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mercoledì 31 agosto 2011

La Summa Teologica - Trentaquattresima parte

Torniamo ad addentrarci nella Summa Teologica di San Tommaso d'Aquino, un'opera che diede un fondamento scientifico, filosofico e teologico alla dottrina cristiana. Continuiamo a scoprire la parte dedicata al Trattato relativo all'essenza di Dio e scopriamo le risposte di San Tommaso ai dubbi e alle questioni:  
Prima parte
Trattato relativo all'essenza di Dio

La bontà di Dio > Se tutte le cose siano buone della bontà di Dio

Prima parte
Questione 6
Articolo 4

SEMBRA che tutte le cose siano buone della bontà di Dio. Infatti:
1. Dice S. Agostino: "Considera questo e quel bene, togli questo e quello, e, se puoi, guarda il bene stesso: così vedrai Dio, non buono per altro bene, ma bene di ogni bene". Ora, ogni essere è buono della propria bontà. Dunque ogni essere è buono di quella stessa bontà, che è Dio.

2. Al dire di Boezio tutte le cose si dicono buone in quanto ordinate a Dio, e ciò a motivo della divina bontà. Dunque tutti gli esseri sono buoni della bontà divina.

IN CONTRARIO: Tutte le cose sono buone in quanto esistono. Ora, le cose tutte non si dicono esistenti per l'essere divino, ma per il proprio essere. Dunque non sono buone della bontà divina, ma della propria bontà.

RISPONDO: Niente impedisce, se si tratta di attributi che importano relazione, che un ente si denomini da qualche cosa di estrinseco, come un oggetto dal luogo si dice collocato, e dalla misura misurato. Ma riguardo agli attributi assoluti delle cose ci fu diversità di opinioni. Infatti Platone affermò l'esistenza di specie separate di tutte le cose: e disse che da esse si denominano gli individui, come se partecipassero delle specie separate; così, p. es., Socrate si dice uomo precisamente perché partecipa dell'idea separata di uomo. E come poneva l'idea separata di uomo e di cavallo, ch'egli chiamava uomo per sé, cavallo per sé, così poneva l'idea separata di ente e di uno, chiamandola ente per sé, uno per sé; e dalla partecipazione di queste idee ogni cosa diceva chiamarsi ente o una. E questo ente per sé e uno per sé affermava essere il sommo bene. E siccome il bene, ed anche l'uno, si identifica con l'ente, lo stesso bene per sé lo chiamava Dio, dal quale tutte le cose si dicono buone per partecipazione. - Sebbene quest'opinione, come ripetutamente dimostra Aristotele, sia irragionevole nell'ammettere le specie degli esseri fisici in stato di separazione e per sé sussistenti, tuttavia è assolutamente vero che vi è una prima realtà che per sua essenza è ente e bene, e che noi chiamiamo Dio, come si è dimostrato sopra. E su questo punto anche Aristotele è d'accordo. Dalla prima realtà dunque, che è ente e bene per essenza, ogni cosa può dirsi buona e ente in quanto partecipa di essa secondo una certa somiglianza, sia pure alla lontana e in misura limitata, come si è detto. Così, per conseguenza, ogni cosa si dice buona dalla bontà divina, come da prima causa esemplare, efficiente e finale di ogni bontà. Tuttavia ogni cosa si dice buona per una somiglianza sua propria della divina bontà ad essa inerente, che è formalmente la sua bontà, e dalla quale si denomina. E così abbiamo una bontà sola di tutte le cose, e anche molte bontà.

 E con ciò è evidente la risposta da darsi agli argomenti presentati.

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