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sabato 9 aprile 2011

In difesa della vita - Evangelium vitae - VIII

Torna l'appuntamento con la Lettera Enciclica "Evangelium vitae", in difesa della vita. In particolare oggi il Venerabile Giovanni Paolo II ci mostra come ci troviamo in un periodo storico caratterizzato dall'aspra battaglia tra la cultura della morte e la cultura della vita. Nei tempi che stiamo vivendo, tal conflitto si è acuito maggiormente e anche nella popolazione si vanno sempre più diffondendo sentimenti comuni legati alla preferenza della morte sulla vita. E' pur vero, come testimoniato anche dalle parole del caro Wojtyla, che vanno sviluppandosi nuove forme di associazionismo e di movimento culturale in difesa della vita contro ogni tipo di abuso, dall'aborto all'eutanasia, dalla pena di morte alla guerra. Questi movimenti sono la speranza delle generazioni future perchè purtroppo i governi, in nome di una ostentata laicità, vanno sempre più predisponendo leggi contrarie al diritto alla vita e molto favorevoli a pratiche di morte mascherate da un illusorio senso di giustizia sociale:

LA VOCE DEL SANGUE DI TUO FRATELLO GRIDA A ME DAL SUOLO

"Vi siete accostati al sangue dell'aspersione" (cf. Eb 12, 22.24): 

Segni di speranza e invito all'impegno

27. Di fronte a legislazioni che hanno permesso l'aborto e a tentativi, qua e là riusciti, di legalizzare l'eutanasia, sono sorti in tutto il mondo movimenti e iniziative di sensibilizzazione sociale in favore della vita. Quando, in conformità alla loro ispirazione autentica, agiscono con determinata fermezza ma senza ricorrere alla violenza, tali movimenti favoriscono una più diffusa presa di coscienza del valore della vita e sollecitano e realizzano un più deciso impegno per la sua difesa. Come non ricordare, inoltre, tutti quei gesti quotidiani di accoglienza, di sacrificio, di cura disinteressata che un numero incalcolabile di persone compie con amore nelle famiglie, negli ospedali, negli orfanotrofi, nelle case di riposo per anziani e in altri centri o comunità a difesa della vita? Lasciandosi guidare dall'esempio di Gesù "buon samaritano" (cf. Lc 10, 29-37) e sostenuta dalla sua forza, la Chiesa è sempre stata in prima linea su queste frontiere della carità: tanti suoi figli e figlie, specialmente religiose e religiosi, in forme antiche e sempre nuove, hanno consacrato e continuano a consacrare la loro vita a Dio donandola per amore del prossimo più debole e bisognoso. Questi gesti costruiscono nel profondo quella "civiltà dell'amore e della vita", senza la quale l'esistenza delle persone e della società smarrisce il suo significato più autenticamente umano. Anche se nessuno li notasse e rimanessero nascosti ai più, la fede assicura che il Padre, "che vede nel segreto" (Mt 6, 4), non solo saprà ricompensarli, ma già fin d'ora li rende fecondi di frutti duraturi per tutti. Tra i segni di speranza va pure annoverata la crescita, in molti strati dell'opinione pubblica, di una nuova sensibilità sempre più contraria alla guerra come strumento di soluzione dei conflitti tra i popoli e sempre più orientata alla ricerca di strumenti efficaci ma "non violenti" per bloccare l'aggressore armato. Nel medesimo orizzonte si pone altresì la sempre più diffusa avversione dell'opinione pubblica alla pena di morte anche solo come strumento di "legittima difesa" sociale, in considerazione delle possibilità di cui dispone una moderna società di reprimere efficacemente il crimine in modi che, mentre rendono inoffensivo colui che l'ha commesso, non gli tolgono definitivamente la possibilità di redimersi. È da salutare con favore anche l'accresciuta attenzione alla qualità della vita e all'ecologia, che si registra soprattutto nelle società a sviluppo avanzato, nelle quali le attese delle persone non sono più concentrate tanto sui problemi della sopravvivenza quanto piuttosto sulla ricerca di un miglioramento globale delle condizioni di vita. Particolarmente significativo è il risveglio di una riflessione etica attorno alla vita: con la nascita e lo sviluppo sempre più diffuso della bioetica vengono favoriti la riflessione e il dialogo - tra credenti e non credenti, come pure tra credenti di diverse religioni - su problemi etici, anche fondamentali, che interessano la vita dell'uomo.

28. Questo orizzonte di luci ed ombre deve renderci tutti pienamente consapevoli che ci troviamo di fronte ad uno scontro immane e drammatico tra il male e il bene, la morte e la vita, la "cultura della morte" e la "cultura della vita". Ci troviamo non solo "di fronte", ma necessariamente "in mezzo" a tale conflitto: tutti siamo coinvolti e partecipi, con l'ineludibile responsabilità di scegliere incondizionatamente a favore della vita. Anche per noi risuona chiaro e forte l'invito di Mosè: "Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male...; io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza" (Dt 30, 15.19). È un invito che ben si addice anche a noi, chiamati ogni giorno a dover decidere tra la "cultura della vita" e la "cultura della morte". Ma l'appello del Deuteronomio è ancora più profondo, perché ci sollecita ad una scelta propriamente religiosa e morale. Si tratta di dare alla propria esistenza un orientamento fondamentale e di vivere in fedeltà e coerenza con la legge del Signore: "Io oggi ti comando di amare il Signore tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme...; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità" (30, 16.19-20). La scelta incondizionata a favore della vita raggiunge in pienezza il suo significato religioso e morale quando scaturisce, viene plasmata ed è alimentata dalla fede in Cristo. Nulla aiuta ad affrontare positivamente il conflitto tra la morte e la vita, nel quale siamo immersi, come la fede nel Figlio di Dio che si è fatto uomo ed è venuto tra gli uomini "perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza" (Gv 10, 10): è la fede nel Risorto, che ha vinto la morte; è la fede nel sangue di Cristo "dalla voce più eloquente di quello di Abele" (Eb 12, 24). Con la luce e la forza di tale fede, quindi, di fronte alle sfide dell'attuale situazione, la Chiesa prende più viva coscienza della grazia e della responsabilità che le vengono dal suo Signore per annunciare, celebrare e servire il Vangelo della vita.

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