Pages

mercoledì 27 ottobre 2010

Fides et ratio - La scienza della fede e le esigenze della ragione filosofica

Torna l'appuntamento settimanale con la Lettera Enciclica del Venerabile Giovanni Paolo II "Fides et Ratio", per riflettere sui rapporti tra fede e ragione:

CAPITOLO VI

INTERAZIONE
TRA TEOLOGIA E FILOSOFIA

La scienza della fede e le esigenze della ragione filosofica

70. Il tema, poi, del rapporto con le culture merita una riflessione specifica, anche se necessariamente non esaustiva, per le implicanze che ne derivano sia sul versante filosofico che su quello teologico. Il processo di incontro e confronto con le culture è un'esperienza che la Chiesa ha vissuto fin dagli inizi della predicazione del Vangelo. Il comando di Cristo ai discepoli di andare in ogni luogo, « fino agli estremi confini della terra » (At 1, 8), per trasmettere la verità da Lui rivelata, ha posto la comunità cristiana nella condizione di verificare ben presto l'universalità dell'annuncio e gli ostacoli derivanti dalla diversità delle culture. Un brano della lettera di san Paolo ai cristiani di Efeso offre un valido aiuto per comprendere come la comunità primitiva abbia affrontato questo problema. Scrive l'Apostolo: « Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate i lontani siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo il muro di separazione che era frammezzo » (2, 13-14).

Alla luce di questo testo la nostra riflessione s'allarga alla trasformazione che si è venuta a creare nei Gentili una volta arrivati alla fede. Davanti alla ricchezza della salvezza operata da Cristo, cadono le barriere che separano le diverse culture. La promessa di Dio in Cristo diventa, adesso, un'offerta universale: non più limitata alla particolarità di un popolo, della sua lingua e dei suoi costumi, ma estesa a tutti come patrimonio a cui ciascuno può attingere liberamente. Da diversi luoghi e tradizioni tutti sono chiamati in Cristo a partecipare all'unità della famiglia dei figli di Dio. E Cristo che permette ai due popoli di diventare « uno ». Coloro che erano « i lontani » diventano « i vicini » grazie alla novità operata dal mistero pasquale. Gesù abbatte i muri di divisione e realizza l'unificazione in modo originale e supremo mediante la partecipazione al suo mistero. Questa unità è talmente profonda che la Chiesa può dire con san Paolo: « Non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio » (Ef 2, 19).

In una così semplice annotazione è descritta una grande verità: l'incontro della fede con le diverse culture ha dato vita di fatto a una realtà nuova. Le culture, quando sono profondamente radicate nell'umano, portano in sé la testimonianza dell'apertura tipica dell'uomo all'universale e alla trascendenza. Esse presentano, pertanto, approcci diversi alla verità, che si rivelano di indubbia utilità per l'uomo, a cui prospettano valori capaci di rendere sempre più umana la sua esistenza.(94) In quanto poi le culture si richiamano ai valori delle tradizioni antiche, portano con sé — anche se in maniera implicita, ma non per questo meno reale — il riferimento al manifestarsi di Dio nella natura, come si è visto precedentemente parlando dei testi sapienziali e dell'insegnamento di san Paolo.

71. Essendo in stretto rapporto con gli uomini e con la loro storia, le culture condividono le stesse dinamiche secondo cui il tempo umano si esprime. Si registrano di conseguenza trasformazioni e progressi dovuti agli incontri che gli uomini sviluppano e alle comunicazioni che reciprocamente si fanno dei loro modelli di vita. Le culture traggono alimento dalla comunicazione di valori, e la loro vitalità e sussistenza è data dalla capacità di rimanere aperte all'accoglienza del nuovo. Qual è la spiegazione di queste dinamiche? Ogni uomo è inserito in una cultura, da essa dipende, su di essa influisce. Egli è insieme figlio e padre della cultura in cui è immerso. In ogni espressione della sua vita, egli porta con sé qualcosa che lo contraddistingue in mezzo al creato: la sua apertura costante al mistero ed il suo inesauribile desiderio di conoscenza. Ogni cultura, di conseguenza, porta impressa in sé e lascia trasparire la tensione verso un compimento. Si può dire, quindi, che la cultura ha in sé la possibilità di accogliere la rivelazione divina.

