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martedì 18 gennaio 2011

Riscoprire i Santi - Sant'Alfonso Maria dé Liguori

Torna l'appuntamento settimanale, volto alla scoperta dei nostri cari Santi! Visto l'interesse suscitato da Mik nel suo Angolo, oggi ci soffermiamo su Sant'Alfonso Maria dé Ligori:  un santo che la Vigna ha preso molto a cuore grazie alla sua incredibile sapienza, sicuramente ispirata da Dio.Vediamo prima la storia di questo sant'uomo e dopo diamo uno sguardo ad una delle sue riflessioni più significative, molto attuale, sull'abuso della Divina Misericordia:

Alfonso Maria de Liguori - missionario, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore (C. Ss. R.), vescovo, dottore della Chiesa, patrono del confessori e dei moralisti - nacque a Marianella, presso Napoli, il 27 settembre 1696, e morì a Pagani (Salerno) il 1° agosto 1787. Compiuti in casa, come tutti i ragazzi di nobili famiglie, gli studi letterari e scientifici, nei quali ebbero la loro parte rilevante anche la pittura e la musica (è sua la canzoncina natalizia "Tu scendi dalle stelle" ), nel 1708 si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza all'università di Napoli, dove si laureò col massimo dei voti in diritto civile ed ecclesiastico appena sedicenne, con quattro anni di anticipo sull'età richiesta dalle leggi del tempo. Dopo dieci anni di memorabili successi come avvocato nel foro napoletano, a causa di una violenta delusione morale dovuta a interferenze politiche in una causa dai grandi risvolti sociali, decise di farsi prete. Ricevuta l'ordinazione sacerdotale il 21 dicembre 1726, cominciò immediatamente a svolgere il suo ministero in mezzo al popolo più abbandonato e più bisognoso di aiuti spirituali. Osservando la miseria di tante anime, non riusciva a darsi pace né si concedeva riposo. Si portava dovunque: nei paesi intorno al Vesuvio, lungo la costa amalfitana, nelle sparute e dimenticate contrade di campagna lungo gli Appennini della Puglia e della Calabria, dove il clero locale, pur numeroso, rifiutava di andare. La salvezza di quelle anime era la sua idea dominante, l'elemento catalizzatore di tutte le sue energie e delle straordinarie doti intellettuali. E per rendere la sua opera più profonda e duratura, e per giungere con la sua azione di salvezza anche dove non poteva arrivare con la voce, e per andare oltre il tempo della sua esistenza terrena ed oltre gli spazi - troppo ristretti per il suo zelo evangelico - del Regno di Napoli, fondò un istituto essenzialmente missionario e si diede, con altrettanto entusiasmo, all'apostolato della penna. Come scrittore, sant'Alfonso è popolarissimo. Pubblicò centoundici opere tra grandi e piccole. Alcune di esse hanno raggiunto centinaia di edizioni in gran parte delle lingue del mondo. Quelle di ascetica e di spiritualità si ristampano continuamente ancora oggi: Uniformità alla volontà di Dio; Modo di conversare continuamente e alla familiare con Dio; Pratica di amare Gesù Cristo; Visite al Ss. Sacramento e a Maria santissima; Meditazioni sulla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo; Glorie di Maria; Massime eterne; Necessità della preghiera. Nel 1748 stampava la sua THEOLOGIA MORALIS, l'opera per la quale il papa Leone XIII lo definì "il più insigne e il più mite dei moralisti". Come fondatore Alfonso de Liguori sta continuando ancora oggi la sua missione di annunciatore della salvezza attraverso gli oltre 5.600 discepoli (i missionari redentoristi) in oltre 60 paesi dei cinque continenti. La Congregazione del Ss. Redentore, da lui fondata a Scala (Salerno) il 9 novembre 1732, ha lo scopo di "continuare l'esempio del nostro Salvatore Gesù Cristo in predicare alle anime più abbandonate, specialmente ai poveri, la divina parola". E si impegna a raggiungere questa finalità prima di tutto con le missioni popolari e con la predicazione degli esercizi spirituali. All'occorrenza i congregati accettano la predicazione in terre straniere, particolarmente in quelle del terzo mondo (i Redentoristi italiani hanno aperto, già da alcuni decenni, una missione in Paraguay e una in Madagascar). Anche se raramente essi si fanno carico dell'insegnamento nelle scuole e della cura di parrocchie. Nel 1762 Alfonso fu eletto vescovo di Sant'Agata dei Goti (Benevento). Ma dopo 13 anni dovette rinunciarvi a causa dell'artrite deformante. Canonizzato nel 1839, fu dichiarato dottore della Chiesa nel 1871, patrono dei confessori e dei moralisti nel 1950. (Autore:  Padre Ezio Marcelli)

