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mercoledì 22 febbraio 2012

Mercoledì delle Ceneri

Oggi deroghiamo alla nostra programmazione consueta per celebrare l'inizio del periodo quaresimale. L'inizio della Quaresima coincide con l'imposizione delle Ceneri e questo è un rito molto particolare di penitenza che ci porta a riconoscere la nostra miseria dinanzi a Dio. Partecipiamo a quest'evento attraverso la storia in breve delle Ceneri (tratta dal sito Santi & Beati), seguita dall'omelia di padre Gian Franco Scarpitta che ci fa comprendere il nucleo fondamentale, il cuore della Quaresima:

L'origine del Mercoledì delle ceneri è da ricercare nell'antica prassi penitenziale. Originariamente il sacramento della penitenza non era celebrato secondo le modalità attuali. Il liturgista Pelagio Visentin sottolinea che l'evoluzione della disciplina penitenziale è triplice: "da una celebrazione pubblica ad una celebrazione privata; da una riconciliazione con la Chiesa, concessa una sola volta, ad una celebrazione frequente del sacramento, intesa come aiuto-rimedio nella vita del penitente; da una espiazione, previa all'assoluzione, prolungata e rigorosa, ad una soddisfazione, successiva all'assoluzione".

La celebrazione delle ceneri nasce a motivo della celebrazione pubblica della penitenza, costituiva infatti il rito che dava inizio al cammino di penitenza dei fedeli che sarebbero stati assolti dai loro peccati la mattina del giovedì santo. Nel tempo il gesto dell'imposizione delle ceneri si estende a tutti i fedeli e la riforma liturgica ha ritenuto opportuno conservare l'importanza di questo segno.

La teologia biblica rivela un duplice significato dell'uso delle ceneri.

1 - Anzitutto sono segno della debole e fragile condizione dell'uomo. Abramo rivolgendosi a Dio dice: "Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere..." (Gen 18,27). Giobbe riconoscendo il limite profondo della propria esistenza, con senso di estrema prostrazione, afferma: "Mi ha gettato nel fango: son diventato polvere e cenere" (Gb 30,19). In tanti altri passi biblici può essere riscontrata questa dimensione precaria dell'uomo simboleggiata dalla cenere (Sap 2,3; Sir 10,9; Sir 17,27).

2 - Ma la cenere è anche il segno esterno di colui che si pente del proprio agire malvagio e decide di compiere un rinnovato cammino verso il Signore. Particolarmente noto è il testo biblico della conversione degli abitanti di Ninive a motivo della predicazione di Giona: "I cittadini di Ninive credettero a Dio e bandirono un digiuno, vestirono il sacco, dal più grande al più piccolo. Giunta la notizia fino al re di Ninive, egli si alzò dal trono, si tolse il manto, si coprì di sacco e si mise a sedere sulla cenere" (Gio 3,5-9). Anche Giuditta invita invita tutto il popolo a fare penitenza affinché Dio intervenga a liberarlo: "Ogni uomo o donna israelita e i fanciulli che abitavano in Gerusalemme si prostrarono davanti al tempio e cosparsero il capo di cenere e, vestiti di sacco, alzarono le mani davanti al Signore" (Gdt 4,11).

La semplice ma coinvolgente liturgia del mercoledì delle ceneri conserva questo duplice significato che è esplicitato nelle formule di imposizione: "Ricordati che sei polvere, e in polvere ritornerai" e "Convertitevi, e credete al Vangelo". Adrien Nocent sottolinea che l'antica formula (Ricordati che sei polvere...) è strettamente legata al gesto di versare le ceneri, mentre la nuova formula (Convertitevi...) esprime meglio l'aspetto positivo della quaresima che con questa celebrazione ha il suo inizio. Lo stesso liturgista propone una soluzione rituale molto significativa: "Se la cosa non risultasse troppo lunga, si potrebbe unire insieme l'antica e la nuova formula che, congiuntamente, esprimerebbero certo al meglio il significato della celebrazione: "Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai; dunque convertiti e credi al Vangelo".

