Torniamo ad addentrarci nella Summa Teologica di San Tommaso d'Aquino, un'opera che diede un fondamento scientifico, filosofico e teologico alla dottrina cristiana. Continuiamo a scoprire la parte dedicata al Trattato relativo all'essenza di Dio e scopriamo le risposte di San Tommaso ai dubbi e alle questioni; in particolare oggi entriamo nella parte relativa alla domanda teologica sulla presenza di Dio nelle cose:
Prima parte
Trattato relativo all'essenza di Dio
La presenza di Dio nelle cose > Se sia proprio di Dio essere dappertutto
Prima parte
Questione 8
Articolo 4
SEMBRA che essere dappertutto non sia proprio di Dio. Infatti: 1. L'universale, secondo Aristotele, è dovunque e sempre: parimente, la materia prima è dovunque, perché è in tutti i corpi. Ora, Dio non è nessuna delle due cose, come appare da ciò che abbiamo detto. Dunque essere dovunque non è proprio di Dio.
2. Nelle cose numerate c'è il numero. Ma tutto l'universo è stato costituito in numero (cioè è numerato), come appare dalla Scrittura. Vi è dunque un numero in tutto l'universo, e così (il numero) è dappertutto.
3. L'universo intero al dire di Aristotele è come tutto un corpo perfetto. Ora, l'universo è dappertutto, perché fuori di esso non vi è luogo alcuno. Dunque non il solo Dio è dappertutto.
4. Se qualche corpo fosse infinito, non vi sarebbe nessun luogo fuori di esso. Dunque sarebbe dovunque. E, così, pare che l'essere dovunque non sia proprio di Dio.
5. L'anima, dice S. Agostino, "è tutta in tutto il corpo e tutta in ciascuna delle sue parti". Se dunque nel mondo non esistesse che un solo animale, l'anima di esso sarebbe dappertutto. E così, essere dovunque non è proprio di Dio.
6. Dice S. Agostino: "L'anima dove vede, sente; dove sente, vive; dove vive, è". Ora, l'anima vede quasi dappertutto, perché successivamente vede tutto il cielo. Dunque l'anima è dappertutto.
IN CONTRARIO: Dice S. Ambrogio: "Chi oserà dire creatura lo Spirito Santo, il quale è sempre in tutte le cose e dovunque, il che certamente è proprio della divinità?".
RISPONDO: Essere dappertutto primo et per se è proprio di Dio. Ora, io dico che è dappertutto primo ciò che è dappertutto nella sua totalità. Infatti se qualche cosa fosse ovunque col trovarsi in diversi luoghi secondo le sue varie parti, non sarebbe dappertutto in questo modo (primo); perché ciò che conviene ad una cosa in ragione d'una sua parte, non le conviene primo: come se un uomo è bianco a motivo dei denti, la bianchezza non appartiene primo all'uomo, ma ai denti. Dico poi che è dappertutto per se quello a cui non conviene essere dovunque accidentalmente, a motivo di una data supposizione; ché altrimenti un granello di miglio, supposto che non esistesse nessun altro corpo, sarebbe dappertutto. Essere dunque dappertutto per se conviene a quel tale essere che, in qualunque ipotesi, debba necessariamente essere dappertutto. Ed in questo senso è proprio di Dio, perché, per quanti altri luoghi si ammettano, oltre quelli esistenti, anche in numero infinito, bisognerebbe che Dio fosse in tutti, poiché niente può esistere se non per opera di lui. Così, dunque, essere dappertutto primo et per se appartiene a Dio in modo esclusivo, perché, per quanti luoghi si ammettano, è necessario che Dio sia in ciascuno di essi, non parzialmente, ma secondo tutto se stesso.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'universale e la materia prima sono dappertutto, ma non secondo un identico essere reale.
2. Il numero, essendo un accidente, non è di suo in un luogo, ma indirettamente; e non è tutto in ciascuno dei numerati, ma in distinte unità. E così non segue che sia dappertutto primo et per se.
3. L'universo intero è sì dappertutto, non però primo, perché non è tutto in ciascun luogo, ma secondo le sue varie parti; e neppure vi è per se, perché, ove si supponessero altri luoghi, non sarebbe in essi.
4. Se esistesse un corpo infinito sarebbe certo dovunque, però (soltanto) secondo le sue parti.
5. Se ci fosse un solo animale al mondo, l'anima sua sarebbe dovunque primo, ma accidentalmente (cioè soltanto a motivo della supposiziorne fatta).
