XIII
Obbedienza e umiltà
Obbedienza e umiltà
Nelle mani del Guardiano
Quando, nella lettera del 15 agosto 1916 a padre Agostino da San Marco in Lamis, Padre Pio scrisse la celebre frase: «Sono un mistero a me stesso», immediatamente dopo aggiunse - utilizzando una citazione dalla lettera inviatagli dal direttore spirituale padre Benedetto l'8 agosto precedente - di reggersi soltanto perché «il buon Dio ha riservato l'ultima e più sicura parola all'autorità su questa terra e non vi è norma più fedele del volere e del desiderio del Superiore».
Rispettando in pieno il voto religioso di obbedienza, Padre Pio accolse ed eseguì per tutta la vita ogni indicazione che gli giungeva dalle autorità ecclesiastiche. E il suo spirito di sottomissione gioiosa era ben espresso, come ha documentato il signor Lazzaro Cassano, da una preghiera che egli recitava frequentemente: «Fa', o mio Gesù, che io mi sottometta all'obbedienza e segua sempre la tua volontà. O Gesù, fosti obbediente nel morire in croce, voglio con l'obbedienza dolorosa fino alla morte dare prova d'amore al mio Dio».
Fra le tante dimostrazioni di obbedienza, forse la più faticosa per lui fu la prima di cui ci è giunta notizia. Pochi mesi dopo la comparsa delle stimmate, padre Placido da San Marco in Lamis, compagno di Padre Pio nel noviziato e nello studentato, chiese al padre Provinciale l'autorizzazione per scattare una fotografia di Padre Pio con le mani nude.
Recatosi a San Giovanni Rotondo, gli ordinò ditogliersi i guanti e di incrociare le mani sul petto. Dinanzi alla strana richiesta, Padre Pio reagì e rispose: «Placido, scherzi o ti sei impazzito? Se vuoi fotografarmi, eccomi pronto, ma non mi tolgo i guanti dalle mani». E padre Placido: «Sono venuto con l'ordine del Provinciale e devi obbedire. Se non obbedisci, offendi Dio». A tale intimazione Padre Pio, con l’amarezza nell'animo, chinò il capo, si tolse i guanti e incrociò le braccia sul petto. Sulla fotografia, di cui sono state diffuse migliaia di copie, si vedono nitide e distinte le piaghe al centro delle mani e si nota sul volto la tristezza della contrarietà a quell'ordine, cui comunque obbedì.
A tutti i Superiori cappuccini Padre Pio esprimeva profondo rispetto perché vedeva in loro la persona stessa di san Francesco. Ma il Superiore verso cui manifestava obbedienza in modo particolare era il Guardiano del convento. Si può affermare che tutta la vita e la giornata di Padre Pio erano nelle mani del Superiore, da quando si alzava al momento in cui, prima di andare a letto, chiedeva al padre Guardiano la benedizione per la notte.
Il suo assistente personale padre Eusebio Notte ha testimoniato che a volte, insieme con la benedizione, arrivava qualche disposizione poco piacevole, come ad esempio di iniziare più tardi la Messa delle 5: «Padre Pio faceva umilmente presente il disagio della gente che ogni mattina aspettava per ore all'esterno della chiesa. Se però il Superiore era irremovibile, il Padre accettava e ringraziava con il saluto francescano "Sia per l'amor di Dio"».
Identica docilità la suggeriva anche ai confratelli più giovani, quando andavano da lui per un consiglio. A padre Odorico D'Addario era stato proposto un nuovo incarico e lui, prima di accettare, consultò Padre Pio, che gli diede il proprio parere e gli forni anche qualche spunto per il discorso da pronunciare. Ma la frase conclusiva, gli disse, doveva essere una sola: «Mio paradiso è fare la volontà dei Superiori».
Nessuna eccezione nemmeno per le questioni più personali. Lo verificò la nipote Pia Forgione, quando giunse a San Giovanni Rotondo con i familiari che desideravano salutare il congiunto al tempo della segregazione (1931-33): «Entrammo nella chiesetta e facemmo appena in tempo a salutare il Santissimo, quando sentimmo una voce che proveniva dal coro ed era la voce di zio Pio che ordinava di tornare subito a Pietrelcina. "Chi vi ha dato il permesso di venire? Ripartite subito perché non mi vedrete", si sentì tuonare dall'alto. E così ripartimmo tutti all'istante».
Fra le innumerevoli persone che incontrarono Padre Pio, ce ne fu una che - se avesse accolto il suo suggerimento - avrebbe certamente avuto un ruolo diverso nella storia della Chiesa: monsignor Marcel Lefebvre, il futuro protagonista dello "scisma anticonciliare". Il professor Bruno Rabajotti assistette all'incontro fra i due, nel quale il cappuccino disse esplicitamente all'arcivescovo: «Non portare mai discordia tra i fratelli e pratica sempre la regola dell'obbedienza, soprattutto quando maggiori ti sembrano gli errori di chi comanda. Non c'è altra via che quella dell'obbedienza, per noi che pronunciamo questo voto». Monsignor Lefebvre gli assicurò che se ne sarebbe ricordato, ma Padre Pio profetizzò con dolore: «No, tu lo dimenticherai. E lacererai la comunione dei fedeli, ti opporrai alla volontà dei tuoi Superiori, alle stesse disposizioni del Papa. Avrai dimenticato la promessa fatta qui oggi, e molto male ne verrà per la Chiesa».
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