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venerdì 8 luglio 2011

Padre Pio - Sulla soglia del Paradiso - Quarantaseiesimo appuntamento

 Torna l'appuntamento con la biografia che tratteggia un'inedita "storia di Padre Pio raccontata dai suoi amici: "Sulla Soglia del Paradiso" di Gaeta Saverio. Siamo giunti al momento del passaggio finale, tanto atteso da San Pio e quasi da lui saputo sin dall'inizio. Vediamo, infatti, come egli sembra davver avuto coscienza del momento finale, avendo sino all'ultimo pensiero per i fedeli, per i figli spirituali e per coloro che erano intorno a lui. Anche nel momento finale scorgiamo una forza incredibile dettata dalla fede grande che l'ha contraddistinto per tutta la sua esistenza: non ha paura della morte incombente, ma l'attende lietamente, dando vita alle parole di San Francesco d'Assisi che definì la morte come sorella nostra. Abbiamo molto da imparare da questo straordinario esempio di fede, esaltato dal Signore Dio nostro a causa della sua infinita obbedienza ed umiltà, capace di proferire, quali ultimi parole, proprio i nomi di Gesù e Maria, suoi compagni di vita sin dall'infanzia:

XIX

Ultimi tempi e morte
 

Gesù e Maria furono le ultime parole

Scendendo in chiesa, all'alba del 22 settembre, Padre Pio voleva celebrare la Messa leggendola come tutte le mattine, ma il Superiore lo incoraggiò a celebrarla cantata e il Padre come sempre obbedì, anche se con molta fatica. Lo sforzo gli costò però un collasso, proprio al termine della liturgia. Ada-giato sulla sedia a rotelle, tornando in sacrestia benediceva tutti e ripeteva affannosamente: «Figli miei, figli miei!».

Dopo il ringraziamento, provò persino a recarsi a confessare le donne, ma a metà strada la spossatezza fisica lo costrinse a far ritorno in camera. Verso le 10.30 si affacciò alla finestra del coro e, agitando un fazzoletto bianco, salutò e benedisse la folla. Un'altra benedizione la diede in serata, al termine della Messa vespertina cui aveva assistito dal matroneo, e successivamente si affacciò ancora dalla finestra della cella agitando il fazzoletto in segno di saluto.

L'assistente padre Pellegrino Funicelli lo mise a letto come al solito e si recò quindi nella propria cella, dove c'era un citofono intercomunicante. Padre Pio lo chiamò cinque o sei volte, sempre per chiedergli che ora fosse, finché a mezzanotte lo supplicò: «Resta con me, figlio mio».

Volle quindi confessarsi e al termine gli disse:

«Se oggi il Signore mi chiama, chiedi perdono per me ai confratelli di tutti i fastidi che ho dato; e chiedi ai confratelli ed ai figli spirituali una preghiera per l'anima mia». Padre Pellegrino rispose: «Padre Spirituale, io sono sicuro che il Signore la farà vivere ancora a lungo, ma se dovesse avere ragione lei, posso chiederle un'ultima benedizione per i confratelli, per i figli spirituali e per i suoi ammalati?». E Padre Pio: «Si che li benedico tutti! Chiedi anzi al Superiore che dia lui per me questa ultima benedizione». Subito dopo ripeté il patto che aveva stipulato con san Francesco d'Assisi il 22 gennaio 1904, emettendo la professione dei voti semplici, e ribadì la propria volontà di consacrazione a Dio e di perseveranza nei voti religiosi.

Verso l'una chiese di essere aiutato ad alzarsi dal letto, per respirare meglio. Ha raccontato padre Pellegrino: «Notai con mia grande meraviglia che camminava diritto e spedito come un giovane, tanto che non vi era bisogno di sostenerlo. Giunto sull'uscio della sua cella disse: "Andiamo un po' sul terrazzino". Lo seguii tenendogli la mano sotto il braccio; egli stesso accese la luce e, arrivato vicino alla poltrona, si sedette e guardò in giro per il terrazzino curiosando; sembrava che con gli occhi cercasse qualcosa». Era come uno sguardo di congedo affettuoso dal luogo dove tanto aveva sofferto e pregato.

Dopo cinque minuti volle tornare in camera, perché le forze lo avevano abbandonato nuovamente. Adagiato in poltrona, nella sua cella, cominciò a impallidire: era l'una e trenta del 23 settembre e la situazione cominciava a precipitare. Padre Pellegrino svegliò il confratello Giuseppe Pio Martin dicendogli: «Padre Pio sta male, va' in cella mentre io vado a telefonare ai medici». Nonostante i tentativi di rianimazione immediatamente praticati dal medico personale Giuseppe Sala e dai dottori Giuseppe Gusso e Giovanni Scarale, Padre Pio morì alle ore 2.30, dopo aver ricevuto l'unzione degli infermi, pronunciando i nomi di Gesù e di Maria.

La salma venne composta in una bara di legno e alle 8.30 fu esposta in chiesa, nella quale si riversò immediatamente una folla innumerevole. Il mesto pellegrinaggio continuò senza interruzioni fino a notte fonda, quando l'accesso fu interdetto per qualche ora, in modo da consentire lo spostamento del corpo in una bara di acciaio, in preparazione alla sepoltura.

Alle 2.45 del 24 settembre, l'ufficiale sanitario di San Giovanni Rotondo, Giovanni Grifa, provvide all'inoculazione di un litro di soluzione di formalina al 30 per cento nella cavità toracica e in quella addominale della salma di Padre Pio, al fine di evitare fenomeni putrefattivi. Nel certificato scrisse:

«Successivamente il sottoscritto ha effettuato quotidiane ricognizioni della salma, per rilevare eventuali segni di putrefazione, che non sono apparsi fino al momento della tumulazione, contrariamente a quanto il sottoscritto ha avuto modo di constatare in altre salme trattate con la stessa soluzione conservativa».

Il pellegrinaggio dei devoti proseguì fino alle 12 del 26 settembre. Alle 15.30 partì dal convento il corteo funebre, che percorse tutto il paese. Alle 19 fu celebrata la Messa funebre, con una vastissima partecipazione di persone di ogni ceto e provenienza, tanto che qualcuno, sui manifesti di lutto, aggiunse a mano alla scritta «lutto cittadino»: «e mondiale». Si calcolò che a San Giovanni Rotondo erano quel giorno presenti oltre centomila persone.

La sepoltura nella cripta della chiesa di Santa Maria delle Grazie avvenne alle ore 22 dello stesso giorno. Si compiva così il desiderio espresso sin dal 12 agosto 1923: «Ricorderò sempre questo popolo generoso nelle mie preghiere implorando per esso pace e prosperità. E quale segno della mia predilezione, null'altro potendo fare, esprimo il desiderio che, ove il miei Superiori non si oppongano, le mie ossa siano composte in un tranquillo cantuccio di questa terra».

La bara attualmente è in un loculo, a un metro circa dal livello del pavimento, sovrastato da un blocco monolitico di granito di circa 30 quintali. Dalla primavera del 2003 sarà spostata nel nuovo santuario progettato da Renzo Piano, che si sta ultimando alle spalle del vecchio convento.

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