XX
Visitatori e "persecutori"
Il controllo del Sant'Offizio
In ogni circostanza, come ha testimoniato l'allora sindaco del paese Francesco Morcaldi, Padre Pio «continuava nella sua vita di raccoglimento, di preghiera e di apostolato, senza alcun apparente turbamento». E a quanti gli manifestavano preoccupazioni e timori, suggeriva: «Abbiamo fiducia nella Provvidenza!». Per Padre Pio tutte le prove cui era sottoposto facevano infatti parte del piano provvidenziale che il Signore aveva su di lui e sulla sua opera: «La Chiesa è madre nostra; anche quando ci bastona ci vuole bene», era la considerazione che gli senti fare il confratello Onorato Marcucci.
La "data fatidica" alla quale si può far risalire gran parte dei problemi vissuti da Padre Pio fu il 18 aprile 1920, quando giunse in convento padre Agostino Gemelli (il fondatore dell'Università cattolica del Sacro Cuore). La sua intenzione era di vedere le stimmate. Non essendo però stato autorizzato dai Superiori cappuccini, Padre Pio non glielo permise. Dopo pochi minuti, Gemelli andò via,
inaugurando il registro dei visitatori con una frase che pareva manifestare amicizia: «Ogni giorno constatiamo che l'albero francescano dà nuovi frutti e questo è il conforto più grande a chi trae alimento e vita da questo meraviglioso albero».
In realtà, offeso da quella risposta negativa, il giorno dopo padre Gemelli inviò al Sant'Offizio una relazione nella quale asseriva invece di aver visto le stimmate, dandone un giudizio fortemente critico. La presa di posizione di padre Gemelli servì a dare corpo alle accuse che erano intanto state inviate in Vaticano dall'arcivescovo di Manfredonia, monsignor Pasquale Gagliardi, sobillato da sacerdoti di San Giovanni Rotondo che erano gelosi perché le fedeli del luogo andavano a confessarsi dal cappuccino. Del resto, la vigilanza del Sant'Offizio si era inaugurata già nel 1919, quando in Vaticano erano cominciate a giungere lettere che descrivevano i miracoli operati da Padre Pio.
In seguito a tali vicende, la Santa Sede inviò il primo visitatore ufficiale, il vescovo Raffaele Rossi, che fra il 1921 e il 1922 si recò diverse volte a San Giovanni Rotondo. Nella relazione riferì di aver ricevuto una buona impressione da Padre Pio, criticando invece le cosiddette "fedelissime" e riscontrando in padre Benedetto da San Marco in Lamis scarse capacità di direzione spirituale.
Il 2 giugno 1922 giunse così al Ministro generale dei cappuccini il primo provvedimento del Sant'Offizio, nel quale si ordinava che venisse interrotta ogni comunicazione fra Padre Pio e padre Benedetto. Occorreva inoltre allontanare al più presto Padre Pio in un convento lontano, in modo da impedire il fanatismo di taluni suoi devoti. Ma la notizia del trasferimento si diffuse immediatamente e la popolazione insorse, riuscendo a farlo sospendere.
Nel luglio del 1922, nuove notizie diffamatorie contro Padre Pio e i confratelli convinsero il Ministro generale dei Cappuccini a inviare a San Giovanni Rotondo un collaboratore di estrema fiducia, padre Celestino da Desio, per una rigorosa visita canonica. Il risultato fu di completa assoluzione:
«Dalle indagini da me fatte coscienziosamente è risultato che i detti padri sono puramente vittime dell'invidia di alcuni malintenzionati, i quali vedono di mal occhio il molto bene che compiono quei religiosi, e per paralizzarlo si divertono ad inventare cose totalmente false».
Intanto il Sant'Offizio proseguì nella propria azione. Il 31 maggio 1923 dichiarò «non constargli la sovrannaturalità di quei fatti» attribuiti a Padre Pio ed esortò «i fedeli a conformare i propri atti a questa dichiarazione». Il 17 giugno successivo inviò al padre Guardiano del convento due secchi ordini da comunicare a Padre Pio: non celebrare più in pubblico e ad ora fissa, né rispondere più alle lettere che gli venivano indirizzate da persone devote. Immediatamente ci fu una sollevazione spontanea dei fedeli che fece revocare l'imposizione. Il 30 luglio giunse un nuovo ordine di trasferimento del Padre, ma un'altra protesta popolare, che minacciava di diventare una sommossa, riuscì a far differire anche questo ordine.
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