(Mt 25, 14-30)
33^ Domenica Tempo Ordinario
33^ Domenica Tempo Ordinario
Domenica scorsa: “non vi conosco”; oggi: “gettatelo fuori nelle tenebre”. Di che tremare e sprofondare. Che significano queste parole? Semplicemente che la vita è una cosa molto seria, non possiamo farne ciò che vogliamo perché dovremo renderla a chi ce l’ha data. Altro che “la vita è mia e ne faccio quel che voglio”. Utopia pura: nessuno, sulla sua vita, ha questa autonomia assoluta. Come puoi avere un potere assoluto su una vita che non ti sei dato? Niente ti sei dato: né il nome, né il colore dei capelli, né l’essere così come sei. Lo dimentichiamo facilmente perché il padrone dà i talenti e poi scompare e quindi crediamo che le nostre doti e qualità siano cose solo nostre. Ma il padrone tornerà. Infallibilmente! A prendere le cose sue. Come gliele renderemo?
• L’unica cosa certa che sappiamo…
Quindi il tema dominante di questa domenica è ancora sempre la venuta del Signore, sia quella della parusia, alla fine dei tempi, sia quella individuale quando arriverà il nostro ultimo giorno e passeremo all’altra riva.
Di entrambe di queste venute, non ne sappiamo niente: l’unica cosa certa che sappiamo è che NON SAPPIAMO quando avverrà. “Vegliate e pregate perché non sapete né il giorno né l’ora… Verrà come un ladro nella notte… Quanto a quell’ora e a quel giorno, nessuno lo conosce, nemmeno il Figlio, solo il Padre“. San Paolo oggi precisa qualcosina, nella lettera ai Tessalonicesi e cioè che verrà all’improvviso quando meno ce l’aspettiamo e “nessuno scamperà”. E’ proprio vero che “da sorella nostra morte corporale, nessun uomo vivente può scappare”.
• Lampade accese…
Questo deve servirci a metterci bene in testa che dobbiamo sempre essere nell’attesa della Sua venuta, per non essere poi trovati impreparati, come le vergini stolte di domenica scorsa.
Se avremo le lampade della fede e della carità bene accese e quindi saremo nella Sua luce, quel giorno non potrà coglierci di sorpresa come un ladro, perché saremo figli della luce e non delle tenebre. “Non dormiamo dunque come gli altri, ma restiamo svegli e siamo sobri”. Siamo invitati a vegliare e vigilare.
Il Vangelo ci parla dei talenti che il Signore ha dato ad ognuno di noi e che dobbiamo far fruttare per il Regno. Saremo giudicati sull’uso (o il non uso) che avremo fatto di questi talenti. Essi sono i cinque pani e i due pesci che il Signore ci chiede di mettere a Sua disposizione e impiegare per il Suo Regno. Il resto lo farà Lui e moltiplicherà di nuovo questi pani e questi pesci in misura sovrabbondante, ma per poterli moltiplicare vuole appunto che glieli offriamo. Per crearci, il Signore non ha avuto bisogno di noi, ma per salvarci, vuole aver bisogno di noi. Non ci salva con la bacchetta magica, ma vuole che noi operiamo efficacemente per la nostra salvezza. Lo diceva già sant’Agostino.
• Tutti di passaggio, anche le stelle
L’unico modo per moltiplicare all’infinito ciò che abbiamo, è darlo a piene mani: ritroveremo solo ciò che avremo dato mentre ciò che avremo gelosamente trattenuto per noi, marcirà e andrà in putrefazione.
Perché, che lo vogliamo o no, che ci crediamo o meno, la nostra vita non si esaurisce tutta qui: per tutti ci sarà un “dopo”. E quel “dopo” dipenderà da come avremo vissuto “prima”. Tutto si gioca qui ed ora. Dobbiamo deciderci per Dio finché siamo su questa terra e in questa vita. Non ci sarà una seconda e nemmeno una terza e una quarta vita per ricominciare. Finita questa, nessuno torna indietro!
Questi testi dunque ci portano a riflettere sul fatto che la fine dei tempi verrà, ma prima ci sarà la fine di ognuno di noi, o meglio il passaggio da questo genere di vita ad un altro. Se però siamo fissi in Lui, non sarà la fine, ma l’entrata nel Suo Regno.
Sappiamo che quaggiù siamo di passaggio, non solo noi ma l’intero universo: ”Cieli e Terra passeranno, ma le mie parole non passeranno”. Tutto nasce per morire. Ma noi siamo nati per vivere sempre con Lui e di Lui. Abbiamo scolpita dentro la Sua divina immagine e la Sua luminosa somiglianza destinata a brillare nei secoli eterni.
Wilma Chasseur
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