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venerdì 6 maggio 2011

Padre Pio - Sulla soglia del Paradiso - Trentottesimo appuntamento

 Torna l'appuntamento con la biografia che tratteggia un'inedita "storia di Padre Pio raccontata dai suoi amici: "Sulla Soglia del Paradiso" di Gaeta Saverio. Oggi vediamo qualcosa di sconvolgente che potremmo definire come la Quaresima del corpo del Santo di Pietrelcina:

XV
Quaresime e penitenze
 

Una penitenza fatta di malattie

Se Padre Pio fosse stato trasferito, come qualcuno ipotizzava all'inizio degli anni Sessanta, dal convento di Santa Maria delle Grazie alla Casa Sollievo della Sofferenza, la difficoltà sarebbe stata quella di scegliere dove alloggiarlo, poiché poteva essere considerato "di casa" in qualsiasi reparto, a motivo delle molteplici malattie che lo afflissero. Ma anche questi malanni devono essere letti alla luce della sua perenne volontà di penitenza, inserendosi nel mistero dei disegni divini.

Nel corso degli 81 anni di vità, Padre Pio fu infatti costantemente accompagnato da decine di disturbi e dai relativi patimenti, che il dottor Michele Capuano - per cinque decenni fra i suoi me-dici curanti - ha descritto con sconvolgente realismo: «Dal dolore bruciante della cistite emorragica a quello conquassante delle coliche renali, dal dolore contusivo delle caviglie e dei polsi a quello corrosivo dell'epitelioma auricolare, dalle fitte laceranti dell'ernia irriducibile a quelle lancinanti delle emorroidi trombizzate, dalle algie fredde dell'artrosi generalizzata a quelle brusche e pungenti della polmonite, dal dolore gravativo della sinusite frontale a quelli terebranti della pleurite essudativa, dal dolore pruriginoso della pediculosi ai dolori pulsanti degli ascessi passeggeri, alle manifestazioni corrodenti dell'ulcera gastrica e ai dolori tensivi delle emicranie».

Si trattò sempre di malattie reali e clinicamente verificate dalle visite specialistiche, dagli esami radiografici e strumentali e dalle analisi di laboratorio, né ebbero mai un decorso irregolare rispetto alla norma. Lo stesso dottor Capuano si interrogò sul significato ditale strana forma di continua penitenza, e la sua risposta fu che Padre Pio «amava il dolore, lo sopportava con rassegnazione, anzi con gioia, minimizzandolo quasi sempre senza dargli importanza, pur di sfuggire, come diceva, alla cecità dell'anima. Il dolore non lo condizionava, né gli faceva paura, perché era un dono della vita, come l'amore e la felicità».

La prima diagnosi che ci è pervenuta risale all'ottobre 1909 e segnala una broncoalveolite al primo stadio, che gli provocava tosse secca, dolori al petto e alla schiena e una continua febbre. All'inizio del 1910 si aggiunse un vomito persistente e violento, che continuò di fatto per tutta la vita, con la contemporanea insorgenza dell'ulcera gastrica. A fine ottobre 1911 si recò con il Provinciale, padre Benedetto, a Napoli dal professor Antonio Cardarelli, che decretò la sua fine entro un mese, tanto che padre Benedetto si fermò da un fotografo per fargli fare una foto ricordo.

Per tutto il 1912 e il 1913 i dolori di petto e di testa lo perseguitarono. A gennaio 1914 cominciarono anche i dolori reumatici e, l'11 novembre successivo, subì una tremenda colica renale. Fra il 1945 e il 1960 ebbe altre sei coliche al rene sinistro, con espulsione di calcoli e di renella, dovuti alla dieta quasi esclusiva di verdure e legumi (ricchi di calcio e fosforo), all'utilizzo di bicarbonato e magnesia per i disturbi di stomaco e all'ingestione di acqua ricca di sali di calcio e magnesio.

Il 22 ottobre 1915 si fece visitare a Napoli dal dottor Cicconardi, che individuò una infiltrazione al lobo superiore del polmone destro, riconosciuta il 17 dicembre successivo anche dalla commissione medica militare. Il 23 ottobre 1916 andò dal dottor Bruschini, che riscontrò la diffusione dell'infiltrazione ad ambedue gli apici polmonari. Il 30 dicembre la diagnosi venne confermata nuovamente dai medici militari. Nel 1917 l'infiltrazione polmonare fu ribadita in altre otto circostanze, tanto da farlo dichiarare, il 17 settembre, inabile a qualunque servizio di guerra.

Probabilmente a causa della bronchite, che gli provocava attacchi parossistici di tosse con ripercussioni a livello della tensione addominale, Padre Pio ebbe anche un'ernia inguinale, che nell'autunno del 1925 fu sul punto di strozzarsi e rese necessario l'intervento chirurgico eseguito dal professor Festa il 5 ottobre.

Padre Pio non volle essere anestetizzato, per impedire ai medici di vedergli le stimmate, e accettò soltanto qualche iniezione locale di novocaina. Ma il dolore, nelle quasi due ore di operazione, fu così intenso da farlo più volte svenire e da provocargli alla fine un pauroso collasso. Un altro intervento chirurgico della durata di mezz'ora e ancora una volta senza anestesia, sempre per opera di Festa, avvenne nel settembre 1927 per l'asportazione di una voluminosa cisti sebacea sulla parte destra del collo.

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