Signore Gesù come al roveto ardente: dapprima contemplarlo mentre prega, poi ascoltare come ci insegna a pregare, infine conoscere come egli esaudisce la nostra preghiera» (n. 2598). E come Gesù ci insegna a pregare? Nel Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica troviamo una chiara risposta: «Gesù ci insegna a pregare, non solo con la preghiera del Padre nostro» - certamente l'atto centrale dell'insegnamento di come pregare - «ma anche quando [Egli stesso] prega. In questo modo, oltre al contenuto, ci mostra le disposizioni richieste per una vera preghiera: la purezza del cuore, che cerca il Regno e perdona i nemici; la fiducia audace e filiale, che va al di là di ciò che sentiamo e comprendiamo; la vigilanza, che protegge il discepolo dalla tentazione» (n. 544).

Percorrendo i Vangeli abbiamo visto come il Signore sia, per la nostra preghiera, interlocutore, amico, testimone e maestro. In Gesù si rivela la novità del nostro dialogo con Dio: la preghiera filiale, che il Padre aspetta dai suoi figli. E da Gesù impariamo come la preghiera costante ci aiuti ad interpretare la nostra vita, ad operare le nostre scelte, a riconoscere e ad accogliere la nostra vocazione, a scoprire i talenti che Dio ci ha dato, a compiere quotidianamente la sua volontà, unica via per realizzare la nostra esistenza.

A noi, spesso preoccupati dell'efficacia operativa e dei risultati concreti che conseguiamo, la preghiera di Gesù indica che abbiamo bisogno di fermarci, di vivere momenti di intimità con Dio, «staccandoci» dal frastuono di ogni giorno, per ascoltare, per andare alla «radice» che sostiene e alimenta la vita. Uno dei momenti più belli della preghiera di Gesù è proprio quando Egli, per affrontare malattie, disagi e limiti dei suoi interlocutori, si rivolge al Padre suo in orazione e insegna così a chi gli sta intorno dove bisogna cercare la fonte per avere speranza e salvezza. Ho già ricordato, come esempio commovente, la preghiera di Gesù alla tomba di Lazzaro. L’Evangelista Giovanni racconta: «Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: “Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l’ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato”. Detto questo, gridò a gran voce: “Lazzaro, vieni fuori!” » (Gv 11,41-43). Ma il punto più alto di profondità nella preghiera al Padre, Gesù lo raggiunge al momento della Passione e della Morte, in cui pronuncia l’estremo «sì» al progetto di Dio e mostra come la volontà umana trova il suo compimento proprio nell’adesione piena alla volontà divina e non nella contrapposizione. Nella preghiera di Gesù, nel suo grido al Padre sulla croce, confluiscono «tutte le angosce dell’umanità di ogni tempo, schiava del peccato e della morte, tutte le implorazioni e le intercessioni della storia della salvezza… Ed ecco che il Padre le accoglie e, al di là di ogni speranza, le esaudisce risuscitando il Figlio suo. Così si compie e si consuma l’evento della preghiera nell’Economia della creazione e della salvezza» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2598).

Cari fratelli e sorelle, chiediamo con fiducia al Signore di vivere il cammino della nostra preghiera filiale, imparando quotidianamente dal Figlio Unigenito fattosi uomo per noi come deve essere il nostro modo di rivolgerci a Dio. Le parole di san Paolo sulla vita cristiana in generale, valgono anche per la nostra preghiera: «Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore» (Rm 8,38-39).

* * *

Saluto del Santo Padre al Sinodo Armeno:


Cari Fratelli e Sorelle, desidero ora salutare, con fraterno affetto, Sua Beatitudine Nerses Bedros XIX Tarmouni, Patriarca di Cilicia degli Armeni Cattolici, e i Vescovi giunti a Roma da vari Continenti per la celebrazione del Sinodo. Esprimo ad essi sincera gratitudine per la fedeltà al patrimonio della loro veneranda tradizione cristiana e al Successore dell’Apostolo Pietro, fedeltà che li ha sempre sostenuti nelle innumerevoli prove della storia. Accompagno con la fervida preghiera e con la Benedizione Apostolica i lavori sinodali, auspicando che possano favorire ancora di più la comunione e l’intesa fra i Pastori, così che essi sappiano guidare con rinnovato impulso evangelico i cattolici armeni sui sentieri di una generosa e gioiosa testimonianza a Cristo e alla Chiesa. Mentre affido il Sinodo Armeno alla materna intercessione della Santissima Madre di Dio, estendo il mio orante pensiero alle Regioni del Medio Oriente, incoraggiando Pastori e fedeli tutti a perseverare con speranza nelle gravi sofferenze che affliggono quelle care popolazioni.
Il Signore vi benedica.
Grazie.

