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domenica 10 ottobre 2010

Il cammino dell'anima


XXVIII domenica tempo ordinario
 
E’ ancora questione di fede! L’altra volta ci eravamo chiesti: a che serve la fede? Il Vangelo di oggi, ci dà la risposta: la fede serve all’anima. Per far che? Per camminare! Vi sembra strano?

• 1) L’anima cammina?

E invece è proprio ciò che è successo ai dieci lebbrosi; quanta strada ha fatto la loro anima grazie alla fede: ha ottenuto addirittura la guarigione del corpo! E quanta strada farebbe la nostra anima se avessimo più fede; giungerebbe fino al cuore di DIO. E varcherebbe la soglia dell’impossibile.
La lebbra, come sappiamo tutti, era quella terribile malattia che isolava completamente la persona che ne era affetta; questa veniva considerata impura e relegata fuori dalle mura della città, col divieto di avvicinare altre persone.

• 2) Regole infrante, guarigione ottenuta!

Ebbene, i dieci lebbrosi infrangono tutte queste regole: si mettono in cammino, entrano nella cittadina, si avvicinano a Gesù, di cui avevano sentito parlare e lo implorano a gran voce: ”Gesù Maestro, abbi pietà di noi”. E credono veramente che Lui può guarirli. Quando svanisce la speranza nei rimedi umani, nasce la fede nel miracolo, o perlomeno, ci si rivolge a Colui che solo, può tutto. Ma il cammino dei dieci lebbrosi non finisce lì, perché Gesù, senza averli ancora guariti, li RIMETTE IN CAMMINO e li manda dai sacerdoti. Questa prescrizione sembra tanto più strana quanto era riservata a coloro che erano già guariti, mentre loro erano ancora malati. Ma ci vanno lo stesso, cioè credono veramente nella guarigione, anche se non la vedono ancora. E’ questo la fede: credere prima di vedere! Ed ecco che durante il cammino, di colpo si ritrovano guariti.
Ma uno solo, che non era neppure giudeo, ma era samaritano, cioè straniero, torna indietro a ringraziare Gesù. E non solo a ringraziarlo, ma si getta ai suoi piedi per adorarlo. E lui solo, si sente dire: ”Và la tua fede ti ha salvato”. Gli altri sono stati solo guariti, ma questo è stato salvato, cioè ha riconosciuto in Gesù il Salvatore e non solo il dispensatore della guarigione. Non gli è bastata la guarigione, ha voluto rivolgere il suo sguardo e il suo grazie al donatore di ogni grazia.
E Gesù rimprovera gli altri nove, che siamo poi tutti noi, perché non hanno saputo rimettersi in cammino per venire a riconoscere il Salvatore: Si sono fermati su loro stessi, guardando solo il dono ricevuto e disinteressandosi del donatore
Quante volte anche noi, ci ricordiamo del Signore, solo per chiedere grazie, e una volta ottenute, non andiamo oltre. Mentre il Signore vuole che alziamo lo sguardo fino a Lui, che non ci accontentiamo di meno. Le grazie sono solo un segno -come pure i miracoli- per invitarci a rimetterci in cammino e puntare verso la meta che è Lui, non la guarigione o la grazia in sé.

• 3) Qual è la nostra lebbra?

Ma per questo dobbiamo purificarci anche noi dalla nostra lebbra -il peccato- che incrosta la nostra anima e la rende opaca, scura, dissomigliante. E come? Andando, come i dieci lebbrosi, dai sacerdoti. Gesù vuole guarirci, e lo fa attraverso due grandi sacramenti: uno è la confessione. Perché dobbiamo dire i peccati al ministro che rappresenta Gesù? Perché siano distrutti, cancellati, inondati dai fiumi d’acqua viva che sgorgano dal Suo Cuore. Solo il male non detto non può essere sanato. Nessun medico può curare un malato che dice di essere sano e nessuno va dal medico per dirgli che non è malato! ”On demande des pécheurs” diceva P. Bro. Non temiamo di riconoscere il nostro peccato, perché è allora che ne saremo guariti definitivamente.
L’altro grande “sacramento“ è la sofferenza accettata e vissuta come riparazione. Questa fa volare (non solo camminare) l’anima. La sofferenza e il sacrificio sono le due grandi forze... disarmate, che possono salvare il mondo. E’ con queste che Gesù ha salvato l’umanità. La più grande grazia da chiedere dunque -più grande anche dei miracoli- è proprio la purificazione del cuore che, distruggendo ogni dissomiglianza dovuta al peccato, ricostruirà in noi l’immagine e somiglianza originaria. E allora rifletteremo di nuovo, come un puro cristallo, gli splendori della luce divina. E la irradieremo tutt’attorno.

 

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