Il rito dell'imposizione delle ceneri, pur celebrato dopo l'omelia, sostituisce l'atto penitenziale della messa; inoltre può essere compiuto anche senza la messa attraverso questo schema celebrativo: canto di ingresso, colletta, letture proprie, omelia, imposizione delle ceneri, preghiera dei fedeli, benedizione solenne del tempo di quaresima, congedo.

Le ceneri possono essere imposte in tutte le celebrazioni eucaristiche del mercoledì ma sarà opportuno indicare una celebrazione comunitaria "privilegiata" nella quale sia posta ancor più in evidenza la dimensione ecclesiale del cammino di conversione che si sta iniziando.

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Umiltà, conversione e rinnovamento

Orrore, morte e distruzione ormai da tante settimane stanno interessando molte popolazioni del Nord Africa, che si danno al malcontento e alla rivoluzione per rivendicare i propri diritti ad una vita decente e dignitosa senza più soprusi, ingiustizie e sopraffazioni. E' sconcertante la tracotanza e l'efferatezza di chi reagisce con sanguinose rappresaglie, alimentando tensione, odio e violenza ulteriori anziché mettere in discussione il proprio operato e assumersi le proprie responsabilità nei confronti del popolo con opportuni rimedi di pacificazione, di giustizia e di promozione del bene comune.
Non sarà mai sufficiente qualsiasi appello che proviene da più parti perché cessi l'efferatezza smisurata a cui è soggetto chi ha diritto inviolabile di protestare, ma ciò che si sarebbe opportuno richiedere in questi casi è il buon senso e la rettitudine di coscienza da parte di chi ha in mano la situazione e da parte di tutti e ciascuno, affinché non si verifichino situazioni di degenerazione generale. Occorre cioè un radicale, profondo, rinnovamento dello spirito umano, una trasformazione impuntata della nostra personale impostazione di vita, un ravvedimento personale che si orienti verso la considerazione della dignità e dei diritti degli altri.
Tale ribaltamento di vedute è sempre bene accetto quando si realizzi progressivamente, tuttavia con costanza e decisione; ma non avrà mai il suo successo finché esso non sarà da noi interpretato con le categorie della conversione, cioè della risposta risoluta e attenta alla chiamata di Dio in Cristo, che noi abbiamo scelto e professato come il Salvatore. In Cristo Dio riconcilia a sé tutta l'umanità, raduna tutti i popoli dispersi in un solo uomo e realizza l'identità fra tutti superando ogni barriera e divisione e ponendo fine ad aberranti scenari di odio e di violenza. Tutto questo però a condizione che noi si volga realmente lo sguardo a Cristo e che il cuore non cessi di cercare in lui Colui che per primo si è fatto trovare.
Dio ci chiama e ci convoca nel suo Figlio Gesù Cristo; noi aderiamo alla chiamata e ci incamminiamo verso di lui. Questo significa conversione e penitenza, radici profonde di ogni rinnovamento umano in vista del progresso generale.
Ritornare continuamente a Cristo comporta la presa di coscienza del Suo amore nei nostri riguardi e del primato della misericordia di Dio sulle nostre debolezze, il riconoscimento dell'insufficienza dei nostri ambiti circoscritti di verità immediata e passeggera, la rinuncia alla vanità illusa di felicità passeggere e deleterie e la predisposizione a procacciare l'unione e l'intimità con lui. In parole povere si tratta di rifuggire il male con orrore per attaccarci al bene (Rm 12, 9), di "evitare il peccato perché non tramonti il sole sulla nostra ira e non diamo occasione al diavolo" (Ef 4, 26-27) e come afferma lo stesso Apostolo Paolo, di evitare la condotta perversa e amorale tipica dei pagani, per niente avvezzi ai benefici dello spirito (Ef 4, 17 - 20), vigilando sulle insidie e sulle seduzioni di quanto nel mondo abbia potere di distoglierci dall'orientamento verso Dio.
