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sabato 13 agosto 2011

In difesa della vita - Evangelium vitae - XXIV

Torna l'appuntamento con la Lettera Enciclica "Evangelium vitae", in difesa della vita. Anche oggi continua l'approfondimento più importante relativo al comandamento fondamentale noto come "non uccidere", stavolta in riferimento alla vita innocente:


57. Se così grande attenzione va posta al rispetto di ogni vita, persino di quella del reo e dell'ingiusto aggressore, il comandamento «non uccidere» ha valore assoluto quando si riferisce alla persona innocente. E ciò tanto più se si tratta di un essere umano debole e indifeso, che solo nella forza assoluta del comandamento di Dio trova la sua radicale difesa rispetto all'arbitrio e alla prepotenza altrui.

In effetti, l'inviolabilità assoluta della vita umana innocente è una verità morale esplicitamente insegnata nella Sacra Scrittura, costantemente ritenuta nella Tradizione della Chiesa e unanimemente proposta dal suo Magistero. Tale unanimità è frutto evidente di quel «senso soprannaturale della fede» che, suscitato e sorretto dallo Spirito Santo, garantisce dall'errore il popolo di Dio, quando «esprime l'universale suo consenso in materia di fede e di costumi».49

Dinanzi al progressivo attenuarsi nelle coscienze e nella società della percezione dell'assoluta e grave illiceità morale della diretta soppressione di ogni vita umana innocente, specialmente al suo inizio e al suo termine, il Magistero della Chiesa ha intensificato i suoi interventi a difesa della sacralità e dell'inviolabilità della vita umana. Al Magistero pontificio, particolarmente insistente, s'è sempre unito quello episcopale, con numerosi e ampi documenti dottrinali e pastorali, sia di Conferenze Episcopali, sia di singoli Vescovi. Né è mancato, forte e incisivo nella sua brevità, l'intervento del Concilio Vaticano II.50

Pertanto, con l'autorità che Cristo ha conferito a Pietro e ai suoi Successori, in comunione con i Vescovi della Chiesa cattolica, confermo che l'uccisione diretta e volontaria di un essere umano innocente è sempre gravemente immorale. Tale dottrina, fondata in quella legge non scritta che ogni uomo, alla luce della ragione, trova nel proprio cuore (cf. Rm 2, 14-15), è riaffermata dalla Sacra Scrittura, trasmessa dalla Tradizione della Chiesa e insegnata dal Magistero ordinario e universale.51

La scelta deliberata di privare un essere umano innocente della sua vita è sempre cattiva dal punto di vista morale e non può mai essere lecita né come fine, né come mezzo per un fine buono. È, infatti, grave disobbedienza alla legge morale, anzi a Dio stesso, autore e garante di essa; contraddice le fondamentali virtù della giustizia e della carità. «Niente e nessuno può autorizzare l'uccisione di un essere umano innocente, feto o embrione che sia, bambino o adulto, vecchio, ammalato incurabile o agonizzante. Nessuno, inoltre, può richiedere questo gesto omicida per se stesso o per un altro affidato alla sua responsabilità, né può acconsentirvi esplicitamente o implicitamente. Nessuna autorità può legittimamente imporlo né permetterlo».52

Nel diritto alla vita, ogni essere umano innocente è assolutamente uguale a tutti gli altri. Tale uguaglianza è la base di ogni autentico rapporto sociale che, per essere veramente tale, non può non fondarsi sulla verità e sulla giustizia, riconoscendo e tutelando ogni uomo e ogni donna come persona e non come una cosa di cui si possa disporre. Di fronte alla norma morale che proibisce la soppressione diretta di un essere umano innocente «non ci sono privilegi né eccezioni per nessuno. Essere il padrone del mondo o l'ultimo miserabile sulla faccia della terra non fa alcuna differenza: davanti alle esigenze morali siamo tutti assolutamente uguali».53

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