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sabato 30 ottobre 2010

Non farlo (Storia di un aborto)

Nelle scorse settimane avevamo letto una testimonianza sul compimento di un aborto e abbiamo visto i suoi risvolti traumatici. Oggi, cominciamo a leggere una nuova testimonianza, sempre diffusa da Adorto (Movimento nazionale per la famiglia e la vita) che avrà il risvolto di trasmettere le emozioni, le terribili sensazioni e di aiutare a decidere coloro che si trovano in stato confusionale e non sanno cosa fare. L'invito di Adorto e ovviamente anche il nostro, è quello di trasmettere, di diffondere in qualunque modo queste testimonianze, ovviamente in forma integrale e senza modifiche alcune. Ecco la prima parte, l'inizio di una favola che ben presto si trasformerà purtroppo in un incubo:

Avevo da poco compiuto 24 anni. Era pieno Luglio e si prospettava una bella estate: ricca di divertimento, di serate con gli amici e di relax. Si prospettava come una delle estati più belle della mia vita, quelle da ricordare.
Un’estate di cui avere non poca nostalgia. Mi era stato proposto, per tutta la durata della stagione, di tenere delle lezioni di ginnastica in spiaggia, la domenica mattina, per rendere più allegre le vacanze ai turisti. Cercavano “personale qualificato”, ed io fui ritenuta la figura più adatta, vista la mia laurea con lode in Educazione Fisica. Era tutto perfetto. Il lavoro estivo mi gratificava molto. Ricevevo complimenti da parenti, amici e dai clienti del lido.
Era tutto perfetto… finché un giorno, per caso, in spiaggia arrivò un ragazzo. Piombò nel bel mezzo della mia lezione, mentre stavo cercando di spiegare un esercizio nel modo più chiaro possibile. Il microfono funzionava a tratti, e io avevo difficoltà a fornire spiegazioni precise sulla posizione corretta da mantenere. Ero perfezionista e scrupolosa nel mio lavoro. Insomma, a fine lezione il proprietario del lido mi presentò questo ragazzo.
Aveva la mia stessa età, un’aria molto sicura di sé e uno sguardo indagatore. Esordì stringendomi la mano con forza e pronunciando una frase del tutto inaspettata: “Hai una bella voce, lo sai?”. Credevo che mi stesse prendendo in giro. Il mio lavoro consisteva nel far fare ginnastica, non nell’intrattenere il pubblico con la mia “bella voce”… Non ero mica una cantante! Lo guardai con diffidenza, e lui si affrettò a spiegarsi meglio. Era il
proprietario, insieme a dei suoi amici, di una piccola radio locale (“Non ti viene in mente nulla se ti dico che sono MARCO?!”) e aveva bisogno di nuove “voci” da inserire nel palinsesto radiofonico.
Gli risposi onestamente che il suo nome non mi ricordava alcun famoso speaker, e questo lo indispettì non poco. Proseguì comunque nel suo intento e mi chiese se non avessi mai pensato di lavorare in radio. Trovava che avessi una voce chiara e dolce al tempo stesso. In quel momento non sapevo cosa rispondere. Mi sembrava tutto così strano, tutto troppo semplice… Però l’idea di poter fare quella nuova esperienza mi
attirava e, malgrado non ci avessi mai pensato prima, quella proposta mi sembrò entusiasmante.

Mi chiese di provare, senza impegno, ad andare negli studi radiofonici per intervenire nel suo programma. Magari anche solo rispondendo a qualche telefonata, o leggendo qualche sms in diretta, per avere l’opportunità di capire se fossi davvero portata per quel tipo di lavoro.
I primi giorni mi piacque lavorare in radio, sembrava un gioco divertente e stimolante. Mi piaceva avere un nuovo lavoro, diverso da ciò che avevo fatto fino allora, e mi faceva piacere passare del tempo con lui, Marco… Trascorrevamo insieme dei momenti di grande allegria. Dopo il programma andavamo a prendere l’aperitivo nel suo bar preferito, e lì ne approfittavamo per parlare un po’, per conoscerci anche come amici, non solo come “colleghi”. Fu così che iniziò velatamente a corteggiarmi. Mi ritrovavo dei messaggini
dolci e un po’ ambigui sul cellulare, e ogni mattina, quando ci incontravamo in radio, lui era sempre più premuroso nei miei riguardi. Dopo le prime due settimane, però, quel lavoro “divertente” cominciava a
diventare un impegno che non aveva più grosse attrattive per me. Ogni giorno sembrava uguale all’altro. Mi sembrava di perdere tempo. E tra l’altro non ero molto brava a “nascondermi” dietro ad un microfono, senza poter guardare negli occhi i miei interlocutori.
No, non era un lavoro adatto alle mie attitudini. Mi resi conto, da quella riflessione personale, che l’unica ragione per la quale continuavo ad andare ogni mattina in quegli studi, era l’opportunità di vedere lui. E questo mi fece capire quanto stesse diventando importante la sua presenza nella mia vita.
Ero felice di trascorrere del tempo col dolce ragazzo dagli occhi verdi; ogni giorno, anzi, il tempo volava quando eravamo insieme. E così, una mattina, durante il consueto programma radiofonico, al quale
oramai non partecipavo affatto, limitandomi a star seduta accanto a Marco, dietro ai microfoni, lui, con fare sempre più affettuoso, cominciò a parlarmi dolcemente, ad accarezzarmi il viso, a sorridermi con tenerezza… Finché non mi diede un bacio… Un bacio furtivo, spontaneo, anche se un po’ imbarazzato.
Inaspettato per entrambi, credo. Mi lasciò di stucco, non sapevo cosa dire, che reazione avere, cosa pensare di un gesto simile. Certamente entrambi desideravamo un contatto fisico. Era nell’aria, ma i miei dubbi riguardavano il significato che lui potesse aver dato a quel gesto. Lo attraevo fisicamente? Gli interessavo sul serio? Provava un sentimento che cresceva giorno per giorno dentro di sé, così come il mio, o mi
illudevo soltanto? Del resto, pensavo, chissà quante volte il suo lavoro lo avrà avvicinato ad una ragazza. Chissà quante volte si sarà trovato da solo con lei, in una situazione analoga, immerso in un’atmosfera romantica, con le canzoni d’amore in sottofondo, e le battute radiofoniche a doppio senso, che rivolgeva a
lei più che ad un’ipotetica ascoltatrice… Proprio come faceva in quel momento con me.
Mille pensieri mi scorrevano nella mente. Immagini che si susseguivano come in un film. Un film dove, in quell’istante, ero io la protagonista. Un film dove, dopo qualche giorno, la protagonista sarebbe potuta essere una qualsiasi altra ragazza.
Ero molto confusa subito dopo quel bacio, quindi preferii restare in silenzio. Lui capì il mio imbarazzo e mi strinse a sé. Trovai finalmente sollievo nel poter nascondere il mio viso tra le sue braccia: mi sentii compresa appieno, e questo mi rasserenò moltissimo.
Mi sembrava tutto talmente bello, romantico, perfetto! Ero felice. L’esperienza più traumatica e dolorosa della mia vita iniziò così, dipinta di rosa, come una favola.

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