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mercoledì 14 marzo 2012

La Summa Teologica - Cinquantottesima parte

Torna l'appuntamento di approfondimento della Summa Teologica di San Tommaso d'Aquino, un'opera che diede un fondamento scientifico, filosofico e teologico alla dottrina cristiana. Continuiamo a scoprire la parte dedicata al Trattato relativo all'essenza di Dio, e continuiamo a soffermarci sulla nostra conoscenza di Dio:

Prima parte
Trattato relativo all'essenza di Dio

La nostra conoscenza di Dio > Se un intelletto creato possa con le sue forze naturali vedere l'essenza divina

Prima parte
Questione 12
Articolo 4

SEMBRA che un intelletto creato possa, con le sue forze naturali, vedere l'essenza divina. Infatti:
 1. Dionigi dice che l'angelo è "uno specchio puro, nitidissimo, che accoglie in sé, se è lecito dir così, tutta la bellezza di Dio". Ora, un oggetto (riflesso nello specchio) è visto appena visto lo specchio. Ma siccome l'angelo conosce naturalmente se stesso, sembra evidente che con le sue forze naturali intenda anche l'essenza divina.

 2. Un oggetto di per sé visibilissimo può diventare per noi meno visibile a causa della debolezza della nostra vista sia corporale che intellettuale. Ma l'intelletto dell'angelo non soffre di alcuna debolezza. Siccome dunque Dio in se stesso è quanto mai intelligibile, sembra evidente che lo sia anche per l'angelo. Conseguentemente se gli altri intelligibili li conosce con le sue forze naturali, con più ragione dovrà conoscere Dio.

 3. Il senso corporeo non può assurgere alla conoscenza della sostanza incorporea, perché oltrepassa la sua natura. Quindi, se vedere Dio nella sua essenza eccedesse la natura di ogni intelligenza creata, ne verrebbe che nessun intelletto creato potrebbe giungere alla visione di Dio: il che è erroneo, come appare da quanto è stato già detto. Sembra chiaro dunque che per l'intelletto creato sia cosa naturale vedere l'essenza divina.
 

IN CONTRARIO: S. Paolo dice: "Il grazioso dono di Dio è la vita eterna". Ora, la vita eterna consiste nella visione della divina essenza, secondo il detto del Signore: "la vita eterna consiste nel conoscere te solo vero Dio", ecc. Dunque vedere l'essenza di Dio appartiene all'intelletto creato per grazia, e non per natura.


RISPONDO: È impossibile per un intelletto creato vedere con le sue forze naturali l'essenza di Dio. Infatti la conoscenza avviene per il fatto che il conosciuto viene ad essere nel conoscente. Il conosciuto poi è nel soggetto conoscente secondo il modo di esso conoscente. Quindi la conoscenza in ogni soggetto conoscitivo è conforme al modo della sua propria natura. Se dunque il modo di essere di una cosa conosciuta eccede il modo di essere della natura del conoscente, è necessario che la cognizione di tale cosa trascenda la natura di tale conoscente.
 Ora, molti sono i modi di essere delle cose. Alcune sono tali che la loro natura non ha l'essere che in questa o quella materia individuale: e tali sono tutti gli enti corporei. Ve ne sono poi di quelle le cui nature (o essenze) sono per sé sussistenti, fuori d'ogni materia, le quali tuttavia non sono il loro essere, ma sono nature che hanno l'essere; e tali sono le sostanze incorporee, chiamate angeli. Soltanto a Dio invece appartiene di essere in maniera tale che egli sia il suo stesso essere sussistente.
 A noi dunque è connaturale conoscere quelle cose che non hanno l'essere se non nella materia individuale; perché l'anima nostra, con la quale intendiamo, è anch'essa forma di una materia. Quest'anima, tuttavia, ha una duplice potenza conoscitiva. Una è atto d'un organo corporeo. E ad essa è connaturale conoscere le cose secondo che sono nella materia individuale: cosicché il senso non conosce che i singolari. L'altra potenza conoscitiva dell'anima è l'intelletto, il quale non è atto (o funzione) di alcun organo corporeo. Perciò mediante l'intelletto ci è connaturale conoscere nature (o essenze) le quali, veramente, non hanno l'essere che nella materia individuale; tuttavia non (sono percepite da noi) in quanto esistenti nella materia, ma in quanto ne sono astratte dall'intelletto che le considera. Cosicché noi possiamo conoscere intellettualmente tali cose con una conoscenza universale: il che supera la capacità del senso. - All'intelletto angelico poi è connaturale conoscere le nature esistenti fuori della materia. Ciò supera la naturale capacità dell'intelletto dell'anima umana nello stato della vita presente, durante il quale è unita al corpo.
 Resta dunque che il conoscere l'essere sussistente sia connaturale al solo intelletto divino e che per ciò supera il potere naturale di ogni intelletto creato, perché nessuna creatura è il suo proprio essere, ma ha un essere partecipato. Non può dunque l'intelletto creato vedere Dio per essenza se non in quanto Dio si unisce con la sua grazia all'intelletto creato come oggetto di conoscenza.

 SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. All'angelo è connaturale questo modo di conoscere Dio, cioè conoscerlo attraverso la somiglianza di lui che risplende nello stesso angelo. Ma conoscere Dio attraverso una immagine creata, non è conoscere l'essenza di Dio, come abbiamo dimostrato sopra. Quindi non segue che l'angelo possa con le sue forze naturali conoscere l'essenza di Dio.

 2. L'intelletto dell'angelo è senza difetto, se si prende "difetto" in senso privativo, quasi che l'angelo manchi di quel che deve avere. Ma se si prende negativamente, allora ogni creatura, di fronte a Dio, è difettosa non avendo quella eccellenza che si trova in Dio. 

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