IL GRANDE APOSTOLATO
Padre Pio le aveva detto: "Tu farai l’infermiera"e siccome Elvira protestava per la sua inesperienza, aveva aggiunto: "Io ti aiuterò in particolare quando sarai vicina agli ammalati".
Elvira non sapeva davvero come avrebbe fatto ad iniziare un'attività del genere e, camminando verso la Stazione di Foggia, ripensava con sgomento alle parole del Padre, quando vide sul Piazzale della Stazione un gruppetto di gente assiepata intorno a una donna svenuta. Dal gruppo si era staccata una signora che ora veniva proprio incontro a lei, con una siringa in mano:
"C’è una donna che sta male; presto, le faccia questa puntura!" Il tono non ammetteva repliche ed Elvira, che in vita sua non aveva mai praticato una iniezione, fece quanto le si chiedeva con la più grande facilità del mondo. Era evidente che Padre Pio la veniva preparando senza perder tempo. Se ne rese conto quando, rientrata in Rimini, una mattina, nella Chiesa di S. Chiara, si trovò a dover assistere una signora svenuta che poi dovette accompagnare all'Ospedale. Ecco dunque varcata quella soglia, ecco aperta la strada per il suo apostolato in mezzo agli ammalati. Elvira ci si mise con tutto l'impegno e cominciò a frequentare l'Ospedale come infermiera volontaria. I malati sentivano sollievo per le cure che prodigava loro e anche per la sua sola vicinanza. "Perché si sta bene con lei?" scriverà poi un santo Cappuccino.
"Perché Gesù ha dato ad essa il dono di consolare gli afflitti e la sua bontà è un balsamo ristoratore per tutti".
Intanto in lei il fervore cresceva. Quando vedeva dei bambini che giocavano nella strada li andava a chiamare e li conduceva in casa sua, dove cuoceva per loro le castagne, poi insegnava loro il catechismo e infine li conduceva tutti in Chiesa a pregare per la pace, perchè Padre Pio aveva detto che sarebbe venuto il fuoco su Rimini.
"Su molte altre città d'Italia, ma su Rimini in particolare" aveva specificato prevedendo esattamente i bombardamenti del '43.
Nel frattempo continuavano frequentissime - fin tre o quattro volte al mese - le sue visite a San Giovanni Rotondo, sia per accompagnare gente da Padre Pio, sia per domandare la guarigione dei suoi malati. Molti infatti guarivano, ma più numerose ancora erano le conversioni. C'era anche chi si serviva di lei per inviare denaro a Padre Pio per il suo grandioso Ospedale in costruzione, la "Casa Sollievo della Sofferenza" ed Elvira eseguiva l'incarico con la più scrupolosa onestà, come potè testimoniare chi un giorno si vide riportare indietro le 30.000 lire che lei non aveva potuto far giungere al Padre.
Non mancavano poi di quelli che ricorrevano alla sua mediazione per avere una risposta dal Padre su qualche argomento che stesse loro a cuore, come una certa Suor Boiani dell'Istituto San Girolamo di Siena, tormentata dal timore che il proprio fratello suicida fosse finito all'inferno. La risposta di Padre Pio fu consolante e il 20 novembre 1950 la Suora scriverà ad Elvira: "La sua lettera mi ha ridato la vita ed ora non so come esprimerle la mia riconoscenza, riconoscenza che non si estinguerà finchè avrò vita. Descrivere la pena in cui mi trovavo per la morte del mio caro fratello è impossibile il pensiero dell’anima mi tormentava giorno e notte. Lei, buona signora, che sa la preziosità dell’anima, che sa cosa vuol dire un eternità infelice, la separazione da Dio, nostro tutto, lei sola, così pia, può farsene un'idea. Da questo potrà comprendere quale consolazione mi ha procurato la sua lettera che mi ha portato l’assicurazione della salvezza di mio fratello. Mia buona signora, legga nell’animo mio e veda di quanta riconoscenza è compreso...! Il Signore, che non lascia senza premio neppure un bicchiere d’acqua dato in suo nome, quale ricompensa le serberà!»
