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venerdì 29 ottobre 2010

Padre Pio - Sulla soglia del Paradiso - Quattordicesimo appuntamento

Torna l'appuntamento con la biografia che tratteggia una inedita "storia di Padre Pio raccontata dai suoi amici": "Sulla Soglia del Paradiso" di Gaeta Saverio:

V
Espiazione e sofferenza
 
Il mistero della croce

Nel 1913 Padre Pio scriveva al direttore spirituale: «Gesù mi fa vedere, come in uno specchio, tutta la mia vita futura non essere altro che un martirio». In questa sintetica frase scorrono come in un film i successivi 55 anni del cappuccino, trascorsi nella continua sofferenza espiatrice per esprimere il proprio amore verso Dio e verso il prossimo. E un fotogramma è tuttora visibile nella quinta stazione della Via Crucis di San Giovanni Rotondo, dove lo scultore Francesco Messina ha raffigurato il frate come il Cireneo che sostiene la croce di Cristo lungo la salita del Calvario.

Padre Pio considerava il dolore come un «dono di Dio». Una volta tossiva da far pena, tanto che il confratello padre Lino da Prata gli disse: «Padre, passi a me la sua tosse». E lui rispose sorpreso: «E che, i doni si regalano?». Il professor Nicola Bellantuono, al termine di una confessione, gli chiese invece se le stimmate fossero dolorose e Padre Pio reagì: «Credi che il Signore me le abbia date per bellezza?». Allora il professore si offrì: «Padre, date qualche cosa anche a me». E il frate, quasi irritato:

«I monili del Signore non si regalano!».

La prediletta figlia spirituale Cleonice Morcaldi ha documentato che queste parole non erano soltanto un modo di dire: «Il demonio mi voleva persuadere che il Padre era tutto piagato, ma soltanto misticamente. Il Signore sfatò il bugiardo.

Mi suggerì di mandare nei giorni di gran caldo una camicia di tela bianca al Padre. Ero convinta che la rifiutasse. La tenne. Me la rimandò dopo tre giorni tutta insanguinata, anche le maniche lunghe e larghe».

Don Pierino Galeone ricevette direttamente da Padre Pio la dettagliata spiegazione di quale dovesse essere per il cristiano l'itinerario della sofferenza: «Anzitutto si accetta il dolore da Dio per riparare il passato, purificare l'anima e vincere ogni ripugnanza; poi si abbracciano i patimenti con ardore e risolutezza, con la gioia di percorrere con Cristo la via dolorosa, dal Presepio al Calvario. Si ammira, si loda, si ama ogni stato doloroso di Gesù: della povertà e dell'esilio, degli oscuri lavori della vita nascosta, dei faticosi travagli della vita pubblica e dei patimenti fisici e morali della lunga e dolorosa Passione».

Continuò il cappuccino: «Allora l'anima si sente più coraggiosa di fronte al dolore e alla tristezza, si stende amorosamente sulla nuda croce accanto a Gesù, posa compassionevolmente lo sguardo su di lui e ode dal suo labbro: "Beati quelli che soffrono per amore della giustizia". La speranza di partecipare sempre di più alla gloria con Cristo rende meglio sopportabile la crocifissione con lui, fino a ral­legrarsi delle miserie e delle tribolazioni. Soffrire con Cristo è amarlo e consolarlo perfettamente. Diventano sempre più grandi il desiderio e l'amore alla sofferenza, quanto maggiori sono l'amore a Gesù e alle anime».

Per Padre Pio la sofferenza era una condizione indispensabile all'adempimento della propria missione. Sono in molti a poter testimoniare quanto tutta la sua vita e la sua opera fossero ispirate al fine di soffrire con Cristo per la salvezza delle anime. Una volta il signor Enzo Bertani gli disse: «Mi dia un po' della sua sofferenza», e il Padre rispose senza esitazione: «Io soffro quando non soffro». Che il dolore fosse il suo pane quotidiano lo con-fermò, appena una decina di giorni prima di morire, a padre Paolo Covino, il quale gli suggeriva di pregare il Signore affinché gli alleggerisse un po' di sofferenze: «Figlio mio, se ciò avvenisse morirei di dolore».

Quello che però lo faceva davvero patire nell'anima era la scarsa comprensione del mistero del dolore da parte di quella folla di pellegrini che ogni giorno invocavano aiuto, guarigione, conforto per le loro sofferenze fisiche e morali: «Tutti vengono qua per farsi togliere la croce, nessuno per imparare a portarla», mormorava rattristato. Lo confermò al dottor Mario Frisotti: «Se gli uomini conoscessero la proficuità spirituale del dolore vorrebbero essere messi tutti in croce».

A don Pierino Galeone, che gli chiedeva: «Padre, come fate voi a soffrire tanto e ad avere il volto sempre sereno e gioioso, mentre io soffro pochissimo e non so nascondere la pena sul mio volto?», suggerì: «Figlio mio, comincia ad accogliere con dolce rassegnazione le contrarietà e le afflizioni, e il Signore non mancherà di metterti nel cuore la serenità, la pace, la gioia e, quindi, la beatitudine nel patire. Così ho fatto io, così fa' anche tu».

Ne è testimonianza autobiografica il pensiero che Padre Pio scrisse il 22 gennaio 1953, in occasione del cinquantesimo anniversario della propria vestizione: «Cinquant'anni di vita religiosa, cinquant'anni confitto sulla croce, cinquant'anni di fuoco divoratore per Te, Signore, per i tuoi redenti. Che altro desidera l'animo mio se non condurre tutti a Te, o Signore, e attendere pazientemente che bruci tutte le mie viscere nel cu pio dissolvi per essere completamente in Te?».

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