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domenica 4 dicembre 2011

Conversione = Maestria

(Mc 1,1-8)
2^ domenica d’Avvento 

Nel Vangelo di oggi il maestro è Giovanni Battista. E sapete perché lo è? Perché dice di non esserlo, ma si definisce solo una voce che indica il vero maestro. E lo indica ai suoi stessi discepoli. Questa sì che è vera “maestria”: la maestria dell’umiltà: solo essendo umili si è maestri. Quale maestro avrebbe accettato che i propri discepoli lo abbandonassero per seguire un altro maestro che, oltretutto, aveva indicato lui stesso? Anche se, chiaramente, questo nuovo maestro è IL maestro per eccellenza, il Figlio stesso di Dio. Fu così che i primi discepoli di Gesù furono Giovanni e Andrea che, all’inizio, erano discepoli del Battista che era comunque un rabbi molto stimato (ce ne fossero oggi di questi maestri!) e aveva i suoi discepoli.

• Come acquistare maestria…

E questa “maestria” dobbiamo acquistarla anche noi. Ma l’otterremo nella misura in cui ci convertiremo. Perché allora acquisteremo la maestria, non di una disciplina o di uno strumento, ma dell’intera nostra persona che non correrà più dietro al male, ma sceglierà sempre il bene. Senza fatica! Conversione dunque: che impresa! Ardua impresa che va affrontata ogni giorno. Ardua perché dentro di noi ci sono fragilità e debolezze a senso alternato; e fuori ci sono tentazioni sempre fisse, oltre che un ambiente che stuzzica continuamente più i vizi che le virtù. E siccome la spinta verso Dio c’è, ma è debole, invece di convertirsi dal mondo a Dio si finisce per fare il contrario. Come rimediare? Ricordandoci che il male fa male e che la conversione non è solo sforzo nostro ma anche una grazia da chiedere. Ci convertiremo nella misura in cui capiremo il “nulla” delle cose e il “tutto” di Dio. Vanità delle vanità, tutto è vanità, afferma il Qohelet.

• Conversione: che impresa!

Nella seconda lettura, Pietro ci ricorda che, davanti al Signore, mille anni sono come un giorno solo. Perché rincorrere piaceri e onori mondani che si dileguano in men che non si dica? Convertirsi significa aver capito che vale la pena rinunciare a ciò che passa per scegliere ciò che non passa: il mondo passa, Dio no! Capito questo non sarà più difficile staccarsi dalle cose del mondo per aprirci a Dio e al prossimo. E per cominciare mettiamoci davanti a Lui con le nostre povertà, fragilità e debolezze presentandogli tutto ciò che è da rinnovare e rettificare.
Per concludere voglio raccontarvi questa storia di un povero paria. Sapete che in India ci sono le caste: i paria sono all’ultimo gradino: sono i più poveri e disprezzati, assolutamente da evitare per non “contaminarsi”; sono i cosiddetti intoccabili. Ebbene sentite cos’è accaduto a un povero paria.

• Il povero barbiere paria

“Non sono che un povero paria, ma ascoltate la mia storia: è una storia incantata. Un giorno Dio benedetto passò davanti alla mia casa: proprio la mia casa di povero barbiere paria. Io corsi; Egli si voltò e mi attese: attese proprio me, povero barbiere paria. Gli dissi tremando: posso parlarti Signore? Ed Egli mi rispose: parlami pure amico. Gli chiesi: nel tuo Regno c’è un posto anche per me? Mi rispose: certo, c’è posto anche per te. Lo disse a me, povero barbiere paria. Gli domandai ancora: Signore posso seguirti anch’io? Certo, vieni! Gli dissi infine: Signore posso restare sempre vicino a te? Mi rispose: “senz’altro lo puoi perché ti amo”. Pensate, lo disse proprio a me, povero barbiere paria”.

Wilma Chasseur

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