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domenica 3 gennaio 2010

La bestemmia

Oggi 3 Gennaio e II domenica dopo Natale si ricorda in entrambe le forme del rito Romano il Santissimo Nome di Gesù. Questo nome significa Dio che salva: cos’altro ci serve per capire l’importanza di venerare un nome simile?

Nel Martirologio Romano, questa memoria è così definita: «Santissimo Nome di Gesù, il solo in cui, nei cieli, sulla terra e sotto terra, si pieghi ogni ginocchio a gloria della maestà divina». Sono parole tratte dalla Lettera ai Filippesi (2,9-11). 

In questo giorno così importante, pensiamo siamo giusto parlare di una delle cose più indegne e vigliacche di questo mondo, che colpisce molte volte, proprio il Santissimo Nome di Gesù: la bestemmia. Mik ne ha già parlato nel suo angolo, ma oggi vi proponiamo uno scritto di Don Enzo Boninsegna, pubblicato da un nostro amico, Cuore Missionario, sul suo blog. Il libretto è questo qui: 

A- Ritratto della bestemmia. 

Dire che la bestemmia è una gravissima offesa al Nome santo di Dio è una definizione esatta, ma un po’ fredda, arida, scheletrica, che non riesce a esprimere a sufficienza la drammaticità e la gravità mostruosa di questo fenomeno diabolico.

Come non ci sono parole che possano esprimere fino in fondo la grandezza e la maestà infinita di Dio, così non ci sono parole che possano esprimere fino in fondo l’abisso di malizia e di miseria morale che è racchiuso nella bestemmia.

Ogni definizione, per quanto precisa, dirà sempre troppo poco: la realtà dell’offesa a Dio è sempre molto più grande di quanto si possa esprimere. Si può e si deve comunque cercar di dare della bestemmia un’idea che sia il più vicina possibile alla realtà.

Tentiamo allora, con poche pennellate, di tratteggiarne il ritratto.

La bestemmia è l’urlo rabbioso di satana che esce dalla bocca di un uomo per cercar di sporcare la gloria di Dio. Non è a caso che S. Caterina da Siena ha definito il bestemmiatore un “demonio incarnato”.

La bestemmia è il frutto più velenoso che può scaturire da un lampo di follia. C’è una forma di pazzia stabilizzata e cronica e c’è una forma di follia che va a sprazzi e rende l’uomo capace di manifestare in un attimo abissi di stoltezza.

La bestemmia è il segno più palese dell’odio e de disprezzo verso Dio, e questo al di là delle intenzioni di chi vomita quell’espressione blasfema.

La bestemmia è il supremo atto di superbia che un uomo possa compiere, perché lui, così piccolo, sporco e impotente, tenta di mettersi sotto i piedi il Signore Dio, infinitamente grande, infinitamente santo e onnipotente, quel dio che, se solo lo volesse, potrebbe stritolarlo in un attimo e con ottime ragioni.

La bestemmia è il più grande atto di stupidità, perché fa dell’uomo un nemico di Colui che vorrebbe essergli amico, padre, benefattore e salvatore.

La bestemmia è anche il segno rivelatore di un animo bovino, è manifestazione di volgarità, di grossolanità e di poca intelligenza, perché una persona fine, intelligente e perciò non volgare, sa trovare altri modi leciti per far sbollire un momento di tensione.

La bestemmia è una barriera innalzata tra il bestemmiatore e tutti quelli che si sentono offesi dal linguaggio blasfemo, vedendo colpito quel Dio in cui credono e che amano come Padre.

“La bestemmia” - ha detto qualcuno – è il cancro dell’anima”. Come il cancro infatti invade tutto l’organismo fino a portare alla morte, così la bestemmia quanto meno annebbia, ma quasi sempre paralizza tutte le facoltà dell’anima e uccide in essa il gusto delle cose di Dio.

La bestemmia è anche, quasi sempre, una malattia contagiosa che infetta altri. Nessuno mai infatti ha cominciato a bestemmiare per il gusto di bestemmiare, ma tutti i bestemmiatori sono diventati tali sotto la spinta del cattivo esempio ricevuto, e cioè perché infettati da collaudati bestemmiatori che sono stati i loro maestri di vizio e di imbecillità.

La bestemmia è “un’offesa diretta a Dio, offesa che sarebbe qualcosa di inconcepibile se nono fosse una tristissima realtà”.

(+ Costantino Caminada). 

B – Il Contrario del nostro dovere. 

Dopo aver creato l’uomo, Dio non lo ha condannato all’isolamento, prigioniero della terra, ma lo ha invitato al dialogo, a liberarsi verso il Cielo, a ricambiare il suo amore, a vivere nel conforto di un pieno abbandono e di una piena fiducia in Lui.

