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domenica 28 novembre 2010

L'inizio della fine

I Domenica di Avvento

Iniziamo un nuovo anno. Domenica scorsa, con la solennità di Cristo Re dell'Universo, abbiamo concluso l'anno liturgico. Una tappa è finita e ne inizia una nuova. Un anno è passato -fra un mese terminerà anche l'anno civile portando con sé avvenimenti, cose, persone, passate anche loro. Definitivamente! Questo scorrere inesorabile dei nostri giorni che non torneranno mai più, è forse la cosa più misteriosa della vita, e, in genere non ci facciamo neanche caso.
Passiamo nel tempo e col tempo che lascia il segno incancellabile nella nostra vita, ma nessuno lo può fermare (si ha un bel cercare antidoti all'invecchiamento, ma finché non si riuscirà a fermare il tempo, non si fermerà neanche l'invecchiamento!).

- 1) In marcia verso dove?

Nessuno per quanto potente possa essere, potrà mai far tornare indietro il giorno di ieri che è passato! Questa nostra corsa nella vita e nel tempo ha un'unica e incontrovertibile direzione: va solo e sempre verso il futuro. Nel passato nessuno torna più (solo nei buchi neri, pare che il tempo vada all'indietro, ma bisogna ancora provare che esistono...).
Iniziamo dunque un nuovo anno liturgico e lo iniziamo con un discorso sulla fine. Di solito si comincia sempre con l'inizio, ma in questa prima domenica di Avvento, la liturgia ci fa iniziare dalla fine (fine dei tempi, ma anche fine della nostra vita).
L'apostolo Paolo raccomandava già ai cristiani di allora, di "aspettare la manifestazione del Signore nostro Gesù Cristo, alfine di essere trovati irreprensibili nel giorno della sua venuta". Quel misteriosissimo ultimo giorno che i primi cristiani attendevano già come imminente e che noi, più di duemila anni dopo, rischiamo di non attendere più per niente!

• 2) Attenti alla smemoratezza!

Ma Gesù in questo Vangelo ci mette bene in guardia contro questa smemoratezza: "State attenti perché non sapete quando il padrone di casa tornerà". Perché ci ricorda la sua venuta finale fin dall'inizio? Anzitutto perché Avvento significa sia attesa che venuta, quindi dobbiamo sempre essere nell'attesa della Sua venuta, e poi per ricordarci che non dobbiamo aspettare che tutto sia finito per cominciare! Cominciare a convertirci, a cambiare vita, a non rimandare a un eterno domani -che forse non verrà mai- quello che dobbiamo fare oggi. "Vegliate perché non sapete quando il Signore vostro verrà". Gesù, qui, vuole attirare la nostra attenzione sull'unico avvenimento che, siamo certissimi, accadrà a tutti quanti e fisserà la nostra sorte eterna: quello di passare all'altra riva.
Gesù ci dice questo per ricordarci che dobbiamo impostare la nostra vita come un incontro con Qualcuno (e qualcuno che viene) e non come un'avventura solo nostra, da vivere senza far riferimento a Lui.
Quante volte Dio è venuto nella nostra vita, nell'anno appena trascorso? Quante volte abbiamo saputo riconoscerlo nei vari avvenimenti che hanno intessuto le nostre giornate, nei fatti che hanno scandito le nostre ore, negli incontri, le vicissitudini ecc. ecc.? Chiediamo occhi per vedere il passaggio di Dio nella nostra vita e riconoscerne gli annunci!
E non solo la vita va impostata come un incontro, ma anche e soprattutto la morte: allora tutti lo incontreremo; come Padre misericordioso chi lo avrà riconosciuto, e come giudice severo, chi non lo avrà accolto, perché la morte non è cadere nel nulla, ma essere davanti a Colui che ci ha tratti dal nulla, dal quale riceveremo il nostro destino eterno.

- 3) Mai più al nulla: "condannati" a vivere in eterno!

Dio ci ha tratti dal nulla una volta per tutte e al nulla non torneremo mai, mai più!
Felici o infelici siamo "condannati" ad esistere sempre. Anche per quelli che non ci credono quel "dopo" esisterà: non è il crederlo o meno che determina l'esistenza dell'eternità e delle realtà future, che esistono di per sé, indipendentemente dal fatto che uno ci creda o no. E non è distraendoci (il celebre "divertissement" pascaliano) e non pensandoci che le eviteremo, anzi! Eviteremo solo di prepararci ad esse con la stessa insensata illusione dello struzzo, che crede di evitare la realtà, tuffando la testa nella sabbia per non vederla. Gesù ci mette bene in guardia contro questa voluta indifferenza che potrebbe appesantire i nostri cuori e lasciarli andare alla deriva, o condurli addirittura sull'orlo dell'abisso. "Vigilate dunque perché (il padrone) non giunga all'improvviso, trovandovi addormentati. Vegliate vi dico!". Non sappiamo quindi il giorno e l'ora, ma sappiamo che verrà e che ci sarà un "dopo". E quel "dopo" dipenderà da come avremo vissuto "prima".
Pensare al nostro destino eterno, lungi dal costituire un'evasione dalla realtà o dal diminuire il nostro impegno presente, gli dà un senso e una portata infinitamente più grande. Tutto ciò che facciamo, anche solo dare un bicchier d'acqua, non ha solo quella portata temporale di un minuto, o dieci, o venti a seconda del tempo che ci impieghiamo per farlo, ma ha una portata eterna perché ci seguirà oltre i confini del tempo e dello spazio, e costruirà il nostro destino futuro. In bene o in male. "Venite a me, benedetti dal Padre mio, avevo sete e mi avete dato un bicchier d'acqua…" ma anche "Via da me maledetti"
Il bene che facciamo e le virtù che pratichiamo diventano "la figura della nostra immortalità" secondo quella bellissima espressione di san Giuseppe Moscati (eccelsa figura di medico laico, canonizzato nel 1987, che io ho scelto come…medico). Questo concetto lui lo applicava alla virtù della castità (ma si può applicare anche ad altre virtù che "dev'essere il nostro ornamento, il segno della nostra elezione a Lui, la figura della nostra immortalità. "Quale densità di significato acquista il nostro operare e il nostro bene agire. Se visto in questa ottica! Altro che evasione dal reale!
Apriamo con fiducia il nostro cuore al Signore che viene e allora secondo la bellissima frase del beato Isacco della Stella- "il Figlio di Dio crescerà in noi e diventerà quel gran sorriso e quella gioia perfetta che nessuno ci potrà togliere".

Wilma Chasseur 


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