Mentre era problematico per tutti giungere alla presenza di Padre Pio, per Elvira invece era relativamente facile, grazie anche alla complicità di Padre Innocenzo e di Padre Raimondo, un dotto Cappuccino poliglotta che si prodigava sempre moltissimo per metterla in contatto con il Padre. Egli soleva chiamarla "Angelo di Dio". Scriveva: "Ringrazio il Signore che mi abbia fatto incontrare un Angelo consolatore nella signora Elvira". Quando dunque lei capitava a San Giovanni Rotondo, questo Cappuccino si faceva in quattro per aiutarla. Una volta la chiuse addirittura in Chiesa dove la scorse più tardi Padre Pio all'ombra di un confessionale e, sorridendo compiaciuto, le disse: "Ma tu sei qui?" Intanto alcuni giornalisti presenti si chiedevano stupiti come avesse fatto ad entrare.
Durante queste sue visite a San Giovanni Rotondo, capitavano ad Elvira avventure d'ogni genere e non certo piacevoli. Era lo scotto che doveva pagare per le anime che riconduceva a Dio.
Una volta per poco non ci rimise la vita.
Aveva preso alloggio, come al solito, dai signori Vianelli, dove si trovava a proprio agio, come a casa sua. Poiché al momento dell'arrivo la padrona non era in casa, si era fatta da sola il letto nella solita camera a pian terreno e si era coricata felice al pensiero che il giorno dopo avrebbe potuto vedere il Padre e assistere alla sua Messa. Non riusciva però a prender sonno. Si sentiva addosso un preoccupante malessere: mal di testa, orecchie che fischiavano, conati di vomito. Per tre volte fu costretta ad alzarsi e ad andare in bagno. A un certo punto si sentì mancare le forze e cadde ginocchioni a terra. Allora potè vedere, sotto il letto, un braciere di fuoco acceso, coi carboni "zampillanti di azzurro" e sentì una voce (sembrava quella di Padre Pio) che diceva: "Vai fuori! Vai fuori!" Invocando l'aiuto della Madonna riusci ad alzarsi piano piano e ad andar fuori dalla porta d'ingresso. Poi, spiegato l'accaduto al padrone della Pensione e rifatta la sua valigia, fermò la prima macchina che passava e si fece portare alla Stazione di Foggia. Qui prese il primo treno per Rimini dove giunse tutta intossicata, bianca come una morta. Dopo una decina di giorni tornò da Padre Pio e in confessione gli disse: "Padre, a momenti morivo!"
E lui: "E nnun m'hai fatto mai dormì! Sia ringraziato il Signore! Mmo' prendi il tuo lavoro!"
Certo se non fosse stato Padre Pio a tenerla sveglia, cosa sarebbe stato di lei?
Un'altra volta aveva preso alloggio alla Pensione Bianchi e si era sistemata, con le malate che aveva condotto con sè, in una grande stanza a pian terreno, dove c'erano vari letti. Al mattino si alzarono prestissimo per assistere alla Messa di Padre Pio, poi tornarono alla Pensione e, poichè erano appena le 5, si rimisero a letto. Elvira, dopo un po', si alzò, come spinta ad andare nel bagno, senza sapere il perchè. Era appena uscita dalla camera che una violenta scossa, come di terremoto, scrollò la casa dalle fondamenta.
Lei cercò per istinto, di andar fuori, ma lo spostamento d'aria la buttò contro una finestra i cui vetri erano andati in frantumi.
Tornata sui suoi passi, si affacciò alla camera e vide che le serrande della finestra, sotto la quale era sistemato il suo letto, erano saltate nell'orto sottostante. Le altre signore erano balzate dal letto terrorizzate. Cos'era successo? Erano scoppiate due bombole di gas e in breve si erano levate delle fiamme altissime che già entravano nella camera lambendo i letti. Molti furono gli ustionati. Elvira li accompagnò all'Ospedale e stette con loro per circa una settimana, prodigandosi in mille modi e saltando molte volte i pasti. Nessuno, come lei, sapeva assumere le sofferenze altrui fino a dimenticare le proprie. Le capitava spesso, come le capiterà sempre in seguito, che quando era vicina agli ammalati non si rendesse più conto delle proprie necessità, mentre sentiva, quasi sensibilmente, l'assistenza di Padre Pio.
Le era di validissimo appoggio anche l'uomo che il cielo le aveva dato come sposo: sempre disposto a far passare in secondo ordine le proprie esigenze e i propri diritti davanti alle necessità di chi soffre, pronto a ritirarsi con discrezione nell'ombra, come a intervenire, con la più ampia disponibilità, quando occorreva il suo aiuto.
