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mercoledì 24 agosto 2011

La Summa Teologica - Trentatreesima parte

Torniamo ad addentrarci nella Summa Teologica di San Tommaso d'Aquino, un'opera che diede un fondamento scientifico, filosofico e teologico alla dottrina cristiana. Continuiamo a scoprire la parte dedicata al Trattato relativo all'essenza di Dio e scopriamo le risposte di San Tommaso ai dubbi e alle questioni: 
 
Prima parte
Trattato relativo all'essenza di Dio
 
La bontà di Dio > Se esser buono per essenza sia proprio di Dio
 
Prima parte
Questione 6
Articolo 3 


SEMBRA che esser buono per essenza non sia proprio di Dio. Infatti:
1. Come l'uno si identifica con l'ente, così, e si è visto, anche il bene. Ora, secondo Aristotele, ogni ente è uno per essenza. Dunque ogni ente è buono per essenza.

2. Se il bene è ciò che tutte le cose desiderano, siccome proprio l'essere è da tutti desiderato, ne viene che l'essere stesso di ciascuna cosa è il suo bene. Ora, ciascuna cosa è ente in forza della propria essenza. Dunque ciascuna cosa è buona per la sua essenza.

3. Ogni cosa è buona per la sua bontà. Se dunque vi è qualche cosa che non sia buona per essenza, bisognerà che la sua bontà non sia la sua essenza. Ma siccome questa bontà è un ente, bisogna che anch'essa sia buona; e se lo è per un'altra bontà, la stessa questione si farà di quest'altra bontà. E quindi o bisognerà andare all'indefinito o giungere a qualche bontà che è buona (in se stessa, per essenza e) non per un'altra bontà. Ma allora per la stessa ragione dobbiamo arrestarci al primo caso. Perciò ogni cosa è buona per essenza.

IN CONTRARIO: Dice Boezio che ogni altra cosa distinta da Dio è buona per partecipazione. Dunque non per essenza.

RISPONDO: Soltanto Dio è buono per essenza. Infatti, ogni cosa si dice buona secondo che è perfetta. Ora, ogni cosa ha una triplice perfezione. La prima consiste nella costituzione del suo essere (sostanziale). La seconda consiste nell'aggiunta di alcuni accidenti richiesti per la sua perfetta operazione. La terza nel raggiungimento di qualche cosa come proprio fine. P. es., la prima perfezione del fuoco consiste nell'essere medesimo che ha in virtù della sua forma sostanziale; la seconda consiste nel suo calore, nella sua levità e secchezza, ecc.; la terza nel cessare dal suo moto di ascesa raggiunto che abbia il luogo.
Ora, questa triplice perfezione a nessun essere creato compete per essenza, ma soltanto a Dio: perché in lui soltanto l'essenza si identifica col suo essere, e in lui non sopraggiungono accidenti; ma le stesse cose che degli altri esseri si dicono accidentalmente, a lui convengono essenzialmente, come essere potente, sapiente e così via, ed è chiaro da quel che si è detto. Egli inoltre non è ordinato ad alcun fine; ma è egli stesso il fine di tutte le cose. Perciò è chiaro che soltanto Dio ha l'assoluta perfezione nella sua essenza, e perciò egli solo è buono per essenza.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'uno non importa l'idea di perfezione, ma solo di indivisione, la quale conviene ad ogni cosa per la sua essenza. Le essenze delle cose semplici, poi, sono indivise tanto attualmente che potenzialmente; quelle dei composti invece sono indivise soltanto attualmente. E perciò è necessario che ogni cosa per la sua essenza sia una, non già buona, come si è dimostrato.

2. Sebbene ogni cosa sia buona in quanto ha l'essere, tuttavia l'essenza della creatura non è (come Dio) lo stesso suo essere; perciò non segue che la creatura sia buona per la sua essenza.

3. La bontà di una cosa creata non è la sua stessa essenza, ma un qualche cosa di aggiunto; cioè la sua propria esistenza, o qualche perfezione accidentale, o il suo ordinamento ad un fine. Tuttavia questa stessa bontà così aggiunta si dice buona nel senso stesso che si dice ente: ora, si dice ente perché per mezzo di essa qualche cosa viene ad essere, ma non perché essa sia in forza di altra cosa. Quindi alla stessa guisa si dirà buona, perché per mezzo di essa qualche cosa è buona, non già che essa abbia (bisogno di) qualche altra bontà per esser buona.

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