CAPITOLO II
LE CONVERSIONI
S'è detto come mirabilmente siano talvolta concatenate l'una all'altra le conversioni ottenute da Mamma Elvira. L'episodio che ora riportiamo ne è un chiaro esempio.
Il 22 ottobre del '53 c'era stata a Rimini la terribile esplosione di un'autobotte di benzina che poi si era incendiata provocando danni ingenti per un vastissimo raggio. Furono tanti gli ustionati, che l'Ospedale di Rimini non era sufficiente a contenerli tutti e si era dovuto ammassarli anche nei corridoi. Era uno spettacolo raccapricciante. Elvira aveva dovuto lavorare giorno e notte medicando quelle piaghe purulenti, in mezzo a un fetore insopportabile, senza un attimo di sosta, senza mangiare, senza dormire, confortando, assistendo i moribondi.
Era da poco tornata la normalità, quando conobbe TILDE, una giovane sposa con due figli, malata di tumore all'utero, che aveva subito sette operazioni. Cominciò ad assisterla, trascorrendo con lei delle mezze giornate, stando sempre in piedi, accanto al suo letto, a farle vento, logorando più di un ventaglio, per mitigare l'ardore di quel mese di luglio.
Tilde le diceva: "Signora, lei dice che ho un male brutto?»
"Ma no, vedrà che si riprenderà..." cercava di confortarla Elvira.
"Allora, se è vero, mangi col mio cucchiaio e beva nel mio bicchiere" e le porgeva gli avanzi del suo pasto.
Che fare? Elvira, incoraggiata dall'esempio di Santa Caterina, acconsentiva a fare quanto la malata le chiedeva, per ridarle un po' di fiducia, vincendo la ripugnanza di tutto il suo essere.
Intanto raccoglieva le sue confidenze e veniva così a sapere che aveva condotto una vita peccaminosa, spintavi dal marito stesso, per amore di denaro. Un giorno Elvira le disse:
"Adesso io devo partire, ma mi raccomando, chiami il suo Parroco per fare una bella confessione."
Partì così per San Giovanni Rotondo, dove si trattenne alcuni giorni. Intanto Tilde veniva rimandata a casa. Quando Elvira andò a trovarla, le disse: "Signora, è venuto il prete, sa?"
Pareva contenta, ma il male progrediva e dopo qualche giorno fu riportata all'Ospedale. Il ricovero durò per molto tempo e intorno al letto dell'ammalata era un continuo via vai di parenti, nessuno dei quali credeva in Dio. Anche Elvira non tralasciava giorno senza andare a trovarla, perché, pur avendo attorno tanta gente, la malata gradiva soltanto la sua compagnia. Solo i suoi racconti, infatti, le davano sollievo.
Finalmente Tilde si aggrava ed Elvira, avvertita per telefono, corre all'Ospedale la mattina prestissimo, ma la malata è già in coma e così resta per quattro giorni.
Elvira è preoccupata; ha l'impressione che quella poveretta non si sia confessata bene, sente che è in gioco la sua anima. Allora, piena di angoscia, si rivolge a Padre Pio: "Senti, Padre Pio, se non si è confessata bene, fa che si riprenda!"
E nel formulare questa preghiera, dà un pizzicotto alla mano della malata. Quella, istantaneamente, apre gli occhi. Senza frapporre indugio Elvira chiama il medico e la Suora, perché la portino in un'altra stanza. La malata si riprende, però non parla. Intanto i suoi parenti non la lasciano un momento.
Nel frattempo Elvira presta le sue cure anche a un'altra ammalata. Come la vede quasi morente, dice alle sorelle di lei: "Perché non le avete fatto fare la confessione?" "Perché noi non crediamo queste cose" rispondono. '"a se la poverina lo volesse, voi siete responsabili davanti a Dio!"
Dicendo questo alza la corona davanti agli occhi dell'ammalata e la esorta: "Se vuoi i Sacramenti, stringi la corona!"
L'inferma afferra la corona e tira con tutte le sue forze. Elvira è gongolante e chiama la Suora: "Suora, guardi, che questa ammalata vuole i Sacramenti!" "Ah, sì, sì, ci penso io" promette la Suora.
Elvira se ne va a casa perché è l'ora di pranzo, però non è tranquilla. Sbriga alla svelta le sue faccende e, come attirata da qualcosa, torna giù all'Ospedale per vedere se la Suora ha fatto quanto ha promesso. Neanche per sogno! Allora lei stessa chiama Padre Angelo e lo trascina dall'ammalata che, appena si è confessata, muore.
Ora Elvira torna da Tilde e vede che, contrariamente al solito, non c'è nessuno dei suoi parenti. C'è solo un'ammalata che le fa compagnia, appoggiata al suo letto. L'una e mezzo del pomeriggio. Ancora sotto l'impressione dell'esperienza avuta da poco, Elvira racconta quanto è successo all'altra ammalata e Tilde, nell'udire questo racconto, grida concitata:
"Signora, signora, chiami il prete, subito, anche per me, che non mi sono confessata bene. Corra! Corra!"
Elvira corre in cerca di Padre Angelo, ma saputo che è andato a letto, perché sta poco bene, si precipita fuori a chiamare il Parroco della vicina Chiesa del Suffragio. Tilde, sinceramente pentita, vuol fare la confessione pubblica di tutti i suoi peccati e poi dice ad Elvira: "Signora, si ricordi di dire tutto ai miei, quando vengono! Che facciano la Comunione anche loro!"
Quando, ricevuti ormai i Sacramenti, vede arrivare il marito, gli dice trionfante:
"Guarda che io ho fatto questo e questo e questo..." E lui, a denti stretti, risponde:
"Valà, che siti sera me, ta ne fevi!" (Và che se c’ero io non lo facevi!"
"Proprio così - pensa Elvira - Per questo il Signore ha permesso che io trovassi sola l’ammalata a quest'ora!"
Quella sera stessa Tilde muore.
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