Elvira non sapeva davvero come avrebbe fatto ad iniziare un'attività del genere e, camminando verso la Stazione di Foggia, ripensava con sgomento alle parole del Padre, quando vide sul Piazzale della Stazione un gruppetto di gente assiepata intorno a una donna svenuta. Dal gruppo si era staccata una signora che ora veniva proprio incontro a lei, con una siringa in mano:
"C’è una donna che sta male; presto, le faccia questa puntura!" Il tono non ammetteva repliche ed Elvira, che in vita sua non aveva mai praticato una iniezione, fece quanto le si chiedeva con la più grande facilità del mondo. Era evidente che Padre Pio la veniva preparando senza perder tempo. Se ne rese conto quando, rientrata in Rimini, una mattina, nella Chiesa di S. Chiara, si trovò a dover assistere una signora svenuta che poi dovette accompagnare all'Ospedale. Ecco dunque varcata quella soglia, ecco aperta la strada per il suo apostolato in mezzo agli ammalati. Elvira ci si mise con tutto l'impegno e cominciò a frequentare l'Ospedale come infermiera volontaria. I malati sentivano sollievo per le cure che prodigava loro e anche per la sua sola vicinanza. "Perché si sta bene con lei?" scriverà poi un santo Cappuccino.
"Perché Gesù ha dato ad essa il dono di consolare gli afflitti e la sua bontà è un balsamo ristoratore per tutti".
Intanto in lei il fervore cresceva. Quando vedeva dei bambini che giocavano nella strada li andava a chiamare e li conduceva in casa sua, dove cuoceva per loro le castagne, poi insegnava loro il catechismo e infine li conduceva tutti in Chiesa a pregare per la pace, perchè Padre Pio aveva detto che sarebbe venuto il fuoco su Rimini.
"Su molte altre città d'Italia, ma su Rimini in particolare" aveva specificato prevedendo esattamente i bombardamenti del '43.
Nel frattempo continuavano frequentissime - fin tre o quattro volte al mese - le sue visite a San Giovanni Rotondo, sia per accompagnare gente da Padre Pio, sia per domandare la guarigione dei suoi malati. Molti infatti guarivano, ma più numerose ancora erano le conversioni. C'era anche chi si serviva di lei per inviare denaro a Padre Pio per il suo grandioso Ospedale in costruzione, la "Casa Sollievo della Sofferenza" ed Elvira eseguiva l'incarico con la più scrupolosa onestà, come potè testimoniare chi un giorno si vide riportare indietro le 30.000 lire che lei non aveva potuto far giungere al Padre.
Non mancavano poi di quelli che ricorrevano alla sua mediazione per avere una risposta dal Padre su qualche argomento che stesse loro a cuore, come una certa Suor Boiani dell'Istituto San Girolamo di Siena, tormentata dal timore che il proprio fratello suicida fosse finito all'inferno. La risposta di Padre Pio fu consolante e il 20 novembre 1950 la Suora scriverà ad Elvira: "La sua lettera mi ha ridato la vita ed ora non so come esprimerle la mia riconoscenza, riconoscenza che non si estinguerà finchè avrò vita. Descrivere la pena in cui mi trovavo per la morte del mio caro fratello è impossibile il pensiero dell’anima mi tormentava giorno e notte. Lei, buona signora, che sa la preziosità dell’anima, che sa cosa vuol dire un eternità infelice, la separazione da Dio, nostro tutto, lei sola, così pia, può farsene un'idea. Da questo potrà comprendere quale consolazione mi ha procurato la sua lettera che mi ha portato l’assicurazione della salvezza di mio fratello. Mia buona signora, legga nell’animo mio e veda di quanta riconoscenza è compreso...! Il Signore, che non lascia senza premio neppure un bicchiere d’acqua dato in suo nome, quale ricompensa le serberà!»
