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domenica 23 ottobre 2011

Due Comandamenti, non 613

(Mt 22,34-40)
30^ Domenica Tempo Ordinario

Chi è di turno oggi? Per far che? Ma per tendere un tranello a Gesù, si capisce! Passano le domeniche del tempo ordinario, ma come d’ordinario, in prima linea ci sono ancora sempre i farisei che dominano la scena anche in questo brano di Vangelo, sempre pronti “dopo che Gesù aveva chiuso (di nuovo!…) la bocca ai sadducei”, di aprire la loro. Per dire cosa? “Per metterlo alla prova”. Sempre lo stesso ritornello.

• Interrogazione orale

Ed è il turno di un dottore della legge che lo interroga chiamandolo “Maestro”. Di solito è il maestro che interroga gli alunni, ma qui abbiamo un far-iseo (volevo dire un farabutto) che inverte i ruoli. Interrogazione orale (prima l’orale, poi lo scritto…), come fosse un alunno di cui si vuole saggiare la preparazione. Quei poveri farisei si sentivano proprio investiti (da chissà chi poi…) della missione di cogliere in fallo Gesù, e non vi rinunciavano neanche a morire! Ma Gesù, non solo dimostra di essere preparatissimo, ma con la sua risposta, semplifica di molto la vita (e la matematica) di quei poveri dottori della legge, perché in pratica dice loro che i comandamenti da osservare sono solo due, mentre loro ne osservavano addirittura 613! Di cui 365 proibizioni e 248 precetti! Di che perdere il sonno, oltre che il senno: come fare a tenere i conti!?

• Come districarsi?

E il tranello, questa volta, consiste proprio nel districarsi in quella marea di precetti per scovare quello giusto. Ma Gesù non la degna neanche di uno sguardo quella casistica così minuziosa che spacca il capello in quattro, ma dice che tutta la legge e i profeti sono compendiati in due soli comandamenti: amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze (il famoso “Shemà Israel”) e il prossimo tuo come te stesso.
Soffermiamoci dunque un attimo su questo primo e massimo comandamento che mi ha sempre colpito per il suo radicalismo e totalitarismo. Trovo che questo Shemà Israel, unifica in modo straordinario la nostra vita eliminando ogni dualismo. Infatti Gesù non dice: Amerai il Signore tuo Dio con un po’ di anima, un po’ di cuore e un po’ di forze, mentre con l’altro po’ amerai il prossimo. Se così fosse dovremmo dividere il nostro cuore e le nostre forze e darne una prima metà a Dio e la seconda metà al prossimo. No! Gesù ci dice che dobbiamo occuparci ad amare Dio con tutto noi stessi, e solo così ameremo veramente il prossimo perché lo ameremo con lo stesso amore di Dio che circola in noi. E solo così ameremo “come io vi ho amato”. Abbandonati al solo nostro modo naturale di amare, sempre fragile ed imperfetto, traballante ed incostante, ameremo il prossimo, al massimo, finché ci è simpatico e poi stop!

• Uniti e unificati

E così siamo giunti al secondo comandamento che è simile al primo: amerai il prossimo tuo come te stesso. Anche san Paolo nella lettera ai Romani scrive: “Chi ama il suo simile ha adempiuto la legge: pieno compimento della legge è l’amore”. E sant’Agostino rincara la dose dicendo: ”Ama e fa ciò che vuoi” (peccato che quel “fa ciò che vuoi” ci attira irresistibilmente ed è il “comandamento” che tutti siamo ben felici di osservare a scapito dell’altro…).
La risposta di Gesù unisce dunque quei due comandamenti che nell’Antico Testamento sono separati, (uno si trova nel Deuteronomio 6, 4-5 e l’altro nel Levitico 19, 18) e così unifica la volontà e il cuore dell’uomo e ci dice che amare è l’unica cosa necessaria. Non è un optional da fare una tantum, ma un dovere imprescindibile se vogliamo realizzarci come figli di Dio e vivere quella comunione con Lui e con il prossimo che è fonte di beatitudine e di salvezza per noi e per i nostri fratelli.

Wilma Chasseur

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