Saluti:

Je salue cordialement les pèlerins de langue française, particulièrement les diacres et les jeunes prêtres, et les jeunes présents. Jésus nous enseigne la nécessité de rompre avec nos préoccupations d’efficacité et de résultats pour vivre des moments d’intimité avec Dieu. Puisse ce carême vous aider à découvrir la valeur du silence. Il est la source qui soutient et nourrit notre vie.
Avec ma bénédiction pour vous tous !

I welcome the many student groups present at today’s Audience, including those from the United States Coast Guard Academy, the Catholic University of America, Saint Mary’s Seminary and the Franciscan University of Steubenville. My greetings and prayerful good wishes also go to the participants in the Congress of the International Society of Plastic Regenerative Surgery. Upon all the English-speaking pilgrims and visitors, including those from England, Demark and the United States, I invoke God’s abundant blessings.

Ganz herzlich grüße ich die deutschsprachigen Pilger und Besucher. Nehmen wir uns in dieser österlichen Bußzeit wirklich Zeiten der Stille, um auf dem Weg des vertrauensvollen Gebetes voranzuschreiten und um uns wirklich mit der Liebe Christi zu verbinden und in die Nähe von Gottvater zu kommen. Der Herr schenke euch allen eine gesegnete Fastenzeit.

Saludo a los fieles de lengua española, en particular a los peregrinos de la Diócesis de Ciudad Obregón, así como a los provenientes de España y Latinoamérica. Invito a todos a aprender de Cristo el modo que tiene de dirigirse a Dios, para comprender mejor su voluntad y así llevarla a la práctica. Muchas gracias.

Queridos peregrinos vindos do Brasil e de outros países de língua portuguesa: sede bem-vindos! Pedi sempre confiadamente ao Senhor de poder viver o caminho da vossa oração filial, aprendendo diariamente de Jesus como deveis dirigir-vos a Deus. E que as Suas bênçãos desçam sobre vós e vossas famílias!

Saluto in lingua polacca:

Pozdrawiam polskich pielgrzymów, a szczególnie Przewodniczącego i Prezydium Rady Krajowej Niezależnego Samorządnego Związku Zawodowego Rolników Indywidualnych „Solidarność”. Wszystkim rolnikom życzę Bożego błogosławieństwa w pracy i obfitych zbiorów.
W modlitwie polecam Panu ofiary niedawnej katastrofy kolejowej. Dla zmarłych wypraszam wieczne odpoczywanie, a dla rannych łaskę szybkiego powrotu do zdrowia. Niech wam Bóg błogosławi.

Traduzione italiana:

Saluto i pellegrini polacchi, e in particolare il Presidente e la Presidenza del Consiglio Nazionale dell’Indipendente, Autonomo Sindacato di Agricoltori Individuali “Solidarność”. A tutti gli agricoltori auguro la benedizione divina nel lavoro e un’abbondante messe.
Nella preghiera affido al Signore le vittime della recente catastrofe ferroviaria. Per i morti chiedo l’eterno riposo, e per i feriti la grazia del pronto ritorno alla salute. Dio vi benedica tutti!

Saluto in lingua croata:

Najsrdačnije pozdravljam sve hrvatske hodočasnike, a osobito vjernike iz župe Bezgrešnog začeća Blažene Djevice Marije iz Posušja u Bosni i Hercegovini.
Dok molite na grobovima svetih apostola, nasljedujte njihovo svjedočanstvo vjere prepoznavajući u Isusu iz Nazareta Sina Božjega i svoga Spasitelja. Hvaljen Isus i Marija!

