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domenica 2 ottobre 2011

Da sorpassati ad esclusi

27^ Domenica del Tempo Ordinario
( Mt 21,28-32)  

Di male in peggio: i grandi capi e gli anziani dopo essere stati sorpassati a velocità fulminea dai pubblicani e peccatori, ora si sentono dire che sarà loro tolto il regno e sarà dato ad altri. Perché Gesù parla proprio a loro, gli autorevoli detentori del potere religioso, gli esperti della Torah. E parla loro della situazione disperata di Israele, perché la vigna è Israele, i vignaioli sono loro e il figlio è Lui. E i vignaioli della parabola che uccidono il figlio sono loro. E il figlio ucciso è Lui. Ed è costretto a parlare in parabole: non può fare diversamente, perché se parlasse apertamente, il discorso sarebbe frainteso e scatterebbe subito il conflitto. Mi vengono in mente quelle parole: ”Io sono la vite, voi i tralci: chi rimane in me porta molto frutto, ma il tralcio che non è unito alla vite, viene tagliato e gettato nel fuoco”. E’ il dramma della libertà, non solo di Israele, ma di ognuno di noi. E’ solo rimanendo in Lui che porteremo frutti buoni. Staccati da Lui, anche se continuiamo a rimanere nella vigna (come i capi del popolo) o non diamo frutti, o – quel che è peggio – diamo addirittura frutti cattivi.

• Ti aspetto fuori…

Un libro uscito qualche anno fa, aveva questo titolo provocatorio: ”Ti aspetto fuori”. Fuori dalla vigna (= la chiesa). Il libro non l’ho letto: è bastato il titolo ad illuminarmi (non capita anche a voi, a volte, di leggere solo i titoli? Esisterà un sondaggio su quanti sono i lettori, non di libri, ma dei soli titoli?... ). E’ da come ci comportiamo fuori chiesa che si capisce cos’abbiamo fatto dentro. Se fuori sappiamo ascoltare chi è solo, dare una parola di conforto a chi è sfiduciato, aiutare un fratello in difficoltà, offrire un sorriso a chi è disperato, significa che dentro abbiamo veramente incontrato Qualcuno. Altrimenti saremo anche andati a Messa e, magari avremo anche fatto la comunione, ma non avremo incontrato nessuno. Avremo anche pregato, ma sarà stato solo un monologo sterile, invece di un dialogo con il Signore.

• Un test

Un test per sapere se, nella preghiera, abbiamo veramente incontrato il Signore è che ne usciamo diversi, e non sempre (anzi, quasi mai!) ne usciamo indenni… E’ un po’ come spalancare le finestre e lasciare che la luce del sole raggiunga anche gli angoli più nascosti della stanza dove si annida tutta la polvere, o illumini il vetro della finestra, facendone risaltare tutte le ombre e le macchie che prima non si scorgevano. Di colpo vediamo tutto ciò che non va, e questo è un buon segno perché allora decidiamo di far pulizia e di migliorare un po’ la situazione.
La nostra fedeltà al Signore va ricostruita ogni giorno. L’importante è sapere che non si tratta di essere rettificati una volta per tutte, ma di essere sempre rettificabili. Solo riconoscendo umilmente che siamo sempre fallibili, saremo al riparo da molti falli, altrimenti vedremo crollare anche i cedri del Libano… Abbandonati al nostro consiglio – la peggiore delle sfortune – siamo capaci di combinare solo disastri e pasticci. E abbandonati alla nostra durezza di cuore – la peggiore delle disgrazie – siamo capaci di molto peggio, come vediamo nella parabola dei vignaioli omicidi.

• Attento Israele!...

In fondo l’unico peccato contro il quale Dio mette in guardia il suo popolo, già lungo tutto l’Antico Testamento (e tanto più nel Nuovo) è : Attenzione Israele a non indurire il tuo cuore.
Penso sia questo l’insegnamento più importante che ci viene da questo Vangelo: chiedere al Signore che non ci abbandoni al nostro consiglio e alla durezza del nostro cuore, ma supplicarlo che sia Lui il padrone assoluto della nostra vita e del nostro cuore e lo compenetri tutto con il suo immenso Amore. Allora saremo quel tralcio unito alla vite che darà frutti per l’eternità.

Wilma Chasseur

 

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