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mercoledì 24 novembre 2010

Fides et Ratio - Compiti attuali per la teologia

Torna l'appuntamento settimanale con la Lettera Enciclica del Venerabile Giovanni Paolo II "Fides et Ratio", per riflettere sui rapporti tra fede e ragione:

CAPITOLO VII

ESIGENZE E COMPITI ATTUALI

Compiti attuali per la teologia

92. In quanto intelligenza della Rivelazione, la teologia nelle diverse epoche storiche si è sempre trovata a dover recepire le istanze delle varie culture per poi mediare in esse, con una concettualizzazione coerente, il contenuto della fede. Anche oggi un duplice compito le spetta. Da una parte, infatti, essa deve sviluppare l'impegno che il Concilio Vaticano II, a suo tempo, le ha affidato: rinnovare le proprie metodologie in vista di un servizio più efficace all'evangelizzazione. Come non pensare, in questa prospettiva, alle parole pronunciate dal Sommo Pontefice Giovanni XXIII in apertura del Concilio? Egli disse allora: « E necessario che, aderendo alla viva attesa di quanti amano sinceramente la religione cristiana, cattolica, apostolica, questa dottrina sia più largamente e più profondamente conosciuta, e che gli spiriti ne siano più pienamente istruiti e formati; è necessario che questa dottrina certa ed immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia approfondita e presentata in modo che corrisponda alle esigenze del nostro tempo ». (107)

Dall'altra parte, la teologia deve puntare gli occhi sulla verità ultima che le viene consegnata con la Rivelazione, senza accontentarsi di fermarsi a stadi intermedi. E bene per il teologo ricordare che il suo lavoro corrisponde « al dinamismo insito nella fede stessa » e che oggetto proprio della sua ricerca è « la Verità, il Dio vivo e il suo disegno di salvezza rivelato in Gesù Cristo ». (108) Questo compito, che tocca in prima istanza la teologia, provoca nello stesso tempo la filosofia. La mole dei problemi che oggi si impongono, infatti, richiede un lavoro comune, anche se condotto con metodologie differenti, perché la verità sia di nuovo conosciuta ed espressa. La Verità, che è Cristo, si impone come autorità universale che regge, stimola e fa crescere (cfr Ef 4, 15) sia la teologia che la filosofia.

Credere nella possibilità di conoscere una verità universalmente valida non è minimamente fonte di intolleranza; al contrario, è condizione necessaria per un sincero e autentico dialogo tra le persone. Solamente a questa condizione è possibile superare le divisioni e percorrere insieme il cammino verso la verità tutta intera, seguendo quei sentieri che solo lo Spirito del Signore risorto conosce. (109) Come l'esigenza di unità si configuri concretamente oggi, in vista dei compiti attuali della teologia, è quanto desidero ora indicare.

93. Lo scopo fondamentale a cui mira la teologia consiste nel presentare l'intelligenza della Rivelazione ed il contenuto della fede. Il vero centro della sua riflessione sarà, pertanto, la contemplazione del mistero stesso del Dio Uno e Trino. A questi si accede riflettendo sul mistero dell'incarnazione del Figlio di Dio: sul suo farsi uomo e sul conseguente suo andare incontro alla passione e alla morte, mistero che sfocerà nella sua gloriosa risurrezione e ascensione alla destra del Padre, da dove invierà lo Spirito di verità a costituire e ad animare la sua Chiesa. Impegno primario della teologia, in questo orizzonte, diventa l'intelligenza della kenosi di Dio, vero grande mistero per la mente umana, alla quale appare insostenibile che la sofferenza e la morte possano esprimere l'amore che si dona senza nulla chiedere in cambio. In questa prospettiva si impone come esigenza di fondo ed urgente una attenta analisi dei testi: in primo luogo, dei testi scritturistici, poi di quelli in cui si esprime la viva Tradizione della Chiesa. A questo riguardo si propongono oggi alcuni problemi, solo parzialmente nuovi, la cui coerente soluzione non potrà essere trovata prescindendo dall'apporto della filosofia.

94. Un primo aspetto problematico riguarda il rapporto tra il significato e la verità. Come ogni altro testo, così anche le fonti che il teologo interpreta trasmettono innanzitutto un significato, che va rilevato ed esposto. Ora, questo significato si presenta come la verità su Dio, che da Dio stesso viene comunicata mediante il testo sacro. Nel linguaggio umano, quindi, prende corpo il linguaggio di Dio, che comunica la propria verità con la mirabile « condiscendenza » che rispecchia la logica dell'Incarnazione. (110) Nell'interpretare le fonti della Rivelazione, pertanto, è necessario che il teologo si domandi quale sia la verità profonda e genuina che i testi vogliono comunicare, pur nei limiti del linguaggio.

Quanto ai testi biblici, e in particolare ai Vangeli, la loro verità non si riduce certo alla narrazione di semplici avvenimenti storici o alla rilevazione di fatti neutrali, come vorrebbe il positivismo storicista. (111) Questi testi, al contrario, espongono eventi la cui verità sta oltre il semplice accadere storico: sta nel loro significato nella e per la storia della salvezza. Questa verità trova piena esplicitazione nella lettura perenne che la Chiesa compie di tali testi nel corso dei secoli, mantenendone immutato il significato originario. E urgente, pertanto, che anche filosoficamente ci si interroghi sul rapporto che intercorre tra il fatto e il suo significato; rapporto che costituisce il senso specifico della storia.

95. La parola di Dio non si indirizza ad un solo popolo o a una sola epoca. Ugualmente, gli enunciati dogmatici, pur risentendo a volte della cultura del periodo in cui vengono definiti, formulano una verità stabile e definitiva. Sorge quindi la domanda di come si possa conciliare l'assolutezza e l'universalità della verità con l'inevitabile condizionamento storico e culturale delle formule che la esprimono. Come ho detto precedentemente, le tesi dello storicismo non sono difendibili. L'applicazione di un'ermeneutica aperta all'istanza metafisica, invece, è in grado di mostrare come, dalle circostanze storiche e contingenti in cui i testi sono maturati, si compia il passaggio alla verità da essi espressa, che va oltre questi condizionamenti.

Con il suo linguaggio storico e circoscritto l'uomo può esprimere verità che trascendono l'evento linguistico. La verità, infatti, non può mai essere limitata al tempo e alla cultura; si conosce nella storia, ma supera la storia stessa.

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