Oggi ricorre un ricordo doloroso, il ricordo di coloro che possiamo definire i primi martiri di Gesù e cioè i bambini che furono eliminati dalla pazzia di Erode che vedeva in quel Bambin Gesù, una minaccia per il suo trono, il suo potere. Quei bambini pagarono un prezzo alto, ma il loro nome è stato scritto nei Cieli e per primi hanno partecipato alla Gloria del Salvatore. Anche noi li vogliamo ricordare perchè essi sono stati vittime dell'odio umano, vittime della cupidigia umana, vittime dell'egoismo umano che addirittura vede in Dio una minaccia per i propri interessi. In Erode vediamo la tipica figura umana talmente attaccata al potere e alla ricchezza da vedere nella buona novella, una minaccia per se stesso: ecco che la buona novella diviene una minaccia. Ancora oggi vediamo questo capovolgimento che si traduce nel martirio e nelle discriminazioni a danno dei cristiani: oggi il cristiano rappresenta la Luce scesa sul mondo in quella notte gelida e ogni Erode di questo tempo si sente minacciato da quella Luce, al punto da volerla estirpare.
Ricordiamo dunque i piccoli caduti per il Bene supremo, e lo facciamo attraverso un cenno biografico del sito Santi e Beati seguito da una meditazione di San Quodvultdeus, vescovo:
La Chiesa onora come martiri questo coro di fanciulli ("infantes" o "innocentes"), vittime ignare del sospettoso e sanguinario re Erode, strappati dalle braccia materne in tenerissima età per scrivere col loro sangue la prima pagina dell'albo d'oro dei martiri cristiani e meritare la gloria eterna secondo la promessa di Gesù: " Colui che avrà perduto la sua vita per causa mia la ritroverà". Per essi la liturgia ripete oggi le parole del poeta Prudenzio: "Salute, o fiori dei martiri, che sulle soglie del mattino siete stati diverti dal persecutore di Gesù, come un turbine furioso tronca le rose appena sbocciate. Voi foste le prime vittime, il tenero gregge immolato, e sullo stesso altare avete ricevuto la palma e la corona".
L'episodio è narrato soltanto dall'evangelista Matteo, che si indirizzava principalmente a lettori ebrei e pertanto intendeva dimostrare la messianicità di Gesù, nel quale si erano avverate le antiche profezie: "Allora Erode, vedendosi deluso dai magi, s'irritò grandemente e mandò ad uccidere tutti i bambini che erano in Betlem e in tutti i suoi dintorni, dai due anni in giù, secondo il tempo che aveva rilevato dai magi. Allora si adempì ciò che era stato annunciato dal profeta Geremia, quando disse: Un grido in Rama si udì, pianto e grave lamento: Rachele piange i suoi figli, né ha voluto essere consolata, perché non sono più".
L'origine di questa festa è molto antica. Compare già nel calendario cartaginese del IV secolo e cent'anni più tardi a Roma nel Sacramentario Leoniano. Oggi, con la nuova riforma liturgica, la celebrazione ha un carattere gioioso e non più di lutto com'era agli inizi, e ciò in sintonia con le simpatiche consuetudini medioevali che celebravano in questa ricorrenza la festa dei "pueri" di coro e di servizio all'altare. Tra le curiose manifestazioni ricordiamo quella di far scendere i canonici dai loro stalli al canto del versetto "Deposuit potentes de sede et exaltavit humiles".
Da questo momento i fanciulli, rivestiti delle insegne dei canonici, dirigevano tutto l'uffìcio del giorno. La nuova liturgia, pur non volendo accentuare il carattere folcloristico che questo giorno ha avuto nel corso della storia, ha voluto mantenere questa celebrazione, elevata al grado di festa da S. Pio V, vicinissima alla festività natalizia, collocando le innocenti vittime tra i "comites Christi", per circondare la culla di Gesù Bambino dello stuolo grazioso di piccoli fanciulli, rivestiti delle candide vesti dell'innocenza, piccola avanguardia dell'esercito di martiri che testimonieranno col sangue la loro appartenenza a Cristo.
Autore: Piero Bargellini
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Dai «Discorsi» di san Quodvultdeus, vescovo.
Il grande Re nasce piccolo bambino. I magi vengono da lontano guidati dalla stella e giungono a Bet1emme per adorare colui che giace nel presepio, ma regna in cielo e sulla terra. Quando i magi annunziano
a Erode che è nato il Re, egli si turba e per non perdere il regno cerca di ucciderlo, mentre credendo in lui sarebbe stato sicuro in questa vita e avrebbe regnato eternamente nellaltra.
Che cosa temi, o Erode, ora che hai sentito che è nato il Re? Cristo non è venuto per detronizzarti, ma per vincere il demonio.
Tu questo non lo comprendi, perciò ti turbi e infierisci; anzi, per togliere di mezzo quel solo che cerchi, diventi crudele facendo morire tanti bambini.
Le madri che piangono non ti fanno tornare sui tuoi passi, non ti commuove il lamento dei padri per luccisione dei loro figli, non ti arresta il gemito straziante dei bambini. La paura che ti serra il cuore ti spinge a uccidere i bambini e, mentre cerchi di uccidere la Vita stessa, pensi di poter vivere a lungo, se riuscirai a condurre a termine ciò the brami.
Ma egli, fonte della grazia, piccolo e grande nello stesso tempo, pur giacendo nel presepio, fa tremare il tuo trono; si serve di te che non conosci i suoi disegni e libera le anime dalla schiavitù del demonio. Ha accolto i figli dei nemici e li ha fatti suoi figli adottivi. I bambini, senza saperlo, muoiono per Cristo, mentre i genitori piangono i martiri che muoiono. Cristo rende suoi testimoni quelli che non parlano ancora. Colui the era venuto per regnare, regna in questo modo. Il liberatore incomincia già a liberare e il salvatore concede già la sua salvezza.
Ma tu, o Erode, the tutto questo non sai, ti turbi e incrudelisci e mentre macchini ai danni di questo bambino, senza saperlo, già gli rendi omaggio.
O meraviglioso dono della grazia! Quali meriti hanno avuto questi bambini per vincere in questo modo? Non parlano ancora e già confessano Cristo! Non sono ancora capaci di affrontare la lotta perché non muovono
ancora le membra, e tuttavia già portano trionfanti la palma della vittoria.
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