III
Carità e opere
Amico di Dio e dell'uomo
Carità e opere
Amico di Dio e dell'uomo
Pur convinto, secondo quanto leggiamo nella lettera del 3 giugno 1919 inviata a padre Benedetto da San Marco in Lamis, che «la maggior carità è quella di strappare anime avvinte da satana per guadagnarle a Cristo», Padre Pio non lesinava alcuna energia anche quando si trattava di venire incontro ai bisognosi di aiuto materiale. Come aveva confidato, sempre a padre Benedetto, il 26 marzo 1914, «la grandissima compassione che sente l'anima alla vista di un povero le fa nascere nel suo proprio centro un veementissimo desiderio di soccorrerlo, e se guardassi alla mia volontà mi spingerebbe a spogliarmi perfino dei panni per rivestirlo».
Di fatto, ha sottolineato padre Gerardo Di Flumeri, soprattutto dal momento della stimmatizzazione, «il cuore del venerato Padre si trova fra due desideri o amori, che egli chiama forze: "Quella di voler vivere per giovare ai fratelli di esilio e quella di voler morire per unirsi allo Sposo". Egli si è posto così in un progetto di esistenza divisa fra le due fondamentali istanze di una creatura di Dio: l'amore per il prossimo e l'amore di Dio. Si è posto cioè nel progetto fondamentale per ogni vita umana:
quello dei due "comandamenti nuovi": Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente e amerai il prossimo tuo come te stesso». È da tale profonda consapevolezza che scaturisce ogni forma di carità, sia spirituale sia materiale, attuata da Padre Pio durante l'intera esistenza. Lo testimonia con estrema chiarezza il comportamento da lui tenuto verso l'arcivescovo Pasquale Gagliardi, che negli anni Venti era stato il suo grande accusatore. Dopo la rinuncia alla diocesi di Manfredonia, nel 1929, Gagliardi si trovò in ristrettezze economiche e si rivolse anche ai cappuccini di San Giovanni Rotondo per avere qualche aiuto. Padre Pio non lesinò sollecitazioni al Superiore affinché facesse giungere all'arcivescovo intenzioni di sante Messe con relative offerte. E quando poi seppe che era morto, il Padre disse soltanto: «Domani celebrerò in suo suffragio».
Il sacrificio eucaristico e la preghiera erano infatti le forme di carità più utilizzate dal Padre. All'assistente padre Onorato Marcucci disse una mattina: «Questa notte sono stato male e non ti ho fatto dormire. Mi chiedevo come ricompensarti. Ho pensato a tua madre e ho preso l'indulgenza plenaria per mandarla in Paradiso». Padre Innocenzo Cinicola Santoro ha invece testimoniato: «Il confratello padre Ruggero ogni sera verso mezzanotte, l'ora in cui abitualmente Padre Pio tornava dal coro in cella, si recava a fare le sue richieste al Padre, il quale lo ascoltava pazientemente, sebbene fosse molto stanco. In seguito Padre Pio mi confidò che, dopo la morte del confratello, per un certo tempo, alla medesima ora, recitava un Rosario di cinque poste in suo suffragio».
Sotto il versante più materiale, spiegò una volta a padre Carmelo Durante che «prima di fare la carità, non bisogna fare il processo al povero». Padre Carmelo ha esemplificato con il caso di una famiglia composta di nove figli, dove soltanto il padre lavorava: «Padre Pio mi raccomandò di trovare un benefattore che provvedesse una macchina per maglieria in modo che potessero lavorare e guadagnare qualcosa». Di fronte all'esitazione del confratello, Pàdre Pio sbottò: «Quando i genitori vengono a confessarsi gli diciamo: "Fate figli, osservate le leggi di Dio". Quando poi li hanno avuti, allora diciamo: "Pensateci voi a mantenerli"!».
A fianco della carità, il Padre voleva che ci fosse sempre la giustizia. Lo stesso padre Carmelo, all'epoca in cui era il Guardiano del convento, si senfi chiedere se ai cuochi laici venivano versati i contributi per la pensione: «Io risposi: "Non so, devo chiedere al padre Economo". Ed egli aggiunse: "Come, tu sei il Superiore e non lo sai?". E continuò: "Preti, frati e suore non capiamo niente della giustizia!". Io rettificai: "Della carità". Ed egli rispose: "No, è giustizia pagare i contributi!"». Nel contempo, i dipendenti che non si davano da fare nel lavoro li chiamava «lazzaroni», perché «mangiano il pane della carità a tradimento». E, quando perseveravano in questo atteggiamento di pigrizia, voleva che fossero licenziati.
0 commenti:
Posta un commento