Pages

venerdì 27 agosto 2010

Padre Pio - Sulla Soglia del Paradiso - Quinto appuntamento

Torna l'appuntamento con la biografia che tratteggia una inedita "storia di Padre Pio raccontata dai suoi amici": "Sulla Soglia del Paradiso" di Gaeto Saverio:


I

Angeli e demoni

Sotto le ali di san Michele


Il corpo di Padre Pio è stato un campo di battaglia sul quale angeli e demoni si sono affrontati con ogni mezzo, per la salvezza o la dannazione non soltanto del religioso, ma anche dei suoi figli spirituali. Una lotta senza esclusione di colpi, cominciata sin dai primi giorni di vita del cappuccino, secondo quanto ha testimoniato un'anima eletta, che ebbe una stupefacente visione durante un pellegrinaggio alla grotta di san Michele nel Gargano. Un luogo molto venerato da Padre Pio, che vi si recò il 1° luglio 1917, e nel quale anche san Francesco d'Assisi aveva fatto un'intera Quaresima di digiuno in preparazione alla festa dell'arcangelo, del quale era molto devoto.

A padre Mariano Paladino, che fu uno degli infermieri di Padre Pio, quella persona raccontò di aver visto il piccolo Francesco Forgione adagiato in una culla, quasi avvolto e protetto dalle ali dell'arcangelo. Pensando che potesse essersi trattato di un'allucinazione, Padre Mariano raccontò l'episodio al Padre e ne ricevette una risposta netta:

«Guai a me se non ci fosse stato san Michele: a quest'ora avreste visto Padre Pio sotto i piedi di lucifero».

Insieme con le apparizioni angeliche, dalle quali riceveva forza e incoraggiamento, Padre Pio fu perseguitato sin dall'infanzia dalle vessazioni diaboliche. Alla figlia spirituale Cleonice Morcaldi rivelò: «Ricordo che tanti mostri si mettevano attorno alla culla per spaventarmi, e io strillavo». A tali momenti è riconducibile l'episodio tramandato da padre Agostino da San Marco in Lamis: «Quando Francesco era ancora in fasce, piangeva continuamente da far quasi disperare i genitori. Una notte il papà non ne poteva più. Adirato prese il bambino tutto fasciato e lo gettò con furia sul letto esclamando: "Ma che mi fosse nato in casa un diavolo, invece di un cristiano?!...". Il bimbo, rotolando sul letto, andò a cascare in terra dall'altra sponda. La mamma, vedendo il figlio per terra e credendolo morto, si adirò col marito esclamando: "M'hai ammazzato il figlio!", e corse a prenderlo. Fortunatamente non soltanto era vivo, ma non aveva nessuna lesione».

Anche al suo direttore spirituale, padre Benedetto da San Marco in Lamis, Padre Pio descrisse le continue apparizioni del diavolo: «Mia madre spegneva il lume e tanti mostri mi si mettevano vicino e io piangevo; accendeva il lume e io tacevo perché i mostri sparivano. Di nuovo lo spegneva e di nuovo mi mettevo a piangere per i mostri». Ma pure di giorno, secondo la testimonianza del maestro don Nicola Caruso, il piccolo era perseguitato «da un uomo vestito da prete, che al ritorno da scuola lo aspettava sulla soglia di casa e non lo voleva far entrare. Allora Francesco si fermava; veniva un ragazzino scalzo, faceva un segno di croce, il prete spariva e il bambino, sereno, poteva finalmente rientrare».

Perfino dopo la partenza del cappuccino - come ha raccontato la nipote Pia Forgione - nella casa di Pietrelcina avvenivano fatti strani, rumori inspiegabili o rotture improvvise di oggetti, per cui i familiari temevano di andare in rovina a causa di tutti quei danni: «Allora mio padre si recò da mio zio e gli raccontò quel che avveniva nella casa nativa. E Padre Pio rispose: "Si vede che quel cosaccio è ancora là; chiamate un prete e fate benedire la casa". Così fu fatto e tornò la quiete!».

Intanto per Padre Pio nel 1903 era iniziato il tempo del noviziato, un periodo segnato finalmente da una tregua negli assalti diabolici. Ma il silenzio si interruppe bruscamente mentre si trovava nello studentato di Sant'Elia a Pianisi. Egli stesso raccontò quanto gli accadde nel settembre 1905: «Una notte sentii dei rumori, che mi sembravano provenire dalla cella vicina. "Che farà a quest'ora fra Anastasio?", mi dissi; e pensando che vegliasse in orazione, mi misi a recitare il Rosario. C'era infatti tra noi una sfida a chi pregasse di più, e io non vo­levo rimanere indietro. Continuando però questi rumori, anzi diventando sempre più insistenti, volli chiamare il confratello. Si sentiva intanto un forte odore di zolfo. Mi sporsi dalla finestra per chiamare: le nostre due finestre erano così ravvicinate che ci si poteva scambiare libri o altro sporgendo la mano. "Fra Anastasio, fra Anastasio", chiamai senza alzare troppo la voce. Non ottenendo risposta, mi ritirai. Ma quale non fu la mia sorpresa, quando dalla porta vidi entrare un grosso cane, dalla cui bocca usciva tanto fumo. Caddi riverso sul letto e udii che diceva: "E iss"' (è lui). Mentre ero in quella postura, vidi l'animalaccio spiccare un salto sul davanzale della finestra, da qui lanciarsi sul tetto di fronte, per poi sparire».

0 commenti:

Posta un commento