Il modo in cui i cristiani vivono la fede è anch'esso permeato dalla cultura dell'ambiente circostante e contribuisce, a sua volta, a modellarne progressivamente le caratteristiche. Ad ogni cultura i cristiani recano la verità immutabile di Dio, da Lui rivelata nella storia e nella cultura di un popolo. Nel corso dei secoli continua così a riprodursi l'evento di cui furono testimoni i pellegrini presenti a Gerusalemme nel giorno di Pentecoste. Ascoltando gli Apostoli, si domandavano: « Costoro che parlano non sono forse tutti Galilei? E com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell'Asia, della Frigia e della Panfilia, dell'Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, stranieri di Roma, Ebrei e proseliti, Cretesi e Arabi e li udiamo annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio » (At 2, 7-11). L'annuncio del Vangelo nelle diverse culture, mentre esige dai singoli destinatari l'adesione della fede, non impedisce loro di conservare una propria identità culturale. Ciò non crea divisione alcuna, perché il popolo dei battezzati si distingue per una universalità che sa accogliere ogni cultura, favorendo il progresso di ciò che in essa vi è di implicito verso la sua piena esplicazione nella verità.

Conseguenza di ciò è che una cultura non può mai diventare criterio di giudizio ed ancor meno criterio ultimo di verità nei confronti della rivelazione di Dio. Il Vangelo non è contrario a questa od a quella cultura come se, incontrandosi con essa, volesse privarla di ciò che le appartiene e la obbligasse ad assumere forme estrinseche che non le sono conformi. Al contrario, l'annuncio che il credente porta nel mondo e nelle culture è forma reale di liberazione da ogni disordine introdotto dal peccato e, nello stesso tempo, è chiamata alla verità piena. In questo incontro, le culture non solo non vengono private di nulla, ma sono anzi stimolate ad aprirsi al nuovo della verità evangelica per trarne incentivo verso ulteriori sviluppi.

72. Il fatto che la missione evangelizzatrice abbia incontrato sulla sua strada per prima la filosofia greca, non costituisce indicazione in alcun modo preclusiva per altri approcci. Oggi, via via che il Vangelo entra in contatto con aree culturali rimaste finora al di fuori dell'ambito di irradiazione del cristianesimo, nuovi compiti si aprono all'inculturazione. Problemi analoghi a quelli che la Chiesa dovette affrontare nei primi secoli si pongono alla nostra generazione.

Il mio pensiero va spontaneamente alle terre d'Oriente, così ricche di tradizioni religiose e filosofiche molto antiche. Tra esse, l'India occupa un posto particolare. Un grande slancio spirituale porta il pensiero indiano alla ricerca di un'esperienza che, liberando lo spirito dai condizionamenti del tempo e dello spazio, abbia valore di assoluto. Nel dinamismo di questa ricerca di liberazione si situano grandi sistemi metafisici.

Spetta ai cristiani di oggi, innanzitutto a quelli dell'India, il compito di estrarre da questo ricco patrimonio gli elementi compatibili con la loro fede così che ne derivi un arricchimento del pensiero cristiano. Per questa opera di discernimento, che trova la sua ispirazione nella Dichiarazione conciliare Nostra aetate, essi terranno conto di un certo numero di criteri. Il primo è quello dell'universalità dello spirito umano, le cui esigenze fondamentali si ritrovano identiche nelle culture più diverse. Il secondo, derivante dal primo, consiste in questo: quando la Chiesa entra in contatto con grandi culture precedentemente non ancora raggiunte, non può lasciarsi alle spalle ciò che ha acquisito dall'inculturazione nel pensiero greco-latino. Rifiutare una simile eredità sarebbe andare contro il disegno provvidenziale di Dio, che conduce la sua Chiesa lungo le strade del tempo e della storia. Questo criterio, del resto, vale per la Chiesa di ogni epoca, anche per quella di domani, che si sentirà arricchita dalle acquisizioni realizzate nell'odierno approccio con le culture orientali e troverà in questa eredità nuove indicazioni per entrare fruttuosamente in dialogo con quelle culture che l'umanità saprà far fiorire nel suo cammino incontro al futuro. In terzo luogo, ci si guarderà dal confondere la legittima rivendicazione della specificità e dell'originalità del pensiero indiano con l'idea che una tradizione culturale debba rinchiudersi nella sua differenza ed affermarsi nella sua opposizione alle altre tradizioni, ciò che sarebbe contrario alla natura stessa dello spirito umano.

