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venerdì 9 dicembre 2011

Elvira - Figlia spirituale di Padre Pio - XIV

Continuiamo a scoprire la figura di Elvira, figlia spirituale di San Pio da Pietrelcina; oggi torniamo a guardare gli aspetti più caritatevoli e amorevoli di Elvira, mostrati da alcuni episodi significativi:


CAPITOLO III 

AMARE CON LE OPERE

La carità verso il prossimo, per essere tale, deve essere soprattutto efficiente, cioè non deve consistere in sole espressioni del labbro, ma deve tradursi nelle opere e spingerci a fare realmente al nostro prossimo tutto il bene che possiamo, quel bene che vorremmo fosse fatto a noi stessi. Non sono infatti le chiacchiere che provano il nostro amore, ma i fatti. Gesù ce lo ha fatto capire magnificamente nella famosa parabola del Buon Samaritano. Dobbiamo sempre andare incontro alle necessità del prossimo, che possono essere necessità di corpo e necessità di anima. Ecco qui, infatti, i grandi motivi su cui si fonderà la suprema sentenza finale: l'esercizio delle opere di misericordia.

Mamma Elvira ha sempre sentito fortemente quest'obbligo. Sospinta da una singolare fiamma di carità, che dal suo gran cuore divampa dovunque il bene le si presenti come possibile, ella ha sempre fatto della generosità il suo "modus vivendi": generosità materiale nelle opere di misericordia corporale, generosità morale nelle opere di misericordia spirituale.

Uno degli insegnamenti più importanti che Mamma Elvira impartisce a chi la segue è quello di non sprecar denaro in cose superflue, di conservarlo per poter fare del bene, `perché - dice - di là ci portiamo solo il bene che avremo fatto. "In assoluta opposizione al consumismo, ella insegna la semplicità del modo di vivere, la moderazione, lo spirito di economia, il distacco dal lusso e dalla cupidigia.

È chiaro che questo richiede il possesso di un ideale superiore a quello terreno, e siccome lei ce l'ha, non è felice se non lo comunica agli altri. Sa infatti che non c'è pace nei cuori se la ricerca di una floridezza terrena va disgiunta dal santo timor di Dio e dal rispetto per la sua legge eterna, particolarmente per quella che comanda: "Amerai il prossimo tuo come te stesso."

VISITARE GLI INFERMI

Data la sua lunga esperienza e la bontà del suo cuore, nessuno forse sa insegnare meglio di Elvira quale deve essere il comportamento con gli ammalati: come non ci si deve rammaricare dei sacrifici, delle veglie, delle privazioni per poterli aiutare; come si debba far tutto volentieri sopportando pazientemente le inquetudini, le tristezze, i lamenti che accompagnano di solito le dolorose infermità. E come questo si possa fare solo considerando nel prossimo sofferente la persona stessa di Gesù Cristo. Con questo spirito lei ha trascorso buona parte della sua esistenza tra i miasmi di un ospedale e il contatto ributtante di tutte le miserie umane.

Una volta avevano portato nella camera d'ospedale dove lei assisteva da qualche giorno una malata, un'altra donna a cui era stata amputata una gamba. Vedendola tanto bisognosa, Elvira le si dedicò con grande sollecitudine, suscitando, senza volerlo, la gelosia dell'altra che, a un dato punto, accecata dall'ira, le scagliò in viso le proprie feci. Come reagì Elvira? Andò semplicemente a lavarsi e a disinfettarsi e poi tornò in camera più bella e più sorridente di prima. "Ah, poverini ... !Ammonisce ancora oggi - bisogna compatirli i malati, se diventano egoisti e gelosi. È la malattia che li rende così!"

Tra i tanti episodi riguardanti i malati da lei assistiti, Elvira ricorda con predilezione, per l'insegnamento che ne scaturisce, quello di una certa Giuseppina Gaudenzi. Elvira andava spesso a trovarla a casa sua e, pur essendo lei stessa in condizioni non certo agiate, le portava sempre qualche cosa. Un giorno capitarono da questa malata certe signore con dei cartocci: di zucchero, di carne o d'altro. Giuseppina però non si voltò neppure a parlare con loro e quando furono andate via, disse ad Elvira: "Mi dia quei cartocci!" E li scaraventò contro il muro. "Che cosa me ne importa a me della carne e dello zucchero? Io voglio quello che mi dà lei!"

Voleva dire: il calore umano, l'affetto, che era ciò che Elvira sapeva profondere con generosità.

Ancora oggi Mamma Elvira ammonisce: "È inutile andare dagli ammalati se si ha il cuore freddo, se non si sente trasporto! E un'offesa per loro!"

