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venerdì 13 gennaio 2012

Elvira - Figlia spirituale di Padre Pio - XVII

Continuiamo a scoprire la figura di Elvira, figlia spirituale di San Pio da Pietrelcina; di Elvira oggi vedremo un nuovo esempio di misericordia, requisito indispensabile per ogni cristiano poiché solo perdonando gli altri si ottiene misericordia dal Padre:

CAPITOLO III

AMARE CON LE OPERE
SOPPORTARE PAZIENTEMENTE LE PERSONE MOLESTE

Fra tutte le opere di misericordia la più difficile, forse, da mettere in pratica è quella di sopportare pazientemente le persone moleste, ma Elvira sa compiere egregiamente anche questa.

A qual grado di eroismo sappia giungere in tale sopportazione lo dimostra chiaramente l'episodio seguente: Quando abitava vicino allo Stadio. Elvira aveva fatto la conoscenza di Giuseppina Galli, una povera ragazza di 26 anni uscita dal manicomio. Gliel'aveva raccomandata la maestra Frangipane e lei si era recata subito a farle visita. L'aveva trovata in casa tutta nuda, con un gran turbante in testa. Come si presentasse la casa è difficile dirlo. C'erano dovunque mucchi di immondizie: teste di pesci, ossa, recipienti colmi di urina, panni sudici sotto la tavola... La povera ragazza aveva la mania di accumulare e di conservare tutto. Elvira entrò subito nelle sue simpatie e dopo undici mesi che quella creatura non usciva di casa, potè indurla ad uscire per fare una passeggiata. La condusse lungo Viale Tripoli fino dai Salesiani per fare una visita a Gesù Sacramentato. Per la strada Giuseppina si fermava ad ogni passo e, sollevando ora un piede ora l'altro, mostrava ad Elvira la suola delle scarpe per chiederle se "si era attaccato niente". Come Dio volle arrivarono a destinazione e la gratitudine della ragazza per quella passeggiata fu tale che, al ritorno, non volle più saperne di staccarsi dalla sua nuova amica e si diede ad insistere per essere condotta a vedere la sua casa. Elvira dovette accontentarla e ricorrere poi a tutta la sua forza persuasiva per ricondurla via.

Da quella volta Elvira si recò ogni giorno a trovarla per parlarle di Padre Pio e convincerla a riordinare la casa. Ottenne così di poter fare una buca nell'orto e di buttarci tutti quei rifiuti che da tempo avevano trasformato la casa in un porcile. Purtroppo però il giorno dopo, mentre Elvira ripensava con soddisfazione a questa vittoria che aveva ottenuto, Giuseppina estraeva dalla buca i suoi rifiuti e riportava tutto amorosamente in casa.

Era proprio un caso disperato.

Non c'era che Padre Pio che potesse fare qualcosa per lei ed Elvira pensò di condurgliela. Si misero in treno per San Giovanni Rotondo. Giuseppina aveva due enormi sporte, piene di cartocci dal contenuto indefinibile, che si stringeva gelosamente al petto litigando con tutti i compagni di viaggio.

Come furono giunte a destinazione, Elvira corse subito dal Padre a dirgli chi aveva condotto con se e lui, per tutta risposta, disse: "E mandala a Messa!" Non era un'impresa facile, ma finalmente fu possibile convincere la povera ragazza che si piazzò nel mezzo della Chiesa sul suo seggiolino, senza più volerne sapere di confessarsi.

Elvira era disperata e non sapeva più che cosa fare. Domandò a Padre Pio:

"Devo portarla a casa o in manicomio?"

"Né a casa sua, né in manicomio - rispose il Padre - A casa tua".

Elvira non protestò: del resto sapeva di doversi aspettare ogni genere di prove. E non protestò nemmeno il marito quando si sentì proporre un'ospite che, a tavola, mangiava tutto lei, che, se si offriva di far le pulizie, ammucchiava l'immondizia negli angoli più impensati, quando non se la metteva in tasca, che si immergeva, con addosso vestiti e scarpe, nella vasca da bagno inondando tutta la casa.

Dopo quattro giorni Elvira, non potendone più, decise di riportarla a casa sua. Ebbene, la mattina dopo, al momento di mandare ad effetto il suo proposito, venne colta da un così forte dolore che non potè alzarsi dal letto. Passò così venti giorni inchiodata a letto con l'assistenza di quella povera matta che non l'abbandonava un istante e parlava, parlava senza posa, interrompendosi soltanto per baciarle ogni tanto i piedi in segno di riconoscenza. Anche le spese del suo mantenimento gravavano tutte sulle spalle dei suoi benefattori, poiché i parenti di Giuseppina se ne disinteressavano completamente.

Finalmente Elvira ottenne di far accogliere quella povera ragazza dall'Istituto Maccolini. Ve la condusse e le mostrò la stanza che avrebbe dovuto occupare, della quale Giuseppina si mostrò entusiasta, ma quando fu il momento di dividersi dalla sua benefattrice, pregò tanto di poter restare ancora una settimana con lei che, pazientemente, Elvira se la riportò a casa. Dopo un po', ambientatasi nell'Istituto, la ragazza sembrò riprendersi ed Elvira le trovò un lavoro presso una fabbrica di scatole di cartone. Era però destino che questa storia si concludesse tristemente. Qualche tempo dopo, infatti, la ragazza finì nuovamente in manicomio.

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