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sabato 29 gennaio 2011

Non farlo (Storia di un aborto) - Ultima parte

Continuiamo, dopo le festività natalizie, a leggere la testimonianza anonima di un aborto che invita alla riflessione all'esortazione più importante: "non farlo!". SIamo giunti alla conclusione di questa testimonianza e vediamo l'esortazione finale della testimone, un'esortazione che proviene dal cuore di chi ha provato su di sé gli effetti traumatici dell'aborto:

Ad essere onesta non percepii fino in fondo la reale, atroce gravità del mio gesto finché non passò qualche mese, durante il quale ero persino convinta di aver fatto la scelta giusta per me, per il piccolo e per quella persona ignobile, che speravo di non rivedere mai più.
Decisi di voltare pagina, cercai di farmi dei nuovi amici e mi iscrissi all’Università, con l’intenzione di prendere una seconda laurea: qualunque cosa pur di non fermarmi a riflettere…
Fu tutto inutile, e patetico.
Durante le lezioni, a contatto con i miei nuovi compagni, diciottenni, mi sentivo estremamente sola, e diversa... Loro avevano una freschezza e una sfrontatezza tipiche della loro età e della loro condizione di studenti alla prese con i primi studi veramente impegnativi e piacevolmente stimolanti.
Nei loro occhi si leggeva chiaramente il senso di onnipotenza che erano convinti di possedere. Credevano di aver capito tutto, ormai, della vita, che niente e nessuno avrebbe potuto ridestarli dal sogno che stavano vivendo, che quegli anni meravigliosi non avrebbero mai avuto fine.
Ed io, seduta insieme a loro, intenta a nascondere il senso di spaesamento che mi assaliva ogni volta che prendevo posto in aula, li osservavo con un’infinita tristezza. Pensavo a quanto fossero (in realtà) ancora ingenui, talmente immaturi da non riuscire a vedere, a capire quanto la vita possa essere ostile, crudele, e ti si possa rivoltare contro in un istante, distruggendo ogni tuo più piccolo entusiasmo di essere al mondo.
Dopo qualche tempo, i miei pensieri divennero altri, poiché i rimorsi di coscienza cominciavano a profilarsi nella mia mente, piano piano, giorno per giorno, diventando sempre più dolorosi. Fino a che non fu tutto
improvvisamente chiaro e devastante. Fino a che non mi resi conto, fino in fondo, di ciò che ero stata capace di fare.
Allora non ci fu più spazio per alcuna riflessione lucida. Piangevo, piangevo e deliravo, soprattutto di notte, quando nessuno poteva sentirmi, quando nessuno poteva intuire il mio dolore, il motivo delle mie lacrime, della vergogna e dei rimorsi che mi consumavano senza pietà.
Mi tiravo i capelli, e mi davo dei pugni violenti sulla fronte, guardandomi allo specchio per capire che razza di persona riflettesse, per capire chi io fossi veramente. Il mio intento era di riuscire a piangere più forte, di fare uscire fuori tutta la mia disperazione, della quale mi sentivo incapace di disfarmi.
Cercavo un pretesto, una ragione per patire, perché in fondo desideravo solo espiare la mia colpa, pagare, soffrire fino al giorno della mia morte, che speravo imminente. Ma ogni giorno, puntualmente, dovevo svegliarmi la mattina, dovevo aprire gli occhi e cercare di far finta di nulla.
Desideravo solo restare a letto, ed era un sacrificio enorme uscire da casa e tentare di condurre una vita normale. Io non ero normale. Mi ero macchiata di una colpa che mi strappava ogni diritto di considerarmi una persona “normale”; mi sentivo un mostro.
E’ passato un anno e mezzo da quel maledettissimo giorno, ma non è cambiato niente. Non ho più sentito Marco, qualche volta mi è capitato di incontrarlo per caso… ma ormai era divenuto un estraneo. Sono rimasta sola. Ho tanti amici, ma mi sento ugualmente sola…
Il dolore è sempre lì, a volte sembra assopirsi, per qualche istante, ma poi ritorna, sempre più lacerante. Non mi dà tregua, mi perseguita. Il senso di colpa, misto alla pena che provo per quell’Angelo cui ho negato TUTTO, è una sensazione terribile, che spero non provi mai nessuno nella propria vita.
Il tempo non è in grado di cancellare quella sensazione d'impotenza, di crudeltà, d’indescrivibile rimpianto che ti attanaglia ogni giorno; al contrario, ti tiene lucida per ricordarti costantemente il tuo imperdonabile errore.
Quando vivi un’esperienza dolorosa come la mia, andando avanti nel percorso della vita, quella tristissima scelta ti apparirà sempre più nitida, in tutta la sua disumana essenza.
Avrai tanto, troppo tempo per riflettere e per capire fino in fondo l’entità del disastro cui hai dato luogo. Capirai solo allora che valeva la pena di aspettare ancora un giorno, di confidare il tuo stato d’animo ad una persona in grado di aiutarti, magari ad un sacerdote, se pur con un po’ di vergogna; di non agire d'impulso, in un momento di rabbia, ma di sforzarti ad andare oltre quegli attimi di smarrimento. Perché c’è sempre un motivo per salvare un bambino dalla morte. Perché non spetta a te decidere quale debba essere il suo destino. Perché tu sei qui, lui non c’è e non ci sarà mai, e la colpa è solo tua. E’ un fardello troppo pesante da sopportare per la tua coscienza. Poter guardare i suoi occhietti resterà il tuo sogno più grande, disperatamente
cercherai un volto da dare a tuo figlio, un profilo, un sorriso…
Ma resteranno tutte malinconiche illusioni bagnate da lacrime amare. Quel bimbo che hai rifiutato non potrà tornare più. Mai più.

Conclusione

Rivolgo a te queste parole, come tutto il senso di queste dolorose pagine raccontate con le lacrime agli occhi. A te, piccola donna, che forse in questo momento ti trovi nella mia stessa condizione di allora, a te che forse sei ancora in tempo… Me lo auguro tanto, con tutto il cuore, e mi auguro che il sacrificio enorme che ho fatto per raccontarti la mia storia, possa servirti a capire quanto sia ingiusto negare una vita, quanto dolore possa portare con sé una scelta così drastica, e che senso di morte conservi il tuo cuore dopo tale esperienza.
Non farlo, non farlo mai, in nessun caso. Pensa sempre alla tua creatura come ad un miracolo, in qualunque modo sia giunta fino a te. Anche se tutto il resto fosse buio e triste, lui sarà la tua stella, lui ti salverà da te stessa. Ama immensamente il tuo Angelo, sacrifica tutto per lui o per lei. Non te ne
pentirai neppure per un istante.
E soprattutto, non credere a coloro che ti diranno che quello non è ancora un bambino, che si tratta semplicemente di “cellule” in trasformazione… Ognuno di noi è stato questo a suo tempo, ma ad ognuno di noi è stata data l’opportunità di crescere, lentamente, fino a diventare adulto… E anche noi siamo stati bambini, dei bambini stupendi che, come dei piccoli angeli, hanno portato tanta gioia intorno a loro.
Pensa a questo, a quanto amore potrà darti tuo figlio, pensa che la sua vita dipende esclusivamente da te, che lui sta vivendo solo grazie a te, e che di questo ti sarà grato per sempre.
Il suo destino è nelle tue mani, non negarglielo… almeno tu.

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