XXV Domenica
Siamo ancora sempre nel tempo ordinario (liturgicamente parlando) e il Vangelo ci presenta una parabola di …ordinaria amministrazione, o piuttosto di poco ordinaria, ma sempre amministrazione è! Come sempre la Parola di Dio ci costringe a porci delle domande: qual è il nostro tesoro? Dov’è il nostro cuore? Sappiamo essere furbi per il Regno?
• 1) Ma che amministrazione è mai questa?
Di primo acchito sembra che qui si lodi il comportamento dell’amministratore disonesto, ma l’insegnamento da evincerne è che i figli della luce, per far avanzare il Regno di Dio, devono saper eguagliare in abilità i figli delle tenebre con tutte le loro astuzie. Abbiamo ricevuto beni materiali e spirituali, compresa la stessa vita, di cui dovremo rendere conto quando “renderemo” l’anima a Dio. Già questo “rendere” indica che siamo solo amministratori di questi beni e dobbiamo saper farli fruttare per la vita eterna. E così ci faremo anche tanti amici (tutti quelli che avremo beneficato quaggiù) che ci accoglieranno nelle dimore eterne. Nell’al di là ritroveremo solo ciò che avremo dato, mentre ciò che avremo trattenuto gelosamente, sarà perso per sempre. Già il Qoelet illustra tale situazione in questi termini: ”Vanità delle vanità, tutto è vanità (…) chi ha lavorato (e accumulato) con successo dovrà poi lasciare ad altri i suoi beni”. Grande sventura accumulare per sé e poi va tutto a finire ad altri… Così non si arricchisce davanti a Dio e non ci si fa degli amici per il secolo futuro: Chiediamo a Gesù di essere liberati da ogni cupidigia e da ogni grettezza, per diventare magnanimi e generosi nel cuore e nelle …mani. Che sappiamo aprirli entrambi!
• 2) Chi sono i debitori?
In senso spirituale questa parabola potrebbe essere intesa così: i debitori siamo noi e il creditore è Dio. Davanti a Lui non possiamo che essere sempre e solo debitori; infatti nel Padre nostro preghiamo che ci siano rimessi questi debiti e che diventiamo capaci di riconoscere gli infiniti doni (a cominciare dalla vita) che ogni giorno ci elargisce e non mettere le nostre sicurezze su altri beni. Colui che veste i gigli del campo e nutre gli uccelli del cielo, tanto più si occuperà di noi, suoi figlioli. “Occupati di me, mi occuperò di te”, diceva Gesù a Santa Caterina da Siena. Ecco il vero abbandono filiale che dobbiamo avere verso il Padre.
La seconda lettura è di una attualità straordinaria: ”Carissimo, ti raccomando prima di tutto, che si facciano domande, suppliche, preghiere e ringraziamenti (…) per tutti quelli che stanno al potere, perché possiamo trascorrere una vita calma e tranquilla con tutta pietà e dignità (…).
• 3) Vita calma e tranquilla?
Che gli uomini preghino, dovunque si trovino, alzando al cielo mani pure, senza ira e senza contese”. Soprattutto quelli che stanno al potere, perché l’avvenire del pianeta terra, dipende da loro. Chi di noi, coi tempi che corrono, non aspira a una vita calma e tranquilla senza ira né contese? Per questo, occorre elevare a DIO suppliche e preghiere incessanti e mani pure . Concludo con questa bella preghiera di Don Giuseppe Sacino tratta da “Temi di predicazione”: ”Vorrei avere la libertà di Francesco per cantarti la lode della morte, antica nemica degli avari, amica invocata dai poveri Lazzari. Vorrei saperti dire grazie per tutti i tuoi doni e per ciò che non ho: gli uni mi bastano per vivere e ciò che non ho è pura libertà. Liberami Signore dal superfluo,
ricordami che Tu solo sei necessario. La tua Chiesa sia ricca di Te e il Vangelo correrà per il mondo. Cupidigia vuol dire ansietà e spesso compromesso. Una Chiesa e un cuore libero ti chiedo, capaci di fidarsi solo di te. E la povertà tornerà ad essere beatitudine gioiosa per ogni uomo che cerca vera felicità.”
Wilma Chasseur
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