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venerdì 4 marzo 2011

Padre Pio - Sulla soglia del Paradiso - Trentesimo appuntamento

Torna l'appuntamento con la biografia che tratteggia un'inedita "storia di Padre Pio raccontata dai suoi amici: "Sulla Soglia del Paradiso" di Gaeta Saverio. Oggi scopriamo la preghiera in Padre Pio: 

XII
Novene e devozioni

Un povero frate che prega

Un biografo dell'epoca scrisse che san Francesco d'Assisi, più che un uomo di preghiera, era la «preghiera personificata». Per molti confratelli che hanno vissuto nel convento di San Giovanni Rotondo, oltre che per tanti altri che hanno avuto la possibilità di frequentarlo, Padre Pio ha rappresentato la replica vivente del fondatore della Famiglia francescana. D'altronde, con la massima umiltà, egli stesso diceva: «Ma che vuole da me tutta questa gente? Io sono soltanto un povero frate che prega».

Padre Pellegrino Funicelli, che fu anche assistente personale di Padre Pio, ha raccontato di averlo a lungo "spiato" di giorno e di notte, un po' dappertutto, sino alla sua morte: «Ebbene, non l'ho mai sorpreso a oziare: non soltanto pregava sempre, ma quando credeva di essere solo pregava con una concentrazione tale che sembrava in contatto diretto con la Divinità. In pubblico, invece, per non distinguersi, si uniformava allo stile e al ritmo della comunità».

E quanto ritenesse vitale la preghiera anche per i suoi figli spirituali lo documenta una testimonianza della signorina Clementina Belloni: «In una confessione, Padre Pio mi accusò di aver rubato. Sorpresa, negai. Il Padre continuò: "Hai rubato il tempo a nostro Signore". E infatti il giorno precedente avevo mancato al dovere della preghiera». Con padre Giacomo Piccirillo, che indugiava a fotografarlo da diverse angolazioni, sbottò: «Stai con questo "mastrillo" [riferendosi alla macchina fotografica, nda.1 in mano da più di un' ora e non hai detto neanche un'Ave Maria!».

Nulla poteva distogliere Padre Pio da un costante atteggiamento di orazione. «Non appena mi pongo a pregare», rivela egli stesso in una lettera del 1913, «subito sento che l'anima incomincia a raccogliersi in una pace e tranquillità da non potersi esprimere con le parole. I sensi restano sospesi, ad eccezione dell'udito, il quale alcune volte non viene sospeso, però ordinariamente questo senso non mi dà fastidio e debbo confessare che, anche se a me intorno si facesse del grandissimo rumore, non per questo riesce a molestarmi me­nomamente».

La sua era realmente una preghiera perenne, un'immersione totale nel mistero di Dio. L'arcivescovo di Manfredonia, Andrea Cesarano, ebbe occasione di verificarlo personalmente durante una settimana di esercizi spirituali trascorsa nel convento di San Giovanni Rotondo. Per otto notti di seguito egli si alzò nelle ore più diverse e andò a guardare in cappella: in qualsiasi momento vi trovò sempre Padre Pio in preghiera e non riuscì a scoprire in quale ora dormisse un poco.

Ma già ai tempi del noviziato, quando ancora non si erano manifestati i suoi particolari doni spirituali, i condiscepoli ne osservavano ammirati il comportamento. Padre Leone da San Giovanni Rotondo ha testimoniato che «a scuola sapeva sempre la lezione, quantunque avessimo la persuasione che studiasse poco. Infatti io, bidello dello studio, ora con una scusa, ora con un'altra, entravo spesso in cella sua e lo trovavo, quasi sempre, a pregare, in ginocchio e cogli occhi arrossati dal pianto. Potrei dire che egli era uno studente di continua orazione, fatta di lacrime, perché bastava guardargli gli occhi per capire che le lacrime erano cosa ordinaria».

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