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venerdì 5 novembre 2010

Padre Pio - Sulla soglia del Paradiso - Quindicesimo appuntamento

Torna l'appuntamento con la biografia che tratteggia una inedita "storia di Padre Pio raccontata dai suoi amici": "Sulla Soglia del Paradiso" di Gaeta Saverio. Oggi leggiamo qualcosa di straordinario e per noi così incredibile: si tratta del fatto che Padre Pio assorbiva letteralmente i mali altrui, portando su di sé il dolore e liberando così il suo prossimo:

V

Espiazione e sofferenza

Vittima al posto dei fratelli

In ogni caso, quello di Padre Pio non era un atteggiamento masochistico: «Non credere che io ami la sofferenza per se stessa», rivelò a Cleonice Morcaldi, «L'amo e la chiedo a Gesù per i frutti che produce: dà gloria a Dio, salva le anime, libera quelle del Purgatorio. E che posso volere di più?». Questa voluttà incontenibile lo spingeva a dire:

«Signore, da' a me tutte le tristezze e i dolori dei miei fratelli con un timore puro: quello di essere egoista riserbando per me la parte migliore, il dolore...».

Le testimonianze dei confratelli che vissero accanto a Padre Pio compongono un mosaico dinanzi al quale occorre chinare il capo e decidere se accettare o meno la sfida perenne che l'esistenza del cappuccino rappresenta tuttora per ogni cristiano. Padre Francesco Napolitano: «Padre Pio si addossava le sofferenze degli altri soffrendole in prima persona. Intendeva lenire le sofferenze sapendo che era impossibile eliminarle completamente»; padre Onorato Marcucci: «Egli soffriva intensamente ed era cosciente che la sofferenza era inevi­tabile; profondamente sensibile di fronte alle sofferenze altrui si mostrava compassionevole e cercava con la sua opera di sollevare gli ammalati»; padre Alberto D'Apolito: «Più volte l'ho sentito esclamare: "O Signore quante miserie, quanto dolore! Da' a me le sofferenze di questi poveretti"».

Padre Pio lo aveva deciso in tempi lontani, di offrirsi vittima al posto dei fratelli di fede. Una lettera a padre Benedetto da San Marco in Lamis, datata 26 marzo 1914, documenta: «Se so poi che una persona è afflitta sia nell'anima che nel corpo, che non farei presso il Signore per vederla libera dai suoi mali? Volentieri mi addosserei, pur di vederla andar salva, tutte le sue afflizioni, cedendo in suo favore i frutti ditali sofferenze, se il Signore me lo permette».

Gli episodi che tramandano questa volontà espiatrice sono innumerevoli. Un giorno padre Eusebio Notte consegnò a Padre Pio una lettera nella quale gli si chiedeva che offrisse le sue sofferenze per il buon comportamento di un sacerdote, e il Padre accolse questa sollecitazione. Quando, al mattino seguente, padre Eusebio andò a prelevarlo nella cella, Padre Pio gli disse di avere un dolore tremendo al fianco. Padre Eusebio allora sbottò: «Padre, ha dimenticato che ieri ha promesso preghiere e sacrifici per quel sacerdote?»; ed egli rispose soltanto: «Già!».

Don Attilio Negrisolo ricorda di aver incontrato a San Giovanni Rotondo, durante la Quaresima del 1956, un giovane proveniente da Cattolica che aveva un evidente tumore alla tempia: «Io chiesi: "Che cosa ti ha detto Padre Pio?". E il giovane: "Mi ha detto: soffriamo insieme". Il Venerdì santo incontrai Padre Pio nel corridoio. Eravamo soli. Gli dissi:

"Padre, le faccio gli auguri oggi, poiché domani ci sarà molta gente". Padre Pio rispose: "Per me i giorni sono tutti uguali. Oggi poi mi sembra di avere un trapano qui che mi penetra nella testa", e indicò la tempia. Aggiunsi: "Per forza, Padre, vi prendete il male di tutti!". Ed egli, girandosi verso la piazza donde si sentiva il vociare della gente:

"Magari fosse vero che potessi prendermi il male di tutti per vedere tutti contenti!". Seppi che il giovane in seguito guarì».

Tenerissimo l'episodio che ebbe per protagonista il suo confessore, padre Agostino da San Marco in Lamis, che un giorno si lamentò per un dolore che l'affliggeva al ginocchio. Padre Pio lo consolò dicendo: «Coraggio, vedrà che le passerà». Poco dopo, padre Eusebio Notte si accorse che il Padre zoppicava vistosamente, mentre poco prima camminava spedito.

Ricorda padre Eusebio: «Arrivati in cella, lo dovetti prendere quasi di peso per aiutarlo a sedere in poltrona. Ma, mentre facevo questa operazione, mi venne un'idea: che il Padre non si fosse addossato il male al ginocchio di padre Agostino? Corro da quest'ultimo e gli chiedo: "Come si sente?". Ed egli, sorridendo: "Ma lo sai che mi sento bene e il dolore è sparito?". Aggiungo io: "Si capisce, se l'è preso Padre Pio!"».

Il suo intervento era anche "a distanza", come afferma padre Carmelo da San Giovanni in Galdo:

«Per qualche caso speciale, specie di malattia o grave infermità, gli chiedevamo un particolare interessamento; egli allora ci diceva di rispondere all'ammalato: "Fate sapere che io non mi risparmio per lui". E con questa frase voleva significare che, oltre alla preghiera, accettava di soffrire per la persona interessata».

Quanto pressanti e numerose fossero le richieste di intervento, lo attesta drammaticamente una delle più toccanti testimonianze al processo di canonizzazione. Un giorno il confratello padre Eduardo si presentò a Padre Pio e gli chiese una preghiera per il suo esaurimento. Il Padre, dispiaciuto, se ne uscì con questa espressione: «Figlio mio, mi trovi in un momento nel quale non ho neppure una parte del mio corpo da offrire al Signore per te, ma la prima che si libera la offrirò».

 

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