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sabato 21 gennaio 2012

In difesa della vita - Evangelium Vitae - Conclusione

Si conclude oggi l'appuntamento con la Lettera Enciclica "Evangelium vitae", in difesa della vita: il Beato Giovanni Paolo II ci ha lasciato davvero un importante tesoro che arricchisce la cultura della vita e che mostra gli inganni e gli orrori della cultura della morte. In questa conclusione una grande immagine viene evocata, un immagine non sconosciuta a chi ha letto e meditato il libro dell'Apocalisse:


CONCLUSIONE

102. Al termine di questa Enciclica, lo sguardo ritorna spontaneamente al Signore Gesù, il «Bambino nato per noi» (cf. Is 9, 5) per contemplare in lui «la Vita» che «si è manifestata» (1 Gv 1, 2). Nel mistero di questa nascita si compie l'incontro di Dio con l'uomo e ha inizio il cammino del Figlio di Dio sulla terra, un cammino che culminerà nel dono della vita sulla Croce: con la sua morte Egli vincerà la morte e diventerà per l'umanità intera principio di vita nuova.

Ad accogliere «la Vita» a nome di tutti e a vantaggio di tutti è stata Maria, la Vergine Madre, la quale ha quindi legami personali strettissimi con il Vangelo della vita. Il consenso di Maria all'Annunciazione e la sua maternità si trovano alla sorgente stessa del mistero della vita che Cristo è venuto a donare agli uomini (cf. Gv 10, 10). Attraverso la sua accoglienza e la sua cura premurosa per la vita del Verbo fatto carne, la vita dell'uomo è stata sottratta alla condanna della morte definitiva ed eterna.

Per questo Maria «è madre di tutti coloro che rinascono alla vita, proprio come la Chiesa di cui è modello. È madre di quella vita di cui tutti vivono. Generando la vita, ha come rigenerato coloro che di questa vita dovevano vivere».138

Contemplando la maternità di Maria, la Chiesa scopre il senso della propria maternità e il modo con cui è chiamata ad esprimerla. Nello stesso tempo l'esperienza materna della Chiesa dischiude la prospettiva più profonda per comprendere l'esperienza di Maria quale incomparabile modello di accoglienza e di cura della vita.

«Nel cielo apparve un segno grandioso: una donna vestita di sole» (Ap 12, 1): la maternità di Maria e della Chiesa

103. Il rapporto reciproco tra il mistero della Chiesa e Maria si manifesta con chiarezza nel «segno grandioso» descritto nell'Apocalisse: «Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle» (12,1). In questo segno la Chiesa riconosce una immagine del proprio mistero: immersa nella storia, essa è consapevole di trascenderla, in quanto costituisce sulla terra il «germe e l'inizio» del Regno di Dio.139 Questo mistero la Chiesa lo vede realizzato in modo pieno ed esemplare in Maria. È Lei la donna gloriosa, nella quale il disegno di Dio si è potuto attuare con somma perfezione.

La «donna vestita di sole» — rileva il Libro dell'Apocalisse — «era incinta» (12, 2). La Chiesa è pienamente consapevole di portare in sé il Salvatore del mondo, Cristo Signore, e di essere chiamata a donarlo al mondo, rigenerando gli uomini alla vita stessa di Dio. Non può però dimenticare che questa sua missione è stata resa possibile dalla maternità di Maria, che ha concepito e dato alla luce colui che è «Dio da Dio», «Dio vero da Dio vero». Maria è veramente Madre di Dio, la Theotokos nella cui maternità è esaltata al sommo grado la vocazione alla maternità inscritta da Dio in ogni donna. Così Maria si pone come modello per la Chiesa, chiamata ad essere la «nuova Eva», madre dei credenti, madre dei «viventi» (cf. Gn 3, 20).

La maternità spirituale della Chiesa non si realizza — anche di questo la Chiesa è consapevole — se non in mezzo alle doglie e al «travaglio del parto» (Ap 12, 2), cioè nella perenne tensione con le forze del male, che continuano ad attraversare il mondo ed a segnare il cuore degli uomini, facendo resistenza a Cristo: «In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l'hanno accolta» (Gv 1, 4-5).

Come la Chiesa, anche Maria ha dovuto vivere la sua maternità nel segno della sofferenza: «Egli è qui... segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima» (Lc 2, 34-35). Nelle parole che, agli albori stessi dell'esistenza del Salvatore, Simeone rivolge a Maria è sinteticamente raffigurato quel rifiuto nei confronti di Gesù, e con Lui di Maria, che giungerà al suo vertice sul Calvario. «Presso la croce di Gesù» (Gv 19, 25), Maria partecipa al dono che il Figlio fa di sé: offre Gesù, lo dona, lo genera definitivamente per noi. Il «sì» del giorno dell'Annunciazione matura in pienezza nel giorno della Croce, quando per Maria giunge il tempo di accogliere e di generare come figlio ogni uomo divenuto discepolo, riversando su di lui l'amore redentore del Figlio: «Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: "Donna, ecco il tuo figlio"«(Gv 19, 26).