6. L'espressione "l'anima vede in qualche luogo", si può intendere in due modi. Primo modo, l'espressione in qualche luogo può determinare l'atto del vedere dal lato dell'oggetto, e allora è vero che se l'anima vede il cielo, vede nel cielo, e per la stessa ragione sente in cielo; ma non ne segue che essa viva o sta in cielo, perché vivere e essere non importano un atto che passi nell'oggetto esterno. Secondo modo, quell'espressione può determinare l'atto del vedere, dal lato del soggetto che vede. E così, secondo questo modo di parlare, è vero che l'anima dove sente e vede, ivi è e vive. Non ne segue però che sia dappertutto.
2. Nelle cose numerate c'è il numero. Ma tutto l'universo è stato costituito in numero (cioè è numerato), come appare dalla Scrittura. Vi è dunque un numero in tutto l'universo, e così (il numero) è dappertutto.
3. L'universo intero al dire di Aristotele è come tutto un corpo perfetto. Ora, l'universo è dappertutto, perché fuori di esso non vi è luogo alcuno. Dunque non il solo Dio è dappertutto.
4. Se qualche corpo fosse infinito, non vi sarebbe nessun luogo fuori di esso. Dunque sarebbe dovunque. E, così, pare che l'essere dovunque non sia proprio di Dio.
5. L'anima, dice S. Agostino, "è tutta in tutto il corpo e tutta in ciascuna delle sue parti". Se dunque nel mondo non esistesse che un solo animale, l'anima di esso sarebbe dappertutto. E così, essere dovunque non è proprio di Dio.
6. Dice S. Agostino: "L'anima dove vede, sente; dove sente, vive; dove vive, è". Ora, l'anima vede quasi dappertutto, perché successivamente vede tutto il cielo. Dunque l'anima è dappertutto.
IN CONTRARIO: Dice S. Ambrogio: "Chi oserà dire creatura lo Spirito Santo, il quale è sempre in tutte le cose e dovunque, il che certamente è proprio della divinità?".
RISPONDO: Essere dappertutto primo et per se è proprio di Dio. Ora, io dico che è dappertutto primo ciò che è dappertutto nella sua totalità. Infatti se qualche cosa fosse ovunque col trovarsi in diversi luoghi secondo le sue varie parti, non sarebbe dappertutto in questo modo (primo); perché ciò che conviene ad una cosa in ragione d'una sua parte, non le conviene primo: come se un uomo è bianco a motivo dei denti, la bianchezza non appartiene primo all'uomo, ma ai denti. Dico poi che è dappertutto per se quello a cui non conviene essere dovunque accidentalmente, a motivo di una data supposizione; ché altrimenti un granello di miglio, supposto che non esistesse nessun altro corpo, sarebbe dappertutto. Essere dunque dappertutto per se conviene a quel tale essere che, in qualunque ipotesi, debba necessariamente essere dappertutto. Ed in questo senso è proprio di Dio, perché, per quanti altri luoghi si ammettano, oltre quelli esistenti, anche in numero infinito, bisognerebbe che Dio fosse in tutti, poiché niente può esistere se non per opera di lui. Così, dunque, essere dappertutto primo et per se appartiene a Dio in modo esclusivo, perché, per quanti luoghi si ammettano, è necessario che Dio sia in ciascuno di essi, non parzialmente, ma secondo tutto se stesso.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'universale e la materia prima sono dappertutto, ma non secondo un identico essere reale.
2. Il numero, essendo un accidente, non è di suo in un luogo, ma indirettamente; e non è tutto in ciascuno dei numerati, ma in distinte unità. E così non segue che sia dappertutto primo et per se.
3. L'universo intero è sì dappertutto, non però primo, perché non è tutto in ciascun luogo, ma secondo le sue varie parti; e neppure vi è per se, perché, ove si supponessero altri luoghi, non sarebbe in essi.
4. Se esistesse un corpo infinito sarebbe certo dovunque, però (soltanto) secondo le sue parti.
5. Se ci fosse un solo animale al mondo, l'anima sua sarebbe dovunque primo, ma accidentalmente (cioè soltanto a motivo della supposiziorne fatta).
6. L'espressione "l'anima vede in qualche luogo", si può intendere in due modi. Primo modo, l'espressione in qualche luogo può determinare l'atto del vedere dal lato dell'oggetto, e allora è vero che se l'anima vede il cielo, vede nel cielo, e per la stessa ragione sente in cielo; ma non ne segue che essa viva o sta in cielo, perché vivere e essere non importano un atto che passi nell'oggetto esterno. Secondo modo, quell'espressione può determinare l'atto del vedere, dal lato del soggetto che vede. E così, secondo questo modo di parlare, è vero che l'anima dove sente e vede, ivi è e vive. Non ne segue però che sia dappertutto.
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