Ma la condizione principale per cui possa realizzarsi fruttuosamente un tale itinerario è l'umiltà.
Da che cosa inizia infatti l'ammissione delle nostre colpe e la necessità del ritorno a Dio nella comunione con il Cristo Via, Verità e Vita se non dal riconoscimento della nostra nullità, della nostra pochezza e peccaminosità? Da dove partire se non dall'ammissione del nostro nulla di imperfezioni di fronte al tutto della Perfezione assoluta che è Dio? Solo l'umiltà conduce a trovare la ragione di una vera conversione che non sia ostentazione di ipocrite prassi o manifestazioni esteriori, ma che risalti e sia espressiva della nostra volontà di elevarci verso Dio ed essere umili e dimessi è la condizione per ravvivare in noi stessi anche quella serenità interiore per la quale non vanno poste obiezioni all'amore di Dio e si rinuncia volentieri ad esaltare e preconizzare noi stessi. L'umiltà apre il sipario per il primo atto della conversione. La liturgia di oggi ce la descrive per mezzo del segno delle Ceneri cosparse sul capo di ciascuno, che attestano alla consapevolezza che noi siamo nulla perché Dio possa essere tutto in noi e perché a partire dal nostro nulla, privi di ogni peso e di ogni vano fardello, possiamo incamminarci nel nostro itinerario verso Dio.
Se le Ceneri significano la nostra umiltà, anche il digiuno ne consolida il significato.
Astenersi da un intero pasto secondo le necessità fisiche di ciascuno, privarsi della carne nei periodi indicati dalla nostra liturgia, realizzare altre privazioni aggiuntive secondo le nostre abitudini o le ispirazioni del momento è di ausilio al fervore interiore con cui operiamo la nostra elevazione verso il Signore e significa nell'esteriorità lo slancio di conversione con cui tendiamo alla comunione con Dio. Digiunare (com'è mia esperienza personale) è già un vantaggio per il fisico, perché liberando e purificando il corpo dai pesi in eccesso ci è di sollievo e dona serenità e leggerezza, e anche dal punto di vista spirituale la rinuncia e la mortificazione fisica sono di aiuto affinché la nostra liberazione dal vano e dal superfluo abbatta sempre più ostacoli nell'ascesi che ci conduce a Dio.
Come sempre si è affermato e comprovato, il digiuno è tuttavia sterile e insignificante quando non venga associato alla preghiera e alle opere di misericordia, perché proprio la concretezza del bene e l'amore al prossimo saggiano la consistenza dell'avvenuto itinerario di conversione spirituale, rendendone testimonianza effettiva: la carità sincera è una componente stessa del digiuno e ometterla dai nostri atteggiamenti equivale a smentire la stessa rinuncia ai cibi e alle voluttà. E' quindi necessario, già nella pratica stessa della rinuncia ai cibi, che venga destinato l'equivalente in denaro a favore di chi ha bisogno e che vengano realizzate, singolarmente e nelle comunità ecclesiali di appartenenza, iniziative concrete di vera solidarietà nei confronti dei bisognosi, tutto ovviamente secondo le nostre possibilità obiettive e tuttavia senza retoriche e negligenze su questo importante aspetto della vita cristiana in generale e della Quaresima in modo speciale.
Risvegliando in noi la volontà di essere umili e ponendo la stessa umiltà come condizione iniziale di ogni proposito spirituale, il Mercoledì delle Ceneri ci è di sprone ad optare per il rinnovamento di noi stessi in vista della trasformazione del mondo secondo la volontà universale di Dio che in Cristo ci chiama tutti a nuova vita. Le tappe della Quaresima, con tutti gli strumenti di grazia contenuti in questo tempo liturgico non possono non darci fiducia che il bene, anche se non a portata di mano, è comunque obiettivo possibile.


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