Torniamo ad addentrarci nella Summa Teologica di San Tommaso d'Aquino, un'opera che diede un fondamento scientifico, filosofico e teologico alla dottrina cristiana. Continuiamo a scoprire la parte dedicata al Trattato relativo all'essenza di Dio e scopriamo le risposte di San Tommaso ai dubbi e alle questioni:
Prima parte
Trattato relativo all'essenza di Dio
La semplicità di Dio
Trattato relativo all'essenza di Dio
La semplicità di Dio
Se in Dio essenza ed esistenza siano la stessa cosa
Prima parte
Questione 3
Articolo 4
Prima parte
Questione 3
Articolo 4
SEMBRA che in Dio non siano la stessa cosa essenza ed esistenza. Infatti:
1. Se così fosse, niente si aggiungerebbe (come determinante) all'essere di Dio. Ma l'essere senza determinazioni successive è l'essere generico che si attribuisce a tutte le cose. Ciò posto ne segue che Dio è l'essere astratto predicabile di tutte le cose. Il che è falso, secondo il detto della Sapienza: "imposero alle pietre e al legno l'incomunicabile nome (di Dio)". Dunque l'essere di Dio non è la sua essenza.
2. Di Dio, come si è detto, possiamo sapere se sia, non che cosa sia. Dunque non è la stessa cosa l'esistenza di Dio e la sua essenza, quiddità o natura.
IN CONTRARIO: Scrive S. Ilario: "In Dio l'esistenza non è accidentalità, ma verità sussistente". Dunque quello che sussiste in Dio è la sua esistenza.
RISPONDO: Dio non è soltanto la sua essenza, come è già stato provato, ma anche il suo essere (o esistenza). Il che si può dimostrare in molte maniere. Primo, tutto ciò che si riscontra in un essere oltre la sua essenza, bisogna che vi sia causato o dai principi dell'essenza stessa, quale proprietà della specie, come l'avere la facoltà di ridere proviene dalla natura stessa dell'uomo ed è causato dai principi essenziali della specie; o che venga da cause estrinseche, come il calore nell'acqua è causato dal fuoco. Se dunque l'esistenza di una cosa è distinta dalla sua essenza, è necessario che l'esistenza di tale cosa sia causata o da un agente esteriore, o dai principi essenziali della cosa stessa. Ora, è impossibile che l'esistere sia causato unicamente dai principi essenziali della cosa, perché nessuna cosa può essere a se stessa causa dell'esistere, se ha un'esistenza causata. È dunque necessario che le cose le quali hanno l'essenza distinta dalla loro esistenza, abbiano l'esistenza causata da altri. Ora, questo non può dirsi di Dio; perché diciamo che Dio è la prima causa efficiente. È dunque impossibile che in Dio l'esistere sia qualche cosa di diverso dalla sua essenza. Secondo, perché l'esistere è l'attualità di ogni forma o natura; difatti la bontà o l'umanità non è espressa come cosa attuale se non in quanto dichiariamo che esiste. Dunque l'esistenza sta all'essenza, quando ne sia distinta, come l'atto alla potenza. E siccome in Dio non v'è niente di potenziale come abbiamo dimostrato sopra, ne segue che in lui l'essenza non è altro che il suo esistere. Perciò la sua essenza è la sua esistenza.
Terzo, allo stesso modo che quanto è infocato e non è fuoco, è infocato per partecipazione, così ciò che ha l'essere e non è l'essere, è ente per partecipazione. Ora, Dio, come si è provato, è la sua essenza. Se dunque non fosse il suo (atto di) essere, sarebbe ente per partecipazione e non per essenza. Non sarebbe più dunque il primo ente; ciò che è assurdo affermare. Dunque Dio è il suo essere e non soltanto la sua essenza.
SOLUZIONE DELLE DIFFICOLTÀ: 1. L'espressione "qualche cosa cui non si può aggiungere niente" si può intendere in due maniere. Prima maniera: qualche cosa che (positivamente) di sua natura importi l'esclusione di aggiunte (o determinazioni); così è proprio dell'animale non ragionevole di essere senza ragione. Seconda maniera: qualche cosa che non riceva aggiunte (o determinazioni); perché di suo non le include; così l'animale preso come genere non include la ragione, perché non è del genere animale come tale avere la ragione; ma il concetto di animale neppure lo esclude. Dunque essere senza aggiunte nella prima maniera è l'essere divino; nella seconda maniera è l'essere generico o comune.
2. Del verbo essere si fa un doppio uso: qualche volta significa l'atto dell'esistere, altre volte indica la copula della proposizione formata dalla mente che congiunge il predicato col soggetto. Se essere si prende nel primo senso noi (uomini) non possiamo dire di conoscere l'essere di Dio come non conosciamo la sua essenza; ma lo conosciamo soltanto nel secondo significato. Sappiamo infatti che la proposizione che formuliamo intorno a Dio, quando diciamo "Dio è" è vera. E ciò sappiamo dai suoi effetti, come già abbiamo detto.
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