(Gv 11,1-46)
5^ Domenica di Quaresima
La risurrezione di Lazzaro. Nel Vangelo di domenica scorsa, avevamo visto Gesù che, preso da compassione, per l’ennesima volta, esercitava il suo potere sulla malattia scacciandola e guarendo il cieco nato. Nei Vangeli ci vengono mostrati, di volta in volta, i vari poteri che Gesù aveva:
- sulla natura quando ordinava ai venti e al mare in burrasca di placarsi, e questi obbedivano e subito ritornava la bonaccia
- sugli spiriti maligni, quando ordinava loro di uscire dagli ossessi, e questi subito se ne andavano
- sulle malattie quando guariva da ogni sorta di mali
e nel brano di oggi vediamo che aveva anche il supremo potere di vincere la morte.
Per cui non ci fu forza naturale o soprannaturale su cui Gesù Figlio di DIO, non abbia dimostrato di avere un potere assoluto.
• La suprema soglia …
Le forze della natura hanno una certa potenza, ma Dio ha l’onnipotenza e quando la mette in atto, non c’è forza che tenga, né potenza che Gli resista. La stessa potenza del maligno o della morte che fa tanto scalpore, non può che arretrare davanti all’onnipotenza di DIO.
Lazzaro era dunque morto da quattro giorni, anzi era addirittura già nel sepolcro, il che vuol dire che era morto e stramorto, non si trattava certo di morte apparente, tanto per intenderci. Il suo cadavere puzzava già, quindi era avvenuta la morte clinica (arresto delle funzioni vitali) e la morte filosofica (separazione dell’anima e del corpo nel quale era già iniziato il processo di decomposizione, non essendo più animato dall’anima). Ma c’è un terzo tipo di morte che –come diceva Padre Molinié– non poteva essersi verificato in Lazzaro, cioè la morte teologica, ossia il giudizio particolare. Se Lazzaro ha potuto essere risuscitato è perché non aveva ancora varcato la suprema soglia del giudizio divino, perché da lì nessuno torna indietro. Una volta giudicati da Dio, si è confermati per sempre nello stato di grazia (Paradiso), o di disgrazia (inferno) o di purificazione intermedia (purgatorio) corrispettivo alle opere compiute in vita. In altre parole, Lazzaro aveva varcato l’ultima soglia, cioè la morte, ma non la soglia suprema, cioè il giudizio, e non era ancora entrato nel suo destino fissato per l’eternità.
• La morte mollò la presa e fuggì…
Gesù arriva dunque a Betania e le sorelle di Lazzaro, prima Marta e poi Maria, Gli dicono entrambe: ”Signore se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto”. Commovente questa certezza delle due sorelle, che la sola presenza di Gesù, avrebbe impedito la morte del fratello E’ come se Gli dicessero: ”Se fossi stato presente, Tu che sei la vita, la morte non avrebbe osato avvicinarsi”. Gesù allora “SI COMMOSSE PROFONDAMENTE” E SCOPPIO’ IN PIANTO. Bellissimo questo tratto della squisita sensibilità di Gesù che piange per la perdita del suo amico o per la tristezza dei parenti, condividendone il dolore. La perdita di una persona cara è sempre un fatto molto doloroso, piangere non denota assolutamente mancanza di fede, ma solo dolore dovuto al distacco. Non siamo esseri disincarnati, se non lo fu Gesù (che sapeva benissimo che avrebbe ridato la vita a Lazzaro, eppure pianse) non possiamo pretendere di esserlo noi.
Intanto Gesù, ancora profondamente commosso, si recò al sepolcro e dopo aver alzato gli occhi al cielo e pregato il Padre, gridò a gran voce “Lazzaro vieni fuori!”. E Lazzaro obbedì! O meglio: la morte udendo il VIVENTE, abbandonò la presa e scomparve!
• Semina granelli di risurrezione
Stupendo miracolo che ci rivela che Gesù è la vita della nostra vita. Quante volte, anche noi, siamo passati da morte a vita, risorgendo dai nostri peccati. Se, per la vita del corpo, siamo tutti, in un modo o nell’altro, condannati a morte (come diceva S. Teresina a chi le chiedeva: ”De quoi mourrez-vous? Mais je mourrai de mort!”. (Di cosa morirete? Morirò di morte!), per la vita dell’anima siamo tutti destinati a risorgere ad ogni momento grazie alla Sua grazia. Come dice questa bella poesia: ”Semina granelli di risurrezione, con mani piene di canto/ Consegna canestri carichi di amicizia/ Diventa specchio del mio splendore/ affinché non vi siano più né tenebre, né male” (P. Vico).
Wilma Chasseur
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