Mentre era problematico per tutti giungere alla presenza di Padre Pio, per Elvira invece era relativamente facile, grazie anche alla complicità di Padre Innocenzo e di Padre Raimondo, un dotto Cappuccino poliglotta che si prodigava sempre moltissimo per metterla in contatto con il Padre. Egli soleva chiamarla "Angelo di Dio". Scriveva: "Ringrazio il Signore che mi abbia fatto incontrare un Angelo consolatore nella signora Elvira". Quando dunque lei capitava a San Giovanni Rotondo, questo Cappuccino si faceva in quattro per aiutarla. Una volta la chiuse addirittura in Chiesa dove la scorse più tardi Padre Pio all'ombra di un confessionale e, sorridendo compiaciuto, le disse: "Ma tu sei qui?" Intanto alcuni giornalisti presenti si chiedevano stupiti come avesse fatto ad entrare.
Durante queste sue visite a San Giovanni Rotondo, capitavano ad Elvira avventure d'ogni genere e non certo piacevoli. Era lo scotto che doveva pagare per le anime che riconduceva a Dio.
Una volta per poco non ci rimise la vita.
Aveva preso alloggio, come al solito, dai signori Vianelli, dove si trovava a proprio agio, come a casa sua. Poiché al momento dell'arrivo la padrona non era in casa, si era fatta da sola il letto nella solita camera a pian terreno e si era coricata felice al pensiero che il giorno dopo avrebbe potuto vedere il Padre e assistere alla sua Messa. Non riusciva però a prender sonno. Si sentiva addosso un preoccupante malessere: mal di testa, orecchie che fischiavano, conati di vomito. Per tre volte fu costretta ad alzarsi e ad andare in bagno. A un certo punto si sentì mancare le forze e cadde ginocchioni a terra. Allora potè vedere, sotto il letto, un braciere di fuoco acceso, coi carboni "zampillanti di azzurro" e sentì una voce (sembrava quella di Padre Pio) che diceva: "Vai fuori! Vai fuori!" Invocando l'aiuto della Madonna riusci ad alzarsi piano piano e ad andar fuori dalla porta d'ingresso. Poi, spiegato l'accaduto al padrone della Pensione e rifatta la sua valigia, fermò la prima macchina che passava e si fece portare alla Stazione di Foggia. Qui prese il primo treno per Rimini dove giunse tutta intossicata, bianca come una morta. Dopo una decina di giorni tornò da Padre Pio e in confessione gli disse: "Padre, a momenti morivo!"
E lui: "E nnun m'hai fatto mai dormì! Sia ringraziato il Signore! Mmo' prendi il tuo lavoro!"
Certo se non fosse stato Padre Pio a tenerla sveglia, cosa sarebbe stato di lei?
Un'altra volta aveva preso alloggio alla Pensione Bianchi e si era sistemata, con le malate che aveva condotto con sè, in una grande stanza a pian terreno, dove c'erano vari letti. Al mattino si alzarono prestissimo per assistere alla Messa di Padre Pio, poi tornarono alla Pensione e, poichè erano appena le 5, si rimisero a letto. Elvira, dopo un po', si alzò, come spinta ad andare nel bagno, senza sapere il perchè. Era appena uscita dalla camera che una violenta scossa, come di terremoto, scrollò la casa dalle fondamenta.
Lei cercò per istinto, di andar fuori, ma lo spostamento d'aria la buttò contro una finestra i cui vetri erano andati in frantumi.
Tornata sui suoi passi, si affacciò alla camera e vide che le serrande della finestra, sotto la quale era sistemato il suo letto, erano saltate nell'orto sottostante. Le altre signore erano balzate dal letto terrorizzate. Cos'era successo? Erano scoppiate due bombole di gas e in breve si erano levate delle fiamme altissime che già entravano nella camera lambendo i letti. Molti furono gli ustionati. Elvira li accompagnò all'Ospedale e stette con loro per circa una settimana, prodigandosi in mille modi e saltando molte volte i pasti. Nessuno, come lei, sapeva assumere le sofferenze altrui fino a dimenticare le proprie. Le capitava spesso, come le capiterà sempre in seguito, che quando era vicina agli ammalati non si rendesse più conto delle proprie necessità, mentre sentiva, quasi sensibilmente, l'assistenza di Padre Pio.
Le era di validissimo appoggio anche l'uomo che il cielo le aveva dato come sposo: sempre disposto a far passare in secondo ordine le proprie esigenze e i propri diritti davanti alle necessità di chi soffre, pronto a ritirarsi con discrezione nell'ombra, come a intervenire, con la più ampia disponibilità, quando occorreva il suo aiuto.
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