Quanto è qui detto per l'India vale anche per l'eredità delle grandi culture della Cina, del Giappone e degli altri Paesi dell'Asia, come pure delle ricchezze delle culture tradizionali dell'Africa, trasmesse soprattutto per via orale.

73. Alla luce di queste considerazioni, il rapporto che deve opportunamente instaurarsi tra la teologia e la filosofia sarà all'insegna della circolarità. Per la teologia, punto di partenza e fonte originaria dovrà essere sempre la parola di Dio rivelata nella storia, mentre obiettivo finale non potrà che essere l'intelligenza di essa via via approfondita nel susseguirsi delle generazioni. Poiché, d'altra parte, la parola di Dio è Verità (cfr Gv 17, 17), alla sua migliore comprensione non può non giovare la ricerca umana della verità, ossia il filosofare, sviluppato nel rispetto delle leggi che gli sono proprie. Non si tratta semplicemente di utilizzare, nel discorso teologico, l'uno o l'altro concetto o frammento di un impianto filosofico; decisivo è che la ragione del credente eserciti le sue capacità di riflessione nella ricerca del vero all'interno di un movimento che, partendo dalla parola di Dio, si sforza di raggiungere una migliore comprensione di essa. E chiaro, peraltro, che, muovendosi entro questi due poli — parola di Dio e migliore sua conoscenza —, la ragione è come avvertita, e in qualche modo guidata, ad evitare sentieri che la porterebbero fuori della Verità rivelata e, in definitiva, fuori della verità pura e semplice; essa viene anzi stimolata ad esplorare vie che da sola non avrebbe nemmeno sospettato di poter percorrere. Da questo rapporto di circolarità con la parola di Dio la filosofia esce arricchita, perché la ragione scopre nuovi e insospettati orizzonti.

74. La conferma della fecondità di un simile rapporto è offerta dalla vicenda personale di grandi teologi cristiani che si segnalarono anche come grandi filosofi, lasciando scritti di così alto valore speculativo, da giustificarne l'affiancamento ai maestri della filosofia antica. Ciò vale sia per i Padri della Chiesa, tra i quali bisogna citare almeno i nomi di san Gregorio Nazianzeno e sant'Agostino, sia per i Dottori medievali, tra i quali emerge la grande triade di sant'Anselmo, san Bonaventura e san Tommaso d'Aquino. Il fecondo rapporto tra filosofia e parola di Dio si manifesta anche nella ricerca coraggiosa condotta da pensatori più recenti, tra i quali mi piace menzionare, per l'ambito occidentale, personalità come John Henry Newman, Antonio Rosmini, Jacques Maritain, Étienne Gilson, Edith Stein e, per quello orientale, studiosi della statura di Vladimir S. Solov'ev, Pavel A. Florenskij, Petr J. Caadaev, Vladimir N. Lossky. Ovviamente, nel fare riferimento a questi autori, accanto ai quali altri nomi potrebbero essere citati, non intendo avallare ogni aspetto del loro pensiero, ma solo proporre esempi significativi di un cammino di ricerca filosofica che ha tratto considerevoli vantaggi dal confronto con i dati della fede. Una cosa è certa: l'attenzione all'itinerario spirituale di questi maestri non potrà che giovare al progresso nella ricerca della verità e nell'utilizzo a servizio dell'uomo dei risultati conseguiti. C'è da sperare che questa grande tradizione filosofico-teologica trovi oggi e nel futuro i suoi continuatori e i suoi cultori per il bene della Chiesa e dell'umanità.

0 commenti:

Posta un commento