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mercoledì 19 ottobre 2011

La Summa Teologica - Quarantunesima parte

Torniamo ad addentrarci nella Summa Teologica di San Tommaso d'Aquino, un'opera che diede un fondamento scientifico, filosofico e teologico alla dottrina cristiana. Continuiamo a scoprire la parte dedicata al Trattato relativo all'essenza di Dio e scopriamo le risposte di San Tommaso ai dubbi e alle questioni; in particolare oggi entriamo nella parte relativa alla domanda teologica sulla presenza di Dio nelle cose:


Prima parte
Trattato relativo all'essenza di Dio

La presenza di Dio nelle cose > Se Dio è dappertutto per essenza, per presenza e per potenza


Prima parte
Questione 8
Articolo 3

SEMBRA che siano male assegnati i modi di esistere di Dio nelle cose, quando si dice che Dio è in tutte le cose per essenza, per presenza e per potenza. Infatti: 1. Una cosa è in un'altra per essenza, quando vi è essenzialmente. Ora, Dio nelle cose non vi è essenzialmente, perché non appartiene all'essenza di cosa alcuna. Dunque non si deve dire che Dio è nelle cose per essenza, per presenza e per potenza.

2. Essere presente ad una cosa significa non mancare ad essa. Ora, dire che Dio è in tutte le cose per essenza, è lo stesso che dire che Dio non manca a cosa alcuna. È dunque lo stesso il dire che Dio è nelle cose per essenza e dire che vi è per presenza. Vi è dunque del superfluo in questa divisione: per essenza, per presenza e per potenza.

3. Come Dio è principio di tutte le cose per la sua potenza, così lo è anche per la sua scienza e per la sua volontà. Ora, non si dice che Dio è nelle cose per scienza e per volontà. Dunque nemmeno deve dirsi che vi è per potenza.

4. Oltre la grazia, perfezione aggiunta alla sostanza di una cosa, vi sono altre perfezioni aggiunte. Se dunque si dice che Dio è in un modo speciale in alcuni per grazia, parrebbe che per ogni altra perfezione si dovesse assegnare un modo speciale della presenza di Dio nelle cose.

IN CONTRARIO: Dice S. Gregorio che "Dio in una maniera generale è in tutte le cose per presenza, potenza ed essenza; però si dice che è familiarmente in alcuni con la grazia".

RISPONDO: In due maniere si dice che Dio è in qualche cosa. Primo, come causa efficiente: e in tal modo è in tutte le cose da lui create. Secondo, come l'oggetto d'operazione si trova nell'operante: e questo propriamente avviene nelle operazioni dell'anima, come l'oggetto conosciuto è nel conoscente e quello desiderato nel desiderante. Perciò, in questa seconda maniera Dio si trova particolarmente nella creatura ragionevole, che lo conosce e lo ama attualmente per una disposizione abituale. E siccome la creatura ragionevole deve questo alla grazia, come si vedrà più innanzi, si dice che Dio, in tal modo è nei santi per grazia.
In qual modo poi Dio sia in tutte le altre cose da lui create, bisogna argomentarlo da ciò che si dice circa i modi di presenza nelle cose umane. Così, di un re a motivo del suo potere si dice che è in tutto il suo regno, sebbene non sia presente dovunque. Ma, si dice che in certe cose uno si trova di presenza quando le ha sotto il proprio sguardo; così tutte le cose che sono in una casa, si dicono presenti a qualcuno (che vi si trova), che pure materialmente non è in ogni parte della casa. Finalmente una cosa si dice che è secondo la sua sostanza o essenza in un luogo, dove si trova la sua sostanza.
Ora, ci sono stati alcuni, cioè i Manichei, i quali hanno sostenuto che alla divina potestà sono soggette le cose spirituali ed incorporee; le visibili poi e le corporali le dicevano soggette al potere del principio contrario (cioè al principio del male). Contro costoro dunque bisogna dire che Dio è in tutte le cose per la sua potenza. - Altri, pur credendo che tutte le cose sono soggette alla divina potenza, non estendevano, però, la divina provvidenza sino ai corpi inferiori di quaggiù: in persona di costoro è detto nel libro di Giobbe: "Attorno ai cardini del cielo egli passeggia, e non si occupa delle cose nostre". E contro costoro bisognò dire che Dio è in tutte le cose per la sua presenza. - Finalmente vi furono altri, i quali, sebbene ammettessero che le cose non sono estranee alla provvidenza di Dio, dissero tuttavia che non tutte sono state create immediatamente da Dio; ma che immediatamente egli creò le prime creature, e queste hanno creato le altre. E contro costoro bisogna dire che Dio è in tutte le cose per essenza.
Per concludere, Dio è in tutte le cose con la sua potenza, perché tutte sono soggette alla sua potestà; vi è con la sua presenza, perché tutto è discoperto e come nudo davanti ai suoi occhi; vi è con la sua essenza, perché è presente a tutte le cose quale causa universale dell'essere, come si è dimostrato.

SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. Si dice che Dio è in tutte le cose per essenza, non già per l'essenza delle cose, come se facesse parte dell'essenza di esse; ma per la sua essenza, perché la sua sostanza è presente a tutto quale causa dell'essere, come si è detto.

2. Una cosa può dirsi presente ad alcuno quando sta dinanzi al suo sguardo, pur rimanendo distante da lui per la sua sostanza. E perciò fu necessario porre questi due modi, cioè per essenza e per presenza.

3. È proprio della natura della scienza e della volontà che il conosciuto sia nel conoscente e l'oggetto voluto nel volente: quindi secondo la scienza e la volontà piuttosto le cose sono in Dio, che Dio nelle cose. È proprio della potenza invece comportarsi come principio di un'operazione (transitiva) che passa su un soggetto diverso: perciò secondo la potenza l'agente dice ordine ed applicazione a qualche cosa di estraneo. E così può dirsi che un agente per la sua potenza è in un'altra cosa.

4. Nessun'altra perfezione aggiunta alla sostanza, all'infuori della grazia, fa sì che Dio sia in qualche creatura come oggetto conosciuto ed amato: perciò soltanto la grazia costituisce un modo singolare della presenza di Dio nelle cose. Vi è poi un altro modo singolare della presenza di Dio nell'uomo: cioè per l'unione ipostatica; del qual modo tratteremo a suo luogo.

 

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