*** Ecco la riflessione sull'abuso della Divina Misericordia:

""Si ha nella parabola della zizzania in S. Matteo (Mt 13) che essendo cresciuta in un campo la zizzania insieme col grano, volevano i servi andare ad estirparla. Ma il padrone rispose: No, lasciatela crescere, e poi si raccoglierà e si manderà al fuoco. Da questa parabola si ricava per una parte la pazienza che il Signore usa coi peccatori; e per l'altra il rigore che usa cogli ostinati. Dice S. Agostino che in due modi il demonio inganna gli uomini: "Desperando, et sperando". Dopo che il peccatore ha peccato, lo tenta a disperarsi col terrore della divina giustizia; ma prima di peccare, lo stimola al peccato colla speranza della divina misericordia. Perciò il Santo avverte: non merita misericordia chi si serve della misericordia di Dio per offenderlo. La misericordia si usa con chi teme Dio, non con chi si avvale di quella per non temerlo. Chi offende la giustizia, dice l'Abulense, può ricorrere alla misericordia, ma chi offende la stessa misericordia, a chi ricorrerà?
Difficilmente si trova peccatore così disperato, che voglia proprio dannarsi. I peccatori vogliono peccare, senza perdere la speranza di salvarsi. Peccano e dicono: Dio è di misericordia; farò questo peccato, e poi me lo confesserò. Ecco come parlano i peccatori, scrive S. Agostino.
La misericordia di Dio è infinita, ma gli atti di questa misericordia (che son le miserazioni) son finiti. Dio è misericordioso ma è ancora giusto.
La misericordia sta promessa a chi teme Dio, non già a chi se ne abusa.
Dice S. Bernardo che Lucifero perciò fu così presto castigato da Dio, perché si ribellò sperando di non riceverne castigo. Il re Manasse fu peccatore, poi si convertì, e Dio lo perdonò; Ammone suo figlio, vedendo il padre così facilmente perdonato, si diede alla mala vita colla speranza del perdono; ma per Ammone non vi fu misericordia
Chi offende Dio colla speranza del perdono, "irrisor est non poenitens", dice S. Agostino. Ma all'incontro dice S. Paolo che Dio non si fa burlare (Galat 6,7). Sarebbe un burlare Dio continuare ad offenderlo, sempre che si vuole, e poi andare al paradiso. La rete con cui il demonio trascina all'inferno quasi tutti quei cristiani che si dannano, è quest'inganno, con il quale loro dice: peccate liberamente, perché con tutti i peccati vi salverete. La speranza del peccatore dopo il peccato, quando vi è pentimento, è cara a Dio, ma la speranza degli ostinati è abominio di Dio.
Dirà taluno: Dio mi ha usate tante misericordie nel passato, così spero che me le userà per l'avvenire. Ma io rispondo: E perché ti ha usate tante misericordie, per questo lo vuoi tornare ad offendere? Dunque (ti dice S. Paolo) così tu disprezzi la bontà e la pazienza di Dio? Non lo sai che "il Signore ti ha sopportato sin'ora non perchè tu prosegua ad offenderlo, ma affinchè piangi il mal fatto?" (Rom 2,4). Quando tu, confidando nella Divina Misericordia, non vuoi finirla, la finirà il Signore. Dio aspetta ma quando giunge il tempo della vendetta, non aspetta più e castiga. (Dt 32,35).
Se quella pianta di fico trovata dal padrone senza frutto, dopo l'anno concesso a coltivarla, neppure avesse reso alcun frutto, chi mai avrebbe sperato che il Signore le avesse dato più tempo e perdonato il taglio? Senti dunque S. Agostino: Il castigo (dice il santo) ti è stato differito, ma non già tolto, se ancora abuserai della divina misericordia, finalmente ti taglierà. Che vuoi aspettare, che proprio Dio ti mandi all'inferno? Ma se ti ci manda, già lo sai che non vi sarà poi più rimedio per te. Il Signore tace, ma non tace sempre; quando giunge il tempo della vendetta, non tace più.
Ti metterà avanti le misericordie che ti ha usate, e farà che quelle stesse ti giudichino e ti condannino.""

(Sant'Alfonso Maria De Liguori sintesi da: "Apparecchio alla Morte")

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