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sabato 18 giugno 2011

In difesa della vita - Evangelium vitae - XVII

Torna l'appuntamento con la Lettera Enciclica "Evangelium vitae", in difesa della vita. Nell'appuntamento odierno il Beato Giovanni Paolo II scende in difesa della vita prenatale, quando il bambino non è ancora nato. E' questo un importante passo verso la comprensione dell'aberrazione dell'aborto che viene giustificato solo dall'egoismo umano. L'aborto è un omicidio in quanto elimina una vita che si va sviluppando; meditiamo le parole del servo di Dio Giovanni Paolo II: 

«Sei tu che hai creato le mie viscere» (Sal 139/138, 13): la dignità del bambino non ancora nato

44. La vita umana viene a trovarsi in situazione di grande precarietà quando entra nel mondo e quando esce dal tempo per approdare all'eternità. Sono ben presenti nella Parola di Dio — soprattutto nei riguardi dell'esistenza insidiata dalla malattia e dalla vecchiaia — gli inviti alla cura e al rispetto. Se mancano inviti diretti ed espliciti a salvaguardare la vita umana alle sue origini, in specie la vita non ancora nata, come anche quella vicina alla sua fine, ciò si spiega facilmente per il fatto che anche la sola possibilità di offendere, aggredire o addirittura negare la vita in queste condizioni esula dall'orizzonte religioso e culturale del popolo di Dio.

Nell'Antico Testamento la sterilità è temuta come una maledizione, mentre la prole numerosa è sentita come una benedizione: «Dono del Signore sono i figli, è sua grazia il frutto del grembo» (Sal 127/126, 3; cf. Sal 128/127, 3-4). Gioca in questa convinzione anche la consapevolezza di Israele di essere il popolo dell'Alleanza, chiamato a moltiplicarsi secondo la promessa fatta ad Abramo: «Guarda il cielo e conta le stelle, se riesci a contarle... tale sarà la tua discendenza» (Gn 15, 5). Ma è soprattutto operante la certezza che la vita trasmessa dai genitori ha la sua origine in Dio, come attestano le tante pagine bibliche che con rispetto e amore parlano del concepimento, del plasmarsi della vita nel grembo materno, della nascita e dello stretto legame che v'è tra il momento iniziale dell'esistenza e l'agire di Dio Creatore.

«Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu uscissi alla luce, ti avevo consacrato» (Ger 1, 5):l'esistenza di ogni individuo, fin dalle sue origini, è nel disegno di Dio. Giobbe, dal fondo del suo dolore, si ferma a contemplare l'opera di Dio nel miracoloso formarsi del suo corpo nel grembo della madre, traendone motivo di fiducia ed esprimendo la certezza dell'esistenza di un progetto divino sulla sua vita: «Le tue mani mi hanno plasmato e mi hanno fatto integro in ogni parte; vorresti ora distruggermi? Ricordati che come argilla mi hai plasmato e in polvere mi farai tornare. Non m'hai colato forse come latte e fatto accagliare come cacio? Di pelle e di carne mi hai rivestito, d'ossa e di nervi mi hai intessuto. Vita e benevolenza tu mi hai concesso e la tua premura ha custodito il mio spirito» (10, 8-12). Accenti di adorante stupore per l'intervento di Dio sulla vita in formazione nel grembo materno risuonano anche nei Salmi.35

Come pensare che anche un solo momento di questo meraviglioso processo dello sgorgare della vita possa essere sottratto all'opera sapiente e amorosa del Creatore e lasciato in balìa dell'arbitrio dell'uomo? Non lo pensa certo la madre dei sette fratelli, che professa la sua fede in Dio, principio e garanzia della vita fin dal suo concepimento, e al tempo stesso fondamento della speranza della nuova vita oltre la morte: «Non so come siate apparsi nel mio seno; non io vi ho dato lo spirito e la vita, né io ho dato forma alle membra di ciascuno di voi. Senza dubbio il Creatore del mondo, che ha plasmato all'origine l'uomo e ha provveduto alla generazione di tutti, per la sua misericordia vi restituirà di nuovo lo spirito e la vita, come voi ora per le sue leggi non vi curate di voi stessi» (2 Mac 7, 22-23).

45. La rivelazione del Nuovo Testamento conferma l'indiscusso riconoscimento del valore della vita fin dai suoi inizi. L'esaltazione della fecondità e l'attesa premurosa della vita risuonano nelle parole con cui Elisabetta gioisce per la sua gravidanza: «Il Signore... si è degnato di togliere la mia vergogna» (Lc 1, 25). Ma ancor più il valore della persona fin dal suo concepimento è celebrato nell'incontro tra la Vergine Maria ed Elisabetta, e tra i due fanciulli che esse portano in grembo. Sono proprio loro, i bambini, a rivelare l'avvento dell'era messianica: nel loro incontro inizia ad operare la forza redentrice della presenza del Figlio di Dio tra gli uomini. «Subito — scrive sant'Ambrogio — si fanno sentire i benefici della venuta di Maria e della presenza del Signore... Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia; essa udì secondo l'ordine della natura, egli esultò in virtù del mistero; essa sentì l'arrivo di Maria, egli del Signore; la donna l'arrivo della donna, il bambino l'arrivo del Bambino. Esse parlano delle grazie ricevute, essi nel seno delle loro madri realizzano la grazia e il mistero della misericordia a profitto delle madri stesse: e queste per un duplice miracolo profetizzano sotto l'ispirazione dei figli che portano. Del figlio si dice che esultò, della madre che fu ricolma di Spirito Santo. Non fu prima la madre a essere ricolma dello Spirito, ma fu il figlio, ripieno di Spirito Santo, a ricolmare anche la madre».36

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