In questo dialogo, in questo rapporto d’amore a cui Dio ci chiama, dobbiamo prima di tutto lodare il Signore: “Benedetto se tu, Signore … Benedetto il tuo nome glorioso e santo, degno di lode e di gloria nei secoli” (Dn 3, 52-53). Per migliaia di volte Dio ci invita nella Bibbia a lodare il Suo nome: in particolare i Salmi straripano di lodi al Signore. E tutta la vita di Gesù, di sua madre Maria e dei Santi è stata un cantico di lode al nostro Creatore e Padre.

Se Dio è cosi grande da meritare ogni lode possibile, tanto che gli stessi angeli lo adorano (cfr.: Eb 1,6), e noi cosi piccoli, ne deriva come logica conseguenza e come segno di umiltà, il dovere che abbiamo di coltivare un profondo spirito di adorazione. “Adora il Signore Dio tuo e a Lui solo rendi culto” (Mt 4 ,10).

Poi il Signore ci esorta alla riconciliazione per i molti, moltissimi beni che ci ha offerto in dono: “In ogni cosa rendete grazie; questa è infatti la volontà di Dio” (1 Ts 5, 18).

Amandoci come Padre, e come il migliore dei padri, il Signore, ci invita inoltre a chiedergli tutto ciò di cui abbiamo bisogno: “In ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste” (Fil. 4,6).

E infine, essendo peccatori, il Signore ci insegna a chiedere perdono, con umiltà e con fiducia, per il cattivo uso che abbiamo fatto dei suoi doni: “Rimetti a noi i nostri debiti” (Mt 6,12).

Ebbene, se a tutto questo siamo invitati da Dio, con la bestemmia si fa l’esatto contrario.

Dio ci invia alla preghiera di lode, ma con la bestemmia lo si disprezza e si cerca di sprofondarlo nella fogna del disonore.

Dio ci invita alla preghiera di adorazione, ma con la bestemmia, invece di riconoscere la sua infinita grandezza e la sua superiorità nei nostri confronti, si tenta di abbassarlo sotto il livello delle bestie.

Dio ci invita alla preghiera di ringraziamento, ma con la bestemmia ci si mette in condizione di non poter ricevere i suoi doni.

Dio ci invita alla preghiera per avere il perdono, ma con la bestemmia si pongono le basi per attirare su di sé e sul mondo intero non il perdono, ma i più tremendi castighi.

Che cosa resta di cristiano in un cristiano che bestemmia? Più nulla! E cosa resta di umano in un uomo che offende chi l’ha creato? Solo una pallida ombra di umanità, un rottame di umanità e nulla più!

Immagina che un grande pittore porti un amico in visita a un museo in cui sono esposte le sue opere perché veda i suoi capolavori e quell’amico, invece di ammirare quelle opere e lodare chi le ha fatte, cominci a dire parole di disprezzo verso l’artista. Un comportamento assurdo! Una delusione completa!

Ancora più grave è la responsabilità e la colpa di chi offende il migliore artista, il Signore Dio, il Creatore di ogni cosa, la fonte di ogni bellezza, il datore di ogni dono. Non è esagerato dire che il bestemmiatore ha fatto di se stesso un mostro!.

 

C – Vari tipi di bestemmia.

 

La più grave forma di bestemmia è quella che unisce al Nome santo di Dio (o Gesù, o dell’Ostia Santa, o del SS.mo Sacramento) parole cariche di disprezzo. Non è il caso di fare esempi, anche perché purtroppo ne abbiamo fatto più volte amara esperienza sentendo alcune di queste mostruosità sulla bocca di qualche persona.

E’ bestemmia anche dire contro Dio parole che non portano il marchio del disprezzo, ma che comunque il Signore non merita. Quante volte mi è capitato di sentire qualcuno che nel momento del dolore manifesta la sua delusione o la sua rabbia dicendo “Dio è crudele”, o “Dio è ingiusto”! Espressioni come queste, o altre simili, che negano delle verità di fede riguardo Dio, sono dette bestemmie eretiche.

E quante volte capita di sentire il nome “Cristo” senza alcun titolo, ma pronunciato con una tale carica di rabbia che, per la violenza del tono, rasenta la bestemmia.

Vera e propria bestemmia è anche l’offesa che colpisce i Santi, e in particolare la Madonna, o persone (ad es.:il Papa) che per loro sacralità sono un riflesso di Dio nel mondo. Pur non essendo Dio il bersaglio diretto, colpendo la santità o la sacralità si colpisce Dio, che è fonte tanto dell’una quanto dell’altra.