Traduzione italiana:

Saluto cordialmente tutti i pellegrini Croati particolarmente i fedeli della parrocchia dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria di Posušje in Bosnia ed Erzegovina. Mentre pregate presso le tombe dei Santi Apostoli, seguite la loro testimonianza di fede, riconoscendo in Gesù di Nazaret il Figlio del Dio e il vostro Salvatore. Siano lodati Gesù e Maria!

Saluto in lingua lituana:

Nuoširdžiai sveikinu lietuvius piligrimus, ypač tikinčiuosius iš Klaipėdos. Šis Gavėnios laikas tebūna palanki proga kiekvienam iš jūsų atskleisti Kristaus meilę. Viešpats tepadeda jums gyventi šia meile su broliais ir telaimina jus visus. Garbė Jėzui Kristui!

Traduzione italiana:

Saluto cordialmente i pellegrini lituani, soprattutto i fedeli provenienti da Klaipėda. Questo tempo di Quaresima sia occasione propizia per riscoprire l’amore di Cristo per ciascuno di voi. Il Signore vi aiuti a vivere questo amore con i fratelli e vi benedica tutti! Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua slovacca:

Srdečne pozdravujem slovenských pútnikov, osobitne z Námestova.
Bratia a sestry, Pôstna doba nás pozýva na obrátenie cez počúvanie Božieho Slova, modlitbu a konanie skutkov milosrdenstva. Na také prežívanie Pôstu rád udeľujem Apoštolské požehnanie vám i vašim drahým.
Pochválený buď Ježiš Kristus!

Traduzione italiana:

Saluto cordialmente i pellegrini slovacchi, particolarmente quelli provenienti da Námestovo.
Fratelli e sorelle, il Tempo della Quaresima ci invita alla conversione per mezzo dell’ascolto della Parola di Dio, della preghiera e dell’esercizio delle opere di misericordia. Per tale cammino quaresimale imparto volentieri la Benedizione Apostolica a voi ed ai vostri cari.
Sia lodato Gesù Cristo!

Saluto in lingua ungherese:

Most a magyar híveket köszöntöm, szeretettel üdvözöllek Benneteket, különösen is azokat, akik Budapestről, Vácról és a Mátyusföldről érkeztek.
A nagyböjt legyen a megtérés és a Krisztussal való találkozás ideje. Családjaitokban legyen mindig megbékélés és jóakarat.
Isten áldása legyen mindig veletek!
Dicsértessék a Jézus Krisztus!

Traduzione italiana:

Adesso saluto i fedeli di lingua ungherese, specialmente coloro che sono arrivati da Budapest, da Vác e dalla Slovacchia.
La Quaresima è il tempo per trasformare la nostra vita e per incontrare Cristo. Nelle vostre famiglie e nelle vostre comunità regni sempre lo spirito di riconciliazione e di reciproca benevolenza. Dio vi benedica.
Sia lodato Gesù Cristo!

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli della diocesi di Lamezia Terme – benvenuti! – accompagnati dal loro Vescovo Mons. Luigi Cantafora, qui convenuti per ricambiare la mia indimenticabile visita dell’ottobre scorso. Cari amici, ricordo davvero con gioia e gratitudine quell’incontro ricco di fede e di comunione, ed auspico che esso produca numerosi frutti di bene. Saluto i sacerdoti e i seminaristi del Centro di spiritualità Vinea mea, del Movimento dei Focolari, come pure le Suore Serve di Gesù Cristo che ricordano significative ricorrenze della loro Congregazione; tutti esorto a trasmettere sempre con la testimonianza della vita la gioia della corrispondenza generosa e fedele alla divina chiamata. Saluto i rappresentanti della «Fondazione Santa Maria delle Armi», di Cerchiara di Calabria e delle Associazioni «L’inguaribile voglia di vivere» e «Padre Eusebio Chini». Per ciascuno formulo fervidi auguri per il servizio ai fratelli.

Il mio pensiero va infine ai giovani, ai malati e agli sposi novelli. Il cammino quaresimale che stiamo percorrendo vi conduca, cari giovani, alla maturità della fede in Cristo; accresca in voi, cari malati, la speranza in Lui, che sempre ci sostiene nella prova; aiuti voi, cari sposi novelli, a fare della vostra vita in famiglia una missione di amore fedele e generoso.

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