«Il drago si pose davanti alla donna... per divorare il bambino appena nato» (Ap 12, 4): la vita insidiata dalle forze del male

104. Nel Libro dell'Apocalisse il «segno grandioso» della «donna» (12, 1) è accompagnato da «un altro segno nel cielo»: «un enorme drago rosso» (12, 3), che raffigura Satana, potenza personale malefica, e insieme tutte le forze del male che operano nella storia e contrastano la missione della Chiesa.

Anche in questo Maria illumina la Comunità dei Credenti: l'ostilità delle forze del male è, infatti, una sorda opposizione che, prima di toccare i discepoli di Gesù, si rivolge contro sua Madre. Per salvare la vita del Figlio da quanti lo temono come una pericolosa minaccia, Maria deve fuggire con Giuseppe e il Bambino in Egitto (cf. Mt 2, 13-15).

Maria aiuta così la Chiesa a prendere coscienza che la vita è sempre al centro di una grande lotta tra il bene e il male, tra la luce e le tenebre. Il drago vuole divorare «il bambino appena nato» (Ap 12, 4), figura di Cristo, che Maria genera nella «pienezza del tempo» (Gal 4, 4) e che la Chiesa deve continuamente offrire agli uomini nelle diverse epoche della storia. Ma in qualche modo è anche figura di ogni uomo, di ogni bambino, specie di ogni creatura debole e minacciata, perché — come ricorda il Concilio — «con la sua incarnazione il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo».140 Proprio nella «carne» di ogni uomo, Cristo continua a rivelarsi e ad entrare in comunione con noi, così che il rifiuto della vita dell'uomo, nelle sue diverse forme, è realmente rifiuto di Cristo. È questa la verità affascinante ed insieme esigente che Cristo ci svela e che la sua Chiesa ripropone instancabilmente: «Chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me» (Mt 18, 5); «In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me» (Mt 25, 40).

«Non ci sarà più la morte» (Ap 21, 4): lo splendore della risurrezione

105. L'annunciazione dell'angelo a Maria è racchiusa tra queste parole rassicuranti: «Non temere, Maria» e «Nulla è impossibile a Dio» (Lc 1, 30.37). In verità, tutta l'esistenza della Vergine Madre è avvolta dalla certezza che Dio le è vicino e l'accompagna con la sua provvidente benevolenza. Così è anche della Chiesa, che trova «un rifugio» (Ap 12, 6) nel deserto, luogo della prova ma anche della manifestazione dell'amore di Dio verso il suo popolo (cf. Os 2, 16). Maria è vivente parola di consolazione per la Chiesa nella sua lotta contro la morte. Mostrandoci il Figlio, ella ci assicura che in lui le forze della morte sono già state sconfitte: «Morte e vita si sono affrontate in un prodigioso duello. Il Signore della vita era morto; ma ora, vivo, trionfa».141

L'Agnello immolato vive con i segni della passione nello splendore della risurrezione. Solo lui domina tutti gli eventi della storia: ne scioglie i «sigilli» (cf. Ap 5, 1-10) e afferma, nel tempo e oltre il tempo, il potere della vita sulla morte. Nella «nuova Gerusalemme», ossia nel mondo nuovo, verso cui tende la storia degli uomini, «non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno, perché le cose di prima sono passate» (Ap 21, 4).

E mentre, come popolo pellegrinante, popolo della vita e per la vita, camminiamo fiduciosi verso «un nuovo cielo e una nuova terra» (Ap 21, 1), volgiamo lo sguardo a Colei che è per noi «segno di sicura speranza e di consolazione».142

O Maria,
aurora del mondo nuovo,
Madre dei viventi,
affidiamo a Te la causa della vita:
guarda, o Madre, al numero sconfinato
di bimbi cui viene impedito di nascere,
di poveri cui è reso difficile vivere,
di uomini e donne vittime di disumana violenza,
di anziani e malati uccisi dall'indifferenza
o da una presunta pietà.
Fa' che quanti credono nel tuo Figlio
sappiano annunciare con franchezza e amore
agli uomini del nostro tempo
il Vangelo della vita.
Ottieni loro la grazia di accoglierlo
come dono sempre nuovo,
la gioia di celebrarlo con gratitudine
in tutta la loro esistenza
e il coraggio di testimoniarlo
con tenacia operosa, per costruire,
insieme con tutti gli uomini di buona volontà,
la civiltà della verità e dell'amore
a lode e gloria di Dio creatore e amante della vita.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 25 marzo, solennità dell'Annunciazione del Signore, dell'anno 1995, decimosettimo di Pontificato.

IOANNES PAULUS PP. II


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