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domenica 6 marzo 2011

Tra il dire e il fare... solo il mare?


IX domenica tempo ordinario (Dt 11,18; Rm 3,21-25; Mt 7, 21-27) 

Filo conduttore di questa domenica: due vie. Prima lettura: Mosè presenta al popolo o la benedizione o la maledizione: a scelta, come sempre! Perché come sempre, l’uomo rimane libero di scegliere il bene o il male. Ma se sceglie il bene sarà nella benedizione, mentre se sceglie il male sarà nella maledizione.

• 1/ Quale via?

Siamo sempre, senza via di scampo, davanti alla nostra libertà. Che fatica avere sempre a che fare con quest’arma a doppio taglio. Ma la fatica è l’unica via alla felicità. Anche sul vocabolario, prima viene fatica e poi viene felicità… E il Signore si guarda bene dal togliercela questa libertà che ci fa sudare sette camicie, perché è proprio esercitandola che facciamo funzionare il nostro “a immagine e somiglianza”. E poi, dopo tanto faticare, ci otterrà la corona di gloria.
Eccovi una parabola molto efficace a questo riguardo. C’era una volta un grande saggio che aveva il dono della cardiognosia (conoscenza dei cuori) e nessuno era mai riuscito a ingannarlo. Un giorno un tizio che si credeva un sapientone, ma in realtà era uno stolto, studiò uno stratagemma, secondo lui infallibile, per cogliere in fallo il grande saggio. Pensò: mi presenterò a lui con le mani dietro la schiena con un uccellino tra le mani e gli chiederò : “L’uccellino che ho in mano è morto o vivo? “ Se mi risponde che è morto lo farò volare e se mi dice che è vivo lo stringerò fra le mani e glielo mostrerò morto. Si presenta dunque al grande saggio e gli fa la fatidica domanda: l’uccellino che ho tra le mani è morto o vivo? Il grande saggio risponde: “Sarà ciò che tu vuoi”. Ecco la grande impresa: l’uccellino è il nostro destino che dipende dalla nostra libertà: se facciamo il male lo soffochiamo, se facciamo il bene voliamo…

• 2/ Tra il dire e il fare…

Anche nel Vangelo ci vengono presentate due vie, o meglio, un’alternativa: dire o fare. “Non chi dice Signore, Signore entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio”. Altro che solo il mare di mezzo, tra il dire e il fare; qui c’è di mezzo addirittura la nostra salvezza eterna.
Dire e fare; anche qui niente via di scampo: o facciamo ciò che Lui ci dice (“chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica”…), o , al minimo soffio di vento, crolliamo a terra (e anche sottoterra), con la casa costruita sulla sabbia.
Ma come fare per costruire la casa sulla roccia? O meglio: chi è la roccia? Qui ci viene in soccorso il salmo responsoriale che nel ritornello ci ricorda “Sei tu Signore, la roccia che mi salva” (Salmo 30). Poniamo dunque tutta la nostra fiducia e la nostra speranza sull’unico che non ci verrà mai a mancare: potrà anche mancarci il terreno sotto i piedi, ma DIO rimane sempre sopra le nostre teste quindi non sparirà mai.

• 3/ Quale punto d’appoggio?

Dobbiamo diventare degli acrobati del salto in alto: avere il nostro punto d’appoggio al soffitto e non più sul pavimento. I santi sono proprio quelli che non hanno più come punto d’appoggio il pavimento, ma il soffitto. Quindi può anche venir loro a mancare il terreno sotto i piedi, ma non per questo crollano perché sono saldamente appoggiati al soffitto. “Dio solo non delude mai”, diceva suor Amata la mia insegnante di quinta elementare (e non l’ho mai più dimenticato!). Ecco un tassello sul quale ho costruito la casa… E voi ? Dove siete andati a prendere i mattoni rocciosi, non friabili, sui quali poggiare la vostra casa?

Wilma Chasseur

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