Tutti sappiamo quanto gli infermi abbiano bisogno di conforto in mezzo ai dolori e quanto giovi al loro morale la presenza di una persona amica che dica una buona parola e li incoraggi alla pazienza, alla rassegnazione cristiana.

Se poi qualche infermo è da molto tempo lontano da Dio o ha vincoli peccaminosi da sciogliere o obblighi gravi da compiere, allora quale opera preziosa può svolgere chi lo aiuta a mettere a posto le partite della coscienza, a santificare i suoi ultimi patimenti e disporsi così al gran passo dell'eternità!

Elvira in questo è insuperabile. Con poche parole, ma appropriate e ripiene dell'unzione della carità, riesce a ricondurre a Dio anime che sembravano perdute e risolvere casi che sembravano insolubili.

C'è chi, prossimo ormai alla morte, cerca di lei solo per sentirla parlare di Dio e della Madonna e si prepara alla S. Comunione con l'impazienza di un innamorato. Elvira sa veramente trasfondere negli altri il suo sconfinato amore per Gesù e staccare le anime dal mondo. Tutte, indistintamente, sotto il benefico influsso di lei, arrivano all'accettazione serena della morte.

A questo proposito merita di essere ricordato il caso di Gioconda Bernardi di Pietracuta.

Era una ragazza di vent'anni che pareva nata per effondere intorno a se la gioia di vivere. Colpita da un male incurabile alla gamba sinistra, non sapeva rassegnarsi alla morte. Voleva guarire ad ogni costo. La zia di lei, avendo saputo che la signora Elvira si recava spesso da Padre Pio, decise di andarla a trovare per pregarla di far visita alla nipote e portarle un po' di conforto. Era preoccupata anche perché la povera ragazza non voleva chiamare il prete in casa, per un certo amor proprio, illudendosi sempre di potersi alzare per andare a confessarsi da sola.

Elvira accondiscese subito alla richiesta della signora Cleide e si recò a far visita alla malata, alla quale disse che sarebbe andata presto da Padre Pio e che gli avrebbe parlato di lei.

"Cosa vuole che gli dica?" Le chiese.

"Dica che faccia quello che vuole" fu la brusca risposta. Quando Padre Pio ebbe conosciuto il caso, disse ad Elvira: "Per lei c'è il Paradiso, ma io l'assisterò fino alla fine per le preghiere tue e per quelle di quelle anime sofferenti che tu hai fatto pregare. "

Infatti, quasi al sommo del Calvario, mentre si accentuava in Gioconda la trasparenza del volto e la lucentezza azzurra degli occhi, avendo il male ormai invaso anche tutto il polmone, si accentuava in lei, palesemente, anche una dolce rassegnazione alla volontà di Dio, finchè un giorno, sentendosi prossima a lasciare questa terra, volle radunare intorno al suo letto tutte le ragazze dell'Azione Cattolica per raccontar loro quanto sia bello morire. Alla madre che le stringeva la mano ormai fredda, disse:

"Non piangere, mamma, per me la morte è una carezza. Tu lo sai quanto ho sofferto. Non dobbiamo morire tutti?" Pregava precedendo con chiare parole la corale preghiera di tutti i presenti. Alla sorella Maria che le chiedeva quanto tempo era che non dormiva, rispose:

"Dormirò finalmente il sonno dei giusti. "

Poi, mentre il sacerdote le si accostava con la Santa Eucarestia, sussurrò con espressione raggiunte: "Grazie, Padre Pio, di avermi portato il Signore. "

"Ma dov'è, Gioconda, Padre Pio?" Chiese la sorella Maria. "Qui, vicino a me. Ora non ho più paura di niente. "

A chi le prometteva una successiva visita per quella stessa sera rispondeva:

"Questa sera non ci sono più." E, mostrando le cinque dita, aggiungeva: "Ancora così." Ed era mezzogiorno.
Alle cinque del pomeriggio, infatti, spirava col sorriso sulle labbra dicendo:

"Ecco là il Paradiso di Padre Pio!"

Elvira arrivò in tempo per i funerali e constatò come davvero sembrava che la defunta dormisse il più sereno dei sonni in quella bara inghirlandata di fiori.
Più tardi i genitori le scriveranno: "Gentile signora, il ricordo soavissimo della morte di Gioconda si associa nel nostro spirito alla sua dolce immagine e benediciamo il trasporto veramente materno con cui compì la sua missione presso Padre Pio che consolò il trapasso così edificante della nostra figliuola. Lei sarà per noi la più grande amica e ci lusinghiamo di rimanere nel suo grande cuore come tanto desideriamo... "

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