Giovanni Paolo II, parlando del disprezzo rivolto contro il Nome di Dio, elenca, dopo la bestemmia, gli “spettacoli dissacranti”, e le “pubblicamente altamente offensive del sentimento religioso” (21 marzo 1993).

Potremmo definirle bestemmia a mezzo stampa, bestemmie cinematografiche, bestemmie teatrali. Basti qui citare il “gran maestro” della dissacrazione, Dario Foche, nel suo “Mistero Buffo”, ha deriso Gesù, la Madonna e altri personaggi del Vangelo.

Queste bestemmie, a differenza della bestemmia comunemente intesa, che può avere l’attenuante di sfuggire in un attimo, in un lampo, quasi senza accorgersene, sono bestemmie ragionate, meditate, volute, infiocchettate col fascino dell’arte e quindi con un potere devastante per il linguaggio suggestivo con cui sono confezionate e per l’altissimo numero di lettori o di spettatori che raggiungono.

Non si può parlare invece di bestemmia quando il Nome di Dio viene nominato invano, senza un serio e ragionevole motivo, ma anche senza alcun titolo offensivo.

Non è raro, infine, sentire qualcuno che pronuncia il nome “zio”, o qualcosa di simile, e subito vi aggiunge una parolaccia, come quelle che altri affibbiano al nome di Dio. L’espressione che ne risulta non è una bestemmia, ma è molto facile che come tale venga avvertita da chi la sente. Perciò, anche se non c’è la bestemmia, può esserci lo scandalo. In ogni caso, chi parla in questo modo, oltre ad essere ambiguo e ipocrita (un ipocrisia alla rovescia!), perché vuol apparire bestemmiatore senza esserlo, contribuisce a diffondere un tipo di linguaggio che favorisce l’espandersi della bestemmia. Quando ero bambino sentivo spesso parlare dai pulpiti contro la bestemmia. I sacerdoti di quel tempo avevano una lucida percezione della gravità del fenomeno e una chiara coscienza del loro dovere di scagliarsi spesso e in tono forte contro il più infame dei peccati.

Ricordo anche che si veniva educati a salutare i sacerdoti e le suore con parole che lodavano il Signore: “Sia lodato Gesù Cristo”. E come un eco, la risposta: “Sempre sia lodato”. E’ lo stesso saluto a Gesù con cui Giovanni Paolo II ha iniziato il suo pontificato.

Erano tempi in cui la lode e la difesa del Nome santo di Dio erano al centro della religiosità della nostra gente e della sollecitudine pastorale dei nostri sacerdoti.

Confesso che ho profonda nostalgia di quei tempi che sembrano ormai sprofondati nelle nebbie della preistoria.

Oggi,dopo quasi trent’anni di post concilio, raccogliamo i frutti di ciò che abbiamo seminato: ci ritroviamo tra le mani una religiosità e una pastorale quasi del tutto indifferente verso il Nome di Dio. L’attenzione si è spostata altrove e ciò che era e deve restare il valore primario è diventato secondario, o è finito in cantina, quasi del tutto dimenticato.

In questi trent0anni non è affatto sparita la bestemmia, si è fatta invece più subdola, più estesa, più raffinata e più aggressiva. Ciò che è quasi del tutto sparito è la battaglia contro la bestemmia e l’educazione all’amore per i nomi santi di Dio, Gesù e della sua SS.ma Madre.

E’ da questa amara constatazione che è nata l’idea di rispolverare una battaglia antica, ma oggi più che mai estremamente urgente e necessaria.

Quando Dio non è rispettato, nessun’altro è più al sicuro e ogni valore è compromesso o già corroso, al di là delle apparenze.

Quando Dio è offeso, chi e a quale titolo può ancora reclamare il rispetto di sé e dei propri diritti?

Quando Dio è maledetto dai suoi nemici e non difeso dai suoi figli … peggio ancora: quando Dio è maledetto dai suoi stessi figli e non abbastanza difeso dai suoi ministri, ogni altra battaglia è perduta, ogni iniziativa è condannata al fallimento.

Se siamo figli di Dio non possiamo continuare a tacere, fingendo di non vedere e non sentire, paralizzati da un’assurda indifferenza, o rassegnazione alla sconfitta. E’ nostro dovere parlare! E’ nostro dovere agire! E’ nostro dovere organizzarci e non lasciare nulla di intentato perché Dio sia finalmente rispettato, amato e obbedito.

O si ricomincia da qui, o tutto il resto non avrà senso e non avrà successo! 

Non saranno certo queste poche pagine a risolvere il problema, ma se riusciranno a risvegliare la coscienza di qualcuno sulla tragica realtà della bestemmia avranno già raggiunto il loro scopo. E questo mi basta.

 

Don Enzo Boninsegna

 

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